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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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giovedì 31 agosto 2023
mercoledì 30 agosto 2023
Editoriale Mese di Agosto 2023
L'editoriale del mese di agosto è dedicato alla copertina del volume uscito in questo mese dedicato al Genio "Telegrafisti" nella Grande Guerra. Un ulteriore traguardo raggiunto, in quanto il volume apre, nell'ambito della Collana "I Libri del Nastro Azzurro" la serie che è stata denominata "UNIVERSITA'".
Una titolazione che ha un doppio significato, il primo, quello di sottolineare come anche questa pubblicazione è parte integrante della offerta formativa che l'Istituto, tramite il CESVAM, propone per i Master di 1° Livello; il secondo in quanto l'Autrice, già frequentatrice di uno dei Master attivati dal CESVAM , sulla base della sua tesi di laurea, ha svolto ulteriori ricerche e approfondimenti arrivando, anche dopo la pubblicazione di articoli di conferimento dedicati allo stesso tema di ricerca, a pubblicare il presente volume
La funzione istituzionale dell'Istituto attraverso i suoi dettami statutari non può non essere meglio esemplificata da questa pubblicazione. Un vivo complimento alla giovane Autrice, con l'esortazione di tutti noi a proseguire sulla strada intrapresa, una strada degna di nota.
Il Volume è cedibile; può essere richiesto alla segreteria generale dell'Istituto con le modalità di cessione note (email: segrteriagenerale@istitutonastroazzurro.org
(massimo coltrinari)
lunedì 28 agosto 2023
Copertina Agosto 2023
Anno LXXXIV, Supplemento on line, VIII , 2023, n. 90
Russia 1942 -1943. Diario del Generale Vices Vinci III Parte
APPROFONDIMENTI
CONSIDERAZIONI SU QUESTO PERIODO DI
LOTTA –
Quello che fu per altri reparti,
anche se poi esaltati, una triste esperienza di passiva ritirata con qualche
episodio di disperata reazione, fu per il 6° Bersaglieri, chiamato ad agire
nelle stesse condizioni strategiche ed ambientali, una, trionfale prolungata azione di guerra
protrattasi per centinaia di chilometri, in cui pur ritirandosi fu sempre il
protagonista ed il vincitore.
Quali
elementi consentirono questo eccezionale successo? Il Comandante, i quadri
Ufficiali e Sottufficiali, il bersagliere. Ognuno di essi merita una menzione
particolare.
Il
Comandante che sarebbe diventato certamente una figura leggendaria se le tristi
vicende della guerra avessero preso un altro corso, si rivelò allora, almeno
per noi, l'uomo del destino.
Tattico
eccezionale, capace di fulminee decisioni, coraggioso e quasi temerario, duro
ed inflessibile con tutti, freddo e calcolatore, seppe prendere decisioni
giuste in ogni frangente subordinando spesso alla sua ferrea volontà e perizia
anche Superiori comandanti di Unità e
consistenti reparti Alleati.
I
quadri Ufficiali e sottufficiali, fedeli e puntuali esecutori di ordini anche
se a volte ritenuti inattuabili, ma capaci di coraggiose iniziative, furono
come fari nel buio per i loro soldati. Tennero in pugno gli uomini fermamente
ma con comprensione, aiutandoli e non solo con l'esempio a superare fatiche,
disagi, situazioni critiche.
I
Bersaglieri, potenti fisicamente lo erano ancora forse di più moralmente. Nella
depressione generale, a contatto e spesso frammischiati con soldati distrutti,
abbruttiti e resi abulici dalla fatica, mantennero sempre amore e fiducia. per le proprie armi, per il proprio reparto e per i loro ufficiali.
Di
questi tre elementi nessuno fu inferiore all'altro, ma ognuno di essi integrò
gli altri in maniera decisiva rendendo possibile a suon di sacrifici e morte un
ripiegamento ordinato di migliaia di soldati che per loro merito potevano
ritornare alle loro case.
Il
loro eroismo fu premiato con molte decorazioni al Valor Militare sul Campo, ma
furono defraudati anche di queste attestazioni di coraggio. I relativi
brevetti e motivazioni furono smarriti o andarono distrutti 1'8 Settembre del
'43 in modo piuttosto strano se non sospetto.
Fra
tutti meritano una menzione particolare
motocarrellisti.
Statue i ghiaccio nel vento e nella neve, si sostituirono ai mezzi di
collegamento, furono portaferiti, pattugliatori astuti, mitraglieri e
portamunizioni, meccanici provetti.
Non
posso sottacere il decisivo apporto del II° Gruppo del 121° Rgt. Art. che
combattendo al nostro fianco con fredda determinazione ci chiede la forza e la
possibilità di opporci alle incursioni dei carri armati e corazzati nemici.
domenica 27 agosto 2023
Progetto Centenario dell'Istituto del Nastro Azzurro
5) Il Centenario dell’Istituto del Nastro Azzurro 1923 -2023
I Presidenti Nazionali
Autori: Carlo Maria Magnani, Massimo Coltrinari, Antonio Daniele
Se i congressi Nazionali hanno scandito i momenti essenziali della vita dell’Istituto, i Presidenti Nazionali rappresentano coloro che nel loro mandato o mandati hanno attuato la volontà del congresso. L’Istituto è stato forgiato dalla personalità di ognuno di loro, ed è stato presente nella misura in cui ognuno di lor si è speso per esso. Il volume vuole documentare questo loro impegno disinteressato, altruista, spesso oscuro, quasi sempre privo di riconoscenza e riconoscimenti, come del resto è prassi per coloro che danno tutto all’Istituzione e nulla a se stessi. Vite da presidenti, con la stragrande parte fatta di oneri, e per poco o nulla di onori. I limiti di tempo sono quelli della vita dell’istituto, mentre i limiti di spazio sono riferiti alla vita di ogni presidente. Come per gli altri volumi del Centenario, anche questo è frutto di una ricerca collettiva che continua. Questo sta a significare che è prevista l’ipotesi di pubblicare ulteriori volumi, qualora risultassero nuovi documenti e nuove documentazioni affinché a questo volume vi siano altri che lo completano.
sabato 26 agosto 2023
Antonio VIgliano. HUMINT BIbliografia
BIBLIOGRAFIA
21st Century U.S.
