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mercoledì 23 agosto 2023

Russia 1942 -1943. Diario del Generale Vices Vinci II Parte

 APPROFONDIMENTI


 

 

FRA DON E DONETZ

 

Sono buon testimone che tutto quanto detto in questo capitolo dal Col. Carloni è rigorosamente esatto e frutto di un puntuale diario degli avvenimenti. Ho potuto incontrarlo (pur non sapendo assolutamente nulla della situazione generale) degli ordini ricevuti, dai combattimenti effettuati e dallo svolgimento dei movimenti fatti. Devo tuttavia evidenziare alcuni episodi che mi sembrano importanti.

Il giorno 19, per ordini ricevuti nella notte, il VI° Btg. doveva attaccare insieme ad altri reparti del 6° i russi che ci fronteggiavano nella valle del Tichaja, ma come era successo il giorno precedente, questi riprendevano contemporaneamente la loro offensiva. Fu uno scontro frontale durissimo durato alcune ore, sopportato con accanimento da una parte e dall'altra con esito alterno, del tutto episodico, in cui ogni reparto anche minore, combatteva per conto proprio in una specie di orgogliosa esaltazione.

La 3a Cp., sulle alture a S. dello schieramento, non cedette di un passo neppure quando fu attaccata da nuove forze fresche. Disperatamente mantenne le sue posizioni per tutta la mattina.

Nel primo pomeriggio venne l'ordine di ripiegamento su Melowatij. Mentre lo eseguivamo vedemmo avanzare e prendere lentamente posizione un reparto tedesco (seppi poi        trattarsi di veterani ferrovieri ) che eseguì la più bella esercitazione a fuoco cui abbia         mai assistito, bloccando il nemico che ricominciava ad avanzare, avendo osservato il nostro ripiegamento.

Rapidamente prendemmo posizione alle prime isbe dell'abitato, finalmente riuniti VI° e XIX° Btg. ma piuttosto frammischiati e soprattutto sfiniti dalla stanchezza.

Ci fu di grande conforto in quella occasione una straordinaria distribuzione di viveri, caffè, zucchero, scatolette, forme intere di formaggio, cognac ed altro proveniente da un magazzino viveri italiano abbandonato. Eravamo stanchi, gelati ed affamati dopo tre giorni di continui combattimenti per cui tutta quella abbondanza fu un vero festino e, malgrado il pericolo che sentivamo incombente, ci sentimmo molto più sereni. Ma il riposo non fu lungo specialmente per noi ufficiali: frammentarie notizie avute dal Com.te di Btg. Cap. Grotti, ci indicavano una situazione allarmante determinata dallo sfondamento da parte di reparti corazzati russi, sulla sinistra dello schieramento italiano, con conseguente minaccia di un accerchiamento di tutti i reparti raggruppati a Melowatij. Quando a tarda sera venne l'ordine di ripiegamento provammo un vero senso di sollievo e ci apprestammo a raggiungere gli automezzi che dovevano trasportarci al sicuro. Che tragica sorpresa constatare che questi erano ormai andati via!

Iniziammo quindi nella notte il ripiegamento a piedi, in uno stato d'animo per la prima volta depresso ma seppur silenziosi, sempre molto determinati. Percorremmo così ben venticinque chilometri (non sapevamo fossero tanti), senza soste né dispersioni od allungamenti. Quasi all'alba del 20 raggiungemmo il Btg. delle SS che stava procedendo ai rifornimenti dei mezzi, un Btg. mitraglieri ancora efficiente seppur decimato ed il gruppo di artiglieria che era con noi a Melowatij con tutti i suoi autocarri.

Dopo qualche ora venne l'ordine di salire sui camion e riprendemmo il movimento in autocolonna. Il Cap. Grotti che riusciva ad avere qualche contatto diretto con Carloni e che si appoggiava ora di preferenza alla mia Cp., mi disse che dovevamo raggiungere e presidiare Werchne Makejewka. Avevamo appena eseguito il movimento ed occupato il paese quando già all'imbrunire ci venne l'ordine di risalire sugli automezzi. Eravamo abbrutiti dal freddo e dalla stanchezza e più che salire ci buttammo sui camion.

