DIBATTITI
Il 22 giugno 2019 si terrà a Jesi
l'incontro annuale del Club Ufficiali Marchigiani
Nel quadro delle sinergie in essere tra questo Club
e il Cesvam si presenta una nota
dedicata ai risvolti militari della cittadina marchigiana
di Osvaldo Biribicchi*
L’antica città di Jesi, posta
a immediato ridosso di Ancona piazzaforte marittima del medio Adriatico,
all’inizio del Novecento acquisì per questa sua posizione un crescente ruolo
militare che sarebbe durato fino al 1947, ovvero all’indomani della fine della
seconda guerra mondiale. Questo ruolo aumentò di importanza anche in relazione al
concomitante sviluppo dell’aereo che all’epoca stava muovendo i primi passi (il
primo volo fu quello realizzato dai fratelli Orville e Wilbur Wright il 17
dicembre 1903) ma già i vertici militari studiavano come utilizzarlo in campo
bellico. In quel periodo l’aereo andò ad affiancarsi al dirigibile, il
cosiddetto “più leggero dell’aria”, nato nel 1852 in Francia. Ognuno di questi
mezzi presentava al tempo stesso vantaggi e svantaggi che dovevano essere
attentamente valutati a seconda del tipo di impiego/missione. Ancora non era
scoppiata la disputa tra i fautori dell’una o dell’altra macchina volante. Come
si vedrà il dirigibile avrebbe riscosso a livello mondiale un successo mai più eguagliato
con le imprese artiche del generale Umberto Nobile compiute nel 1926 e nel 1928
rispettivamente con i dirigibili semirigidi Norge
e Italia, da lui stesso progettati e
costruiti nello Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Roma. L’Italia, sfortunatamente, dopo aver
raggiunto il Polo Nord sulla via del ritorno precipitò sulla banchisa polare a
causa di una violenta tempesta di neve. L’era dei dirigibili sarebbe terminata il
6 maggio 1937 a seguito della tragedia dell’aeronave tedesca Zeppelin LZ 129 Hindenburg
che prese fuoco in fase di attracco a Lakehurst nel New Jersey al termine
dell’ennesima traversata transatlantica. Jesi, all’inizio del Novecento, in un
clima di crescente entusiasmo per le macchine volanti e per le ardite imprese
aviatorie dei pionieri del volo divenne uno dei principali aeroscali per dirigibili
della Marina.
Non lontano da Jesi c’è un’altra
città che ha avuto un ruolo importante nella storia dell’aviazione marchigiana:
Senigallia; qui nacque il primo aeroporto della Regione o meglio dalla Piazza
d’Armi di questa città il 27 marzo 1912 decollò il Deperdussin, un monoplano da competizione di fabbricazione
francese, pilotato dal pergolese Giulio Brilli Cattarini. Nella stessa area
aeroportuale si esercitavano regolarmente il pioniere dell’aviazione jesino
Riccardo Ponzelli e Muzio Gallo di Osimo. Purtroppo, il 24 ottobre di quello
stesso anno un incendio distrusse completamente l’hangar di Piazza d’Armi ed i
tre aeroplani che vi erano ricoverati.
Intanto la prima guerra mondiale
si avvicinava, nell’agosto del 1911 in un rapporto segreto inviato dallo Stato
Maggiore della Regia Marina al Ministero della Guerra, si dichiarava che per
sorvegliare l’Adriatico e garantire l’esplorazione sicura del mare sarebbe
tornato utile l’impiego dei dirigibili. Allo scopo vennero scelte tre zone
strategiche nelle quali realizzare altrettanti aeroscali: Venezia (Alto
Adriatico), Jesi (Centro Adriatico) e Taranto o Brindisi (Basso Adriatico).
Per la scelta dell’area
destinata alla costruzione di un aeroscalo per dirigibili, venne inviato a Jesi
il capitano De Cristoforo. La scelta del luogo cadde in parte dell’attuale zona
industriale ZIPA nella media Vallesina. L’Aeroscalo jesino, costruito nel 1913
per l’Aviazione della Regia Marina (ancora non esisteva l’aeronautica come
forza armata) e consistente in un enorme hangar in ferro, varie palazzine e
strutture minori, fu collegato con il Comando Marittimo del Medio Adriatico di
Ancona ed il Comando del VII Corpo d’Armata territoriale.
