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domenica 9 settembre 2018

Sardegna: i giorni tragici della crisi armistiziale


APPROFONDIMENTI
Nota in merito alle vicende armistiziali in Sardegna nel settembre 1943
in cui emerge il valore militare del soldato e del marinaio italiano

Eventi del 9 settembre 1943 nel Nord della Sardegna

di Mario Rino Me*





Nella giornata del 9 settembre 1943, nelle acque dell’Asinara, si consuma una tragedia nazionale che coinvolge le Forze da Battaglia della Regia Marina. Il messaggio radiofonico registrato con cui il generale Eisenhower comunica alle 1830 del giorno 8 la “resa senza condizioni“ del Regno d’Italia, coglie di sorpresa il governo, e ingenera sensazioni di  sbigottimento  e  prospettive fallaci di fine della guerra che attraversano l’intero paese. Clima e modalità di conduzione del processo decisionale politico-militare nonché sottovalutazione delle conseguenze del cambio delle Alleanze, avranno pesanti ripercussioni sulle funzioni di comando controllo delle forze Armate sparse nei vari teatri. In quei momenti di confusione strategica, culminata con la partenza dei vertici istituzionali dalla capitale, prende corpo la reazione tedesca pre-pianificata e pronta a scattare sin dalla battitura della notizia da parte dell’Agenzia Reuters nel primo pomeriggio. La catena di comando della Regia Marina rimane in piedi, e, pur nelle difficoltà dell’accavallarsi degli eventi  e dei limiti tecnici del tempo, continua ininterrotta. Sul piano etico, superati i momenti di tentennamenti e incertezze, prevale la bussola della lealtà istituzionale e della subordinazione alla volontà politica. In breve, la volontà di collocarsi dal lato giusto della storia si manifesta nel senso del dovere, fedeltà alle istituzioni e nella consapevolezza dei risvolti dei loro atti sui destini della patria. Sono questi gli unici riferimenti che possono garantire la salvezza del paese e prospettive di rinascita. Dopo l’azione mattinale della Torpediniera Aliseo (CF Carlo Fecia di Cossato, MOVM) e, nel pomeriggio, delle Vedette AntiSom  nell’Alto Tirreno (Contrammiraglio Federico Martinengo MOVM alla memoria),  le Forze Navali da battaglia, in fase di trasferimento per una missione ben diversa da quella cui erano state preparate,  lamentarono la perdita della Corazzata Roma e dei 2 CC.TT. Da Noli e Vivaldi. Questi ultimi assegnati originariamente alla scorta del sovrano da Civitavecchia alla Maddalena, furono dirottati per il ricongiungimento alle Unità della Squadra e, nel primo pomeriggio, dopo aver ingaggiato mezzi con a bordo reparti tedeschi in trasferimento verso la Corsica,  incapparono nella trappola sia delle batterie costiere piazzate sul versante corso che di uno sbarramento minato predisposto da posamine germanici a fine agosto, di cui le due unità non erano state messe al corrente.  
Proprio la tempistica e la tragicità di questo episodio, in cui muore in combattimento anche il Comandante in Capo, Ammiraglio di Squadra MOVM alla memoria Carlo Bergamini, e tutto il suo staff, assieme ai Comandanti e gran parte degli Stati Maggiori e degli equipaggi , assurge,  a esempio della maldestra messa in atto delle misure soggiacenti, senza adeguata conoscenza della situazione reale. Nella tragedia, si mettono in risalto anche personaggi ed episodi di valore, come il ritorno a bordo a nuoto sul CT Vivaldi, da parte del CC Alessandro Cavriani e del Capo Meccanico Virginio Fasan, per verificare le cause della lentezza del processo di auto-affondamento; entrambi si inabissarono con la loro nave e furono decorati MOVM alla memoria.
