Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
Cerca nel blog
sabato 30 marzo 2019
venerdì 29 marzo 2019
Editoriale Marzo 2019
Il Numero di marzo 2019 è stato interamente dedicato al tema del convegno della Giornata del Decorato che si terrà a Torino il 5 e 6 Aprile 2019. Come noto il CESVAM partecipa come concorso alle attività della Giornata, nel solco della tradizione instaurata a Salò (2016) a Montevarchi (2017) a Roma (2018) con l'organizzazione di un convegno di studi, che nella sostanza precede la Giornata stessa. Lo scopo di questa partecipazione è quella di contribuire ad arricchire la Giornata anche di aspetti di studio e culturali, ma sopratutto quello di rivolgersi a strati della popolazione ed ad ambienti che non fanno parte della grande famiglia del Nastro Azzurro e che sono distanti dalla attività delle Federazioni e dei Soci. Questo per portare il messaggio del Valore Militare ed i suoi significati ad altri, anche per epoche storiche passate.
Quest'anno siamo alla Scuola di Applicazione di Torino, decorata di Medaglia d'Argento al Valore Militare e l'occasione è quanto mai opportuna per parlare ai futuri quadri dell'Esercito. Presentare le relazioni del convegno a questi giovani è il nostro obiettivo, nella speranza che i temi ed i contenuti diventino un seme gettato e che permetta agli Ufficiali Allievi di coltivare nel corso dei loro studi e della loro preparazione anche questo aspetto della vita militare.
Passa naturalmente in secondo piano, essendo una cosa tra noi, la tornata del pomeriggio, che vuole solo essere una apertura ai contributi interni; esistono forti correnti di critica all'interno del CESVAM su questo aspetto in quanto in passato non hanno dato i frutti sperati, per molti motivi, alcuni veramente squalificanti, e forse occorre farsi qualche domanda in merito. Ma grazie alla ampia disponibilità del Presidente Nazionale ancora siano su questa linea, che però è oggetto di attenta osservazione dopo le delusioni ed i risvolti negativi degli anni precedenti.
Infine una nota sulla presenza in sala. L'anno scorso alla Casa Madre del Mutilato, due anni fa a Montevarchi, Sala Comunale, e a Salò, tre anni fa, il Convegno per la Giornata del Decorato ha visto l'afflusso di, relativamente, poche persone. E' nella logica delle cose, prevista e programmata. Non è il caso che i soci o presidenti siano presenti. Se vengono sono benvenuti, se non vengono non sposta alcunchè. Loro sanno cosa è il Nastro Azzurro. Noi vogliano studiosi, ricercatori, accademici, giovani e persone interessate ai nostri temi e cogliere l'occasione per cercarli di farli collaborare con noi coinvolgendoli nel mondo del Nastro Azzurro.
A Salò si è avviata una ricerca che ha portato alla edizione del Dizionario minimo della Grande Guerra grazie alla presenza di una persona che poi ha partecipato come docente al Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea; a Montevarchi ha preso l'avvio, grazie ad una squisita professoressa, tutto una ricerca che ha dato frutto copiosi; a Roma il rapporto instaurato con Aladino Lombardi, Enzo Orlanducci, Anita Garibaldi Jallet ed altre personalità di spicco ha permesso di avviare studi e ricerche che si stanno traducendo nella pubblicazione di due volumi sugli Ebrei e le leggi Razziali a cura di Giovanni Cecini.
Le sale di questi convegni sembravano vuote, ma erano piene di persone che poi si sono rilevate preziosissime per le nostre attività. A queste ultime persone va la nostra attenzione, anche a Torino.
Quest'anno le premesse sono per lo più le stesse degli anni scorsi: ma già si delinea quello che per noi sarebbe un risultato eccellente: le ricerche riguardante il Duca d'Aosta, oggetto di intervento, o quella relativa alla Storia della Medaglia al Valore, o quella dell'Archivio su carta di Torino, potessero essere avviate nei modi e nei criteri che abbiamo già individuato e si concretizzassero nei prossimi mesi, noi saremo nel solco degli anni precedenti. Le persone interessate a queste ricerche hanno assicurato la loro presenza. Se mantengono la loro promessa, per noi la sala sarà piena.
massimo coltrinari
giovedì 28 marzo 2019
La Calda Estate del 1943. I 45 giorni di Badoglio
APPROFONDIMENTI
Caduto Mussolini ed il sui regine, ritorna Badoglio.