Grazie ai soddisfacenti
risultati ottenuti dall’impiego dei dirigibili in Libia durante la guerra
italo-turca ed in virtù delle esperienze maturate furono costruiti dirigibili semirigidi
della classe M (medio) e V (veloce), più grandi e potenti rispetto ai precedenti,
destinati a compiere ricognizioni in profondità e bombardamenti a grande
distanza. I dirigibili, dunque, con cui la Regia Marina iniziò la Grande
Guerra, furono il Città di Jesi-V1, il nome gli fu dato in
quanto destinato all’aeroscalo della città delle Marche ed il Città di Ferrara-M2 perché di stanza nel
capoluogo emiliano.
Il Città di Jesi iniziò nel 1914 le prove di collaudo a Vigna di Valle
sul Lago di Bracciano. L’entrata in guerra dell’Italia indusse i vertici della
Regia Marina ad inviare velocemente nella primavera del 1915 il dirigibile, che
aveva prestazioni superiori al Città di
Ferrara direttamente nell’aeroscalo di Ferrara più vicino agli obiettivi
strategici da colpire, in particolare le installazioni militari di Pola. Nello
stesso periodo il Città di Ferrara fu
invece spostato a Jesi per impiegarlo nel Medio Adriatico.
Il 29 maggio 1915, nella
sala consiliare del Comune di Jesi si svolse una solenne cerimonia durante la
quale venne consegnata alla Regia Marina la bandiera di combattimento
dell’aeronave Città di Jesi nelle
mani del Tenente di Vascello Castruccio Castracane degli Antelminelli e del Tenente
di Vascello Carlo Barzagli. La cerimonia è ricordata in una pergamena,
tutt’oggi conservata presso la Biblioteca Comunale di Jesi, ove si possono
leggere chiaramente le firme dei due ufficiali di Marina, del Sindaco, Avvocato
Giuseppe Abbruzzetti, del Vescovo, Mons. Giuseppe Gandolfi e della
Presidentessa del Comitato promotore della iniziativa, Marchesa Erminia Saronni
Honorati.
Agli austriaci non sfuggì
la fervente attività lavorativa degli jesini nella costruzione dell’aeroscalo.
Non a caso Jesi ed Ancona vantano il triste primato di essere state le prime
città italiane attaccate, nella Grande Guerra, dal mare e dall’aria da parte degli
austro-ungarici. La flotta austriaca, infatti, all’alba del 24 maggio 1915 (la
dichiarazione di guerra dell’Italia era stata consegnata a Vienna nel
pomeriggio del 23 maggio) si presentò davanti alle coste romagnole e
marchigiane e cannoneggiò Porto Corsini, Rimini, Pesaro, Senigallia ed Ancona. La
città dorica ebbe oltre 60 morti e diverse centinaia di feriti. Idrovolanti
della Marina Austriaca sorvolarono Ancona e proseguirono per Jesi dove invece
sganciarono diverse bombe sull’aeroscalo che fortunatamente non provocarono
vittime ma solo un incendio presto domato. Si può affermare che Jesi fu la
prima città italiana bombardata dall’aria nel Corso della prima guerra mondiale.
L’inizio delle ostilità
vide dunque subito impegnati i due dirigibili della Regia Marina che
ricevettero l’ordine immediato di bombardare la base navale austriaca di Pola
ed eventuali navi da guerra nemiche dirette verso le coste italiane.
Il Città di Ferrara alzatosi in volo dall’aeroscalo di Jesi in
direzione della penisola istriana fu preso di mira dalla contraerea della
flotta austriaca che si stava avvicinando alle coste marchigiane e fu costretto
ad interrompere la sua missione mentre il Città
di Jesi, che aveva lasciato l’aeroscalo di Ferrara nella tarda serata del
23 maggio facendo rotta su Pola, dovette far rientro a causa di problemi
tecnici ai motori ed ai piani di coda.
La Regia Marina da questi
primi segnali non certo brillanti intuì che i dirigibili non erano in grado di
svolgere il ruolo di bombardamento richiestogli a causa della loro elevata vulnerabilità
all’offesa nemica. Infatti il loro ciclo operativo non durò più di qualche
mese.
Il 7 giugno 1915 il Città di Ferrara si alzò ancora una
volta in volo dall’aeroscalo di Jesi per una missione sulla città di Fiume, con
l’obiettivo di bombardare il silurificio della Whitehead che subì ingenti danni.