Military Manuals, U.S. Army Human Intelligence Collector
Operations, 2012
Cosenza Raimondo, Cos’è la Humint. Human Intelligence,
Raimondo Cosenza, 2021
Cossiga Francesco, Abecedario, Rubbettino Editore, 2002
Department of Defense, Dictionary
of Military and Associated Terms (JP 1-02), Joint Publication 1-02, 8
November
Handbook, Commanders Guide To Humint, Human Intelligence
2012
Il
linguaggio degli organismi informativi, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica
Karl von Clausewitz, Della Guerra, Mondadori, 1970
C Felix, A Short
Course in the Secret War, E.P. Dutton&Co., inc, 1963
Albert D Biderman, Communist Attempts to Elicit False
Confessions from Air Prisoners of war, 1957
Morten Tyldum, The Imitation Game,
2014
Krieger Wolfgang, Storia dei
servizi segreti, Mimesis Edizioni, 2013
Masci Claudio – Piacentini Luciano,
Humint…Questa sconosciuta, Rubbettino
Editore, 2014
Mutti Antonio, Questioni di Intelligence, Ledizioni, 2018
Pagani Alberto, Manuale di Intelligence e Servizi Segreti,
Rubbettino Editore, 2019
Saintclaire Thomas, Servizi di Informazione e Sicurezza, 2021
Sun
Tzu, L’arte della
Guerra, Mondadori
Charles
Darwin, l’origine
della specie per selezione naturale, Newton Compton Editori, 2014
Teti
Antonio, Virtual
Humint, Rubbettino Editore,
2019
D.
Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva Come inventare un nuovo rapporto
con il lavoro, Rizzoli Libri,
2011
Mark
Twain, Autobiography, 1924
venerdì 25 agosto 2023
Temi di tesi di laurea. II
NOTIZIE CESVAM
Master in Terrorismo ed Antiterrorismo
(INFO: didattica,cesvam@istitutonastroazzurro.org)
► Problemi di counterintelligence e sicurezza operativa nella ricerca HUMINT. ► HUMINT e controterrorismo: teoria, tecniche e scenari. ► Le operazioni HUMINT dal terrorismo “classico” alle nuove minacce terroristiche ed eversive. ► Aspetti psicologici della gestione di fonti umane. ► Come potenziare le capacità HUMINT del Sistema Italia per il contrasto alle nuove minacce terroristiche. ► La valutazione delle fonti e delle notizie HUMINT nel settore dell’antiterrorismo. Il ruolo dell’agente manipolatore e dell’analista. ► Il ruolo e metodologie della HUMINT nel monitoraggio e contrasto alla radicalizzazione jihadista. ► Casi studio della penetrazione di gruppi terroristici tramite fonti umane occulte
giovedì 24 agosto 2023
Progetto Centenario dell'Istituto del Nastro Azzurro
NOTIZIE CESVAM
4) Il Centenario dell’Istituto del Nastro Azzurro. 1923 – 2023
I Congressi Nazionali
Autori: Carlo Maria Magnani, Massimo Coltrinari, Stefano Mangiavacchi
La vita dell’Istituto del Nastro Azzurro nei suoi cent’anni di esistenza è stata scandita dai suoi Congressi Nazionali. Il momento focale di ogni periodo che ha dettato il percorso da seguire, a seconda dei tempi e delle circostanze. Il presente volume vuole, nella data centenaria che ricorre quest’anno dare una testimonianza documentale ed iconografica d di questa attività, ponendo a base i relativi atti o ricostruendo fin dove possibile in carenza di documentazione dovuta ai periodi difficili e tormentati.
I limiti di tempo sono individuati nell’arco dei trentuno congressi tenuti dal 1923 ad oggi, mentre i limiti di spazio sono le sedi ove si sono svolti. La ricerca, come per gli altri volumi per il centenario, è in itinere ed è prevista la possibilità di edizioni ulteriore di questo volume, qualora nel corso di essa emergessero materiali e documenti tali da giustificare la pubblicazione.
mercoledì 23 agosto 2023
Russia 1942 -1943. Diario del Generale Vices Vinci II Parte
APPROFONDIMENTI
FRA
DON E DONETZ
Sono
buon testimone che tutto quanto detto in questo capitolo dal Col. Carloni è
rigorosamente esatto e frutto di un puntuale diario degli avvenimenti. Ho
potuto incontrarlo (pur non sapendo assolutamente nulla della situazione
generale) degli ordini ricevuti, dai combattimenti effettuati e dallo
svolgimento dei movimenti fatti. Devo tuttavia evidenziare alcuni episodi che
mi sembrano importanti.
Il
giorno 19, per ordini ricevuti nella notte, il VI° Btg. doveva attaccare
insieme ad altri reparti del 6° i russi che ci fronteggiavano nella valle del
Tichaja, ma come era successo il giorno precedente, questi riprendevano
contemporaneamente la loro offensiva. Fu uno scontro frontale durissimo durato
alcune ore, sopportato con accanimento da una parte e dall'altra con esito
alterno, del tutto episodico, in cui ogni reparto anche minore, combatteva per
conto proprio in una specie di orgogliosa esaltazione.
La
3a Cp., sulle alture a S. dello schieramento, non cedette di un
passo neppure quando fu attaccata da nuove forze fresche. Disperatamente
mantenne le sue posizioni per tutta la mattina.
Nel
primo pomeriggio venne l'ordine di ripiegamento su Melowatij. Mentre lo
eseguivamo vedemmo avanzare e prendere lentamente posizione un reparto tedesco
(seppi poi trattarsi di veterani
ferrovieri ) che eseguì la più bella esercitazione a fuoco cui abbia mai assistito, bloccando il nemico che
ricominciava ad avanzare, avendo osservato il nostro ripiegamento.
Rapidamente
prendemmo posizione alle prime isbe dell'abitato, finalmente riuniti VI° e XIX°
Btg. ma piuttosto frammischiati e soprattutto sfiniti dalla stanchezza.
Ci
fu di grande conforto in quella occasione una straordinaria distribuzione di
viveri, caffè, zucchero, scatolette, forme intere di formaggio, cognac ed altro
proveniente da un magazzino viveri italiano abbandonato. Eravamo stanchi,
gelati ed affamati dopo tre giorni di continui combattimenti per cui tutta
quella abbondanza fu un vero festino e, malgrado il pericolo che sentivamo
incombente, ci sentimmo molto più sereni. Ma il riposo non fu lungo
specialmente per noi ufficiali: frammentarie notizie avute dal Com.te di Btg.