Mussolini paga l'errore di non aver gestito una dittatura come quella di Hitler e di Stalin
Il suo buonismo lo portò alla rovina.
Invece di togliere le poltrone,
come con Badoglio il responsabile dei primi disastrosi sei mesi di guerra,
esonerato nel 1940, doveva tagliare le teste.
Badoglio
1.3 I 45 giorni del governo Badoglio
Il Governo di Pietro Badoglio è un'altra tragedia
nazionale, una di quelle sciagure che ancora oggi incidono sul tessuto sociale
italiano. Nel momento in cui si presenta al Paese, il Capo del Governo non
esita a dichiarare che “la guerra continua”, nel segreto intento di rassicurare
ingenuamente la Germania. A Berlino si era visto con stupore il liquefarsi in
poche ore di un regime che si credeva “granitico”; stupore ancora maggiore nel
constatare che Mussolini si era lasciato andare senza nessuna resistenza e
soprattutto nessun fascista aveva impugnato le armi per la sua difesa e la
difesa del fascismo stesso. Passata la meraviglia tutti constatarono che il
cambio del vertice politico-militare a Roma significava, soprattutto alla luce
della situazione disperata in cui si trovava l’Italia, un reale proposito di
trovare una qualsivoglia situazione per uscire dalla guerra. Tolto dalla scena
Mussolini ed il fascismo, che aveva voluto la guerra, questo era più facile da
realizzare. Solo Badoglio si faceva illusioni con le sue dichiarazioni, non
considerando che avrebbe solo suscitato diffidenza, poca credibilità e rabbia
repressa nei tedeschi, rabbia che esploderà con l’inizio della loro occupazione
dell’Italia.
Il Governo non fece nulla per intervenire in Sicilia. Non
prese alcuna decisione di carattere militare per la difesa dell’Isola; eppure
vi erano forze attestate nel centro e nel nord Italia che potevano essere
avviate al fronte aperto nell’isola. “La guerra continua” rimaneva solo una
enunciazione e questa inattività sul fronte operativo siciliano fu notata con
ulteriore preoccupazione dagli osservatori tedeschi. L’asserzione sembra
trovare una sua validità nella violenza durezza con cui il governo badogliano
reprime ogni manifestazione popolare seguita all’annunzio all’arresto di
Mussolini ed alla caduta del Fascismo. Il governo Badoglio organizza una sorta
di applicazione di legge marziale mascherata dando ogni potere alle autorità
militare. Autorità militari che non trovano altro che rifarsi alle disposizioni
adottate l’anno precedente nel fronteggiare la situazione in Jugoslavia, con
provvedimenti che prevedevano l’arresto immediato, la detenzione, l’internamento
di civili, la presa di ostaggi, la rappresaglia. Le manifestazioni in Italia,
per lo più di carattere innocuo, si risolvono per questo atteggiamento
autoritario quanto inutile con tragedie: a Milano si hanno 23 morti e 87 feriti
per le manifestazioni dal 26 al 30 luglio, a Bari con 17 morti e 36 feriti per la manifestazione del 28
luglio, a Reggio Emilia con 9 morti e 30 feriti, sempre per una manifestazione
del 28 luglio. Durante i 45 giorni del governo badogliano si hanno 83 italiani
porti e 516 feriti. Un bilancio tanto tragico quanto inutile.
Il Governo Badoglio, nei primi tre giorni di vita con tre
decreti cancella tutta l’organizzazione del PNF, ne in corpora i beni e le
proprietà, assorbe la Milizia nelle forze regie e fa finta che oltre un
ventennio di governo a cui tutti i suoi componenti hanno collaborato e ricevuto
prevende, privilegi ed onori non sia mai esistito. Confermando il suo spirito
conservatore, la liberazione dei detenuti politici avviene con un certo
rallentamento, visti questi sempre ed ancora come oppositori.
