DIBATTITI
I SAMURAI NELLA CINEMATOGRAFIA GIAPPONESE
DI REGIME
La figura del samurai
è senz’altro l’elemento più noto della cultura giapponese. Il ricordo del samurai era funzionale al regime
militare quando tentò di rendere il Giappone una potenza internazionale.
L’epoca dell’antico Giappone si era conclusa con la
Restaurazione Meiji nel 1868, ma i suoi “valori” e soprattutto certi suoi
aspetti potevano divenir funzionali alla costruzione di una società nazionalista
nel secolo XX. Ciò fece il governo
guidato dagli Ufficiali dell’Esercito a partire dagli anni Trenta e uno dei
suoi strumenti fu la cinematografia.
Ecco il genere giusto: il jidaigeki, il film a carattere storico dove ritrovare
gli antichi fasti dell’epoca samuraica. Il jidaigeki, per ironia della sorte, la forma più
conosciuta di cinematografia giapponese ha come conditio sine qua non, quella di essere ambientato in piena epoca
feudale. I suoi registi hanno sempre prediletto due periodi storici: il Periodo
Sengoku (1478-1603), c.d. “Periodo degli Stati in guerra” e il Periodo Tokugawa
(1603-1868).
In questi secoli
si è sviluppata, soprattutto dal punto di vista dottrinario, la figura del samurai, o meglio ancora, del più nobile bushi: il guerriero. Le cui virtù ed il cui coraggio epico, lo
hanno reso protagonista, quasi indiscusso, della pellicola jidaigeki.
Forse il
“principe” del jidaigeki, sia
militarista che in assoluto, è La
vendetta dei 47 Ronin di Keniji Mizouguchi, diretto nel 1941. È un film di
un importanza storica non solo per la qualità, ma per la trama che mostra uno
degli emblemi, dei casi scuola, della cultura giapponese.
La trama: XVIII secolo, in pieno periodo Tokugawa, 47 ronin (ex samurai rimasti senza padrone) attendono due anni prima di uccidere
Kira, consigliere dello Shogun; questi infatti aveva offeso il loro signore
Asano che, esasperato, l’aveva aggredito con la spada ed era stato poi
costretto a suicidarsi. La lunga incubazione della vendetta dei ronin serve a illudere Kira che abbiano
ormai rinunciato a farsi giustizia. Dopo averlo ucciso, sono a loro volta
pronti a togliersi la vita uno dopo l’altro.
Nella realtà, il
tribunale che giudicò i Quarantasette Ronin, vide in loro l’apoteosi del bushido (la dottrina tradizionale del samurai) e pur dovendoli condannare,
lasciò in vita il più giovane, Terasaka Kichiemon, affinché onorasse gli
spiriti dei compagni poiché soltanto uno
di essi sarebbe stato degno di farlo.
Un altro regista
Kinugasa Teinosuke ha offerto esempi di jidaigeki:
La battaglia d’estate a Osaka del 1937
e La battaglia di Kawanakajima del
1941 narravano celebri lotte intestine del Giappone feudale, esaltando il bushido e proponendo i temi della
propaganda militare: la famiglia, l’esaltazione della natura per richiamare un
ritorno alla produzione agraria, il sacrificio dei figli alla causa imperiale.
Molti altri sono
i film che rientrano in questo genere. Si ripete la necessità del sacrificio
per la patria dimostrando con i jidaigeki,
che la storia ha dovuto attraversare altri analoghi snodi.
Nonostante il
tentativo governativo di farne un’arma di propaganda però riusciva ancora a
mascherare una vena di non intervento da parte di molti autori, come avvenne
per il film La famiglia Abe di
Kumagai Hisatora che si rivela una critica al bushido, forse proprio per l’estremo accento posto sul sacrificio e
sulle gesta eroiche da sembrare una parodia. Tuttavia piacque molto alla critica governativa e fu
presto segnalato come film “ultranazionalista”.
Trama: nel XVII
secolo i vassalli del daimyo Hokosawa
chiedono il permesso di suicidarsi con lui, un onore che viene concesso a tutti
tranne che ad uno di loro, Abe, motivo che lo umilia e che lo spinge comunque a
togliersi la vita.
Dal momento che
non ha rispettato un ordine, viene punito per il suo gesto, il figlio maggiore,
ma in sua difesa si schiera l’intero clan, pur sapendo che così sono tutti
destinati a morire. Da ciò una contraddizione del bushido: cosa scelgo tra l’obbedienza al mio signore che mi ha
ordinato di vivere e quella al mio ruolo che impone di seguire il proprio daimyo dopo la morte?
Nonostante la
pressione governativa il jidaigeki
rimane un’avanguardia artistica destinata a svilupparsi lungo tutto il
Novecento. È dal militarismo che è partito un genere tipico del Giappone ..e
che addirittura tenderà ad assumere una certa nostalgia del passato durante il
secondo dopoguerra.
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