Cap. Grotti, ci indicavano una situazione allarmante determinata dallo
sfondamento da parte di reparti corazzati russi, sulla sinistra dello
schieramento italiano, con conseguente minaccia di un accerchiamento di tutti i
reparti raggruppati a Melowatij. Quando a tarda sera venne l'ordine di
ripiegamento provammo un vero senso di sollievo e ci apprestammo a raggiungere
gli automezzi che dovevano trasportarci al sicuro. Che tragica sorpresa
constatare che questi erano ormai andati via!
Iniziammo
quindi nella notte il ripiegamento a piedi, in uno stato d'animo per la prima
volta depresso ma seppur silenziosi, sempre molto determinati. Percorremmo così
ben venticinque chilometri (non sapevamo fossero tanti), senza soste né
dispersioni od allungamenti. Quasi all'alba del 20 raggiungemmo il Btg. delle
SS che stava procedendo ai rifornimenti dei mezzi, un Btg. mitraglieri ancora
efficiente seppur decimato ed il gruppo di artiglieria che era con noi a
Melowatij con tutti i suoi autocarri.
Dopo
qualche ora venne l'ordine di salire sui camion e riprendemmo il movimento in
autocolonna. Il Cap. Grotti che riusciva ad avere qualche contatto diretto con
Carloni e che si appoggiava ora di preferenza alla mia Cp., mi disse che
dovevamo raggiungere e presidiare Werchne Makejewka. Avevamo appena eseguito il
movimento ed occupato il paese quando già all'imbrunire ci venne l'ordine di
risalire sugli automezzi. Eravamo abbrutiti dal freddo e dalla stanchezza e più
che salire ci buttammo sui camion.
Raggiungemmo
Ossipowa verso le 23 e per la prima volta avemmo chiara la tragica situazione
generale che avevamo ritenuto sino allora ancora sotto controllo.
Vi
trovammo infatti centinaia di soldati della Pasubio, della Sforzesca della
Celere e della Torino quasi tutti disarmati ed ormai completamente abulici. Fu
proprio in questo momento che maggiormente rifulse la saldezza morale dei Quadri e di tutti i
Bersaglieri del 6° che mai avevano conosciuto la sconfitta e che invece di abbandonarsi
come gli altri reagirono con orgogliosa determinazione, mantenendosi compatti e
decisi a resistere a tutti i costi. Così ci trovò il Col. Carloni di ritorno
dal Comando della Sforzesca e credo che gli fu di conforto i1 nostro
atteggiamento risoluto nel darci gli
ordini per la costituzione del caposaldo che doveva assicurare il ripiegamento
di quella massa di inermi più che impaurita, abulica e ormai rassegnata alla
resa. La
mattina del 21 eravamo ormai
organizzati a difesa. Uno strano caposaldo costituito oltre che da noi del 16°
Rgt. anche da truppe Romene,
caratteristiche per i loro alti cappucci di capretto nero (specie di colbacchi)
molto disciplinati e tranquilli e dal 121° gruppo di Art. con tutti i pezzi in
linea in funzione anticarro. Pian piano vedemmo evacuare i1 paese, passare
reparti e comandi, parte a piedi parte su automezzi ed incamminarsi sulla pista
di Makejewka sotto la nostra protezione.
Fummo importunati durante la
giornata solo da alcune pattuglie russe che respingemmo facilmente. Sebbene
sempre all'erta, potemmo così usufruire della giornata e della notte sul 22 di
relativo riposo che rinfrancò almeno il corpo. Molto meno lo spirito perché
alcune pattuglie, inviate alla ricerca di altri reparti della Sforzesca e del
nostro XIII° Btg. B., ritornarono con forti perdite e con la convinzione che
questi reparti fossero ormai stati incapsulati dal nemico quindi distrutti o
fatti prigionieri.
Nella
mattinata del 22 i russi ripresero ad attaccare con reparti sempre più
consistenti ma furono ricacciati con forti perdite di uomini e mezzi per cui
alfine desistettero incerti sul da farsi. Poco dopo le 12, il Cap. Grotti ci
informò che avevamo esaurito il nostro compito di protezione e ci diede ordini
dettagliati per il ripiegamento.
Furono approntati dapprima i mezzi a
tergo del caposaldo sulla pista di Makejewka a piccoli gruppi per diluire i
rumori, successivamente in gran silenzio, presero su di essi posto i vari
reparti. Partimmo nella notte con gran fragore tutti compatti, artiglieri in
testa ed in coda per far fronte ad eventuali attacchi di corazzati, al centro i
motorizzati e ai lati i motocarrelli con mitragliatrici e fucili mitragliatori.
Superammo senza incidenti il bivio per Kijewskoje occupata dai russi, che
impressionati dal fragore e della massa di mezzi che piombavano loro addosso si
erano ritirati precipitosamente proseguimrno per quella località che
raggiungemmo alle prime luci del 23, sotto una bufera di neve. Vi trovammo
tutta la colonna di appiedati, di cui avevamo protetta la ritirata resa ancora
più pesante dai resti di due reggimenti della Sforzesca che miracolosamente
erano riusciti a sottrarsi al nemico. Vi trovammo inoltre il Btg. SS tedesco e
i reparti romeni che avevano ormai approntato l'organizzazione difensiva. La
colonna Carloni come fu anche chiamata perchè costituita oltre che dai due Btg.
del 6° bersaglieri anche dal 120° Gruppo di Art., dopo aver trascorso la
giornata in riposo, sostituì nella notte sul 24 il Btg. SS, chiamato ad altri
compiti, nella difesa di Kijewskoje.
Non
saprei proprio descrivere il caos regnante nel paese. Vi stazionavano Comandi
di grandi Unità e Comandi di Rgt. che per tutta la giornata cercarono di
raggruppare i loro reparti e riorganizzarli essendo tutti frammisti e resi
indolenti per la stanchezza fisica e poco propensi ad abbandonare il posto che
avevano faticosamente trovato nelle isbe. Li vedemmo partire all'alba del 25
sulle tracce del Btg. SS, lunga, triste colonna appiedate e ci si stringeva il
cuore pensando al loro possibile destino che poteva diventare anche il nostro.
Eravamo tuttavia fieri aggrappati alle nostre armi decisi a difendere la loro e
la nostra ritirata, noi soli bersaglieri ed artiglieri, ormai riuniti in una
fratellanza che ben si può dire di sangue.
