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Dalle motivazioni della concessione della
medaglia d'oro al valor militare
emerge il clima nazionale del giovane Regno d'Italia
Le Medaglie d'oro della III Guerra di Indipendenza
ANNIBALE BONI
Il 24 giugno più volte condusse i suoi granatieri all’attacco
sulle contrastate pendici di M. Torre. Più tardi sulle alture di Belvedere
seppe ispirare con la voce e con l’esempio tanto animo e tanto slancio nel
superstite pugno di uomini esausti e privi di munizioni che potè contendere,
fino a sera, l’importante posizione al nemico superiore di numero. Fu decorato
di medaglia d’oro al valore militare.
VINCENZO STATELLA
Il 24 giugno 1866, ricevuto l’ordine di avanzare, mosse
risolutamente alla testa del suo battaglione contro la brigata austriaca
“Weckbecker” sulle alture di Monte Croce. Nel combattimento che ne seguì ebbe
prima il cavallo ucciso sotto di sé, così che dovette caricare a piedi
brandendo la sciabola. Ferito a morte, cadde da prode nella battaglia e il suo
corpo, calpestato e sfigurato nelle vicende del combattimento, non fu più
rintracciato, come quello d’un eroe della leggenda cavalleresca. Alla sua
memoria fu conferita la medaglia d’oro al valore militare.
GIUSEPPE TROMBONE
Il 24 giugno 1866, alla testa del suo reggimento assalì il
nemico sulle alture intorno a Custoza e si difese poi con ostinato vigore fino
a quando, gravemente ferito, cadde prigioniero degli Austriaci che lo
raccolsero sul campo con reverente ammirazione per l’indomito coraggio con il
quale aveva combattuto. Cinquanta giorni dopo morì nell’ospedale militare
austriaco di Verona e gli Austriaci resero al valoroso soldato gli onori
militari.
ROBERTO LAVEZZERI
Il 23 giugno al comando del 27° battaglione bersaglieri,
inquadrato nella 9a divisione, generale Govone, prese posizione a cavaliere
della strada che da Goito conduce a Mantova. Il mattino successivo, varcato il
torrente Tione si lanciò sulle colline di Custoza impegnando il combattimento
con le difese austriache. Inviato successivamente di scorta all’artiglieria, su
monte Torre, nella ripresa offensiva, dimostrò slancio e coraggio non comuni.
Più tardi, nella difesa dell’altura di Belvedere, assalito da forze austriache
soverchianti, senza esitare, incurante del violento fuoco delle artiglierie,
portò più volte i suoi bersaglieri alla carica e cercò di arrestare in tal modo
l’avanzata nemica.
GIUSEPPE COTTI
Morì nelle battaglia di Custoza. In quella fatidica giornata
del 24 giugno 1866 Amedeo di Savoia comandava la brigata <<Granatieri di
Lombardia>>. Quando questi per la ferita riportata in combattimento
dovette ritirarsi dalla lotta, il giovane aiutante spontaneamente si mise agli
ordini del generale Govone, comandante la divisione. Questo gesto, tanto
generoso e tanto ammirevole, gli costò peraltro la vita. Nell’aspro
combattimento, a pochi passi dal comandante la divisione, venne colpito in
pieno dal piombo nemico e cadde immolando la sua balda giovinezza alla Patria.
MALACCHIA MARCHESI DE TADDEI
Nella terza campagna d’indipendenza ebbe il comando del 3°
squadrone del reggimento che costituiva l’avanguardia della 16a divisione.
Giunto in prossimità del villaggio di Villafranca ed avuta notizia che dalla
stazione ferroviaria un convoglio nemico era in procinto di ritirarsi in
Verona, prontamente vi accorse e lo catturò con tutto il personale che vi era
addetto. Poco tempo dopo, accortosi che alcuni squadroni di ulani della brigata
di cavalleria Pultz caricavano decisamente le truppe della divisione, con
prontezza ed impareggiabile ardire, li caricò a sua volta sul fianco col suo
squadrone. Deviò, l’accorto intervento, la grave minaccia che si presentava per
le fanterie piemontesi e fu così efficace che la cavalleria austriaca cadde sui
quadrati della brigata <<Parma>> che erano stati preparati per la
resistenza.
GIOACCHINO BURDESE
Schierata la batteria il 24 giugno sulle alture di Monte
Vento, presso Custoza, unitamente a tutte le artiglierie del I Corpo, il
Burdese sostenne con ardimento e con mirabile sangue freddo l’azione
concentrata di sei batterie nemiche. Iniziato il fuoco, alle ore 10,30 circa,
gli Austriaci risposero con un tiro non meno violento e non meno preciso.
Tuttavia le artiglierie piemontesi presero il sopravvento e si può dire che la
conquista della posizione di Monte Vento fu eseguita dalle batterie nel breve
tempo di 30 minuti e in condizioni le più sfavorevoli. Nel contrattacco le
fanterie austriache vennero innanzi impetuose e travolsero in parte le difese
sarde, ma nel tragico momento gli artiglieri dettero superba prova di altissime
qualità militari. Il Burdese fu loro di esempio e di incitamento facendosi
ammirare per tanto valore. Tenne impavido testa all’irrompere del nemico,
ritardandone l’avanzata fino agli estremi limiti del possibile. Gravemente
ferito trovò ancora la forza di incitare i suoi artiglieri a proseguire nel
loro compito.
