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lunedì 16 ottobre 2023

Kurdustan: Rojava lo "Stato dei Cirdu" Siriani

 GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE



di

Antonio Trogu

28 agosto 2023

 

Il Kurdistan, da un punto di vista geografico, è un altopiano vasto 450.000 km2, situato nella parte nord-est della Mesopotamia e ricchissimo di materie prime, tra cui petrolio e risorse idriche; per quanto concerne l’aspetto geopolitico, si tratta di una regione altamente strategica e divisa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Tali caratteristiche hanno posto e pongono tutt’ora il Kurdistan e i curdi stessi al centro di conflitti domestici ed internazionali.

Il popolo curdo e’ un gruppo etnico di 30-50 milioni di persone che risiedono nella tradizionale area del Kurdistan, che in lingua curda letteralmente significa “il luogo dei curdi’, diviso tra quattro stati-nazione.

I curdi sono un gruppo tribale nomade iraniano proveniente dal grande ceppo delle popolazioni indo-europee. Accomunati da una lingua comune, i curdi sono a maggioranza musulmana sunnita nonostante convivano anche altre correnti religiose: come il sufismo[1].

Sul piano confessionale, prima dell’occupazione araba, i curdi praticavano la religione zoroastriana, sebbene fossero presenti anche comunità ebraiche e cristiane. Attualmente la maggioranza dei curdi professa l’Islam sunnita, tuttavia nella parte sud-est della regione è l’Islam sciita la religione praticata; a tale divisione si aggiunge un 5% di fede cristiana caldea. 

Il Kurdistan come Stato non esiste non essendoci una unità politico-amministarativa ma rimane una comunità di individui che condivide la stessa lingua, storia e cultura e che si ritiene comunque Nazione, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica. Infatti a partire dalla fine degli anni Novanta, con il recupero del patrimonio culturale immateriale curdo, e cresciuta l’idea stessa dei curdi come popolo indigeno, quale elemento di mobilitazione politica da parte di partiti e associazioni.

Già prima dell’inizio della Grande Guerra le grandi potenze europee, con Gran Bretagna e Francia, avevano posto la loro attenzione sul territorio del grande Kurdistan, proprio per la sua posizione strategica e le sue ricchezze petrolifere. Nel 1916, con il celebre accordo Sykes-Picot,[2] che i ministri degli Esteri inglese e francese divisero il Medio Oriente in base ai loro rispettivi interessi, l’accordo ridefiniva confini e controllo dei territori dopo la caduta dell’Impero Ottomano, a Londra spettarono Mesopotamia, Palestina e Giordania, mentre Parigi ottenne la Siria e il Libano. Il piano Sykes-Picot lasciava i curdi senza una propria nazione, divisi in un territorio frammentato tra Turchia, Siria, Iraq e Iran.

Al termine della Prima Guerra Mondiale i 14 punti di Wilson[3] e la promessa dell’autodeterminazione dei popoli come principio fondamentale del nuovo ordine mondiale accesero le speranze indipendentiste curde. Vi fu poi il trattato di Sèvres, l’accordo di pace firmato il 10 agosto del 1920 tra Francia, Gran Bretagna, Italia, Grecia, Giappone e Impero Ottomano, nel quale si parlava del diritto del popolo curdo all’indipendenza e identificava come Stato nazionale dei curdi una regione all’interno del Kurdistan turco

Quando nel 1923 Atarturk Mustafa Kemal[4] trionfò ottenendo per la Turchia l’indipendenza, scacciando le potenze straniere e abolendo il Sultanato, firmò un nuovo trattato di pace, il Trattato di Losanna, nel 1924.

La Pace di Losanna, il trattato firmato tra Turchia e le potenze occidentali che concluse la guerra civile turca ebbe lo scopo di  disegnare un nuovo equilibrio tra i resti dell’Impero Ottomano e l’Europa. Con questo trattato Ataturk riuscì a ottenere la rimozione di qualsiasi riferimento al Kurdistan indipendente, delimitando i confini della Turchia che ancora oggi conosciamo in cambio del riconoscimento delle colonie occidentali nelle ex-province ottomane: Cipro e i giacimenti petroliferi mesopotamici alla Gran Bretagna; Tripolitania, Cirenaica e Dodecaneso all’Italia; Tunisia e Marocco alla Francia. 

