DIBATTITI
Si pubblica la prima di quattro note di Giovan Battista Birotti,
collaboratore del CESVAM,
dedicato a questo particolare aspetto del Giappone tra le due guerre.
in cui si mettono le premesse per una conoscenza più dettagliata del concetto di Valore Militare nel paese del Sol Levante.
IL FUOCO DELLA PELLICOLA E QUELLO DELLA
MITRAGLIA
di Giovan Battista Birotti*
Quando si parla di un regime militare si pensa spesso
all’esercito, alla propaganda politica e alla leva obbligatoria. In Giappone,
come altrove, esisteva uno strumento più potente delle leggi e delle parate: il
cinema.
La società nipponica ebbe un rapporto stretto con le
arti, in particolare col teatro in età antica e repentinamente con la
cinematografia in età contemporanea.
Con l’ascesa del
militarismo e l’avvento della guerra, il cinema ha rappresentato un grande
strumento nelle mani del governo per plasmare il pensiero nella società di
massa.
Dopo alcune
produzioni a basso costo, le cosiddette quickies,
tese ad esaltare le vittorie e l’eroismo dei combattenti, il cinema celebra i
primi successi militari con registi del calibro Uchida Tomu e Mizoguchi Kenji;
quest’ultimo celebrerà la conquista della Manciuria del 1932 con il film Manmo kenkoku no renmei, girato in
quello stesso anno.
All’epoca
l’entusiasmo popolare per le prime, apparentemente fortissime, vittorie
militari, prima fra tutte quella in Manciuria, era alle stelle.
Il Governo non tardò ad avvalersi di questo nuovo
strumento propagandistico, come anche soprattutto a censurarlo affinché non cadesse nelle mani della (sempre più
decimata) opposizione.
I criteri di
censura miravano a tutelare la santità dell’Imperatore e della sua famiglia, la
dignità e l’ethos della nazione, la
religione , la Costituzione, le forze armate e il parlamento, il sistema
educativo e la famiglia; a prevenire i conflitti di classe, le critiche alla
politica estera e l’emulazione criminale. Venivano sottoposte a censura anche
le scene considerate violente, ripugnanti o troppo esplicite dal punto di vista
sessuale, compresi il bacio e le relazioni extraconiugali.
Nel 1939, si
arriva ad una legge sul cinema modellata sull’esempio della Spitzenorganization
der Filwirtschaften della Germania nazionalsocialista.
Tuttavia il fuoco
sprigionato dalle pellicole militariste ha mostrato anche diversi colori e
interessanti contraddizioni, tutte naturalmente sotto il rullo dei tamburi e il
fragore delle imprese belliche.
Quello che
diventerà il più conosciuto e affascinante genere cinematografico giapponese e
che in questo periodo ha saputo offrire interessantissimi esempi è il jidaigeki.
Esso ha come conditio sine qua non, l’essere
ambientato prima della Restaurazione Meiji, in piena epoca feudale. I suoi
registi hanno sempre prediletto due periodi storici: il Periodo Sengoku
(1478-1603), c.d. “Periodo degli Stati in guerra” ed il Periodo Tokugawa.
In questi secoli
si è quanto mai sviluppata, soprattutto dal punto di vista dottrinario, la figura del samurai, o meglio ancora, del più nobile bushi: il guerriero. Le cui virtù ed il cui coraggio “epico”, lo
hanno reso protagonista, quasi indiscusso, dell’intero genere cinematografico.
Un altro genere
dell’epoca militarista era il geki:
film a soggetto. E’ qui che rimbomba l’eco della guerra. Tra i maggiori autori a soggetto
propagandistico troviamo Yamamoto Kajiro, che nel 1942 realizzò il manifesto
bellico per eccellenza, il film La guerra sui mari dalle Hawaii alla Malesia,
per celebrare il primo anniversario dell’attacco a Pearl Harbor.
Si incontrano poi
utili esempi cinematografici in altri due generi nipponici: il bunka: film culturali e il nyusu: cinegiornali. Realizzando opere
ispirate ai Kulturfilm tedeschi,
molti autori dei film culturali provenivano dall’ambiente dei film a soggetto,
il che spiega il gusto spesso marcatamente drammatico conferito alle
narrazioni.
Dunque se il
fuoco della mitragliatrice risuonava all’esterno, quello della pellicola si
rifletteva all’interno del Paese durante l’esperienza espansionistica del
Giappone.
* Giovan Battista Birotti collabora con il CESVAM dal 2017. Su QUADERNI ( N. 2/ 2017) ha pubblicato "Il Giappone nella Prima Guerra Mondiale"
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