APPROFONDIMENTI
Ricostruzione degli anni settanta
della Battaglia che determinò l'inizio della fine della
presenza militare italian in Nord Africa
di Igino Gravina
LA BATTAGLIA DI EL
ALAMEIN
Quando nella sera del 23. ottobre 1942, tra El Alamein ed El Ruweisat, fra
El Ruweisat ed El Qattara, un migliaio di bocche da fuoco dei britannici rovesciarono
il loro carico di ferro sulle posizioni italo-tedesche, l'ago della bilancia -
che negli eventi della lotta aveva per oltre due anni oscillato convulsamente
da una parte all'altra, tra il confine egiziano ed il golfo sirtico, tra El
Agheila e Bardia, tra le porte della Tripolitania e le porte di Alessandria -
si spostò decisamente a favore dell'8a Armata inglese, che da quel
momento ebbe via aperta verso la Tunisia, verso il continente europeo.
Battaglia, quella di El Alamein, combattuta con estremo accanimento da
entrambe le parti: dall’attaccante che, fiducioso della. vittoria, stante la
sua schiacciante superiorità morale e materiale, rinnova senza tregua i colpi;
dal difensore che, pur riconoscendo la sua debolezza, si batte disperatamente perché
sa che dall'esito della lotta dipende il destino dell‘Africa.
In effetti, tale destino era già stato virtualmente deciso ad Alam
el-Halfa, quando (30 agosto-5 settembre) le truppe italo-tedesche tentarono
invano, in uno sforzo supremo, di aprirsi la strada verso il Delta. “Fu
un’azione di importanza vitale
- scrive il Maresciallo
Montgomery - comandante dell'8a Armata – che’, se l’avessimo
perduta, avremmo potuto perdere l’Egitto. Vincendola, spianammo la strada al
successo di El Alamein ed alla successiva avanzata in Tunisia”.
Si determinò così, tra il 6 settembre ed il 23 ottobre, quella febbrile e
intensa preparazione, che doveva impegnare comandi e stati maggiori, navi,
aerei ed equipaggi dei due eserciti contrapposti, tendenti ciascuno, con la affluenza
di nuove forze ed accumulo di materiali, a creare la premessa per sferrare. il
colpo decisivo al momento opportuno. Questa gara di velocità fu vinta dai
britannici che, per avere risolto favorevolmente per loro e reso pressoché
disperato per l'armata corazzata italo-tedesca il problema dei trasporti
marittimi, dovevano conseguentemente riportare la vittoria anche in campo
operativo.
Il piano britannico, imperniato su un’offensiva strategica, di cui la
battaglia di Egitto doveva costituire il prologo, doveva sopperire a due
necessità contrastanti: prima, attaccare il più presto possibile per impedire
allo avversario di consolidare le sue difese sulla linea di El Alamein;
seconda, sincronizzare l'azione con gli sbarchi alleati in Africa settentrionale,
già previsti e programmati per 1'8 novembre. Il far presto, oltre al vantaggio
di ridurre il tempo agli italo-tedeschi di rafforzarsi, presentava quello di
conseguire un notevole effetto morale sull'opinione pubblica dell’Africa
settentrionale; per contro, poteva influire dannosamente sulla preparazione
della battaglia, la quale doveva assolutamente conseguire effetti decisivi e
clamorosi. Fu deciso pertanto che l'offensiva di Egitto precedesse l‘operazione
“Torch” (sbarco sull'Africa settentrionale francese) di una quindicina di
giorni: intervallo equo ed aderente alle circostanze contingenti che “sarebbe
stato abbastanza lungo” - scrive il generale Alexander, comandante del
Medio Oriente - “per distruggere la maggior parte dell’esercito dell’Asse
che ci stava di fronte, nel lo stesso tempo sarebbe stato troppo corto perché
il nemico cominciasse a rinforzare l’Africa in misura di qualche rilevanza”.
Di fronte alle posizioni italo-tedesche di El Alamein - costituite di opere
campali in cui predominavano, come elemento più importante della difesa, i
campi minati anticarro ed antiuomo - si presentavano all'attaccante due
soluzioni: un attacco a sud, dove le difese delle truppe italo-tedesche erano.
piuttosto deboli; oppure un attacco a nord, dove le difese erano più forti ma i
risultati del successo sarebbero stati determinanti, in quanto avrebbe indotto
la difesa a concentrare le proprie forze al margine meridionale della breccia,
‘allontanandole quindi dalle proprie linee di comunicazione, rappresentate dalla
rotabile costiera. In definitiva, precisa Alexsander, “il fronte ostile
poteva essere paragonato ad una porta, imperniata alla estremità
settentrionale. Spingendo il lato debole (ossia quello sud) poteva farla
girare all’indietro per un certo tratto prima di poter provocare un qualche
danno serio, ma un col po fortunato alla cerniera avrebbe scardinato L’intero
fronte spalancando la porta”.