In un continuum operativo-temporale, le vicende navali si intrecciano, pur nella diversità dello scenario,  con ciò che avviene nel teatro delle operazioni Gallurese del Nord-Est della Sardegna: la tragica fine del Ten. Col. A. Bechi Luserna, MOVM, trucidato e poi gettato in mare a S. Teresa di Gallura da chi non accetta la collocazione con gli Alleati, e, soprattutto, il trasferimento della 90.ma Divisione tedesca dalla Sardegna alla Corsica con il colpo di mano di elementi di quest’ultima, finalizzato alla disarticolazione della piazzaforte della Maddalena. Eppure, nella base paralizzata dalla sorpresa iniziale, vi sono tanti che in quei momenti convulsi, contravvenendo agli ordini del Comando, rispondono al richiamo del dovere . In questo contesto, la tragedia nazionale, di cui gli eventi in mare costituiscono una parte significativa, diventa alla Maddalena il prologo della resistenza armata, portata avanti da militari della Marina, dell’Esercito,  dei Carabinieri e operai dell’Arsenale. Proprio alla Maddalena, dove erano dirette le navi e  che da Domenico Millelire alla reazione armata di quei giorni sintetizza la storia della Regia Marina, si colgono quindi quei segni di una riscossa che non può non esser riconosciuta come embrione di quella nazionale. Essa infatti precede i successivi eventi a Napoli di fine Settembre e i successivi sviluppi al Centro e al Nord della Penisola. Ha origine con personaggi che, riusciti a svincolarsi dalla morsa degli occupanti, riescono nell’intento di una mobilitazione, che possiamo definire sia interforze di militari della Regia Marina, Carabinieri,  e  delle batterie costiere dell’Esercito, che generale grazie all’attiva partecipazione di operai militarizzati dell’Arsenale e al sostegno della popolazione, già messa alla prova da massicci bombardamenti. Li accomuna la volontà di non arrendersi e tanto meno collaborare con l’ex alleato. Dopo l’arresto del tentativo di occupazione dei punti chiave, le varie azioni di guerriglia culminate con l’ultimo assalto volto al  recupero dei punti chiave occupati della piazza, in cui trova la morte il CV Carlo Avegno ( MOVM alla memoria), testimoniano un rigurgito di riscatto sostenuto dall’etica del dovere e dell’onore nazionale.
E’ bene allora ricucire i fili di questa storia, anche perché questa pagina di Storia, conosciuta parzialmente e per lo più nei termini negativi dell’occupazione della Base e dell’arresto senza colpo ferire degli Ufficiali radunati all’ora della mensa, sia riesaminata e fatta conoscere  nella sua interezza,  e non lasciata all’oblio, che suona come evento da dimenticare. Questo evento mette in luce una dimensione oblativa dell’esistenza in cui si offre la propria vita per la salvezza del proprio paese in un momento drammatico. Nel 75.mo anniversario delle tragiche giornate di quel “settembre nero”,  quei caduti (tra i quali tantissimi sardi) ci chiedono che la loro resistenza armata, opposta alle minacce e violenze di una forza straniera, sia ricordata, raccontata nei suoi termini reali e non sminuita. Anche perché quei volenterosi erano consci dei pericoli derivanti dal doversi confrontare con  una delle più agguerrite unità militari dell’epoca. Quest’ultima infatti, una volta trasferita nella penisola, nella prima metà del 1944 riuscì a inchiodare le forze anglo –americane sbarcate ad Anzio. Per questo motivo gli eventi nel Nord della Sardegna, apparentemente sconnessi, vanno ricordati, senza retorica,  a esempio della nostra identità con una narrativa e per una memoria coerente con i fatti. Pur nei diversi orientamenti politici, il mantenimento della memoria di ciò che unisce non può che favorire i processi di  pacificazione consapevole. Si suole dire che senza memoria, l’identità e, con essa, la nazione non poggia su solide basi ed è anche acquisito che l’inabilità a coltivare e difendere la memoria è un segno di decadenza.


Ammiraglio di Squadra (r) Mario Rino Me, collaboratore della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro



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