Il Trattato di Losanna infranse così le speranze suscitate dal Trattato di Sèvres di un Kurdistan indipendente e confermò la divisione della popolazione curda in quattro Paesi: Turchia, Siria, Iraq e Iran e rappresentò ufficialmente la pietra tombale sul progetto del Kurdistan indipendente. La maggior parte dei territori curdi toccò alla Turchia, un’altra porzione alla Siria e le regioni meridionali del Kurdistan al Regno dell’Iraq, creato da Londra con la fusione dei due distretti ottomani di Bassora e Baghdad. 

Divisa nei quattro Stati di Turchia, Siria, Iraq e Iran, la popolazione curda conta ben 35.000 individui; essi rappresentano la quarta etnia del Medio Oriente, nonché il popolo più numeroso al mondo a non avere un proprio Stato-nazione. Nel corso della storia, i curdi sono stati oggetto di discriminazioni, persecuzioni ed alleanze tradite, il che ne ha decretato la condizione attuale. Da decenni i curdi inseguono il sogno di poter formare un unico Paese indipendente e ciò ha creato  contrasti, spesso violenti e sanguinosi, con i governi delle nazioni che li "ospitano" e altre popolazioni con cui condividono il territorio.

Sia in Iran che nell'Iraq del dittatore Saddam Hussein, ad esempio, le popolazione curda divenne il bersaglio di deportazioni, arresti, torture ed esecuzioni sommarie. Anche in Turchia, dove i curdi sono più del 18% della popolazione,  e in Siria questa etnia è stata a più riprese colpita da provvedimenti duri e sanguinosi.

La rivoluzione del 1979 e l’ascesa al potere dell’Ayatollah Khomeini sembrarono aprire nuove opportunità per il Partito Democratico del Kurdistan dell'Iran (KDPI) e per il riconoscimento dei diritti delle minoranze in Iran. Infatti, il partito curdo aveva giocato un ruolo considerevole nel rovesciamento del regime dello scià. Ma per i curdi la rivoluzione sciita si rivelò essere amaramente un nulla di fatto, tutto cambiò, perché nulla cambiasse davvero.

L’Ayatollah proclamò nell’agosto del 1979 la jihad contro i curdi. Seguirono esecuzioni sommarie e una feroce oppressione. Il KDPI stima che siano state circa 30.000 – 35.000 le vittime provocate dal conflitto con lo Stato iraniano.

Il KDPI, fondato dopo la Seconda Guerra Mondiale, come parte dell’Associazione per la Resurrezione del Kurdistan, venne liquidato dopo le repressioni del 1966-67me fu ripristinato dopo il 1973. Si tratta del più grande e meglio organizzato dei gruppi di opposizione e cerca l’autonomia per i curdi in Iran, operando soprattutto dalle sue basi in Iraq.

In Turchia Ocalan, che aveva iniziato la sua attività politica negli anni sessanta, insieme ad un giovane giornalista Mazlum Doğan e Mehmet Hayri Durmuş, uno studente di medicina curdo,  pubblica “La Rivoluzione in Kurdistan” che teorizzava la creazione di uno Stato curdo che avrebbe dovuto riunire le quattro regioni del Kurdistan con un apparato statale dotato di una struttura politica socialista. I tre autori fanno inoltre riferimento alla lotta armata come strumento di liberazione dalla Turchia definendo il Kurdistan una colonia da liberare.

Il 27 novembre 1978 fondano il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) attivo nel sud-est della Turchia e nella zona del Kurdistan iracheno. Il PKK e’ considerato da diversi Stati come un’organizzazione terroristica poiché pratica la lotta separatista armata per tentare di fondare un Kurdistan indipendente. Il 1979 segna l’inizio della lotta armata del PKK contro il governo centrale turco e in seguito crebbe in popolarità e nella ramificazione della propria struttura politica e militare. La solida base marxista-leninista della sua dottrina politica permise al PKK di partecipare alle azioni dei gruppi militanti di estrema sinistra turchi.