Dopo
molte ore interminabili di tensione in attesa dell'attacco del nemico di cui
intravedevamo le pattuglie avanzate, rompemmo il contatto senza incidenti ed in
serata raggiungemmo le truppe che ci avevano preceduto. Schierati in difesa
piazzammo le armi proteggendole con stracci e teli da tenda e ci apprestammo a
trascorrere la notte all'addiaccio sulla neve con un freddo intensissimo.
Quella fu per tutti la lotte più tremenda passata in Russia; combattevamo
contro il gelo, contro la stanchezza, contro la fame che cominciavamo ad
avvertire, nè valsero un gran che ad alleviare questi mali qualche
distribuzione di caffè caldo, giunta non sapevamo da quale parte. Il timore di addormentarci e
quindi cedere al congelamento degli arti o peggio ancora di finire assiderati
ci costrinse a battere continuamente i piedi, battere le braccia e strofinarci
orecchi e naso. Ci confortò non poco la presenza del Col. Carloni che più di
una volta aggirandosi nel buio profondo, quasi a condividere la nostra
sofferenza, ci rivolgeva parole di elogio.
Ce
lo vedemmo arrivare ombra sulla neve mentre sotto il misero riparo costituito
da pochi teli da tenda sostenuti dalle nostre teste e seduti su due cassette di
munizioni il Cap. Grotti, il s.Ten. Ebenstain ed io si parlava delle nostre
famiglie, come di cose molte lontane, ...con un certo distacco. Ci diede
coraggio con la sua presenza o ne ricevette? Forse entrambe le cose!
Mi
ordinò di presentarmi a lui la mattina successiva, cosa che feci puntualmente,
ed in quella occasione assieme ad un caffè ed un pezzetto di cioccolata, per la
prima volta mi ragguagliò sulla situazione generale e mi diede le disposizioni
per la giornata. La 3a Cp. doveva procedere in testa alla Colonna
Carloni preceduta dalla ricognizione a distanza della cavalleria romena; in
direzione di Krasnoiarewka.
Detta
località doveva essere raggiunta prima di notte! Fu un sollievo per tutti
rimetterci in movimento e giungemmo in vista del paese solo disturbati da una
bufera di neve. Krasnoiarewka era occupata dai Russi. Ce ne diede notizia la
cavalleria Romena comunicandoci inoltre la presenza di blindati o corazzati
nemici.
Eravamo
oramai al crepuscolo e Carloni mi diede l'ordine di attaccare rinforzando la 3a
Cp. con tre cannoni da 47/32.
Abbandonati
gli autocarri, avanzammo verso il paese con i due plotoni in linea (tali erano
dopo le perdite subite) con alle ali ed al centro i cannoni anticarro.
Procedemmo
spediti fiu quasi a 600 m. dall'obbiettivo ma a questo punto fummo investiti da
un improvviso quanto intenso fuoco di armi automatiche. Continuammo allora ad
avanzare a sbalzi di plotone sotto un fuoco pirotecnico di traccianti, che in
altri momenti sarebbe stato anche bello da
vedere, percorrendo altri 400 m.. Fu allora che fui raggiunto da un
reparto, poco consistente, comandato dallo stesso Carloni che mi urlò nel
fragore delle armi "Attacchiamo, Attacchiamo Vices".
Alla
disperata, gridando come ossessi Savoia, ci buttammo sulle prime isbe
sbaragliando bombe a mano i1 nemico che si diede precipitosamente alla fuga.
L'occupazione del paese da parte della colonna fu immediata e senza perdere un solo attimo furono piazzate le armi automatiche ed i
cannoni anticarro nostri e Romeni a tutti gli accessi al paese per respingere
eventuali contrattacchi. Svuotata di forze la 3a Cp. rimase a
disposizione del Comandante. Non fu impiegata durante la notte e potè riposare
in qualche maniera anche se nella notte vi furono attacchi Russi cannonate,
incendi e l'invasione caotica dei reparti appiedati che si buttarono nelle
case, completamente sfiniti, del tutto abulici, indifferenti a tutto quanto
poteva succedere. Il giorno 28 passò tranquillo per i difensori, ma non per i
comandi.
Dal
Cap. Grotti seppi che c'era stata tempestosa
seduta in cui era stata prospettata molto seriamente la possibilità della resa.
Era
stato decisivo l'intervento di Carloni che aveva nettamente rifiutato questa
eventualità disponendo ancora il caposaldo di reparti la cui capacità operativa
e combattiva era ancora a tutta prova.
Fu
quindi concordato di tentare il ripiegamento e di salvare migliaia di uomini.
Fummo quindi approntati ed in piena notte si formò la colonna appiedata ma
combattente che si avviò lentamente sulla pista di Makejewka sfilando, lunga
striscia nera, silenziosa, rassegnata, per alcune ore.
Sul
finire della notte il caposaldo fu attaccato in forze ma il 6° Rgt. B. con il
solito gruppo di Artiglieria ed i mitraglieri respinsero decisamente l'attacco.
Ma era solo una pausa! Vedemmo arrivare una trentina di carri armati russi
accompagnati da fanteria che tentano di tagliare la via della ritirata.
Temevamo di essere alla fine, ma la nostra. Artiglieria, meravigliosa
Artiglieria, aprì un fuoco violentissimo e preciso sulla fanteria nemica che fu costretta ad
arrestarsi. Contemporaneamente il Btg. SS, che ci fu sempre vicino,
contrattaccava spregiudicatamente con quattro carri Tigre e quattro semoventi
da 88.
Il combattimento si esaurì in breve
tempo perché i carri russi, subite pesanti perdite si ritirarono rapidamente
dalla loro fanteria.
Subito
dopo vedemmo partire altre truppe tedesche ed ancora una volta la Colonna
Carloni rimase sola a proteggere la ritirata.
Eravamo
tesi come corde di violino mentre attendevamo l'ordine di evacuare anche noi il
paese. Fui chiamato dal Col. Carloni che mi diede ordine di proteggere con la
mia 3a Cp. il ripiegamento della Colonna tenendo il paese sino a
quando tutti i nostri reparti non fossero scomparsi dalla vista sulla pista
di Makejewka.
Non
ci fu tempo per altre parole perchè il combattimento si era acceso tra le case
del paese e dovetti raggiungere subito il mio reparto.
