DIBATTITI
L'Africa Orientale è considerata da molti italiani la seconda
patria, poiché già negli anni del secondo
conflitto mondiale si parlava di “mal d'Africa”, alimentato soprattutto
dalla presenza dell'Impero d'Etiopia di Mussolini. Nella fattispecie si accenna
alla cronaca militare, grazie ai rapporti del Tenente d'Artiglieria Antonino
Andò, chiamato al servizio militare il 30 ottobre 1932 come Allievo Ufficiale e
richiamato successivamente il 6 gennaio 1936 per imbarcarsi a Napoli, con
destinazione Eritrea. Nella campagna militare in Africa Orientale - in cui si
fronteggiarono l'Impero d'Italia e quello Britannico - furono presenti più di
500.000 effettivi fra le due compagini, più di 90.000 tra morti e feriti e
circa 80.000 prigionieri italiani. Il clima dell'Etiopia è tropicale e ha due
stagioni: il periodo invernale (ottobre-marzo) è asciutto, mentre quello estivo
(aprile-settembre) è al contrario piovoso. La conquista di tale zona accrebbe
l'influenza italiana in un'area vitale per l'Inghilterra. La superficie
dell'Africa Orientale Italiana (AOI) si estendeva per 1.735.000 Km quadrati,
suddivisa a sua volta in sei governatorati, sotto il comando del Viceré. In
tale contesto, nel 1936 sbarcò a Massaua il Tenente d'Artiglieria Andò, per poi
essere trasferito nel 1937 a Galla Sidama. Le forze operative italiane, nel
giugno 1940, ammontavano a 290.000 uomini, suddivisi rispettivamente in 90.000
nazionali e 200.000 Ascari, i quali erano militi indigeni dell'AOI ed erano
parte integrante del Regio Corpo Truppe Coloniali. A differenza dei britannici,
le forze italiane non ricevettero alcun rinforzo durante le varie fasi della
campagna, infatti si verificarono alcuni
punti critici della situazione militare italiana:
–
Forza aerea non adeguata (320 aerei di cui 70
caccia);
–
Guerriglia interna;
–
esigua disponibilità di mezzi di trasporto,
carburante e strade non adatte a spostamenti;
Alla fine del 1940, i disaccordi tra lo Stato Maggiore Italiano di Roma e le
Forze Armate in Africa Orientale rallentarono le disposizioni militari: lo SME
di Roma chiedeva di presidiare più territorio possibile, allungando di
conseguenza il fronte, ma le Forze Armate AOI ritenevano tale direttiva non
adatta alle proprie strutture. Tale per cui il 6 gennaio 1941, gli italiani si
trovarono del tutto impreparati all'attacco britannico. Mentre le Forze
Britanniche poterono contare su un flusso regolare di approvvigionamenti, e
disponevano di un cospicuo numero di
forza aerea e truppe di terra, gli italiani furono isolati e non equipaggiati
da strutture tecnico-logistiche per compiti strategici. Le continue offensive
Britanniche spinsero le Forze italiane a ripiegare in Eritrea, nei pressi di
Agordat, per poi spostarsi successivamente a Cheren, luogo presso il quale si
tenne lo scontro decisivo. Quest'ultimo
provocò circa 34.000 perdite italiane, di cui 12.000 nazionali e 22.000
coloniali, mentre quelle britanniche ammontarono a circa 9.000, di cui 5.000
indiani.
Il 14 febbraio 1941 ci fu lo scontro a Dubuluk con
l'offensiva Britannica, descritto come breve ma intenso, in cui gli Italiani,
alle 3.30 di notte, si scontarono casualmente con i Britannici e il bagliore
causato dalle cannonate attirò l'attenzione delle forze africane. Il giorno
seguente Antonino Andò fu promosso con il grado di Tenente per merito di guerra
grazie alla sua calma, sprezzo del pericolo e spiccata qualità di comando.
Nel maggio 1941, durante il combattimento alla piana di Umbo,
ci fu la resa e quindi il ripiegamento
della ventunesima Divisione Coloniale, la quale fu avviata ai campi di
prigionia di Addis Abeba e Somalia Britannica, mentre il Tenente Andò fu
destinato in Kenya, per poi essere rimpatriato il 29 novembre 1946: la
prigionia durò per gli italiani sei anni e mezzo.
La guerra in Africa fu caratterizzata dallo scontro tra due
potenze coloniali/sistemi, e le Forze Italiane, a differenza di quelle
Britanniche, poterono contare quasi esclusivamente sul coraggio e sulla tenacia
degli uomini che li rappresentavano.
*Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it) Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della
Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione,
valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali,
organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.
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