APPROFONDIMENTI
FRA
DON E DONETZ
Sono
buon testimone che tutto quanto detto in questo capitolo dal Col. Carloni è
rigorosamente esatto e frutto di un puntuale diario degli avvenimenti. Ho
potuto incontrarlo (pur non sapendo assolutamente nulla della situazione
generale) degli ordini ricevuti, dai combattimenti effettuati e dallo
svolgimento dei movimenti fatti. Devo tuttavia evidenziare alcuni episodi che
mi sembrano importanti.
Il
giorno 19, per ordini ricevuti nella notte, il VI° Btg. doveva attaccare
insieme ad altri reparti del 6° i russi che ci fronteggiavano nella valle del
Tichaja, ma come era successo il giorno precedente, questi riprendevano
contemporaneamente la loro offensiva. Fu uno scontro frontale durissimo durato
alcune ore, sopportato con accanimento da una parte e dall'altra con esito
alterno, del tutto episodico, in cui ogni reparto anche minore, combatteva per
conto proprio in una specie di orgogliosa esaltazione.
La
3a Cp., sulle alture a S. dello schieramento, non cedette di un
passo neppure quando fu attaccata da nuove forze fresche. Disperatamente
mantenne le sue posizioni per tutta la mattina.
Nel
primo pomeriggio venne l'ordine di ripiegamento su Melowatij. Mentre lo
eseguivamo vedemmo avanzare e prendere lentamente posizione un reparto tedesco
(seppi poi trattarsi di veterani
ferrovieri ) che eseguì la più bella esercitazione a fuoco cui abbia mai assistito, bloccando il nemico che
ricominciava ad avanzare, avendo osservato il nostro ripiegamento.
Rapidamente
prendemmo posizione alle prime isbe dell'abitato, finalmente riuniti VI° e XIX°
Btg. ma piuttosto frammischiati e soprattutto sfiniti dalla stanchezza.
Ci
fu di grande conforto in quella occasione una straordinaria distribuzione di
viveri, caffè, zucchero, scatolette, forme intere di formaggio, cognac ed altro
proveniente da un magazzino viveri italiano abbandonato. Eravamo stanchi,
gelati ed affamati dopo tre giorni di continui combattimenti per cui tutta
quella abbondanza fu un vero festino e, malgrado il pericolo che sentivamo
incombente, ci sentimmo molto più sereni. Ma il riposo non fu lungo
specialmente per noi ufficiali: frammentarie notizie avute dal Com.te di Btg.
Cap. Grotti, ci indicavano una situazione allarmante determinata dallo
sfondamento da parte di reparti corazzati russi, sulla sinistra dello
schieramento italiano, con conseguente minaccia di un accerchiamento di tutti i
reparti raggruppati a Melowatij. Quando a tarda sera venne l'ordine di
ripiegamento provammo un vero senso di sollievo e ci apprestammo a raggiungere
gli automezzi che dovevano trasportarci al sicuro. Che tragica sorpresa
constatare che questi erano ormai andati via!
Iniziammo
quindi nella notte il ripiegamento a piedi, in uno stato d'animo per la prima
volta depresso ma seppur silenziosi, sempre molto determinati. Percorremmo così
ben venticinque chilometri (non sapevamo fossero tanti), senza soste né
dispersioni od allungamenti. Quasi all'alba del 20 raggiungemmo il Btg. delle
SS che stava procedendo ai rifornimenti dei mezzi, un Btg. mitraglieri ancora
efficiente seppur decimato ed il gruppo di artiglieria che era con noi a
Melowatij con tutti i suoi autocarri.
Dopo
qualche ora venne l'ordine di salire sui camion e riprendemmo il movimento in
autocolonna. Il Cap. Grotti che riusciva ad avere qualche contatto diretto con
Carloni e che si appoggiava ora di preferenza alla mia Cp., mi disse che
dovevamo raggiungere e presidiare Werchne Makejewka. Avevamo appena eseguito il
movimento ed occupato il paese quando già all'imbrunire ci venne l'ordine di
risalire sugli automezzi. Eravamo abbrutiti dal freddo e dalla stanchezza e più
che salire ci buttammo sui camion.
Raggiungemmo
Ossipowa verso le 23 e per la prima volta avemmo chiara la tragica situazione
generale che avevamo ritenuto sino allora ancora sotto controllo.