La morsa del Governo Badoglio si allenta e nascono i primi
Comitati, che sono gli antesignani del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale,
e riprendo vita i partiti politici. Il Partito Socialista ed il partito Comunista,
che nella clandestinità avevano tenuto una loro organizzazione, si collegano a
questi Comitati dando vita ad organizzazioni politiche embrionali. Escono alla
luce anche il partito d’Azione, fondato nel 1942, la Democrazia cristiana,
fondata anch’essa nel 1942, con riferimento al Partito Popolare di Don Sturzo,
ed il partito Liberare. Saranno i partiti della Prima repubblica che
governeranno l’Italia fino alla Caduta del Muro di Berlino ed il crollo
dell’Unione Sovietica nel 1989. Operano tutti in una situazione di incertezza,
semilegale, in cui domina la inattività del Governo di fronte al problema
principale: la guerra. La ricerca di una soluzione per fronteggiare una
situazione che di giorno in giorno diveniva sempre più difficile ed
insostenibile. Il compito del Governo Badoglio, ovvero il vertice militare e la
Monarchia, mentre il vertice diplomatico, che nella circostanza si tiene i
disparte, è tanto semplice quanto difficile: cercare di concludere un accordo
con gli anglo-americani ponendo fine ai combattimenti cercando di contenere e
neutralizzare la prevedibile reazione tedesca, ossessivamente tanto temuta da
tutti i responsabili italiani.
Il Governo Badoglio, e con esso il Re, falliscono
miseramente, non essendo all’altezza di controllare una così difficile
situazione tanto drammatica se non
tragica, dimostrando di essere irresoluti a come comportarsi di fronte alla
eredità della guerra fascista, che anche loro avevano voluto. Il comportamento
ambigui, le incertezze ed i ritardi con cui il Governo Badoglio avvia i
contatti per trovare una possibilità di accordo
sono così tanti e persistenti da generare fortissimi dubbi sugli
alleati: questi, peraltro, dopo le decisioni prese a Casablanca, nel gennaio
1943, sono fermamente risoluti a imporre una pace o un armistizio senza
condizioni. Nel contempo, al fine di distrarre i tedeschi e cercare di
contrastare il più possibile i loro sospetti di una pace separata, fanno si che
si assumo atteggiamento risoluti nel voler continuare la guerra; questo impedisce
di predisporre piani concreti volti a preparare i comandi e le truppe ad un
eventuale armistizio. In pratica il Governo Badoglio, per paura dei tedeschi,
non predispone nulla dal punto di vista militare per uscire dalla guerra.
Gravissimo errore che si rileverà foriero di tragedie al momento della
proclamazione dell’armistizio.
Di fronte all’inerzia militare del Governo Badoglio, sia
sul fronte siciliano sia su quello interno, i tedeschi mostrano via via una
sempre maggiore attività militare. Subito dopo il 25 luglio e la caduta di
Mussolini iniziano a far affluire forze in Italia, quelle forze che avevano
ripetutamente negato a Mussolini nei suoi ultimi mesi di potere, che sarebbero
state veramente preziose per contrastare lo sbarco in Sicilia. Affluiscono
nuove unità dal confine orientale, dal Brennero, dalla Francia e si posizionano
in modo tale da tenere sotto controllo le forze italiane.
Queste, peraltro, anche se numericamente superiori, sono
in profonda fase di riordino dopo i rovesci subiti in Russia ( le ultime unità
rientrano dal fronte russo a maggio 1943) e in Sicilia; inoltre l’armamento in
dotazione e decisamente inferiore a quello tedesco, che si aggiunge alla
scarsezza di materiali di equipaggiamento ed ad un morale fortemente scosso.
Questo aspetto non deve trarre in inganno. In modo
assoluto le Forze Armate italiane avevano materiali degni di nota. Basti dire
che i tedeschi, all’indomani del disarmo delle unità italiane, ebbero materiali
e equipaggiamenti con cui condussero le
operazioni in Italia fino all’aprile 1945; al sud, nei territori occupati dagli
angloamericani, il materiale italiano requisito servì, su ordine di Churchill,
a equipaggiare le unità partigiane titine, che, partendo da una situazione di
netta inferiorità logistica riuscirono a condurre contro i tedeschi dal 1943 al
1945 ben cinque offensive dopo aver ricevuto il materiale italiano.