Raggiungemmo Ossipowa verso le 23 e per la prima volta avemmo chiara la tragica situazione generale che avevamo ritenuto sino allora ancora sotto controllo.

Vi trovammo infatti centinaia di soldati della Pasubio, della Sforzesca della Celere e della Torino quasi tutti disarmati ed ormai completamente abulici. Fu proprio in questo momento che maggiormente rifulse  la saldezza morale dei Quadri e di tutti i Bersaglieri del 6° che mai avevano conosciuto la sconfitta e che invece di abbandonarsi come gli altri reagirono con orgogliosa determinazione, mantenendosi compatti e decisi a resistere a tutti i costi. Così ci trovò il Col. Carloni di ritorno dal Comando della Sforzesca e credo che gli fu di conforto i1 nostro atteggiamento    risoluto nel darci gli ordini per la costituzione del caposaldo che doveva assicurare il ripiegamento di quella massa di inermi più che impaurita, abulica e ormai rassegnata alla resa. La

mattina del 21 eravamo ormai organizzati a difesa. Uno strano caposaldo costituito oltre che da noi del 16° Rgt. anche da       truppe Romene, caratteristiche per i loro alti cappucci di capretto nero (specie di colbacchi) molto disciplinati e tranquilli e dal 121° gruppo di Art. con tutti i pezzi in linea in funzione anticarro. Pian piano vedemmo evacuare i1 paese, passare reparti e comandi, parte a piedi parte su automezzi ed incamminarsi sulla pista di Makejewka sotto la nostra protezione.

Fummo importunati durante la giornata solo da alcune pattuglie russe che respingemmo facilmente. Sebbene sempre all'erta, potemmo così usufruire della giornata e della notte sul 22 di relativo riposo che rinfrancò almeno il corpo. Molto meno lo spirito perché alcune pattuglie, inviate alla ricerca di altri reparti della Sforzesca e del nostro XIII° Btg. B., ritornarono con forti perdite e con la convinzione che questi reparti fossero ormai stati incapsulati dal nemico quindi distrutti o fatti prigionieri.

Nella mattinata del 22 i russi ripresero ad attaccare con reparti sempre più consistenti ma furono ricacciati con forti perdite di uomini e mezzi per cui alfine desistettero incerti sul da farsi. Poco dopo le 12, il Cap. Grotti ci informò che avevamo esaurito il nostro compito di protezione e ci diede ordini dettagliati per il ripiegamento.

Furono approntati dapprima i mezzi a tergo del caposaldo sulla pista di Makejewka a piccoli gruppi per diluire i rumori, successivamente in gran silenzio, presero su di essi posto i vari reparti. Partimmo nella notte con gran fragore tutti compatti, artiglieri in testa ed in coda per far fronte ad eventuali attacchi di corazzati, al centro i motorizzati e ai lati i motocarrelli con mitragliatrici e fucili mitragliatori. Superammo senza incidenti il bivio per Kijewskoje occupata dai russi, che impressionati dal fragore e della massa di mezzi che piombavano loro addosso si erano ritirati precipitosamente proseguimrno per quella località che raggiungemmo alle prime luci del 23, sotto una bufera di neve. Vi trovammo tutta la colonna di appiedati, di cui avevamo protetta la ritirata resa ancora più pesante dai resti di due reggimenti della Sforzesca che miracolosamente erano riusciti a sottrarsi al nemico. Vi trovammo inoltre il Btg. SS tedesco e i reparti romeni che avevano ormai approntato l'organizzazione difensiva. La colonna Carloni come fu anche chiamata perchè costituita oltre che dai due Btg. del 6° bersaglieri anche dal 120° Gruppo di Art., dopo aver trascorso la giornata in riposo, sostituì nella notte sul 24 il Btg. SS, chiamato ad altri compiti, nella difesa di Kijewskoje.

Non saprei proprio descrivere il caos regnante nel paese. Vi stazionavano Comandi di grandi Unità e Comandi di Rgt. che per tutta la giornata cercarono di raggruppare i loro reparti e riorganizzarli essendo tutti frammisti e resi indolenti per la stanchezza fisica e poco propensi ad abbandonare il posto che avevano faticosamente trovato nelle isbe. Li vedemmo partire all'alba del 25 sulle tracce del Btg. SS, lunga, triste colonna appiedate e ci si stringeva il cuore pensando al loro possibile destino che poteva diventare anche il nostro. Eravamo tuttavia fieri aggrappati alle nostre armi decisi a difendere la loro e la nostra ritirata, noi soli bersaglieri ed artiglieri, ormai riuniti in una fratellanza che ben si può dire di sangue.