Seguì
un pandemonio di cannonate di cui non riuscivo a rendermi ragione impegnato
com'ero nel combattimento tra le case. (Seppi dopo che la colonna era stata
attaccata dai T. 34)
Poi
sentii la colonna mettersi in marcia. Eravamo rimasti solamente due Ufficiali
(era con me il coraggiosissimo S.Ten. Rosa Agostino di Roma) ed una quarantina
di bersaglieri armati solo di mitra, moschetti 91 e qualche fucile
mitragliatore. Ritirandoci casa per casa ritardavamo il più possibile i Russi sempre
più aggressivi fin quando fummo sul margine dell’abitato dove operammo l'ultima
disperata resistenza.
Vedemmo
ormai lontani i camion della Colonna e ritenni che il nostro compito fosse
stato assolto. Secondo gli accordi che avevo preso col S.Ten. Rosa scaricammo
contemporaneamente sul nemico tutte le nostre armi arrestandolo interdetto per
qualche minuto. Il tempo appena sufficiente per arrembare i due camion che ci
attendevano in moto già sulla pista!.
Il
fuoco concentrato, rabbioso che ci investì non ebbe per fortuna nessun esito e
potemmo raggiungere sul tardi la Colonna ed il resto delle truppe. Durante la
notte sul 29 riprendemmo il movimento e questa volta il 6° Bers. passò
all'avanguardia, ma eravamo tutti assai sollevati perchè circolava notizia che
stavamo per entrare nell'organizzazione difensiva Tedesca. Quando però fummo a
pochi chilometri dalla meta, la Colonna fece una sosta che da prima credemmo
del tutto normale.
Di
lì a poco ci vedemmo sorvolati da un piccolo aeroplano Tedesco che dopo alcuni
giri sulla nostra testa ci lanciò un messaggio. Seppi dopo trattarsi della
comunicazione che il paese era occupato dai Russi e ci indicava una direzione
nuova di marcia. Il carburante scarseggiava per cui fu necessario abbandonare
alcuni automezzi per recuperarlo dai loro serbatoi, ma nessuno può immaginare
quanta fatica costò a noi Ufficiali far scendere gli uomini per trasbordarli su
altri già occupati.
Basti
dire che io ed il s.Ten. Ebenstain fummo costretti, essendo gli unici rimasti a
terra a farci accogliere, armi alla mano, sul cassone di un furgoncino che
sotto scorta di due carabinieri trasportava la cassaforte di non so quale
divisione.
Il
movimento non fu del tutto tranquillo perché eravamo punzecchiati la tutte le
parti da pattuglie motocorazzate nemiche che però furono regolarmente respinte.
Verso le dodici ci riunimmo al Comando del XXIX Corpo d'Armata con il quale
sostammo qualche ora. Ricevemmo in questo lasso di tempo, per via aerea, un
esiguo rifornimento di carburante. Fu tuttavia di grande aiuto per il morale di
tutti perché ci sentimmo sostenuti e guidati da una organizzazione. Poco dopo
riprendemmo il movimento. I restanti 15 Km. furono tormentatissimi. Una puntata
di carri armati Russi subito contrastata dall'artiglieria (non so di quale
reparto) separò gli ultimi automezzi della colonna tra i quali era anche il
mio.
Essendo
la pista occupata dai mezzi dell'artiglieria che si opponeva con successo alla
puntata russa, fui costretto ad abbandonare il furgoncino.
Coadiuvato
dal S.Ten. Ebcnstain raccolsi i bersaglieri che con noi erano stati tagliati
fuori ed insieme ci lanciammo in aperta steppa con la neve fresca che ci
giungeva quasi al ginocchio indirizzandoci nella direzione in cui avevamo visto
scomparire gli ultimi autocarri. Fu uno sforzo tremendo che però fu ben
ricompensato perché dopo un chilometro
circa riuscimmo a recuperare la pista sulla quale proseguimmo un pò più
tranquilli. Lungo i restanti 6-7 Km. trovammo altri autocarri abbandonati per
mancanza di carburante ma per fortuna non fummo più disturbati sino a Skassirskaja occupata saldamente dai
tedeschi, dove giungemmo sull'imbrunire. Eravamo veramente sfiniti ma felici
perchè capivamo che oramai eravamo al sicuro.
I
due giorni che seguirono furono di completo relax fisico e morale. Dopo 15
giorni di combattimenti continui, di notti insonni , di fame, di gelo e di
angoscia, riuscimmo per la prima volta a toglierci di dosso gli abiti
brulicanti di insetti, a lavarci ed a consumare un rancio caldo. Il 1° gennaio
del '43, dopo aver riordinato i reparti, iniziammo la marcia di 50 Km. a piedi,
(lo eravamo ormai quasi tutti - per
mancanza di mezzi) che smorzò molto del nostro entusiasmo. Solo allora
comprendemmo la tragedia di quei poveri fanti che avevano salvato dalla morte o
dalla prigionia, ma che si erano
trascinati nella neve per giorni e notti, completamente ignari di quanto
succedeva, terrorizzati dai continui attacchi russi che avvertivano avanti,
dietro e sui fianchi della colonna. Con sollievo arrivammo a Kamenkaja dove il
giorno 3 fummo imbarcati su dei pianali scoperti ed avviati a Rikowo .
Reggemmo
a questo nuovo supplizio solo poche ore! Sdraiati su dei pianali, uno
sull'altro, riparati da poche coperte e da qualche telo da tenda, sentivamo la
morte implorante si di noi. Il treno si fermò finalmente ad una stazioncina e
senza che nessuno desse un ordine ci buttammo a terra occupando la stazione e
due o tre casette intorno. Ma non tutti!, alcuni nostri cari commilitoni
giaquero su quei maledetti pianali stecchiti, senza vita a pochi chilometri
dalla salvezza.
La
mattina del giorno successivo prendemmo d'assalto un treno ed in carri
bestiame, molto depressi, giungemmo a Rikowo e di qui spediti a Korsuni.
Vi
sostammo quasi tutto il mese di gennaio recuperando le forze, ricomponendo
organicamente i reparti smembrati che furono anche ben dotati di armi. Tuttavia
anche se moralmente molto su di tono, per l'impresa compiuta e per la notizia
di un prossimo rientro in Italia,
c'era nell'aria come un
presentimento che tutto non era ancora finito..
