In quell’inizio dell’estate 1917 la propaganda per una pace ad ogni
costo senza indennizzi ne annessioni, prendeva sempre più piede, agevolata
dalla stanchezza della guerra, che chiedeva sempre più sacrifici senza dare
alcuna speranza di vederne la fine. I neutralisti del 1914 ritornavano alla
carica con le loro argomentazioni; socialisti e clericali insistevano sempre
più nella loro azione, con il Governo che non constrastava a sufficienza questa
azione. Cadorna si lamentava di questo sia con il presidente Boselli, che era però
sordo a queste sollecitazioni; peraltro il Ministro dell’Interno, Vittorio
Emanuele Orlando non riscontrava fatti rilevanti per dare credito alle
lamentele di Cadorna e, mercé anche la frattura ormai atavica tra Governo e
Comando Supremo, arriva a sostenere che elementi di disgregazione provenivano
dal fronte, dai soldati dall‘azione di comando di Cadorna, non dal Paese. Una
situazione veramente grave che vide alcune iniziative che la aggravarono
ulteriormente. L’on. Ferri alla Camera dei Deputati terminò un suo intervento
con una frase che rinbalzò sia nel Paese che al fronte quasi immediatamente: “ la voce che sale da tutte le trincee da cui
è squarciato il seno della madre terra. Il prossimo inverno non più in trincea“
A Torino, con il permesso del Ministero dell’Interno a luglio giunse
una delegazione del Soviet di Leningrado accolta da una folla entusiasta al
grido di “Viva Lenin“. Alla Camera del Lavoro in un intervento un delgato
sovietico affermò che “solo l’opera
proletaria internazionale e non l’azione diplomatica varrà a por fine alla
conflagrazione mondiale“. Come se tutto ciò non bastasse il 6 agosto 1917
in una edizione straordinaia l’Osservatore
Romano, il giornale ufficiale del Papa, divulgò una nota di Benedetto XV ai
Capi dei Paesi belligeranti in cui proponeva una pace senza annessioni e senza
indennità; taceva sulla sorte della Serbia e della Polonia, auspicava la
sopravvivenza dell’Impero Austro-ungarico, giudicato indispensabile per
l’Europa e terminava con una frase che diverrà storica “ .. mettere termine a questa lotta tremenda la
quale ogni giorno di più apparisce[1] come una inutile strage“.
Un documento totalmente a favore dei nemici dell’Italia, tanto che
Sonnino avanzò il dubbio che fosse stato concertato con l’Austria, con la connivenza
della Germania. La Germania aveva provocato la guerra, aveva voluto l’“inutile strage“,
ora il Vaticano correva in suo soccorso, giustificando la sua politica
aggressiva ed imperialistica in nome di una pace di certa aggettivazione.
Si creò immediatamente un asse cattolico-clericale, in cui il giornale
“L‘Avanti“ nel commentare le parole del Ponteficie non esitò a pantografarle
con le conclusioni del Convegno di Zimmerwald. La conseguenza di tutto questo
fu una offensiva politica socialista che, approfittando della scarsezza di
farina, e quindi di pane, scatenarono dei moti a Torino che furono repressi
dalla forza pubblica con violenza, causando oltre che centinaia di feriti, ben
27 morti, a cui seguì la proclamazione dello sciopero generale.
Redezionale.
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