Dopo molte ore interminabili di tensione in attesa dell'attacco del nemico di cui intravedevamo le pattuglie avanzate, rompemmo il contatto senza incidenti ed in serata raggiungemmo le truppe che ci avevano preceduto. Schierati in difesa piazzammo le armi proteggendole con stracci e teli da tenda e ci apprestammo a trascorrere la notte all'addiaccio sulla neve con un freddo intensissimo. Quella fu per tutti la lotte più tremenda passata in Russia; combattevamo contro il gelo, contro la stanchezza, contro la fame che cominciavamo ad avvertire, nè valsero un gran che ad alleviare questi mali qualche distribuzione di caffè caldo, giunta non sapevamo da  quale parte. Il timore di addormentarci e quindi cedere al congelamento degli arti o peggio ancora di finire assiderati ci costrinse a battere continuamente i piedi, battere le braccia e strofinarci orecchi e naso. Ci confortò non poco la presenza del Col. Carloni che più di una volta aggirandosi nel buio profondo, quasi a condividere la nostra sofferenza, ci rivolgeva parole di elogio.

Ce lo vedemmo arrivare ombra sulla neve mentre sotto il misero riparo costituito da pochi teli da tenda sostenuti dalle nostre teste e seduti su due cassette di munizioni il Cap. Grotti, il s.Ten. Ebenstain ed io si parlava delle nostre famiglie, come di cose molte lontane, ...con un certo distacco. Ci diede coraggio con la sua presenza o ne ricevette? Forse entrambe le cose!

Mi ordinò di presentarmi a lui la mattina successiva, cosa che feci puntualmente, ed in quella occasione assieme ad un caffè ed un pezzetto di cioccolata, per la prima volta mi ragguagliò sulla situazione generale e mi diede le disposizioni per la giornata. La 3a Cp. doveva procedere in testa alla Colonna Carloni preceduta dalla ricognizione a distanza della cavalleria romena; in direzione di Krasnoiarewka.

Detta località doveva essere raggiunta prima di notte! Fu un sollievo per tutti rimetterci in movimento e giungemmo in vista del paese solo disturbati da una bufera di neve. Krasnoiarewka era occupata dai Russi. Ce ne diede notizia la cavalleria Romena comunicandoci inoltre la presenza di blindati o corazzati nemici.

Eravamo oramai al crepuscolo e Carloni mi diede l'ordine di attaccare rinforzando la 3a Cp. con tre cannoni da 47/32.

Abbandonati gli autocarri, avanzammo verso il paese con i due plotoni in linea (tali erano dopo le perdite subite) con alle ali ed al centro i cannoni anticarro.

Procedemmo spediti fiu quasi a 600 m. dall'obbiettivo ma a questo punto fummo investiti da un improvviso quanto intenso fuoco di armi automatiche. Continuammo allora ad avanzare a sbalzi di plotone sotto un fuoco pirotecnico di traccianti, che in altri momenti sarebbe stato anche bello da  vedere, percorrendo altri 400 m.. Fu allora che fui raggiunto da un reparto, poco consistente, comandato dallo stesso Carloni che mi urlò nel fragore delle armi "Attacchiamo, Attacchiamo Vices".

Alla disperata, gridando come ossessi Savoia, ci buttammo sulle prime isbe sbaragliando bombe a mano i1 nemico che si diede precipitosamente alla fuga. L'occupazione del paese da parte della colonna fu  immediata e senza perdere un solo attimo furono piazzate le armi automatiche ed i cannoni anticarro nostri e Romeni a tutti gli accessi al paese per respingere eventuali contrattacchi. Svuotata di forze la 3a Cp. rimase a disposizione del Comandante. Non fu impiegata durante la notte e potè riposare in qualche maniera anche se nella notte vi furono attacchi Russi cannonate, incendi e l'invasione caotica dei reparti appiedati che si buttarono nelle case, completamente sfiniti, del tutto abulici, indifferenti a tutto quanto poteva succedere. Il giorno 28 passò tranquillo per i difensori, ma non per i comandi.