Il PKK è attualmente considerata un'organizzazione terroristica dalla Turchia, dagli Stati Uniti d'America e dall'Unione europea.

In questi anni la linea ideologica del PKK si è distaccata dal socialismo a tendenza marxista-leninista, prediligendo il confederalismo democratico, tanto che dalla bandiera dell’organizzazione è stato tolto il simbolo della falce ed il martello. Il PKK ha rivisto la propria posizione, visto il mutamento storico e hanno rinunciato a battersi per l’indipendenza del Kurdistan, portando avanti però la battaglia per il riconoscimento di un’autonomia su tutto il territorio curdo.

Dal 1923 al 1990, la Turchia ha attuato una politica ben definita nei riguardi dei curdi presenti sul territorio nazionale, la quale si è incentrata su tre pilastri, ossia assimilazione, repressione e contenimento con lo scopo di porre fine alla questione curda, arrivando persino a negare l’esistenza dei curdi in quanto gruppo etnico.

In Turchia e zone limitrofe l'oppressione nei confronti dei curdi si fece ancora più pesante in seguito al fallimento del colpo di stato che cercò di deporre l'attuale presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.  Ripreso in mano il controllo infatti, Erdoğan - che da sempre è stato ostile al nazionalismo curdo - chiuse giornali e attività curde in tutto il Paese, arrestando migliaia di persone.

Durante la guerra siriana dove allo scontro tra ribelli ed esercito del presidente Bashar al Assad si è aggiunta anche la minaccia dell'ISIS, i curdi siriani sono stati i più agguerriti oppositori dell'ISIS e le violente battaglie, costate molto care in termini di morti e feriti,  hanno portato i terroristi islamici a dover arretrare di parecchi chilometri.

Nel 2003, nella parte settentrionale del paese, da alcuni membri del PKK è stato fondato il PYD e le milizie dell’YPG, braccio armato del PYD. 

L’attivismo politico e militare del PYD è emerso sulla scena internazionale a partire dalle primavere arabe del 2011, in quanto il governo di Damasco non aveva le risorse necessarie per combattere contemporaneamente i ribelli e i curdi, i quali, sfruttando l’assenza e l’incapacità delle forze governative, hanno iniziato dal 2012 ad occupare l’area settentrionale delle Siria, in cui ancora oggi è presente la minoranza curda.

Il ruolo del PYD è divenuto significativo nel 2014, con le milizie dell’YPG che sono state le prime a respingere l’avanzata dell’ISIS, il che ha significato per il PYD l’appoggio statunitense e la solidarietà da parte dell’intera comunità internazionale. Vi e’poi stata la battaglia di Kobane che ha rappresentato un punto essenziale per la questione curda in Siria, infatti la liberazione di Kobane nel febbraio del 2015 e la resistenza curda hanno designato il PYD come uno degli attori più importanti nella lotta all’ISIS. 

A seguito dell’invasione siriana da parte dei miliziani dello Stato Islamico e la conseguente resistenza delle forze curde di Unità di Protezione Popolare (YPG) e dell’Unità di Protezione delle donne (YPJ) nella Siria del Nord, i media occidentali hanno dato grosso risalto alle combattenti curde, in prima linea nella lotta al fondamentalismo islamico del Daesh.

La porzione di territorio siriano liberata, la Rovaja, è stata rivendicata dai leader curdi e nel gennaio 2014, i partiti curdi – incluso il Partito democratico dell’Unione dominante (PYD),  hanno dichiarato la creazione di “amministrazioni autonome” nei tre “cantoni” di Afrin, Kobane e Jazira. Nel marzo 2016 è stata annunciata l’istituzione di un “sistema federale”, conosciuto come Rojava, che includeva principalmente aree arabe e turkmene catturate dall’Isis. La dichiarazione è stata respinta dal governo siriano, dall’opposizione siriana, dalla Turchia e dagli Stati Uniti.

