APPROFONDIMENTI
Lo Sbarco in Sicilia e la scarsa opposizione
delle forze italiane accelerarono la crisi
del regime già in atto dopo i rovesci in Russia e in Tunisia
Fu lo stesso Gran Consiglio del Fascismo che decretò la fine di Mussolini e del Regime
La caduta di Mussolini
massimo coltrinari
La perdita della Sicilia in poco più di un mese mette a
nudo la debolezza del regime fascista. Il comportamento dei soldati di origini
siciliana che quasi in massa abbandonarono i loro reparti anziché difendere la
propria isola fa emergere la profonda crisi del regime. La debole opposizione
italiana allo sbarco, che fu solo in parte, accanto ad episodi di valore rileva
come i nodi stanno arrivando al pettine. 39 mesi di guerra rilevarono come la
decisione di entrare nel conflitto date le condizioni militari e di
preparazione fu un errore strategico marchiano. Il conto di tutte e decisioni
cervellotiche e insensate (attacco alla Grecia alla vigilia dell’inverno, invio
di truppe in fronti lontani come quello russo, ritardo nello sviluppo di
tecniche operative e carenza dottrinale) era arrivato. Passare dalla guerra
parallela alla guerra di sudditanza alla Germania non era servito a nulla.
L’Italia non era più in grado di difendere nemmeno se stessa. Lo sbarco in
Sicilia e facilità con cui fu conquistata con troppa facilità aveva diffuso nel
paese e in gran pare degli italiani, con la reale violazione sull’integrità del
territorio metropolitano e la conseguente conferma della irreversibilità della
sconfitta.
Il conto di tutto ciò arrivò il 19 luglio 1943 quando
Mussolini incontro a Feltre Adolfo Hitler. Era l’occasione per il Capo del
Governo convincere il Fuhrer che
l’Italia non era più in grado di resistere e quindi doveva necessariamente
chiedere un armistizio e porre fine alla guerra. Il Fuhrer non gli da nessuna
possibilità di parlare, lo investe con un fiume di parole, lo incita alla
guerra ad oltranza; Mussolini le subisce senza nessuna reazione. E’ l’immagine
del fascismo che non ha più nulla da dire, la fine di tutto un movimento e di
un regime che aveva esaurito ogni risorsa.
Mentre si svolgono i colloqui italo-tedeschi di Feltre
Roma viene pesantemente bombardata, soprattutto nei quartieri di San Lorenzo e
Tiburtino, sedi di importanti scali ferroviari. L’impatto sul morale della
popolazione è notevole; ad aggravare la situazione vi è anche l’uscita dal
Vaticano di Pio XII, che recatosi nei luoghi del bombardamento, invoca la pace
e la fine della guerra.
Mussolini rientra a Roma con il pesante fardello degli
inutili colloqui di Feltre, ove tutti si aspettavano una sua iniziativa
concreta a favore di una uscita dalla guerra. Non ha altre soluzioni che
convocare il Gran Consiglio del Fascismo, non convocato dal 1939 in omaggio al
ripudio di decisioni condivise, per il 24 luglio 1943.
Contemporaneamente negli ambienti monarchi si svolgono
colloqui ed intese volti a trovare ua situazione, di fronte alla situazione che
si sta svolgimento in Sicilia e soprattutto all’indomani degli infruttuosi
colloqui di Feltre. Quasi tutto sono convinti che è necessario sostituire al
Governo Mussolini, e cercare di trovare una soluzione per uscire dalla guerra,
ormai ritenuta persa. Occorreva pensare alla integrità nazionale, che decisioni
prese troppo tardi, poteva compromettere.
In questo clima di aperta disapprovazione dell’operato di
Mussolini e del fascismo in genere, la seduta del Gran Consiglio, apertasi nel
tardo pomeriggio del 24 luglio, protraendosi fino a tardissima notte, si
conclude con l’approvazione di un Ordine del Giorno (il cosiddetto Ordine del
Giorno Grandi) in cui si ordina al Capo del Governo di rimettere ogni potere
nelle mani del Re. Mussolini non ha la
forza di opporsi ai suoi gerarchi che peraltro hanno votato in grandissima
maggioranza contro di lui. Tutti sono convinti che, una volta messo Mussolini
da parte, eventualmente sostituto anche dalle stesso Grandi, che, nel ricordo
del suo quadriennato felice e fecondo di ambasciatore a Londra degli anni
trenta, vi siano concrete possibilità di intavolare trattative con Londra e con
gli Alleati per una pace onorevole, salvando integrità nazionale, la Monarchia,
e il fascismo stesso.
Il 25 luglio, una data che rimarrà ben incisa nella storia
recente d’Italia, il Re riceve a Villa Savoia, ove abitava, Mussolini, che gli
partecipa la decisione del Gran Consiglio. In maniera quanto mai invereconda
tanto da suscitare le proteste della regina Elena, che non accetta di vedere
arrestare persone a casa sua, senza alcun riguardo per gli oltre 22 anni di
stretta collaborazione, costringe
Mussolini a dimettersi, e, subito dopo, lo fa arrestare dai Carabinieri e
tradotto in una Caserma di Roma. Contemporaneamente affida il Governo al
Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, ex Capo di Stato Maggiore Generale
dimessosi nel dicembre 1940 dopo la sconfitta dell’attacco alla Grecia. I
fascisti vedono svanire ogni loro disegno e constatano di essere completamente
esautorati da tutto. Il rivolgimento era già in atto e in modo inconsapevole e
molto ingenuo, vi hanno partecipato con soluzioni che si sono rivolate contro;
è un rivolgimento tutto interno al vertice monarchico-fascista, ove i
tradizionali amici e collaboratori alleati del fascismo, lo abbandonano a se
stesso, levandogli ogni potete. Questo è uno dei punti cruciali di quello che
sarà il momento delle scelte all’indomani della crisi armistiziale del
settembre e le sue tragiche conseguenze.
Pietro Badoglio forma un governo di militari ed altri
funzionari dello Stato, tutti fino a
poche ore prima di “provata fede fascista”, ma ora autenticamente monarchici.
Il dato che occorre rilevare, ed anche questo sottolinea
un aspetto che inciderà nel predetto momento delle scelte del settembre: il
fascismo era finito ed aveva esaurito ogni sua risorsa spirituale, morale e
materiale. All’arresto ed alla caduta di Mussolini non vi è nessuna reazione né
da parte del PNF, (Partito Nazionale Fascista) con oltre 40 milioni di iscritti
ed una organizzazione capillare in tutto il territorio nazionale attraverso le
sue numerose organizzazioni, ma soprattutto nemmeno dalla MVSN, ( Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale), il partito armato, i fascisti in armi. In
particolare rimangono inermi e non fanno assolutamente nulla i cosiddetti
“Moschettieri del Duce”, che avevano una organizzazione simile alle SS
tedesche, che avevano giurato sul loro
sangue (rito macabro copiato dalla tradizione nibelungica) di difendere
Mussolini fino alla morte. Sia il PNF che viene sciolto nei giorni successivi,
la MVSN assorbita nel Regio esercito,
senza colpo ferire, senza opposizione, con il consenso dei responsabili. E’ la
dimostrazione che la destituzione di Mussolini non apre alcuna crisi nel
fascismo, ma sanziona la già conclamata e reale dissoluzione del regime.
(continua)
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