(continua)
massimo coltrinari
mercoledì 27 marzo 2019
La Calda estate del 1943. La caduta di Mussolini
APPROFONDIMENTI
Lo Sbarco in Sicilia e la scarsa opposizione
delle forze italiane accelerarono la crisi
del regime già in atto dopo i rovesci in Russia e in Tunisia
Fu lo stesso Gran Consiglio del Fascismo che decretò la fine di Mussolini e del Regime
La caduta di Mussolini
massimo coltrinari
La perdita della Sicilia in poco più di un mese mette a
nudo la debolezza del regime fascista. Il comportamento dei soldati di origini
siciliana che quasi in massa abbandonarono i loro reparti anziché difendere la
propria isola fa emergere la profonda crisi del regime. La debole opposizione
italiana allo sbarco, che fu solo in parte, accanto ad episodi di valore rileva
come i nodi stanno arrivando al pettine. 39 mesi di guerra rilevarono come la
decisione di entrare nel conflitto date le condizioni militari e di
preparazione fu un errore strategico marchiano. Il conto di tutte e decisioni
cervellotiche e insensate (attacco alla Grecia alla vigilia dell’inverno, invio
di truppe in fronti lontani come quello russo, ritardo nello sviluppo di
tecniche operative e carenza dottrinale) era arrivato. Passare dalla guerra
parallela alla guerra di sudditanza alla Germania non era servito a nulla.
L’Italia non era più in grado di difendere nemmeno se stessa. Lo sbarco in
Sicilia e facilità con cui fu conquistata con troppa facilità aveva diffuso nel
paese e in gran pare degli italiani, con la reale violazione sull’integrità del
territorio metropolitano e la conseguente conferma della irreversibilità della
sconfitta.
Il conto di tutto ciò arrivò il 19 luglio 1943 quando
Mussolini incontro a Feltre Adolfo Hitler. Era l’occasione per il Capo del
Governo convincere il Fuhrer che
l’Italia non era più in grado di resistere e quindi doveva necessariamente
chiedere un armistizio e porre fine alla guerra. Il Fuhrer non gli da nessuna
possibilità di parlare, lo investe con un fiume di parole, lo incita alla
guerra ad oltranza; Mussolini le subisce senza nessuna reazione. E’ l’immagine
del fascismo che non ha più nulla da dire, la fine di tutto un movimento e di
un regime che aveva esaurito ogni risorsa.
Mentre si svolgono i colloqui italo-tedeschi di Feltre
Roma viene pesantemente bombardata, soprattutto nei quartieri di San Lorenzo e
Tiburtino, sedi di importanti scali ferroviari. L’impatto sul morale della
popolazione è notevole; ad aggravare la situazione vi è anche l’uscita dal
Vaticano di Pio XII, che recatosi nei luoghi del bombardamento, invoca la pace
e la fine della guerra.
Mussolini rientra a Roma con il pesante fardello degli
inutili colloqui di Feltre, ove tutti si aspettavano una sua iniziativa
concreta a favore di una uscita dalla guerra. Non ha altre soluzioni che
convocare il Gran Consiglio del Fascismo, non convocato dal 1939 in omaggio al
ripudio di decisioni condivise, per il 24 luglio 1943.
Contemporaneamente negli ambienti monarchi si svolgono
colloqui ed intese volti a trovare ua situazione, di fronte alla situazione che
si sta svolgimento in Sicilia e soprattutto all’indomani degli infruttuosi
colloqui di Feltre. Quasi tutto sono convinti che è necessario sostituire al
Governo Mussolini, e cercare di trovare una soluzione per uscire dalla guerra,
ormai ritenuta persa. Occorreva pensare alla integrità nazionale, che decisioni
prese troppo tardi, poteva compromettere.
In questo clima di aperta disapprovazione dell’operato di
Mussolini e del fascismo in genere, la seduta del Gran Consiglio, apertasi nel
tardo pomeriggio del 24 luglio, protraendosi fino a tardissima notte, si
conclude con l’approvazione di un Ordine del Giorno (il cosiddetto Ordine del
Giorno Grandi) in cui si ordina al Capo del Governo di rimettere ogni potere
nelle mani del Re. Mussolini non ha la
forza di opporsi ai suoi gerarchi che peraltro hanno votato in grandissima
maggioranza contro di lui. Tutti sono convinti che, una volta messo Mussolini
da parte, eventualmente sostituto anche dalle stesso Grandi, che, nel ricordo
del suo quadriennato felice e fecondo di ambasciatore a Londra degli anni
trenta, vi siano concrete possibilità di intavolare trattative con Londra e con
gli Alleati per una pace onorevole, salvando integrità nazionale, la Monarchia,
e il fascismo stesso.