.
martedì 22 agosto 2023
Massimo Coltrinari Geopolitica. L'Inizio di un percorso
La geopolitica nella sua più ampia accezione “è la scienza che studia l’interazione tra l’ambiente fisico dell’essere umano e e le sue forme di vita politica”. Questa celebre definizione di Albrecht Haushofer è il punto di partenza di ogni percorso che si vuole intraprendete per comprendere e studiare la geopolitica. Una scienza più che difficile, estremamente pericolosa, come gli eventi della prima metà del novecento stanno a dimostrare. Basti guardare la scena del film di Charles Chaplin “il Grande Dittatore” in cui Hitler danza usando il mappamondo come palla. E tutti sappiamo come è andata finire. Ma era una scena realistica, ovvero una realistica rappresentazione di uno che gioca con il mondo. E questo suo giocare era sull’onda delle teorie di Haushofer padre, il quasi inventore della geopolitica moderna. Niente è più realistico in questa scienza come la cosiddetta “neolingua” inventata da George Orwell del Grande Fratello (1984) che formula apparentemente dei slogan senza alcun significato, un senza senso appunto, un bispensiero come “La guerra è pace”; “La Liberta è schiavitù” “L’Ignoranza à forza”. Questi slogan appaiono a prima vista, appunto, senza senso, assurdi. Ma percorrendo i sentieri della geopolitica ci si accorge che termini come “autodeterminazione”, “sovranità”, “amicizia”, “pace”, “democrazia”, “libertà” “prosperità”, “protezione” e via narrando possono e spesso assumono l’esatto contrario. Lusano, uno dei più accreditati studiosi di geopolitica, asserisce che quando politici e militari compaiono sulla scena del mondo con mappe geografiche sotto il braccio è vivamente sconsigliabile distrarsi. E su questo percorso che ci intende incamminare. (MC)
lunedì 21 agosto 2023
Antonio Vigliano. Considerazioni
APPROFONDIMENTI
HUMINT
“Ci
vogliono il tuo nemico
e il tuo amico
insieme per colpirti al cuore: il primo per calunniarti, il secondo per venirtelo a dire.”
Arrivati a questo punto, si può affermare che anche
se non c'è disconnessione tra una persona reale e "virtuale", vi è
sempre la necessità di contatto interpersonale soprattutto nelle fasi di
verifica e valutazione della fonte da parte del tecnico Humint. Una buona parte
di qualsiasi comunicazione umana avviene attraverso mezzi non verbali e il
gioco dell’attività di Human Intelligence è di comprendere la comunicazione non
detta attraverso l'umore e il linguaggio del corpo. Si può comunemente ritenere
erroneo che gli ufficiali di intelligence di successo siano altamente
manipolatori, in realtà non bisogna sottovalutare le capacità di buon ascolto
ed empatia. Questo è il motivo per cui i Case Officer o Handler più talentuosi
hanno un alto grado di intelligenza emotiva, essa comprende la capacità di “tenere
a freno un impulso, di leggere i sentimenti più intimi di un’altra persona”[1]. Un tocco sul braccio o uno sguardo rassicurante e
assertivo, un atto di cordialità calmante, un dono premuroso al momento giusto
o parole d’incoraggiamento, sono tutti elementi necessari per gestire una fonte
umana. Essi mostrano la loro massima espressione in termini di efficacia quando
la relazione, basata soprattutto sulla fiducia, si svolge “face-to-face”.
Qualunque agente avrà bisogno di conoscere bene chi
ha di fronte, e questo può essere fatto anche sfruttando mezzi digitali come le
piattaforme dei social media. Il rischio di incorrere in informazione false o
tendenziose è un rischio nel quale ogni operatore può incorrere. Ogni operatore
svolge le proprie funzioni grazie alle sue peculiarità e abilità acquisite con
l’addestramento e affinate dall’esperienza. Più c’è addestramento e aggiornamento
costante, più si riducono i rischi.
Questo
lavoro è dedicato a tutte le figlie, i figli, le mogli e i mariti degli
operatori e le operatrici di Intelligence in servizio, in pensione e deceduti,
poiché essi al di fuori del mondo virtuale hanno dedicato, dedicano e
dedicheranno senza sosta il loro tempo per proteggerci e tutelarci.
[1] D. Goleman Lavorare con intelligenza emotiva
Come inventare un nuovo rapporto
con il lavoro, Rizzoli Libri,
2011.
domenica 20 agosto 2023
Progetto Centenario dell'Istituto del Nastro Azzurro
NOTIZIE CESVAM
3) Ettore Viola, uno dei fondatori dell’Istituto del Nastro Azzurro
Autori: Carlo Maria Magnani, Massimo Coltrinari, Giancarlo Ramaccia
Premessa: Ettore Viola può essere annoverato tra i fondatori, forse il principale fondatore dell’Istituto del Nastro Azzurro. La sua partecipazione alla Grande Guerra fu degna di nota tanto che la sua Medaglia d’Oro ha avuto, forse, una delle più belle, a detta di molti, motivazione per la concessione. Questo volume vuole ricordarlo riportando i suoi scritti sulla Grande guerra e sulle sue vicissitudini politiche in contrasto con Benito Mussolini. Inoltre il testo integrale di guida al Fondo “Ettore Viola” alla Biblioteca-Archivio del Parlamento Italiano. Tutto con una premessa di introduzione che delinea il personaggio e il decorato. I limiti di spazio del volume sono ovviamente collegati alla vita di Viola, quindi l’Italia ed il Sud America, dove fu costretto ad emigrare, in quanto perseguitato dall’OVRA come oppositore al fascismo. I Limiti di tempo sono compresi non solo nell’arco della sua vita ma anche negli anni in cui il suo retaggio vivificò e vivifica l’attività dell’Istituto del Nastro Azzurro.
sabato 19 agosto 2023
Russia 1942-1943. Diario del generale Salvatore Vices Vinci I Parte
APPROFONDIMENTI
La
sera del 16 dicembre 1942 sì ebbero le prime avvisaglie dell’offensiva russa
che avrebbe coinvolto il fronte del 6° Bersaglieri schierato sul Don, alla
confluenza del Tichaja con il Don.
Avevamo
occupato le posizioni che ci erano state assegnate con ben poco entusiasmo
perché tutti si aspettavano (era notizia diffusa di radio Gavetta) un prossimo
avvicendamento delle truppe che avevano sostenuto le durezza dell'inverno del
41-42 e tutta la durissima ininterrotta campagna estiva. I bersaglieri del 6°
Rgt. erano tuttavia tranquilli, in particolare i veterani che avevano già
provato la situazione di una guerra difensiva nel gelido ambiente invernale
russo. Ci schierammo dunque il 25-26 Novembre con il VI Btg. a sud ad occupare
la Valle del Tichaja ed il XIII a destra su piccole alture dominanti il Don. Il
XIX Btg. era in riserva presso il comando del 6° Rgt.