Vi
trovammo infatti centinaia di soldati della Pasubio, della Sforzesca della
Celere e della Torino quasi tutti disarmati ed ormai completamente abulici. Fu
proprio in questo momento che maggiormente rifulse la saldezza morale dei Quadri e di tutti i
Bersaglieri del 6° che mai avevano conosciuto la sconfitta e che invece di abbandonarsi
come gli altri reagirono con orgogliosa determinazione, mantenendosi compatti e
decisi a resistere a tutti i costi. Così ci trovò il Col. Carloni di ritorno
dal Comando della Sforzesca e credo che gli fu di conforto i1 nostro
atteggiamento risoluto nel darci gli
ordini per la costituzione del caposaldo che doveva assicurare il ripiegamento
di quella massa di inermi più che impaurita, abulica e ormai rassegnata alla
resa. La
mattina del 21 eravamo ormai
organizzati a difesa. Uno strano caposaldo costituito oltre che da noi del 16°
Rgt. anche da truppe Romene,
caratteristiche per i loro alti cappucci di capretto nero (specie di colbacchi)
molto disciplinati e tranquilli e dal 121° gruppo di Art. con tutti i pezzi in
linea in funzione anticarro. Pian piano vedemmo evacuare i1 paese, passare
reparti e comandi, parte a piedi parte su automezzi ed incamminarsi sulla pista
di Makejewka sotto la nostra protezione.
Fummo importunati durante la
giornata solo da alcune pattuglie russe che respingemmo facilmente. Sebbene
sempre all'erta, potemmo così usufruire della giornata e della notte sul 22 di
relativo riposo che rinfrancò almeno il corpo. Molto meno lo spirito perché
alcune pattuglie, inviate alla ricerca di altri reparti della Sforzesca e del
nostro XIII° Btg. B., ritornarono con forti perdite e con la convinzione che
questi reparti fossero ormai stati incapsulati dal nemico quindi distrutti o
fatti prigionieri.
Nella
mattinata del 22 i russi ripresero ad attaccare con reparti sempre più
consistenti ma furono ricacciati con forti perdite di uomini e mezzi per cui
alfine desistettero incerti sul da farsi. Poco dopo le 12, il Cap. Grotti ci
informò che avevamo esaurito il nostro compito di protezione e ci diede ordini
dettagliati per il ripiegamento.
Furono approntati dapprima i mezzi a
tergo del caposaldo sulla pista di Makejewka a piccoli gruppi per diluire i
rumori, successivamente in gran silenzio, presero su di essi posto i vari
reparti. Partimmo nella notte con gran fragore tutti compatti, artiglieri in
testa ed in coda per far fronte ad eventuali attacchi di corazzati, al centro i
motorizzati e ai lati i motocarrelli con mitragliatrici e fucili mitragliatori.
Superammo senza incidenti il bivio per Kijewskoje occupata dai russi, che
impressionati dal fragore e della massa di mezzi che piombavano loro addosso si
erano ritirati precipitosamente proseguimrno per quella località che
raggiungemmo alle prime luci del 23, sotto una bufera di neve. Vi trovammo
tutta la colonna di appiedati, di cui avevamo protetta la ritirata resa ancora
più pesante dai resti di due reggimenti della Sforzesca che miracolosamente
erano riusciti a sottrarsi al nemico. Vi trovammo inoltre il Btg. SS tedesco e
i reparti romeni che avevano ormai approntato l'organizzazione difensiva. La
colonna Carloni come fu anche chiamata perchè costituita oltre che dai due Btg.
del 6° bersaglieri anche dal 120° Gruppo di Art., dopo aver trascorso la
giornata in riposo, sostituì nella notte sul 24 il Btg. SS, chiamato ad altri
compiti, nella difesa di Kijewskoje.
Non
saprei proprio descrivere il caos regnante nel paese. Vi stazionavano Comandi
di grandi Unità e Comandi di Rgt. che per tutta la giornata cercarono di
raggruppare i loro reparti e riorganizzarli essendo tutti frammisti e resi
indolenti per la stanchezza fisica e poco propensi ad abbandonare il posto che
avevano faticosamente trovato nelle isbe. Li vedemmo partire all'alba del 25
sulle tracce del Btg. SS, lunga, triste colonna appiedate e ci si stringeva il
cuore pensando al loro possibile destino che poteva diventare anche il nostro.