Il Rojava è uno stato, autoproclamatosi indipendente, che comprende i territori del Nord Est della Siria. In lingua curda, la parola Rojava identifica il luogo dove tramonta il sole: l’Ovest. Non essendo ufficialmente riconosciuto da nessuna nazione, a parte il Kurdistan iracheno, nei documenti ufficiali ci si riferisce a quest’area geografica come: Siria del Nord Est o Kurdistan dell’Ovest.

Al momento l’Amministrazione autonoma della Siria del nord e dell’est è sotto intenso e crescente attacco dell’artiglieria e dei droni turchi, con aerei da guerra che sorvolano costantemente l’area. Dalla rielezione del presidente della Repubblica di Turchia Erdogan, e la conferma del governo Akp-Mhp, si assiste a un’escalation negli attacchi contro il Rojava, ma anche sulle montagne del Kurdistan iracheno, contro la guerriglia del movimento di liberazione curdo.

Nonostante il brutale conflitto in corso, il Rojava curdo-siriano sta consapevolmente sperimentando forme di democrazia diretta in grado di proporre a un Medio Oriente martoriato un modello di società antagonista sia ai regimi dittatoriali alla Assad sia ai regimi teocratici alla ISIS.

Rifacendosi al confederalismo democratico elaborato dal leader curdo Abdullah Òcalan[5], detenuto in un carcere turco dal 1999, la popolazione del Rojava ha iniziato ad autogovernarsi attraverso una rete di assemblee e consigli in cui vengono decisi aspetti cruciali della vita sociale come l'autodifesa militare e l'amministrazione della giustizia. Questa visione non-statale dell'organizzazione sociale, fortemente influenzata dal municipalismo libertario di Murray Bookchin,[6] che teorizzava l’elaborazione di forme d’organizzazione che permettano a una società ecologica razionale di funzionare con forme dirette di decisione e governo, si rivela rivoluzionaria anche per il contributo fondamentale delle donne, che partendo dalla critica della disparità uomo/donna sono arrivate a identificare nello Stato il principio organizzatore da abbattere. Si viene così a delineare una democrazia senza Stato del tutto sperimentale.

Il progetto di democrazia confederalista , è nato a partire dalle rivolte contro il regime di Assad nel 2011.  Sono stati i Curdi siriani ad animare questo processo, condividendo con tutte le altre etnie che abitano il territorio la necessità di autodeterminarsi e di unirsi in risposta all’oppressione prima, e all’abbandono dopo, del regime di Assad. Si tratta di un processo di attivazione democratica dal basso dove il potere politico, economico e giudiziario sono decentralizzati, dove ogni carica istituzionale, dal livello locale a quello provinciale, è presieduta sia da un uomo che da una donna.

Il Rojava, dopo essersi reso autonomo durante la guerra civile siriana, ha approvato un Patto costituzionale che comporta una scelta confederale all’interno della Siria, libere elezioni, libertà di stampa e di associazione politica, laicità delle istituzioni, uguaglianza per tutti i cittadini siano essi musulmani, cristiani, yazidi o di altre minoranze. Soprattutto ha affermato l’assoluta uguaglianza tra uomo e donna, superando le pratiche discriminatorie connaturate alla cultura del medio oriente.  Per molti anni le donne all’interno del movimento di liberazione curdo hanno lottato per stabilire la parità di genere come principio fondamentale dell’ideologia del movimento.

In Rojava, attraverso l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est (non riconosciuta ufficialmente né dal governo siriano né da quello turco), i curdi hanno dato vita ad un nuovo sistema di organizzazione della società che fonda le sue radici sui principi del femminismo, dell’ecologia sociale e del municipalismo libertario, che trascende lo stato e prende il nome di Confederalismo Democratico.