Dal Cap. Grotti seppi che c'era stata tempestosa seduta in cui era stata prospettata molto seriamente la possibilità della resa.

Era stato decisivo l'intervento di Carloni che aveva nettamente rifiutato questa eventualità disponendo ancora il caposaldo di reparti la cui capacità operativa e combattiva era ancora a tutta prova.

Fu quindi concordato di tentare il ripiegamento e di salvare migliaia di uomini. Fummo quindi approntati ed in piena notte si formò la colonna appiedata ma combattente che si avviò lentamente sulla pista di Makejewka sfilando, lunga striscia nera, silenziosa, rassegnata, per alcune ore.

Sul finire della notte il caposaldo fu attaccato in forze ma il 6° Rgt. B. con il solito gruppo di Artiglieria ed i mitraglieri respinsero decisamente l'attacco. Ma era solo una pausa! Vedemmo arrivare una trentina di carri armati russi accompagnati da fanteria che tentano di tagliare la via della ritirata. Temevamo di essere alla fine, ma la nostra. Artiglieria, meravigliosa Artiglieria, aprì un fuoco violentissimo e preciso sulla fanteria nemica che fu costretta ad arrestarsi. Contemporaneamente il Btg. SS, che ci fu sempre vicino, contrattaccava spregiudicatamente con quattro carri Tigre e quattro semoventi da 88.

Il combattimento si esaurì in breve tempo perché i carri russi, subite pesanti perdite si ritirarono rapidamente dalla loro fanteria.

Subito dopo vedemmo partire altre truppe tedesche ed ancora una volta la Colonna Carloni rimase sola a proteggere la ritirata.          

Eravamo tesi come corde di violino mentre attendevamo l'ordine di evacuare anche noi il paese. Fui chiamato dal Col. Carloni che mi diede ordine di proteggere con la mia 3a Cp. il ripiegamento della Colonna tenendo il paese sino a quando tutti i nostri reparti non fossero scomparsi dalla vista sulla pista di  Makejewka.

Non ci fu tempo per altre parole perchè il combattimento si era acceso tra le case del paese e dovetti raggiungere subito il mio reparto.

Seguì un pandemonio di cannonate di cui non riuscivo a rendermi ragione impegnato com'ero nel combattimento tra le case. (Seppi dopo che la colonna era stata attaccata dai T. 34)

Poi sentii la colonna mettersi in marcia. Eravamo rimasti solamente due Ufficiali (era con me il coraggiosissimo S.Ten. Rosa Agostino di Roma) ed una quarantina di bersaglieri armati solo di mitra, moschetti 91 e qualche fucile mitragliatore. Ritirandoci casa per casa ritardavamo il più possibile i Russi sempre più aggressivi fin quando fummo sul margine dell’abitato dove operammo l'ultima disperata resistenza.

Vedemmo ormai lontani i camion della Colonna e ritenni che il nostro compito fosse stato assolto. Secondo gli accordi che avevo preso col S.Ten. Rosa scaricammo contemporaneamente sul nemico tutte le nostre armi arrestandolo interdetto per qualche minuto. Il tempo appena sufficiente per arrembare i due camion che ci attendevano in moto già sulla pista!.

Il fuoco concentrato, rabbioso che ci investì non ebbe per fortuna nessun esito e potemmo raggiungere sul tardi la Colonna ed il resto delle truppe. Durante la notte sul 29 riprendemmo il movimento e questa volta il 6° Bers. passò all'avanguardia, ma eravamo tutti assai sollevati perchè circolava notizia che stavamo per entrare nell'organizzazione difensiva Tedesca. Quando però fummo a pochi chilometri dalla meta, la Colonna­ fece una sosta che da prima credemmo del tutto normale.

Di lì a poco ci vedemmo sorvolati da un piccolo aeroplano Tedesco che dopo alcuni giri sulla nostra testa ci lanciò un messaggio. Seppi dopo trattarsi della comunicazione che il paese era occupato dai Russi e ci indicava una direzione nuova di marcia. Il carburante scarseggiava per cui fu necessario abbandonare alcuni automezzi per recuperarlo dai loro serbatoi, ma nessuno può immaginare quanta fatica costò a noi Ufficiali far scendere gli uomini per trasbordarli su altri già occupati.

