DIBATTITI
Radici e ritorno dello
Stato moderno
Sergio Benedetto
Sabetta
“ Foucault esprime una tesi molto chiara: non esiste uno spazio neutro,
vergine. Ogni spazio è da sempre intimamente connesso a un potere che si
esercita su di esso. ( …) Ogni discorso sullo spazio è un discorso strategico,
plurale e dialettico. Dunque geopolitico. “ ( G. De Ruvo, “Lo spazio è sempre
strategico, intervista di M. Foucault” in “Il bluff globale”, Limes 4/2023).
Lo Stato si
definisce nello spazio sia in termini di confini che di cultura, ossia di
identità, esso risulta ideologicamente
più recente rispetto all’imperium che è più onnicomprensivo, un
bilanciamento di identità.
La seconda
globalizzazione a cavallo del nuovo millennio si fonda sul concetto USA di “ dominio universale “, quale mondo unico
in termini economici, culturali e politici.
Supera
quindi il più semplice concetto di “ dominio
globale “, in cui non vi è il tentativo di unificare culturalmente, ma solo
quello di controllare le risorse nel mondo attraverso il dominio dei mari e una
superiore tecnologia, drenandole verso il centro ( G. De Ruvo, Tutto ciò che è globale è occidentale, 69 – 80, in “Il
bluff globale”, Limes 4/2023).
Nella formazione dello Stato tra XVI e XVII secolo, vi è stato non solo
una elaborazione di pensatori laici ma anche della Chiesa tridentina e della
sua capacità organizzativa.
La Chiesa è
parte della costruzione europea dello Stato moderno, tanto da potere affermare
che la riforma tridentina partecipa alla fondazione dello Stato in età moderna
costituendolo quale ordine giuridico e, al contempo, conferendogli una propria
sacralità, di cui massima espressione ne è l’idealismo hegeliano e fichtiano.
Si creano le
premesse dello Stato assolutista moderno e se ne elaborano gli strumenti, quali
le ispezioni, l’istituzione dello stato civile e le scuole burocratiche di cui
esempio massimo è la sintesi tra Chiesa riformata e Stato assoluto operata nel
XVII secolo in Francia dai Cardinali Richelieu
e Mazzarino, i quali passano dalla
monarchia feudale alla monarchia assoluta.
Il cardinale Bellarmino nel sistematizzare i contenuti conciliari distingue
preliminarmente tra il “corpus mysticum” della comunità ecclesiale e il “corpus
mysticum” della comunità civile, per giungere al contenuto reale dell’appartenenza
al corpo imperniato sulla gerarchia ecclesiale, quale elemento di una
disciplina unificante e necessaria da collegare sia alla identica professione
di fede che alla partecipazione agli stessi sacramenti, tanto da paragonarla
alla comunità del popolo romano, alla Repubblica di Venezia e al regno di
Francia.
Il diritto canonico tridentino viene
quindi a distinguere tra due società autonome sufficienti e perfette, che alla
metà dell’Ottocento si configureranno nella teoria della Chiesa e dello Stato,
con due sfere distinte la prima relativa all’etica e al foro interno la seconda
all’aspetto relazionale del foro esterno.
Vi è una centralizzazione autoritaria
del diritto secondo una gerarchia delle fonti che si contrappone alle categorie
oggettive del diritto medievale, in questa visione assolutista della legge vi è
un monopolio interpretativo presso gli organi centrali.
Con la Seconda Scolastica e il Suarez
viene meno il ruolo creativo della giurisprudenza, se non in supporto alla
volontà positiva del legislatore, unico titolare della potestà normativa, e si
accentua l’autonomia del diritto canonico dalla teologia secondo l’indicazione
tridentina.
Nel rapporto verticistico tra Santa
Sede e le Chiese locali si introducono nuovi strumenti di controllo, quali i
visitatori apostolici con poteri speciali, l’obbligo di relazionare sullo stato
delle diocesi e le nunziature apostoliche con poteri di vigilanza.
A sua volta il Vitoria, nel sostituire le teorie medioevali della sovranità
universale con una concezione universalistica del diritto, fondata
sull’esigenza naturale di coordinare una comunità internazionale, getta le basi
per il moderno diritto internazionale positivo.
Nel riconoscere l’immutabilità del
diritto naturale, Soro e Molina ammettono
la storicità e quindi la variabilità del diritto positivo, in quanto prodotto
essenzialmente dalla ragione.