Il 25 luglio, una data che rimarrà ben incisa nella storia
recente d’Italia, il Re riceve a Villa Savoia, ove abitava, Mussolini, che gli
partecipa la decisione del Gran Consiglio. In maniera quanto mai invereconda
tanto da suscitare le proteste della regina Elena, che non accetta di vedere
arrestare persone a casa sua, senza alcun riguardo per gli oltre 22 anni di
stretta collaborazione, costringe
Mussolini a dimettersi, e, subito dopo, lo fa arrestare dai Carabinieri e
tradotto in una Caserma di Roma. Contemporaneamente affida il Governo al
Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, ex Capo di Stato Maggiore Generale
dimessosi nel dicembre 1940 dopo la sconfitta dell’attacco alla Grecia. I
fascisti vedono svanire ogni loro disegno e constatano di essere completamente
esautorati da tutto. Il rivolgimento era già in atto e in modo inconsapevole e
molto ingenuo, vi hanno partecipato con soluzioni che si sono rivolate contro;
è un rivolgimento tutto interno al vertice monarchico-fascista, ove i
tradizionali amici e collaboratori alleati del fascismo, lo abbandonano a se
stesso, levandogli ogni potete. Questo è uno dei punti cruciali di quello che
sarà il momento delle scelte all’indomani della crisi armistiziale del
settembre e le sue tragiche conseguenze.
Pietro Badoglio forma un governo di militari ed altri
funzionari dello Stato, tutti fino a
poche ore prima di “provata fede fascista”, ma ora autenticamente monarchici.
Il dato che occorre rilevare, ed anche questo sottolinea
un aspetto che inciderà nel predetto momento delle scelte del settembre: il
fascismo era finito ed aveva esaurito ogni sua risorsa spirituale, morale e
materiale. All’arresto ed alla caduta di Mussolini non vi è nessuna reazione né
da parte del PNF, (Partito Nazionale Fascista) con oltre 40 milioni di iscritti
ed una organizzazione capillare in tutto il territorio nazionale attraverso le
sue numerose organizzazioni, ma soprattutto nemmeno dalla MVSN, ( Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale), il partito armato, i fascisti in armi. In
particolare rimangono inermi e non fanno assolutamente nulla i cosiddetti
“Moschettieri del Duce”, che avevano una organizzazione simile alle SS
tedesche, che avevano giurato sul loro
sangue (rito macabro copiato dalla tradizione nibelungica) di difendere
Mussolini fino alla morte. Sia il PNF che viene sciolto nei giorni successivi,
la MVSN assorbita nel Regio esercito,
senza colpo ferire, senza opposizione, con il consenso dei responsabili. E’ la
dimostrazione che la destituzione di Mussolini non apre alcuna crisi nel
fascismo, ma sanziona la già conclamata e reale dissoluzione del regime.
(continua)
martedì 26 marzo 2019
La Calda Estate del 1943. Lo Sbarco in Sicilia
APPROFONDIMENTI
Dopo la caduta della Tunisia i nodi
stavano vendo al pettine. Lo Sbarco in Sicilia rappresenta il primo passo
dell'assalto alla Fortezza Europa
ed al potere della Germania.
L'Italia era in prima linea ed avrebbe dovuto,
come L'Inghilterra nel 1940 ricevere il massimo degli aiuti dall'alleato Germanico
Il quale teneva oltre 8 divisioni al di la del Brennero, pronte a scendere in Italia,
su ordine.
Come realmente accadde l'8 settembre 1943.
divisioni che sarebbero state utilissime in Sicilia
Questi erano gli alleati tedeschi
La
calda estate del 1943
1.1
Lo
sbarco in Sicilia. 1.2 La caduta di
Mussolini. 1.3 I 45 giorni del governo
Badoglio. 1.4 L’armistizio. 1.5 La Campagna d’Italia
di
MASSIMO COLTRINARI
1.1 Lo sbarco in
Sicilia
Con la resa delle truppe italo-tedesche il 12 maggio in
Tunisia[1]
il 12 maggio 1943, era facilmente prevedibile che gli anglo-americani
fissassero il prossimo obiettivo nella invasione della penisola italiana, anche
se notizie davano probabile una invasione della Grecia. Presto le loro
intenzioni si fecero manifeste, con l’attacco a Pantelleria[2]
che cadde dopo una risibile resistenza. Con la perdita dell’Africa
settentrionale, preceduta dalla ritirata in Russia, L’Italia aveva perso le sue
truppe migliori; la difesa del suolo metropolitano diventava sempre più
problematica, anche per la scarsezza dei materiali. Ma vi erano forze e
materiali sufficienti per una difesa efficace; il vero problema stava nel
morale, minato da tutta una serie di fattori negativi che chiamavano in causa i
vertici politico-militari nella loro interezza.