Eravamo tuttavia fieri aggrappati alle nostre armi decisi a difendere la loro e
la nostra ritirata, noi soli bersaglieri ed artiglieri, ormai riuniti in una
fratellanza che ben si può dire di sangue.
Dopo
molte ore interminabili di tensione in attesa dell'attacco del nemico di cui
intravedevamo le pattuglie avanzate, rompemmo il contatto senza incidenti ed in
serata raggiungemmo le truppe che ci avevano preceduto. Schierati in difesa
piazzammo le armi proteggendole con stracci e teli da tenda e ci apprestammo a
trascorrere la notte all'addiaccio sulla neve con un freddo intensissimo.
Quella fu per tutti la lotte più tremenda passata in Russia; combattevamo
contro il gelo, contro la stanchezza, contro la fame che cominciavamo ad
avvertire, nè valsero un gran che ad alleviare questi mali qualche
distribuzione di caffè caldo, giunta non sapevamo da quale parte. Il timore di addormentarci e
quindi cedere al congelamento degli arti o peggio ancora di finire assiderati
ci costrinse a battere continuamente i piedi, battere le braccia e strofinarci
orecchi e naso. Ci confortò non poco la presenza del Col. Carloni che più di
una volta aggirandosi nel buio profondo, quasi a condividere la nostra
sofferenza, ci rivolgeva parole di elogio.
Ce
lo vedemmo arrivare ombra sulla neve mentre sotto il misero riparo costituito
da pochi teli da tenda sostenuti dalle nostre teste e seduti su due cassette di
munizioni il Cap. Grotti, il s.Ten. Ebenstain ed io si parlava delle nostre
famiglie, come di cose molte lontane, ...con un certo distacco. Ci diede
coraggio con la sua presenza o ne ricevette? Forse entrambe le cose!
Mi
ordinò di presentarmi a lui la mattina successiva, cosa che feci puntualmente,
ed in quella occasione assieme ad un caffè ed un pezzetto di cioccolata, per la
prima volta mi ragguagliò sulla situazione generale e mi diede le disposizioni
per la giornata. La 3a Cp. doveva procedere in testa alla Colonna
Carloni preceduta dalla ricognizione a distanza della cavalleria romena; in
direzione di Krasnoiarewka.
Detta
località doveva essere raggiunta prima di notte! Fu un sollievo per tutti
rimetterci in movimento e giungemmo in vista del paese solo disturbati da una
bufera di neve. Krasnoiarewka era occupata dai Russi. Ce ne diede notizia la
cavalleria Romena comunicandoci inoltre la presenza di blindati o corazzati
nemici.
Eravamo
oramai al crepuscolo e Carloni mi diede l'ordine di attaccare rinforzando la 3a
Cp. con tre cannoni da 47/32.
Abbandonati
gli autocarri, avanzammo verso il paese con i due plotoni in linea (tali erano
dopo le perdite subite) con alle ali ed al centro i cannoni anticarro.
Procedemmo
spediti fiu quasi a 600 m. dall'obbiettivo ma a questo punto fummo investiti da
un improvviso quanto intenso fuoco di armi automatiche. Continuammo allora ad
avanzare a sbalzi di plotone sotto un fuoco pirotecnico di traccianti, che in
altri momenti sarebbe stato anche bello da
vedere, percorrendo altri 400 m.. Fu allora che fui raggiunto da un
reparto, poco consistente, comandato dallo stesso Carloni che mi urlò nel
fragore delle armi "Attacchiamo, Attacchiamo Vices".
Alla
disperata, gridando come ossessi Savoia, ci buttammo sulle prime isbe
sbaragliando bombe a mano i1 nemico che si diede precipitosamente alla fuga.
L'occupazione del paese da parte della colonna fu immediata e senza perdere un solo attimo furono piazzate le armi automatiche ed i
cannoni anticarro nostri e Romeni a tutti gli accessi al paese per respingere
eventuali contrattacchi. Svuotata di forze la 3a Cp. rimase a
disposizione del Comandante. Non fu impiegata durante la notte e potè riposare
in qualche maniera anche se nella notte vi furono attacchi Russi cannonate,
incendi e l'invasione caotica dei reparti appiedati che si buttarono nelle
case, completamente sfiniti, del tutto abulici, indifferenti a tutto quanto
poteva succedere. Il giorno 28 passò tranquillo per i difensori, ma non per i
comandi.