Su questa via Vasquez, superando il tradizionale sistema razionale tomista, già
messo in crisi dalle correnti nominaliste e volontariste, collega il diritto
naturale alla pura e semplice natura razionale delle cose in sé, senza alcun
riferimento alla lex aeterna di San Tommaso.
Suarez nel recuperare
il diritto naturale quale “ius divinum”, sintesi del diritto divino naturale
(ius naturale) e del diritto divino rivelato (ius positivum), pone subordinato
ad esso lo ius humanum, il diritto canonico, civile e delle genti.
Le leggi del sovrano devono
rispettare i principi del diritto divino, naturale e delle genti, dei quali il solo
diritto divino è interpretato dalla Chiesa, mentre la legge naturale è
promulgata dalla stessa ragione umana e come tale è comune all’intera umanità,
ossia è delle genti.
La legge naturale non è di per sé
immutabile ma varia a seconda delle circostanze, mantenendo comunque saldi i
principi fondanti, vi è in questo l’elemento portante della nascita dei diritti
dell’individuo, così come elaborati nel corso del XVIII secolo dagli
Illuministi e consacrati nelle dichiarazioni costituzionali delle Rivoluzioni
americana e francese.
Lo Stato accentrato diviene, quindi,
sia la fonte del diritto che il garante dei diritti fondamentali
dell’individuo, ma anche il corpo mistico che incarna la comunità e come tale
il soggetto che, in caso di pericolo, sospende provvisoriamente i diritti al
fine della salvezza della stessa superiore comunità.
Il recupero nelle comunità
protestanti del senso della collegialità propria dei primi secoli del
cristianesimo, fa sì che si innesti nella struttura autocratica e burocratica
dello Stato assolutistico l’elemento democratico, assumendo il popolo
attraverso la sua rappresentanza la potestà legislativa.
Il principio dell’uguaglianza dei
diritti individuali innanzi alla legge, non può nascondere i diversi valori che
ciascuno possiede e in cui interviene l’interpretazione, con il suo tentativo
di favorire una coerenza interna allo Stato – comunità.
Il moderno tentativo novecentesco di
trasformare l’uguaglianza giuridica in una sostanziale uguaglianza sociale “assoluta”
non ha dato i frutti sperati, diminuendo in un appiattimento assoluto lo
spirito creativo umano, fino al collasso istituzionale.
Di fronte al disastro e alla
conseguente trionfante globalizzazione, sponsorizzata dal neoliberismo
americano, si è parlato prematuramente della morte dello Stato schiacciato tra
aziende private globali, istituzioni sovranazionali e interessi particolari,
finché l’attuale guerra in Ucraina e la pandemia ne ha fatto riscoprire la
centralità nei momenti di crisi.
Una centralità dello Stato anche
contro una lettura della sua disintegrazione nei termini di un maldestro
federalismo e di un suo riassorbimento in una ipotetica U.E. paritaria, dove
riemergono al contrario gli opposti
interessi e i blocchi geo-economici, tanto da indurre la proposta di
inserire nella carta costituzionale il principio dell’interesse nazionale quale
garante di una unitarietà d’azione dell’Italia.
Vi è, tuttavia, la necessità di
riformulare l’etica della comunità quale Nazione, a seguito del disintegrarsi
nell’economicismo individualista il senso della Nazione . Stato, come del resto
già avviene negli USA, dove è entrata in crisi presso i cittadini il concetto
di “missione universale”, e in tutto
l’Occidente.
Vi è, quindi, l’urgenza di una nuova Educazione civica fondata sul recupero
della memoria storica ed umanistica, da affiancarsi al puro tecnicismo come
evidenziato dalle recenti crisi.
Come scrive David Singh Grewal, “ Il
superamento del neoliberismo impone di navigare un mondo che quello stesso
modello ha reso instabile. La principale difficoltà sta nella riscoperta e nel
recupero dei nostri valori più profondi ed elevati. Il neoliberismo li aveva
messi ai margini, poiché contemplava soltanto una dedizione alla libertà di
mercato e alla massimizzazione del profitto. I nostri rivali autoritari si sono
resi conto di questa autoillusione e l’hanno sfruttata per minare la fiducia
nelle società democratiche e la loro capacità di autogoverno. Tali sono i
presupposti della più profonda contesa ideologica del nostro tempo. Un problema
che riguarda sia il rinnovamento democratico interno che la strategia
geopolitica”. (62- “L’autunno del neoliberismo”, in Limes 4/2023).
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