Gli anglo-americani il 10 luglio 1943 invadono la Sicilia
sbarcando tra Siracusa e Licata, in attuazione della operazione “Husky”. La
difesa italiana, scarsamente appoggiata da forze tedesche riuscì inizialmente a
contrastare le operazioni di sbarco; poi dovette cedere; il 12 luglio, la linea
delle difese costiere italiane fu sfondata, mentre alcuni tentativi di reazione
italo-tedeschi, con forze tedesche fatte affluire anche dalla Francia, furono
prima contenuti poi respinti. La mancanza di una difesa mobile centrale basata
fu forze mobili motorizzate e corazzate (la divisione Littorio, poi denominata
Centauro, e la divisone della Milizia “Di Camicie Nere” con i suoi 36 Carri
Tigre, erano stanziate a Chiusi in Toscana) favorì l’avanzata alleata che raggiunse la Sicilia
centrale lungo la direttrice Enna- Caltanisetta.
Il Comando Italiano, in relazione alle forze disponibili,
rinunziò alla difesa della Sicilia orientale, permettendo agli Alleanti di
entrare a Palermo il 22 luglio indisturbati e consegnando loro il porto, che
divenne in breve il punto di forza della loro organizzazione logistica. Per
disposizione del vertice militare italiano erano stati mandati in Sicilia
effettivi nativi dell’isola, nel presupposto
che i Siciliani avrebbero difeso la loro isola fino all’estremo. La realtà si
manifestò quasi subito; sempre più numerosi furono i soldati nativi dell’isola
che trovarono ogni giustificazione e modo per lasciare i loro reparti per
raggiungere le lro famiglie, in un clima di completa sfiducia verso le
istituzioni sia militari che politiche. La difesa era minata nel morale e nella
determinazione e questo ebbe ripercussioni quanto mai negative sulla condotta
delle operazioni.
Il 20 luglio le
disposizioni per le forze italo-tedesche prescrivevano che dovevano attestarsi
a difesa delle provincie orientali lungo una linea che, da Sud a Nord, segue il
corso del Simeto, sale all’altezza di Nicosia, e s’allarga ad ovest al alcune
parti delle Madonie. La linea viene presto investita dagli anglo-americani,
che, grazie alla determinazione delle unità tedesche ed a costo di sensibili
arretramenti, attuando la classi manovra di arresto momentaneo, reazione
dinamica locale e ripiegamento su posizioni più arretrate già predisposte alla
difesa, sono contenuti. I combattimenti assumo densità consistenti e sono via
via sempre più accaniti, dando momenti di arresto consistenti alle forze
avanzanti. Il 5 agosto 1943 la situazione si compromette definitivamente con la
conquista di Catania da parte britannica, dopo intensi combattimenti, in cui
emerge la determinazione italiana a combattere ( battaglia del ponte di Primo
Sole).
I resti delle unità italiane passano lo stretto e si
riorganizzano in Calabria; questo movimento ha termine il 12 agosto, mentre le
forze tedesche continuano a dare copertura ed a trattenere gli anglo-americani,
sviluppando azioni di frenaggio e arresto momentaneo che permette di guadagnare
tempo. Questa azione ha successo e consente al Comando tedesco di trasferire in
Calabria la quasi totalità delle truppe impiegate e, cosa ancora più
importante, la quasi totalità dei mezzi e degli equipaggiamenti. L’operazione
ha termine il 17 agosto, mentre il 16 gli alleati entrano a Messina
a, dopo una quanto mai squallida disputa tra il gen.
Montgomery, britannico, ed il gen.,
Patton, statunitensi, impegnati in una sorta di corsa a chi arrivava primo
nella città dello stretto.