Le
posizioni occupate dal VI Btg. erano certamente le più infelici perché
correvano lungo 6-7 km, sul margine destro del Don, in zona per gran parte
fittamente boschiva, che impediva non solo il collegamento a vista tra le
compagnie ma anche fra le varie postazioni. Personalmente, Lasciando da parte
il comando della IV
Cp. AA. assunsi quello della 131
Cp. in sostituzione del Com.te rientrato in patria. Non era difficile rendersi
conto della precarietà della situazione: le squadre erano isolate una
dall'altra e mancava quasi del tutto la sovrapposizione dei fuochi per cui le
infiltrazioni delle pattuglie nemiche erano facili, specialmente di notte,
tant'è che furono frequenti e ci costarono anche la perdita di qualche uomo
fatto prigioniero. Per le armi, per quanto ora riconosca inadeguate, (almeno a
livello arti. e specialmente carri armati) non detti eccessivo peso; erano
quelle cui eravamo abituati e con le quali combattevamo con successo già da un
anno. Nei bersaglieri non ravvisavo nessun segno di timore anche se gli
anziani, che facevano un po' i bulli, nei confronti dei complementi recentemente
giunti dall'Italia, cominciavano a domandarsi quando saremmo finalmente
rimpatriati. Erano comunque fortemente alla mano degli ufficiali e
sottufficiali con i quali mugugnavano non poco, ma per i quali nutrivano
affetto e fiducia incondizionata. Per loro non rappresentavo un'incognita; mi
conoscevano tutti per aver comandato, dall'inizio delle operazioni, la 1a
e la 4a Cp. e avendo avuto, specialmente in quest'ultimo incarico,
l'occasione di frequentare le Cp. fucilieri ispezionando i miei pl. distaccati
a questi reparti. Non c'era da lamentarsi eccessivamente neppure
nell’equipaggiamento certamente migliorato rispetto all'inverno precedente ma
certo deficitario per quanto riguarda scarpe e calze. Su questo punto, per
amore di verità, devo dire che i pareri postumi sono esageratamente
generalizzati un po' per autocommiserazione per quelli che furono i tragici
avvenimenti successivi ed anche per mancanza di possibilità di comparazione dei
freschi complementi giunti dall'Italia a contatto con una realtà ambientale di
per se stessa tra le più difficili, aggravata da una situazione bellica che
mise le truppe sulla steppa innevata, gelida e sterminata in condizioni
tragiche per la sopravvivenza, anche senza l’attacco continuo dei russi.
Ma
torniamo alla sera del 16 Dicembre 1942. Tutti erano tappati nei fumosi ma
caldi bunker, quando le scolte avvertirono i loro ufficiali che si udiva in
lontananza un rumore insolito di motori. Fummo subito fuori e li sentimmo
sempre più distinti. Più sorpreso che preoccupato avvertii il Com.te del VI
Btg. Cap. Riccardo Grotti e da quel momento i telefoni da campo (unico
collegamento dei reparti in linea) ebbero una frenetica attività. Noi Com.ti di
Cp. del VI Btg. del tutto ignari di quanto succedeva sul resto del fronte eravamo
seriamente preoccupati rendendoci conto che un attacco nemico, anche se locale
ed episodico, non poteva che essere sferrato sul fronte del n/s Btg. Questo
perché sia il XIII Btg. del 6° che il 131 Btg. rispettivamente a D. e S. del
nostro schieramento erano sistemati a
difesa su dei pianori quasi a picco, almeno 50 m. sul Don con ottimi campi di
vista e di tiro. Quanto abbiamo invidiato noi del 6° quelle posizioni che
permettevano tranquillità e sicurezza durante la guerra di posizione che
prevedevamo avremmo dovuto sopportare
sino a primavera! Non sapevamo del trabocchetto che riservavano ai
nostri ignari fratelli! ·
Per
tutta la notte ascoltammo quei motori e la nostra ansia aumentava perché
capivamo che non era un semplice avvicendamento di truppe ma la preparazione di
un vero attacco in forza. Accorsero in linea il Com.te del VI Btg. Cap.
Riccardo Grotti, tranquillo come sempre, ed il Com.te del Rgt. Col. Carloni,
imperscrutabile nel suo volto grifagno e mi parvero rassicurati
dall’atteggiamento calmo degli uomini che provavano il funzionamento delle armi tenendole lubrificate e calde per
l'uso, con le cassette di munizioni già in sito. Noi per parte nostra ci
sentimmo rincuorati sentendoci meno soli nel buio ed attendemmo lo sviluppo
degli eventi.
Verso
le quattro ci sentimmo di fronte, di là dei 100 metri del Don, rumorosi,
sicuri…! Attaccarono all'alba alla maniera russa, imponente massa di uomini
coperta dal tiro dei mortai e da un fuoco infernale di mitra. Corsi al telefono
e annunciai al Com.te di Btg. l'avanzare del nemico chiedendo
contemporaneamente l'intervento dell'artiglieria e dei mortai sul letto
ghiacciato del Don. Tornato in linea mi accorsi che la situazione era
disperata. Malgrado la nostra furiosa reazione di fuoco che mieteva decine e
decine di vittime i russi avanzavano rimpiazzando i caduti imperterriti con
sempre nuovi soldati tanto che ci sembravano infiniti. Ad un certo punto fu un
pandemonio! Tuonarono i cannoni ed i mortai nostri, loro, su tutta la valle del
Tichaja coprendo ogni cosa di fumo e di fiamme e di quell’acre eccitante odore
di polvere da sparo che combattenti ben conoscono.
