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lunedì 6 marzo 2023

1945. La Guerra di Liberazione. il Quinto fronte. La Prigionia

 APPROFONDIMENTI

campo di prigionia negli Stati Uniti

Massimo Coltrinari


6.Il Quinto Fronte. La prigionia di guerra.

Il 1945 vede l’inizio del rimpatrio, in relazione alle esigenze, dei prigioni di guerra italiani in mano alle potenze ex-nemiche, ovvero in mano alleata. La fine della guerra fa terminare lo status di prigionieri di guerra e quindi l’obbligo della potenza cattore di restituire i prigionieri in propria mano. Questo principio non viene messo in discussione, ma è subordinato alle esigenze di mano d’opera di ogni singolo stato. Per gli Stati Uniti, il problema non si pone; nel quadro generale della smobilitazione attuato dopo la resa del Giappone non vi è nessun interesse a trattenere i prigionieri italiani. Il vero ostacolo sono i mezzi di trasporto, ovvero le navi, che per questa esigenza scarseggiano. La Gran Bretagna ha qualche remora a restituire i prigionieri, in quanto sono ben inseriti nella propria economia di guerra sia in territorio metropolitano che nell’Impero. Qui si assiste al fenomeno tipico di questo fronte: molti prigionieri, soprattutto in Sud Africa e in Australia, hanno sperimentato con interesse il modo di vivere delle democrazie, e, in relazione alla situazione che li attende in Italia, certamente non eccellente, preferiscono rimanere oppure, dopo un breve soggiorno alle loro case, optano per ritornare in quei luoghi che li avevano accolti come prigionieri. La Unione Sovietica restituisce tutti i prigionieri in suoi possesso, trattenendo con pretesti alcune decine. Inizia quella roventissima diatriba che si protrarrà per oltre un decennio, inserita in modo reale nel contesto della guerra fredda, La Francia restituisce i prigionieri italiani, che come abbiamo visto deteneva illegalmente, in un contesto di veramente difficile che risente molto del contesto della guerra combattuta dai francesi degaullisti. Questo fronte esaurisce il ripatrio nella tarda primavera- estate del 1946, dando inizio a quell’oblio, che si aggiunge, per il tema della prigionia, a quello della prima guerra mondiale. Permane, anche se non esternato apertamente il pesante giudizio di Gabriele d’Annunzio nella nostra coscienza nazionale, che i prigionieri di guerra non sono altro che “peccatori contro la patria”, Anche nel clima di rinnovamento, libertà e democrazia il combattente disarmato in mano nemica non è né accettato né tantomeno ricordato.


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