GAETANO FUGGETTA
La brigata <<Alpi>> che faceva parte della 9a
divisione, passò il Mincio presso Goito, la sera del 23 giugno. Per
l’improvviso cannoneggiamento che annunciava un serio combattimento impegnativo
su tutta la linea, celermente la divisione fu portata al fuoco e il 51° reggimento
ebbe il compito di concorrere alla occupazione di M. Torre, dove già
combattevano da parecchie ore, con alterna vicenda, i granatieri di Sardegna
della 3a divisione. In quell’epico combattimento rifulsero le virtù eroiche del
soldato Fuggetta. Sempre fra i primi all’assalto, nel momento critico della
battaglia spostatasi sulle alture di Custoza, dove i ripetuti attacchi e il
preciso tiro delle artiglierie rendevano difficile la resistenza, seppe
rivelare di quale tempra fosse il suo carattere e palesare quale grande cuore
pulsasse nel suo petto. Trasformatosi da fante in artigliere puntò, caricò e
fece fuoco con un pezzo rimasto senza serventi e provvide da solo anche al
munizionamento quando i compagni che lo coadiuvavano furono obbligati ad
imbracciare il fucile per tenere lontano i nemici più arditi che avanzavano.
Costretto a seguire nella ritirata i pochi superstiti, trascinò indietro a
braccia il cannone avvalendosi di alcuni soldati volenterosi da lui riuniti.
Ferito ad un braccio e poi colpito nuovamente ed in modo grave all’altro
braccio ed al petto, continuò tuttavia ad incitare i soldati a proseguire
nell’opera di salvataggio del pezzo. Fu raccolto sul campo grondante sangue
dalle gravi ferite ed il Comando austriaco cavallerescamente segnalò a quello
italiano l’eroismo del valoroso soldato, che, per il suo ardimento, aveva
destata la più alta ammirazione. Fu perciò premiato con la medaglia d’oro e fu
l’unico fante-artigliere che ottenne il più alto segno del valore nella
giornata di Custoza.
ANGELO BOTTINO
Il 3 luglio il 1° reggimento avanzò su Rocca d’Anfo dove
convergevano forti colonne austriache. Tre compagnie di cacciatori tirolesi del
capitano Gredler, distese in catena sulle pendici orientali di M. Suello,
ressero l’urto delle compagnie dei volontari garibaldini. Nel combattimento
ineguale, affrontato con energia ed audacia dai volontari, non lievi furono i
sacrifici. Il Bottino, sempre primo nell’assalto, cadde colpito a morte sulle
rocce insanguinate e fredde del monte che pure avevano conosciuto tanto eroismo
ed ardimento.
PIETRO PEDRANZINI
Nel giugno 1866, nell’imminenza della terza guerra
d’indipendenza, la difesa della Valtellina al passo dello Stelvio fu affidata
alla guardia nazionale che venne costituita con elementi locali e volontari, al
comando del colonnello Enrico Guicciardi, deputato di Sondrio, il quale ebbe
nel Pedranzini, suo tenente, il più fidato e sicuro collaboratore. Questi, che
non aveva mai prestato servizio militare e ricopriva la carica di segretario
comunale di Bormio, si dimostrò Intrepido nel pericolo, audace scalatore e
profondo conoscitore delle sue montagne dando prova di tali sue qualità in un
momento assai difficile. Gli Austriaci che avevano occupato il passo fin dal 23
giugno e si erano spinti a Bormio, in seguito alla sconfitta subita a Sadowa,
il 3 luglio, abbandonarono le posizioni e si ritirarono a Bagni Vecchi a nord
di Bormio. Il Guicciardi, profittando della situazione, formò con le guardie
nazionali quattro colonne per attaccare di fronte e di fianco le nuove
posizioni occupate dagli Austriaci. La colonna di destra affidata al comando
dello Zambelli, doveva, seguendo i volontari del Pedranzini, superare il passo
della Reit a quota 2889 e prendere così Il nemico alle spalle. Il compito del
Pedranzini era tutt’altro che facile: si trattava di scalare una parete
rocciosa per discendere poi lungo un pendio molto aspro. Ma egli non esitò. Con
pochi animosi valicò il passo, discese per il vallone del Braulio, raggiunse
Glaudadura e aprì di sorpresa il fuoco sugli Austriaci gettando tra essi lo
scompiglio e il terrore. Quindi, da solo e con pericolo della vita, discese un
aspro burrone, raggiunse la strada dello Stelvio e con una vivace azione di
fuoco impedì la rioccupazione del passo da parte del nemico. Fu sostenuto poi
nella sua azione dagli altri volontari della colonna che lo raggiunsero
seguendo la strada ordinaria.
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