Compresi
che la resistenza era impossibile e di nuovo mi precipitai nel bunker per
comunicare al Com.te di Battaglione che eravamo costretti a ritirarci e chiesi
il fuoco di repressione dell'artiglieria. in quella fui raggiunto da un
bersagliere che dall'alto dell'ingresso mi urlò: ”I russi ...i russi.” Chiamai
al telefono i miei com.ti di plotone e ordinai concitatamente di ripiegare
combattendo sulle alture alle nostre spalle. Mi precipitai fuori del bunker
com’ero, senza cappotto e fui subito investito dal fuoco nemico ormai giunto al
margine del bosco. Disperatamente dispersi come eravamo ingaggiammo un
combattimento episodico tra gli alberi riuscendo a frenare i russi insicuri
sulle nostre forze e infine per gruppi cercammo di guadagnare le alture
retrostanti dove sapevamo essere approntate delle nuove strutture difensive
(tronconi di trincea all'aperto). Le raggiungemmo alfine verso le nove ed
ancora sfiniti piazzammo le armi, un po' alla rinfusa, senza contarci,
preoccupati solo di prepararci alla difesa della nuova posizione che ci parve
quasi sicura così dominante tutta la pianura. Fummo rincuorati vedendo sulla
nostra destra venire avanti nella valle del Tichaja e contrattaccare, il XIX
Btg. bersaglieri del 6° che sapevo in riserva, mentre noi avevamo arrestato
l'attacco sulla nostra fronte. Pensai che sarebbero riusciti a cacciare il
nemico al di là del Don, ma il loro impeto, dapprima travolgente, si esaurì di
fronte a una nuova ondata di forza di un secondo scaglione. Furono arrestati e
poi costretti lentamente a retrocedere. La 131 Cp. nel frattempo era seriamente
impegnata, certo nell'intento di scardinare la spalla difensiva S dello
schieramento ma riuscimmo ad arginare l'attacco sin quasi alle 12 quando
improvvisamente sulle nostre posizioni ebbe inizio l'aggiustamento dei mortai e
dell'artiglieria nemica e successivamente un concentramento combinato di fuoco
di queste armi che rese impossibile il mantenimento della posizione. Ci
ritirammo quindi di qualche centinaia di metri, sganciando per prime le Breda,
con sufficiente ordine. A questo punto ci raggiunse, spuntando non so da dove,
un Col. dei Bersaglieri (seppi dopo trattarsi del Col. Longo) che mi ordinò di
resistere in posto per dargli il tempo di schierare i suoi reparti a protezione
del fianco D. del 3° Bersaglieri e poi di ripiegare sul comando del 6°
Bersaglieri. Assolto l'incarico mentre con la Cp. cercavo di riprendere contatto
con il Com.te del VI° o del Rgt. (ero assolutamente privo di collegamenti non
avendo a livello di Cp. nessun tipo di radio) accadde un episodio che mi lasciò
sbalordito. Vidi arrivare sulla strada per Warwarin l'inconfondibile auto del
Col. Carloni e immediatamente un crepitare di armi automatiche. Il seguito fu
quasi irreale vidi fermarsi l'auto e discendere il Com.te con due bersaglieri e
con una spregiudicatezza incredibile, in piedi aprire il fuoco sul nemico.
Credo non seppe mai che a tirarlo fuori d'impaccio fu non solo il suo coraggio
ma anche l'intervento del fuoco del plotone della 3° Cp. col quale mi trovavo
in quel momento a non più di 80 metri sulla sua destra. Vistolo ripartire con
tutta calma, ripresi il ripiegamento e raggiunsi alla fine il Com.te del VI°
Battaglione. Eravamo esausti per una notte insonne e per il continuo combattere
della giornata per cui ci raccontammo solo in breve le reciproche vicende: ma
non eravamo avviliti perché avevamo bravamente tenuto testa al nemico molto superiore
in forze e confidavamo che le riserve divisionali avrebbero ricacciato il
giorno successivo i russi al di là del Don.
Il Cap. Grotti ci diede questa
notizia dicendoci che avremmo combattuto secondo scaglione e quindi di
riordinare i reparti e approntarli per l'alba successiva. Nessuna notizia sulla
situazione generale. All'alba del 18 eravamo già pronti, ma anziché vedere
arrivare i rinforzi ci giunse l'ordine di attaccare. Successe allora un fatto
strano! Mentre noi staccavamo in avanti anche russi attaccavano in forze. Fu
una sorpresa reciproca che arrestò entrambi per qualche tempo; poi seguì per
tutta la mattina una serie di attacchi e contrattacchi in campo aperto senza
nessun risultato di rilievo da nessuna parte. Nel primo pomeriggio un più risoluto
attacco russo portò alla conquista di un’altura a Sin. del nostro schieramento.
Il Magg. Fortunato con una rapidità che ha del prodigioso raccolse tutti i
rincalzi compresa la 5°Cp. del VI°, e disperatamente ci scagliammo verso
l'altura riconquistandola di slancio e determinando un notevole arretramento
del nemico. Trascorremmo la notte all'addiaccio addossati uno all'altro per
avere un qualche riparo dal freddo sdraiati sulla neve su pochi teli da tenda e
qualche coperta (avevamo dovuto abbandonare quasi tutto nei bunker sul Don).
Alcune considerazioni su queste
prime giornate di lotta:
Tutti i reparti completamente all'oscuro della situazione generale, avevano
combattuto senza sosta, compatti e completamente alla mano di ufficiali e
sottufficiali senza alcun cedimento morale, anzi in maniera aggressiva,
specialmente se si considerano le condizioni ambientali, arrestando un nemico
assai più consistente in forze. Più che del valore personale sono da esaltare
la saldezza morale collettiva, il senso di cameratismo, la fiducia reciproca a
tutti i livelli. Ancora una volta i bersaglieri avevano dimostrato che il loro
impiego non può essere quello da difesa passiva di posizioni fisse (come sul
Don), ma quello di azioni dinamiche, sia pure in difensiva, molto più
congegnali al loro addestramento, all'esuberanza fisica, e allo spirito di
Corpo di cui sono permeati sin dall'arrivo ai reggimenti.
Per
quanto riguarda le deficienze organiche dei materiali devo dire che quella
veramente grave è stata la mancanza di mezzi di collegamento. In situazioni
così fluttuanti non avere radio a livello compagnia, plotone e tanto meno a
squadra significava non ricevere ordini, non darne e non conoscere la
situazione e posizione di reparti. Buon per il 6° Rgt. che in una situazione
tanto difficile ha avuto la fortuna di avere un Comandante preparatissimo
coraggioso e autoritario, molti ufficiali, rotti per lunga esperienza acquisita
durante cento combattimenti ad ogni sorta di situazione, bersaglieri rocciosi,
poco impressionabili attaccati alla loro arma per profonda convinzione e
soprattutto pienamente fiduciosi nei loro ufficiali che li avevano tante volte
tirati fuori dagli impicci.