Basti dire che io ed il s.Ten. Ebenstain fummo costretti, essendo gli unici rimasti a terra a farci accogliere, armi alla mano, sul cassone di un furgoncino che sotto scorta di due carabinieri trasportava la cassaforte di non so quale divisione.

Il movimento non fu del tutto tranquillo perché eravamo punzecchiati la tutte le parti da pattuglie motocorazzate nemiche che però furono regolarmente respinte. Verso le dodici ci riunimmo al Comando del XXIX Corpo d'Armata con il quale sostammo qualche ora. Ricevemmo in questo lasso di tempo, per via aerea, un esiguo rifornimento di carburante. Fu tuttavia di grande aiuto per il morale di tutti perché ci sentimmo sostenuti e guidati da una organizzazione. Poco dopo riprendemmo il movimento. I restanti 15 Km. furono tormentatissimi. Una puntata di carri armati Russi subito contrastata dall'artiglieria (non so di quale reparto) separò gli ultimi automezzi della colonna tra i quali era anche il mio.

Essendo la pista occupata dai mezzi dell'artiglieria che si opponeva con successo alla puntata russa, fui costretto ad abbandonare il furgoncino.

Coadiuvato dal S.Ten. Ebcnstain raccolsi i bersaglieri che con noi erano stati tagliati fuori ed insieme ci lanciammo in aperta steppa con la neve fresca che ci giungeva quasi al ginocchio indirizzandoci nella direzione in cui avevamo visto scomparire gli ultimi autocarri. Fu uno sforzo tremendo che però fu ben ricompensato perché dopo un  chilometro circa riuscimmo a recuperare la pista sulla quale proseguimmo un pò più tranquilli. Lungo i restanti 6-7 Km. trovammo altri autocarri abbandonati per mancanza di carburante ma per fortuna non fummo più disturbati sino  a Skassirskaja occupata saldamente dai tedeschi, dove giungemmo sull'imbrunire. Eravamo veramente sfiniti ma felici perchè capivamo che oramai eravamo al sicuro.

I due giorni che seguirono furono di completo relax fisico e morale. Dopo 15 giorni di combattimenti continui, di notti insonni , di fame, di gelo e di angoscia, riuscimmo per la prima volta a toglierci di dosso gli abiti brulicanti di insetti, a lavarci ed a consumare un rancio caldo. Il 1° gennaio del '43, dopo aver riordinato i reparti, iniziammo la marcia di 50 Km. a piedi, (lo eravamo ormai quasi tutti - per mancanza di mezzi) che smorzò molto del nostro entusiasmo. Solo allora comprendemmo la tragedia di quei poveri fanti che avevano salvato dalla morte o dalla prigionia, ma  che si erano trascinati nella neve per giorni e notti, completamente ignari di quanto succedeva, terrorizzati dai continui attacchi russi che avvertivano avanti, dietro e sui fianchi della colonna. Con sollievo arrivammo a Kamenkaja dove il giorno 3 fummo imbarcati su dei pianali scoperti ed avviati a Rikowo .

Reggemmo a questo nuovo supplizio solo poche ore! Sdraiati su dei pianali, uno sull'altro, riparati da poche coperte e da qualche telo da tenda, sentivamo la morte implorante si di noi. Il treno si fermò finalmente ad una stazioncina e senza che nessuno desse un ordine ci buttammo a terra occupando la stazione e due o tre casette intorno. Ma non tutti!, alcuni nostri cari commilitoni giaquero su quei maledetti pianali stecchiti, senza vita a pochi chilometri dalla salvezza.

La mattina del giorno successivo prendemmo d'assalto un treno ed in carri bestiame, molto depressi, giungemmo a Rikowo e di qui spediti a Korsuni.

Vi sostammo quasi tutto il mese di gennaio recuperando le forze, ricomponendo organicamente i reparti smembrati che furono anche ben dotati di armi. Tuttavia anche se moralmente molto su di tono, per l'impresa compiuta e per la notizia di un prossimo rientro in Italia,

c'era nell'aria come un presentimento che tutto non era ancora finito..

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