Dal
Cap. Grotti seppi che c'era stata tempestosa
seduta in cui era stata prospettata molto seriamente la possibilità della resa.
Era
stato decisivo l'intervento di Carloni che aveva nettamente rifiutato questa
eventualità disponendo ancora il caposaldo di reparti la cui capacità operativa
e combattiva era ancora a tutta prova.
Fu
quindi concordato di tentare il ripiegamento e di salvare migliaia di uomini.
Fummo quindi approntati ed in piena notte si formò la colonna appiedata ma
combattente che si avviò lentamente sulla pista di Makejewka sfilando, lunga
striscia nera, silenziosa, rassegnata, per alcune ore.
Sul
finire della notte il caposaldo fu attaccato in forze ma il 6° Rgt. B. con il
solito gruppo di Artiglieria ed i mitraglieri respinsero decisamente l'attacco.
Ma era solo una pausa! Vedemmo arrivare una trentina di carri armati russi
accompagnati da fanteria che tentano di tagliare la via della ritirata.
Temevamo di essere alla fine, ma la nostra. Artiglieria, meravigliosa
Artiglieria, aprì un fuoco violentissimo e preciso sulla fanteria nemica che fu costretta ad
arrestarsi. Contemporaneamente il Btg. SS, che ci fu sempre vicino,
contrattaccava spregiudicatamente con quattro carri Tigre e quattro semoventi
da 88.
Il combattimento si esaurì in breve
tempo perché i carri russi, subite pesanti perdite si ritirarono rapidamente
dalla loro fanteria.
Subito
dopo vedemmo partire altre truppe tedesche ed ancora una volta la Colonna
Carloni rimase sola a proteggere la ritirata.
Eravamo
tesi come corde di violino mentre attendevamo l'ordine di evacuare anche noi il
paese. Fui chiamato dal Col. Carloni che mi diede ordine di proteggere con la
mia 3a Cp. il ripiegamento della Colonna tenendo il paese sino a
quando tutti i nostri reparti non fossero scomparsi dalla vista sulla pista
di Makejewka.
Non
ci fu tempo per altre parole perchè il combattimento si era acceso tra le case
del paese e dovetti raggiungere subito il mio reparto.
Seguì
un pandemonio di cannonate di cui non riuscivo a rendermi ragione impegnato
com'ero nel combattimento tra le case. (Seppi dopo che la colonna era stata
attaccata dai T. 34)
Poi
sentii la colonna mettersi in marcia. Eravamo rimasti solamente due Ufficiali
(era con me il coraggiosissimo S.Ten. Rosa Agostino di Roma) ed una quarantina
di bersaglieri armati solo di mitra, moschetti 91 e qualche fucile
mitragliatore. Ritirandoci casa per casa ritardavamo il più possibile i Russi sempre
più aggressivi fin quando fummo sul margine dell’abitato dove operammo l'ultima
disperata resistenza.
Vedemmo
ormai lontani i camion della Colonna e ritenni che il nostro compito fosse
stato assolto. Secondo gli accordi che avevo preso col S.Ten. Rosa scaricammo
contemporaneamente sul nemico tutte le nostre armi arrestandolo interdetto per
qualche minuto. Il tempo appena sufficiente per arrembare i due camion che ci
attendevano in moto già sulla pista!.
Il
fuoco concentrato, rabbioso che ci investì non ebbe per fortuna nessun esito e
potemmo raggiungere sul tardi la Colonna ed il resto delle truppe. Durante la
notte sul 29 riprendemmo il movimento e questa volta il 6° Bers. passò
all'avanguardia, ma eravamo tutti assai sollevati perchè circolava notizia che
stavamo per entrare nell'organizzazione difensiva Tedesca. Quando però fummo a
pochi chilometri dalla meta, la Colonna fece una sosta che da prima credemmo
del tutto normale.
Di
lì a poco ci vedemmo sorvolati da un piccolo aeroplano Tedesco che dopo alcuni
giri sulla nostra testa ci lanciò un messaggio. Seppi dopo trattarsi della
comunicazione che il paese era occupato dai Russi e ci indicava una direzione
nuova di marcia. Il carburante scarseggiava per cui fu necessario abbandonare
alcuni automezzi per recuperarlo dai loro serbatoi, ma nessuno può immaginare
quanta fatica costò a noi Ufficiali far scendere gli uomini per trasbordarli su
altri già occupati.
