Cerca nel blog

venerdì 2 marzo 2018

La campagna militare italiana in Africa Orientale (giugno 1940-novembre 1941)

DIBATTITI

  di Alessio Pecce*



L'Africa Orientale è considerata da molti italiani la seconda patria, poiché già negli anni del  secondo conflitto mondiale si parlava di “mal d'Africa”, alimentato soprattutto dalla presenza dell'Impero d'Etiopia di Mussolini. Nella fattispecie si accenna alla cronaca militare, grazie ai rapporti del Tenente d'Artiglieria Antonino Andò, chiamato al servizio militare il 30 ottobre 1932 come Allievo Ufficiale e richiamato successivamente il 6 gennaio 1936 per imbarcarsi a Napoli, con destinazione Eritrea. Nella campagna militare in Africa Orientale - in cui si fronteggiarono l'Impero d'Italia e quello Britannico - furono presenti più di 500.000 effettivi fra le due compagini, più di 90.000 tra morti e feriti e circa 80.000 prigionieri italiani. Il clima dell'Etiopia è tropicale e ha due stagioni: il periodo invernale (ottobre-marzo) è asciutto, mentre quello estivo (aprile-settembre) è al contrario piovoso. La conquista di tale zona accrebbe l'influenza italiana in un'area vitale per l'Inghilterra. La superficie dell'Africa Orientale Italiana (AOI) si estendeva per 1.735.000 Km quadrati, suddivisa a sua volta in sei governatorati, sotto il comando del Viceré. In tale contesto, nel 1936 sbarcò a Massaua il Tenente d'Artiglieria Andò, per poi essere trasferito nel 1937 a Galla Sidama. Le forze operative italiane, nel giugno 1940, ammontavano a 290.000 uomini, suddivisi rispettivamente in 90.000 nazionali e 200.000 Ascari, i quali erano militi indigeni dell'AOI ed erano parte integrante del Regio Corpo Truppe Coloniali. A differenza dei britannici, le forze italiane non ricevettero alcun rinforzo durante le varie fasi della campagna, infatti  si verificarono alcuni punti critici della situazione militare italiana:
                    Forza aerea non adeguata (320 aerei di cui 70 caccia);
                    Guerriglia interna;
                    esigua disponibilità di mezzi di trasporto, carburante e strade non adatte a spostamenti;
Alla fine del 1940, i disaccordi  tra lo Stato Maggiore Italiano di Roma e le Forze Armate in Africa Orientale rallentarono le disposizioni militari: lo SME di Roma chiedeva di presidiare più territorio possibile, allungando di conseguenza il fronte, ma le Forze Armate AOI ritenevano tale direttiva non adatta alle proprie strutture. Tale per cui il 6 gennaio 1941, gli italiani si trovarono del tutto impreparati all'attacco britannico. Mentre le Forze Britanniche poterono contare su un flusso regolare di approvvigionamenti, e disponevano di un cospicuo  numero di forza aerea e truppe di terra, gli italiani furono isolati e non equipaggiati da strutture tecnico-logistiche per compiti strategici. Le continue offensive Britanniche spinsero le Forze italiane a ripiegare in Eritrea, nei pressi di Agordat, per poi spostarsi successivamente a Cheren, luogo presso il quale si tenne lo scontro decisivo. Quest'ultimo  provocò circa 34.000 perdite italiane, di cui 12.000 nazionali e 22.000 coloniali, mentre quelle britanniche ammontarono a circa 9.000, di cui 5.000 indiani.
Il 14 febbraio 1941 ci fu lo scontro a Dubuluk con l'offensiva Britannica, descritto come breve ma intenso, in cui gli Italiani, alle 3.30 di notte, si scontarono casualmente con i Britannici e il bagliore causato dalle cannonate attirò l'attenzione delle forze africane. Il giorno seguente Antonino Andò fu promosso con il grado di Tenente per merito di guerra grazie alla sua calma, sprezzo del pericolo e spiccata qualità di comando.
Nel maggio 1941, durante il combattimento alla piana di Umbo, ci fu la resa  e quindi il ripiegamento della ventunesima Divisione Coloniale, la quale fu avviata ai campi di prigionia di Addis Abeba e Somalia Britannica, mentre il Tenente Andò fu destinato in Kenya, per poi essere rimpatriato il 29 novembre 1946: la prigionia durò per gli italiani sei anni e mezzo.
La guerra in Africa fu caratterizzata dallo scontro tra due potenze coloniali/sistemi, e le Forze Italiane, a differenza di quelle Britanniche, poterono contare quasi esclusivamente sul coraggio e sulla tenacia degli uomini che li rappresentavano.



*Alessio Pecce (alessio-p89@libero.itDottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali, organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.



Nessun commento:

Posta un commento