Il concetto di attaccare a nord, ossia contro il punto più forte, anziché a
sud, è contrario in linea teorica a quelli che sono i dettami dell’arte della
guerra, i quali consigliano di esercitare lo sforzo principale contro il punto
più debole dell'avversario. Occorreva, pertanto, un correttivo che
giustificasse una tale soluzione, che si staccava nettamente dall'ortodossia
tattica. Ed il correttivo esisteva: era determinato da una schiacciante
superiorità di forze e di mezzi su tutta la fronte, con particolare riferimento
al punto di applicazione dello sforzo principale.
Il fatto che l'armata corazzata italo-tedesca sia riuscita con i suoi reiterati furibondi contrattacchi a contenere dapprima e successivamente a rendere quanto mai difficile, cruenta e lenta l'avanzata dei britannici, che per diversi giorni si dibatterono fra i campi minati prima di sboccare al largo, costituisce un titolo di onore per le armi italiane e germaniche, che neanche la sconfitta può offuscare. Bisogna precisare, d'altra parte, che la battaglia di El Alamein non fu considerata dagli inglesi, come qualcuno ha asserito, un cozzo di ferraglie. La superiorità dei mezzi fu certamente determinante, ma specialmente la preparazione, meticolosa ed intelligente, costituisce un titolo di merito per l'Armata del Nilo, e quindi per il suo Comandante, che nessuno può misconoscere.
(a cura di Chiara Mastroantonio)
Il fatto che l'armata corazzata italo-tedesca sia riuscita con i suoi reiterati furibondi contrattacchi a contenere dapprima e successivamente a rendere quanto mai difficile, cruenta e lenta l'avanzata dei britannici, che per diversi giorni si dibatterono fra i campi minati prima di sboccare al largo, costituisce un titolo di onore per le armi italiane e germaniche, che neanche la sconfitta può offuscare. Bisogna precisare, d'altra parte, che la battaglia di El Alamein non fu considerata dagli inglesi, come qualcuno ha asserito, un cozzo di ferraglie. La superiorità dei mezzi fu certamente determinante, ma specialmente la preparazione, meticolosa ed intelligente, costituisce un titolo di merito per l'Armata del Nilo, e quindi per il suo Comandante, che nessuno può misconoscere.
II.
Lo schieramento delle forze contrapposte all'inizio dell'offensiva
britannica era il seguente (vedasi grafico accanto):
a) ARMATA CORAZZATA
ITALO-TEDESCA (A.C.I.T.):
-
in prima
schiera: a nord, le divisioni di fanteria 164° germanica, “Trento” e
"Bologna", inquadrate nel XXI Corpo d'Armata (generale Navarrini); a
sud, le divisioni di fanteria “Brescia”, "Pavia” e "Folgore”,
inquadrate nel X corpo d'Armata (generale Nebbia): A cavallo dei limiti di
settore dei Corpi di Armata erano schierati 4 battaglioni di paracadutisti
tedeschi;
-
in seconda
linea: le divisioni corazzate "Littorio" e 15a germanica a
tergo del settore nord; le divisioni corazzate "Ariete” e 21a
germanica sul rovescio del settore sud;
-
in riserva
d’Armata: la 90a divisione leggera germanica e la divisione
motorizzata “Trieste” nel settore nord lungo la costa.
Sia le truppe di seconda schiera, sia quelle di
riserva erano inquadrate inizialmente nel XX Corpo d'Armata: (generale De
Stefanis); quelle italiane, e nel Deutsch Africa Korps (generale Ritter Von
Thoma), quelle tedesche.
b) FORZE BRITANNICHE:
-
settore nord:
XXX Corpo d'Armata con le divisioni 9a australiana, 51a
Highland, 2a neozelandese, 1a sud-africana, 4a
indiana;
-
settore sud:
XIII Corpo d'Armata con la 7a divisione corazzata, la 44a
divisione, la 50a divisione e la brigata francesi liberi;
-
in riserva (a
tergo del settore nord): X Corpo d'Armata con le divisioni corazzate di 1a
e 10a.(a cura di Chiara Mastroantonio)
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