Basti
dire che io ed il s.Ten. Ebenstain fummo costretti, essendo gli unici rimasti a
terra a farci accogliere, armi alla mano, sul cassone di un furgoncino che
sotto scorta di due carabinieri trasportava la cassaforte di non so quale
divisione.
Il
movimento non fu del tutto tranquillo perché eravamo punzecchiati la tutte le
parti da pattuglie motocorazzate nemiche che però furono regolarmente respinte.
Verso le dodici ci riunimmo al Comando del XXIX Corpo d'Armata con il quale
sostammo qualche ora. Ricevemmo in questo lasso di tempo, per via aerea, un
esiguo rifornimento di carburante. Fu tuttavia di grande aiuto per il morale di
tutti perché ci sentimmo sostenuti e guidati da una organizzazione. Poco dopo
riprendemmo il movimento. I restanti 15 Km. furono tormentatissimi. Una puntata
di carri armati Russi subito contrastata dall'artiglieria (non so di quale
reparto) separò gli ultimi automezzi della colonna tra i quali era anche il
mio.
Essendo
la pista occupata dai mezzi dell'artiglieria che si opponeva con successo alla
puntata russa, fui costretto ad abbandonare il furgoncino.
Coadiuvato
dal S.Ten. Ebcnstain raccolsi i bersaglieri che con noi erano stati tagliati
fuori ed insieme ci lanciammo in aperta steppa con la neve fresca che ci
giungeva quasi al ginocchio indirizzandoci nella direzione in cui avevamo visto
scomparire gli ultimi autocarri. Fu uno sforzo tremendo che però fu ben
ricompensato perché dopo un chilometro
circa riuscimmo a recuperare la pista sulla quale proseguimmo un pò più
tranquilli. Lungo i restanti 6-7 Km. trovammo altri autocarri abbandonati per
mancanza di carburante ma per fortuna non fummo più disturbati sino a Skassirskaja occupata saldamente dai
tedeschi, dove giungemmo sull'imbrunire. Eravamo veramente sfiniti ma felici
perchè capivamo che oramai eravamo al sicuro.
I
due giorni che seguirono furono di completo relax fisico e morale. Dopo 15
giorni di combattimenti continui, di notti insonni , di fame, di gelo e di
angoscia, riuscimmo per la prima volta a toglierci di dosso gli abiti
brulicanti di insetti, a lavarci ed a consumare un rancio caldo. Il 1° gennaio
del '43, dopo aver riordinato i reparti, iniziammo la marcia di 50 Km. a piedi,
(lo eravamo ormai quasi tutti - per
mancanza di mezzi) che smorzò molto del nostro entusiasmo. Solo allora
comprendemmo la tragedia di quei poveri fanti che avevano salvato dalla morte o
dalla prigionia, ma che si erano
trascinati nella neve per giorni e notti, completamente ignari di quanto
succedeva, terrorizzati dai continui attacchi russi che avvertivano avanti,
dietro e sui fianchi della colonna. Con sollievo arrivammo a Kamenkaja dove il
giorno 3 fummo imbarcati su dei pianali scoperti ed avviati a Rikowo .
Reggemmo
a questo nuovo supplizio solo poche ore! Sdraiati su dei pianali, uno
sull'altro, riparati da poche coperte e da qualche telo da tenda, sentivamo la
morte implorante si di noi. Il treno si fermò finalmente ad una stazioncina e
senza che nessuno desse un ordine ci buttammo a terra occupando la stazione e
due o tre casette intorno. Ma non tutti!, alcuni nostri cari commilitoni
giaquero su quei maledetti pianali stecchiti, senza vita a pochi chilometri
dalla salvezza.
La
mattina del giorno successivo prendemmo d'assalto un treno ed in carri
bestiame, molto depressi, giungemmo a Rikowo e di qui spediti a Korsuni.
Vi
sostammo quasi tutto il mese di gennaio recuperando le forze, ricomponendo
organicamente i reparti smembrati che furono anche ben dotati di armi. Tuttavia
anche se moralmente molto su di tono, per l'impresa compiuta e per la notizia
di un prossimo rientro in Italia,
c'era nell'aria come un
presentimento che tutto non era ancora finito..
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