APPROFONDIMENTI
Si riporta la versione del 1919 a cura
del Comando Supremo del Regio Esercito
dei combattimenti dell'estate del 1917
che precedettero la 12a battaglia dell'Isonzo
La battaglia dall'Idria al Timavo
(Agosto-
Settembre 1917)
Estate 1917: il Re in vista al fronte
L'offensiva
di primavera era appena terminata è già l’esercito nostro si preparava a nuovi
cimenti. Le unità provate nella battaglia del maggio venivano rapidamente
completate, le armi logorate erano sostituite e le dotazioni di materiale
aumentate; il lavoro tornava a fervere fecondo nei campi di istruzione e di
addestramento.
Contemporaneamente,
lungo la fronte, all’attività violenta della battaglia subentravano il lavorio
quotidiano di vigilanza e afforzamento, le ricognizioni di pattuglie, i tiri di
molestia delle artiglierie, le piccole azioni di logoramento. Si ricostituivano
i depositi di munizioni, si piazzavano nuove bocche da fuoco, si provvedeva
all’apertura di nuovi camminamenti, allo scavo di numerose caverne, difensive
per proteggere le truppe dalla violenza del tiro avversario, ed offensive per
tenere prossimi alla linea nemica durante la preparazione di artiglieria i
riparti destinati a costituire le ondate d’assalto.
Nella
prima quindicina di agosto il nostro esercito era magnificamente pronto per
dare un nuovo poderoso urto all’avversario.
Tale
urto era richiesto dalla situazione generale degli alleati: l’offensiva
anglo-francese in preparazione; la necessità di alleggerire per quanto
possibile la fronte russo-rumena della pressione nemica sempre più minacciosa;
la speranza di fare rallentare la spinta austro-tedesca in Galizia nella
presunzione che, scemata questa, sarebbe stato più facile all’esercito russo il
riorganizzarsi. D’altra parte il Comando Supremo, attaccando, si manteneva
fedele al concetto dominante le nostre operazioni: quello cioè di non dar
tregua al nemico, di logorarne le forze, non solo con l’attrito continuo delle
azioni quotidiane, ma con i colpi poderosi delle grandi battaglie.
L’avversario
non ignorava il nostro attacco. Non è possibile oggi tenere nascosta l’immensa
somma di preparativi, la raccolta di mezzi numerosi e poderosi quali quelli che
noi ci accingevamo ad impiegare. E d’altra parte ci era perfettamente noto che
il nemico aveva di molto accresciuto le proprie forze e i propri mezzi di
difesa e di offesa, ciò che rendeva indispensabile da parte nostra una
preparazione assai più vasta, per uno sforzo di gran lunga superiore a tutti i
precedenti.
Il
Comando Supremo, perfettamente edotto dello schieramento del nemico, indice
delle sue prossime intenzioni; sicuro delle proprie condizioni di efficienza
sulla fronte tridentina, tali da poter parare ad un eventuale attacco
avversario da quella parte, decise di assalire sulla fronte giulia.
L’intendimento
fu quello di eseguire un attacco a fondo sull’intera fronte da Tolmino al mare,
dislocando le riserve delle armate e del Comando Supremo in modo che potessero
con prontezza accorrere su quel qualunque settore dove fosse riuscito lo
sfondamento, per allargare la breccia e spingere risolutamente l’avanzata.
Ed
invero, determinatosi lo sfondamento della fronte nemica sull’altopiano di
Bainsizza, il Comando Supremo spostò rapidamente verso di esso le riserve,
mentre faceva seguitare la pressione sul Carso.
Affermatosi
il successo col vittorioso procedere delle nostre truppe sull’altopiano di
Bainsizza, alle truppe del Carso fu fatto assumere atteggiamento potenziale per
approfittare anche di qualsiasi segno di indebolimento dell’avversario da
quella parte.
Nell'applicazione
tattica di tale concetto strategico, la battaglia dall’Idria al Timavo può
considerarsi divisa schematicamente in distinti momenti:
L’attacco
su tutta la fronte e il passaggio dell’Isonzo; la manovra di sfondamento sulla
Bainsizza e la formidabile pressione sul Carso; l’avanzata sull’altopiano di
Bainsizza.
info: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
Nessun commento:
Posta un commento