[1] Facchini I, La campagna di Tunisia 1942 – 1943, Roma,
Editrice Nuova Cultura – Università la Sapienza, 2009.
lunedì 25 marzo 2019
La Guerra di Liberazione. Quale significato?
DIBATTITI
Molto discusso è il reale significato della
guerra di liberazione. Alcuni mettono in discussione
perfino i termini lessicali.
Altri negato addirittura la propria esistenza.
Altri ancora la confondo con la resistenza nelle sue
varie forme (civile, ideologica, politica)
Spesso è solo una espressione senza contenuti.
La
Guerra degli Italiani, detta di Liberazione, del 1943-1945
si
inserisce nella guerra dichiarata
dall’Italia
alla Gran Bretagna ed alla Francia il 10
Giugno 1940
alla URSS il 22 Giugno 1941
Agli
Stati Uniti l’ 11 dicembre 1941
e conclusasi
il 10 Febbraio 1972
(Firma del trattato di pace di Parigi)
domenica 24 marzo 2019
La Guerra di Liberazione. Il Momento delle scelte
DIBATTITI
Dopo che il re lasciò la Capitale,
gli Italiani si trovarono soli con se stessi
e arrivò il momento delle scelte
Il
momento delle scelte (Armistizio-8 settembre 1943)
“Uno scenario che lascia ognuno di
fronte a se stesso”
- Armistizio con gli Alleati. Occupazione
tedesca.
- Dissolversi di ogni autorità statale
riconosciuta:
a.
prevale la lealtà al Re?
b.
prevale la lealtà ai patti sottoscritti con l’Alleato?
- Il comportamento del Re:
a.
Ha lasciato la Capitale;
b.
si è posto al sicuro;
c.
non ha dato ordini ai militari;
d.
ha avallato venti anni di governo che ha portato al fallimento armistiziale.
È
imposto il momento perché i cittadini decidano il loro destino e creino le
condizioni
per
un nuovo patto
su cui fondare la convivenza civile e la politica della Patria.
Il
momento delle scelte (come
si sviluppa):
- Chi rimane fedele al “Ventennio” (Fascismo Repubblicano)
- Chi abiura il Nascismo
e sceglie il Nazismo (Soldati del Reich/SS It).
- Chi è deluso di tutto e di tutti (indifferenza).
- Chi si sottrae alla politica ed alla guerra
per vedere gli sviluppi
(attendismo).
- Chi lascia agli Alleati il compito di
liberare l’Italia (opportunisti).
- Chi cerca di approfittare della situazione (profittatori, criminali).
- Chi decide di impegnarsi e combattere e
collabora con gli Alleati.
per un Italia diversa (combattenti in Italia e all’estero).
- Chi prende le armi e si
riunisce in bande ( Ribelli/ Patrioti)
- Chi non accetta proposte e
rimane in prigionia ( Internati)
- Chi, prigioniero, collabora.
(Prigionieri di Guerra)
massimo coltrinari
sabato 23 marzo 2019
La Guerra di Liberazione. Le caratteristiche
DIBATTITI
Il termine resistenza è stato acquisito da una parte politica ed ideologica,
quella comunista.
E' diventato quindi sinonimo della partecipazione dei comunisti
alla lotta contro gli avversari nel 1943-1945.
Esclude nella opinione comune tutte le altri componenti politiche ed ideologiche
ed esclude tutti gli Italiani.
Il termine Guerra di Liberazione include tutte le forze che l'hanno combatte, nessuna esclusa
ovvero la guerra degli Italiani,
nel quadro della Campagna d'Italia
I
La
guerra degli Italiani 1943- 1945
che è passata nel linguaggio come come
Guerra di Liberazione
presenta le seguenti caratteristiche
- Si è
volontari, nessuna autorità chiama a combattere.
- Vi è solo rischio.
- Non vi è dichiarazione di guerra
- Non si conclude con un
armistizio o con il trattato
di pace
- Il compenso: solo la speranza di un Italia
migliore.
Dalle scelte individuali alla
formazione dei
“Fronti”.
venerdì 22 marzo 2019
La Guerra di Liberazione: il fronte avversario
DIBATTITI
Se si parla di Guerra di Liberazione
si deve anche parlare di chi è considerato
l'avversario.
E' riduttivo parlare solo di Germania nazista.
