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sabato 3 novembre 2018

La Battaglia di Vittorio veneto. Il Passaggio del Piave


APPROFONDIMENTI
Terzo contributo sulla battaglia di Vittorio Veneto,
nella data centenaria degli avvenimenti





Giancarlo Ramaccia 

 Il passaggio del Piave.
Nella notte sul 26, le truppe della X Armata avevano completato l'occupazione delle Grave di Papadopoli ed iniziato il passaggio del fiume di fronte a Salettuol, e nella notte successiva, migliorate le condizioni atmosferiche e scemata la violenza della corrente, la XII Armata costituiva un'altra testa di ponte nei pressi di Valdobbiadene. L'VIII Armata invece, vivamente ostacolata sia dall'artiglieria nemica, sia dalla velocità della corrente, non riusciva a costruire che due dei sette ponti progettati, così che solo poche truppe del XXII (gen. Vaccari) e del XXVII Corpo d'Armata (gen. di Giorgio) potevano passare sull'altra sponda nella piana della Sernaglia, travolgendo la linea di osservazione nemica; l'VIII Corpo d'Armata (gen. Gandolfo) dopo ripetuti vari tentativi, aveva dovuto rinunziare al passaggio del fiume, tra Falzè e Nervesa.
Nella giornata del 27, le truppe della X Armata si spinsero oltre il Piave, per una profondità di circa tre chilometri, vincendo la resistenza di nuclei nemici e catturando oltre 5.000 prigionieri; quelle della XII Armata ricacciavano anch'esse per un buon tratto l'avversario. Le truppe, invece, dall'VIII Armata che erano passate al di là, si erano spinte fin verso Soligo, ma scontratesi in numerose forze avversarie e non rincalzate da altri reparti, per la mancata costruzione di nuovi ponti, vennero a trovarsi in una situazione minacciosa, tanto più che anche nella notte sul 28 non si  riuscì a gettare alcun ponte sulla fronte dell'VIII Corpo d'Armata.

Il comandante dell'VIII Armata (gen. Caviglia) allora, visto che la X Armata non avrebbe avuto forze sufficienti per attaccare sul fianco e far cadere la resistenza delle forze austriache che sulle alture di San Salvatore fronteggiavano l'VIII Corpo d’Armata, diede ordine che il XVIII Corpo d'Armata (che era di riserva, al comando del generale Basso) affluisse ai ponti dell'Armata inglese e, passato sulla sinistra, puntasse su Conegliano. A nord, intanto, la XII Armata seguitava a premere sul nemico, guadagnando ancora terreno e le truppe del XXII e del XXVII Corpo d’Armata, pur nel loro tragico isolamento, si mantenevano aggrappate alla sponda violata. La loro situazione si faceva però sempre più difficile; i pochi passaggi costruiti erano tenuti dal nemico sotto violento fuoco di artiglieria; scarseggiavano le munizioni, i rifornimenti venivano eseguiti per mezzo di aeroplani ed i collegamenti con la riva destra erano mantenuti soltanto da arditi nuotatori, che sfidavano impavidi i rigori della corrente.
Pure, l'energia di tutti valse a vincere la crisi; il XVIII Corpo d’Armata, fatta passare oltre il fiume la Brigata “Como” ed un reggimento della Brigata “Bisagno”, lanciava immediatamente queste truppe all'attacco; risalendo lungo la sinistra del Piave, esse rovesciarono ogni resistenza nemica e si portarono fino all'altezza dei ponti della Priula, aprendo così la via all'VIII Corpo d’Armata, del quale, intanto, aveva assunto il comando il generale Grazioli.
Più a sud, le truppe della X Armata dilagavano ad oriente, raggiungendo la linea del Monticano. Anche a nord, le sorti della battaglia piegavano in nostro favore. Ristabilito alla meglio qualche nuovo passaggio, un'altra divisione passava il fiume, mentre le nostre artiglierie del Montello facevano tacere le avversarie con una magnifica azione di fuoco.



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