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venerdì 2 novembre 2018

La Battaglia di Vittorio Veneto. La lotta sul Grappa. II


APPROFONDIMENTI
 Nel centenario della Battaglia di Vittorio Veneto, secondo contributo
dedicato a quel fronte che rappresentò il teatro del valore della nostra caparbia resistenza.



Giancarlo Ramaccia

 La lotta sul Grappa.
La descrizione degli avvenimenti sul Libro delle Medaglie d’Oro dedicato al 1918 così  elenca gli avvenimenti delle varie fasi:

“Prima dell'alba le nostre artiglierie aprirono il fuoco tra Brenta e Piave; verso le sette le fanterie scattarono dalle trincee. Fin dalle prime mosse, la resistenza nemica si rivelò ovunque accanitissima. A sinistra nella zona del IX Corpo d’Armata (gen. De Bono) la Brigata “Bari” occupava di lancio l'Asolone e la Brigata “Basilicata” si spingeva fino alle posizioni antistanti col Caprile, ma il nemico, imperversando con numerose mitragliatrici e contrattaccando, riusciva ad impedire alla Brigata “Basilicata” di penetrare nelle sue linee e costringeva la “Bari” ad abbandonare l'Asolone.
Al centro (VI Corpo d'Armata, gen. Lombardi) la Brigata “Pesaro” espugnò il monte Pertica, mentre la Brigata “Cremona” ed il XXIII Reparto d'assalto assalivano il Prassolan, ma anche qui il nemico con la furia delle artiglierie e la violenza dei contrattacchi costrinse i nostri a ripiegare da tutte le posizioni raggiunte.
Sulla destra (XXX Corpo d'Armata, gen. Montanari) la Brigata “Aosta” s'impadroniva con fulminea mossa del Valderoa e la Brigata “Lombardia”, fiancheggiata dalla Brigata “Bologna”, raggiungeva la cima del Solarolo, che poi, dopo dura e lunga lotta, doveva abbandonare.
All'estrema destra della IV Armata, infine, la Brigata “Udine” ed elementi della Brigata “Aosta” progredivano, benchè con molta difficoltà, sulle pendici dello Spinoncia, in Val Calcino e Val Ornic, e truppe del I Corpo d'Armata (gen. Etna) scendevano nella conca di Alano, occupando le pendici di col Vajal.
Sugli altipiani, intanto, vigorose puntate di truppe alleate e nostre impegnavano il nemico per impedirgli spostamenti di truppe verso il Grappa, ed il 126° Reggimento di fanteria francese del Sisemol.
Sul Piave, truppe della XI Armata avevano, nella notte sul 24, occupato di sorpresa la parte nord delle Grave di Papadopoli, ciò che avrebbe notevolmente agevolato il passaggio del fiume, fissato per la sera del 24; se non che per le piogge cadute abbondantemente, sia nella zona montana che nella pianura, il livello delle acque, anziché decrescere, continuò a salire, cosicché fu necessario rinviare il gittamento dei ponti alla sera del 26.
In tal modo l'Armata del Grappa si trovò a dover sostenere da sola, per tre giorni, tutto il peso della battaglia.
Gli austriaci, frattanto, facevano accorrere precipitosamente rinforzi sul Grappa. Il mattino del 25 i nostri tornarono decisamente all'assalto dei capisaldi della resistenza nemica: l'Asolone, il Pertica, il Solarolo, urtando dappertutto contro truppe salde e decise a non cedere un palmo di terreno. Il IX Reparto d'assalto, insieme con reparti della Brigata “Bari”, si gettò animosamente sulle trincee dell'Asolone, le conquistò e procedette sul col della  Berretta, ma violentemente contrattaccato e minacciato d'aggiramento, potè a stento riaprirsi il passo verso le posizioni di partenza.
Mantenuta fu, invece, nonostante la tenace insistenza dei contrattacchi avversari, la cima del Pertica conquistata, dopo circa quattro ore di lotta durissima, dal XVIII Reparto d'assalto e da reparti della Brigata “Pesaro”.
Sulla destra del Pertica, la Brigata “Bologna” potè impadronirsi del monte Forcelletta, ma tutti gli sforzi dei fanti della Lombardia e degli alpini dell'VIII Raggruppamento contro le nude pareti del Solarolo riuscirono vani.
Il nemico si batteva con l'usato valore ed i capi vivificavano e portavano all'estremo la loro volontà di non cedere. Nuovi rinforzi venivano chiamati in linea, nè queste truppe attratte nel vortice della battaglia si può dire che si siano battute con scarso ardore; alla sera del 26, dopo un'altra giornata di lotta durissima e sanguinosa, alla fine della quale il nemico, nonostante il valore spiegato dai nostri, rimaneva ancor saldo sulle posizioni, il maresciallo Boroevic esprimeva "un particolare ringraziamento alle eroiche truppe del Grappa, con la sicurezza ch'esse avrebbero saputo persuadere il nemico che il loro sangue era sparso invano"


E quasi animate dalla parola del loro comandante, quelle truppe ci risolsero il Pertica, che si potè rioccupare soltanto dopo una lotta furiosissima, e ci ricacciarono dalla cima del Valderoa, nonostante la magnifica difesa della Brigata “Aosta” e del battaglione alpini omonimo.
Un'implacabile azione di artiglieria si svolse da parte nostra lungo tutta la giornata del 28 per togliere al nemico ogni possibilità di nuovi contrattacchi, ed il mattino del 29, la Brigata “Calabria” e tre reparti d'assalto ritentarono la conquista dell'Asolone e del col della Berretta; l'Asolone fu infatti ripreso ed il col della Berretta quasi raggiunto, ma il vecchio esercito imperiale, prima di frantumarsi per sempre, ritrovò ancora in un supremo sforzo il vigore della sua  anima millenaria, e ricacciò gli assalitori, con perdite molto gravi.
Erano, però, gli ultimi aneliti di un'armata morente; la disgregazione interna dell'Austria seguiva il suo corso fatale, e le truppe giungenti in linea dalle retrovie portavano nelle trincee il contagio politico; gli ammutinamenti manifestatisi sporadicamente alle spalle dell'armata ancor prima della battaglia si estendevano e si aggregavano, specialmente fra le truppe ungheresi, il cui ritiro dalla fronte era stato già chiesto dal nuovo Governo, formatosi a Budapest. Con l'usata energia, però, i comandi si sforzavano di impedire nelle prime linee gli effetti nefasti della politica.
Già dal 27, poi, le nostre truppe avevano passato il Piave e nella giornata stessa del 29, mentre le truppe del Grappa salvavano ancora una volta l'onore delle armi, la battaglia si decideva in nostro favore sul fiume sacro.





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