Occorre estendere il concetto ai suoi alleati e quindi
introdurre il concetto di Coalizione hitleriana
Parata della Aviazione militare tedesca prima dello scoppio della guerra |
La
Coalizione Hitleriana:
§Germania
§Alleati
Europei della Germania
a. Francia
(Vichy)
b. Ungheria
c. Romania
d. Bulgaria
e. Norvegia
f. Altri
(Cosacchi)
§Italia.
La Repubblica Sociale Italiana (dopo il 23 settembre 1943)
La
Repubblica Sociale Italiana:
§Fondata
il 23 settembre 1943.
§Capo:
Benito Mussolini.
(Prigioniero
degli eventi: privo di potere. Il dramma di un uomo)
§Territorio:
Italia del nord controllata dai tedeschi:
L’Alto
Adige=ALPENVORLAND;
Friuli
Venezia Giulia: ADRIATISHES KUSTERLAND.
§Partito
Fascista Repubblicano. A. PAVOLINI.
§Politica:
Manifesto di Verona (14-16 novembre 1943).
Socializzazione
della produzione. Non ottiene il consenso della popolazione, degli industriali,
del clero.
La
Repubblica Sociale Italiana:
FORZE
ARMATE
§Esercito
(Div.
Italia, San Marco, Monterosa,
Littorio, addestrate in Germania).
§Marina.
§Aviazione
Nazionale Repubblicana.
§Guardia
Nazionale Repubblicana (G.N.R.). (sostituisce
i Carabinieri Reali)
§Brigate
Nere = Espressione del Partito Fascista Repubblicano in armi
§Battaglioni
Mussolini.
§Bande
irregolari (polizie
speciali, Banda Carità, Banda Koch, Legione Autonoma E. MUTI, Reparti Anti
Partigiani). 3
marzo 1944 “Parole chiare ai lavoratori”
La X MAS è fuori dell'ordinamento della RSI. E' un accordo tra il Principe Borghese ed esponenti della Marina Tedesca
massimo coltrinari
giovedì 21 marzo 2019
La Guerra di Liberazione 5° Fronte
DIBATTITI
Un mondo dimenticato
quello della prigionia che deve essere
considerato in quanto i prigionieri di guerra
parteciparono alla guerra di liberazione.
Come e quando necessita di essere ulteriormente approfondito
Il V
Fronte: La prigionia
La guerra iniziata il 10 giugno 1940 e terminata l'8 settembre 1943 aveva lasciato nelle mani degli alleati soldati italiani prigionieri. Con l'armistizio questi soldati ebbero una difficile collocazione nel diritto internazionale. Molti di loro collaborarono con la Potenza detentrice; questi soldati diedero un contributo allo sforzo per combattere la coalizione hitleriano. Si crea così il 5° fronte della Guerra di Liberazione.
LA
PRIGIONIA ITALIANA = 1940-1943
§Prigionia
in mano alla Francia (1940).
§Prigionia
in mano alla Grecia (1941).
§Prigionia
in mano alla Gran Bretagna:
-In
Medio Oriente;
-Palestina;
-Gibilterra;
-territorio
metropolitano;
-Africa
(Kenia,
Rhodesia, Sud Africa),
-India
(Nord);
-Australia
;
-Algeria,
Libia, Marocco e Sicilia.
§Prigionia
in mano agli Stati Uniti:
-Sicilia;
-Marocco;
-Algeria;
-Stati
Uniti (Haway,
Hereford).
§Prigionia
in mano all’URSS.
§Da
prigionieri di guerra a cooperatori, collaboratori, non cooperatori.
§In
mano all’URSS. (corso di antifascismo ideologico).
§In
mano alla Francia. Atteggiamento punitivo e repressivo.
§In
mano alla Gran Bretagna:
-Italian British Units,
collaboratori;
-in
Italia, cooperatori.
§In
mano agli Stati Uniti:
-Italian Service Units,
cooperatori. Es. (Arsenale di Balmoral. Boston);
-testa
di ponte di Anzio (artiglieri e carabinieri).
-
“La partecipazione dei prigionieri di guerra
(cooperatori)
allo sforzo bellico alleato
rappresenta
la scelta per un futuro migliore
dell’Italia”
massimo coltrinari
Iscriviti a:
Post (Atom)