Le donne curde turche del PKK sono state le principali pioniere nella trasformazione del ruolo della donna nella sfera sociale, politica e militare della società curda; ma tale trasformazione non si verificò solo all’interno del confine curdo turco. Al contrario, i risultati più notevoli in merito all’emancipazione femminile si ottennero in Rojava.

L’istituzione dello YPJ, esercito formato di sole donne, ha contribuito anche in questo campo alla loro emancipazione, in istituzioni come quelle militari fortemente patriarcali. L’accesso nelle unità di protezione su base volontaria ha portato molte donne ad arruolarsi nello YPJ, così come accaduto con il PKK, per liberarsi dai legami patriarcali ed ottenere il controllo della propria vita. La scelta di una forza militare separata e coordinata da sole donne, infatti, si rese necessaria in quanto la presenza di uomini nella stessa organizzazione, in una società dove il patriarcato non è stato sradicato, avrebbe potuto ostacolare il pieno potenziale delle donne. Lo YPJ quindi può essere vista come un’organizzazione a 360 gradi che, oltre ad occuparsi della difesa territoriale interna ed esterna, combatte direttamente per i diritti delle donne.

 

E’ interessante quanto dichiarato dalla comandante curda Nesrîn Abdalla:

«Fino ad ora, gli eserciti erano creati esclusivamente da uomini con un approccio patriarcale, infatti avevano solo due compiti: difendere e vincere. Ma noi siamo un esercito di donne… lo facciamo non solo per proteggerci, ma anche per cambiare il modo di pensare nell’esercito, non solo per guadagnare potere, ma per cambiare la società, per svilupparla».

Pur essendo  i curdi un popolo fortemente eterogeneo, incentrano la loro identità tutta sul fattore etnico.  L’aspetto peculiare della popolazione curda concerne una storia caratterizzata da repressioni, discriminazioni e continue lotte, le quali non hanno tuttavia portato alla nascita del Kurdistan, ossia la tanto attesa e desiderata patria dei curdi.

Quella del popolo curdo è una lotta su più fronti per l’autodeterminazione, l’autonomia e il riconoscimento della propria identità e dei diritti civili e politici, tuttora negati all’interno dei quattro Stati in cui è costretto a vivere.

 

 

 


 

 

 



[1] Il sufismo nell’islam e’ una dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale. Si presenta come un insieme di metodi e dottrine che tendono all’approfondimento interiore dei dati religiosi, per preservare la comunità dal rischio di un irrigidimento della fede e di un letteralismo arido e legalistico.

[2] Intesa segreta fra l’Inghilterra, rappresentata da M. Sykes (1879-1918), e la Francia, rappresentata da F. Georges-Picot (1870-1951), con l’assenso della Russia zarista, per decidere le rispettive sfere d’influenza e di controllo in Medio Oriente, dopo il crollo ritenuto imminente dell’impero ottomano

[3] Nome dato ad un discorso pronunciato dal presidente Woodrow Wilson l'8 gennaio 1918 davanti al Congresso riunito in sessione congiunta e contenente i propositi di Wilson stesso in merito all'ordine mondiale seguente la prima guerra mondiale

[4] Generale e statista turco dopo la fine della prima guerra mondiale organizzò la lotta per l'indipendenza e l'unità nazionale della Turchia. Respinta l'invasione greca (1920-22), diede il via a una serie di rivoluzionarie riforme costituzionali, quali l'abolizione del sultanato ottomano, del califfato e del diritto canonico islamico, la proclamazione della repubblica, la laicizzazione dello Stato. 

[5] leader e fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Dal 1999 è stato arrestato e condannato a morte dallo stato turco con una pena commutata in ergastolo, ed è tenuto in totale isolamento sull’isola di İmralı, dove per quasi undici anni è stato l’unico prigioniero.

[6] Murray Bookchin, nato a New York il 14 gennaio 1921, viene considerato uno dei pensatori anarchici contemporanei più originali e innovativi, in grado di ispirare profondamente pensatori come Abdullah Öcalan, uno dei fondatori del partito dei lavoratori Curdi (PKK).

 


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