Sulla rotta di ritorno, all’altezza dell’Isola di Veglia, il dirigibile fu
fatto segno a intenso fuoco di fucileria e mitragliatrici. Colpito in più
parti, fu costretto a scendere in mare dove avvistato da due idrovolanti
austriaci fu nuovamente colpito ed incendiato. Perirono il
Tenente di Vascello De
Pisa ed il Maresciallo motorista Mantero, il comandante Castruccio Castracane e
gli altri uomini dell’equipaggio furono presi prigionieri.
Stessa sorte toccò al Città di Jesi al comando del Tenente di Vascello
Bruno Brivonesi. Nella notte tra il 4 e 5 agosto 1915 lasciò l’aeroscalo di
Ferrara per bombardare i cantieri navali di Pola. Nella rotta di avvicinamento,
a 2800 metri di quota fu inquadrato dalle fotoelettriche austriache e fatto
segno ad intenso fuoco di fucileria e di contraerea. Colpito nella zona
poppiera fu costretto ad ammarare a causa della fuoriuscita di idrogeno
dall’involucro. L’equipaggio fu salvato da una motobarca austriaca e fatto
prigioniero. Prima di cadere prigioniero il comandante Brivonesi riuscì ad affondare
la bandiera di combattimento donata dalla cittadinanza di Jesi.
Con la perdita del Citta di Jesi e del Citta di Ferrara terminò la fase di bombardamento strategico in
profondità ad opera dei dirigibili della Regia Marina la quale ne ordinò altri due,
destinati alla esplorazione e sorveglianza, che avranno un ruolo fondamentale
nel presidio dello sbarramento del Canale d’Otranto nel corso della guerra.
L’aeroporto di Jesi fu
base anche di squadriglie di aerei che si integrarono con gli idrovolanti della
Stazione marittima di Ancona e del campo di aviazione di Varano, sotto Osimo,
per la difesa della piazzaforte.
Da ricordare inoltre il
ruolo avuto da Jesi sul finire del 1915 nel progetto di d’Annunzio di lanciare
manifestini e messaggi tricolori su Zara dopo che il 7 agosto il Poeta, con il pilota
Tenente di Vascello Miraglia, aveva sorvolato Trieste lanciando messaggi
tricolori ed il 20 settembre, anniversario di Porta Pia, aveva ripetuto con
successo un volo analogo con lancio di manifestini su Trento. Il piano
prevedeva la partenza degli aerei da Venezia il 26 dicembre 1915, rotta sud
fino ad Ancona, con scalo a Varano o Jesi, poi un balzo verso Zara con
l’appoggio di navi lungo la rotta e rientro per lo stesso tragitto. Purtroppo
il 24 dicembre 1915, a causa di un incidente di volo, perse la vita Miraglia e
la missione fu annullata. Di questa impresa non realizzata rimane ampia traccia
negli scritti di Gabriele d’Annunzio.
Rimaneva il significato
strategico dell’aeroporto di Jesi: ogni iniziativa aerea nel medio Adriatico
non poteva prescindere da questo aeroporto.
Nel 1917 anche l’esercito
rischierò proprie squadriglie a Jesi per incrementare l’attività offensiva, nel
quadro della “battaglia in porto” e della “guerriglia marittima” volute da Thaon
di Revel. Jesi, in pratica, era perfettamente inquadrata in quella Trincea
Marittima che andava dalle foci del Timavo, passando per Venezia, Ancona,
Brindisi e con lo sbarramento del Canale d’Otranto fino in Albania. La flotta
austriaca era costretta, come avrebbe scritto D’Annunzio “a vivere ferma nei
suoi porti la gloriuzza di Lissa”. In questa lotta mista di colpi di mano e
propaganda, Jesi subì da parte austriaca altri bombardamenti di cui uno, quello
del 27 settembre 1917, fu particolarmente pesante. L’ultima incursione, che
arrecò anch’essa notevoli danni, fu effettuata sulla città il 5 settembre 1918.
Jesi, così come Padova,
Venezia, Treviso, Vicenza, Verona ed altre soggette ad incursioni aeree, si
dotò di specifiche difese antiaeree. Particolarmente curiosa quella che
prevedeva, su apposite altane poste sui tetti, fucilieri e mitraglieri serrati
l’un con l’altro. Essendo questi della Regia Marina furono definiti “marinai di
grondaia”, da una espressione popolare coniata a Venezia.
Il fatto che anche a Jesi
vi fossero dei “marinai di grondaia” sottolinea il ruolo importante assunto dall’aeroscalo/aeroporto,
un ruolo che si sarebbe affermato nel primo dopoguerra.
( la seconda parte è pubblicata nel post a seguito)
* Colonnello, membro associato del CEVAM
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