post in progress
Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
Cerca nel blog
domenica 30 aprile 2023
sabato 29 aprile 2023
Editoriale 25 aprile. Un altro traguardo raggiunto
EDITORIALE
IL 25 aprile 2023 ha visto la luce il Dizionario minimo della Guerra di Liberazione nella sua versione di 7 volumi. Composto da 3 Compendi, 1943, 1944, 1945, e 3 Glossari, 1943, 1944, 1945 più il volume dedicato ai Percorsi di Ricerca ed agli Indici, in attesa del volume 1, che uscirà a settembre che rifletterà la nostra idea della Guerra di Liberazione, il Dizionario rappresenta il raggiungimento di un traguardo per il CESVAM ovvero l'affermazione che l'Istituto del Nastro Azzurro, come il prof De Leonardis ha sottolineato nell'intervento alla celebrazione della data centenaria a Milano, investe in maniera massiccia sulla cultura, sulla formazione, sulla apertura verso i giovani sulla sostanza che si perpetua nel tempo. Questo rimane, e produce altri frutti. Essere attirati nel vortice "io sono meglio di te", che aleggiava a Milano, significa ritornare indietro, in un contesto che produce solo sterilità, che non solo emargina l'Istituto ma anche allontana i giovani, ma allontana anche tutte quelle persone che sono stanche di questo modo di vivere la vita. Gli esempi che i vari aspetti della vita sociale ci offrono sono abbastanza chiari: tutta una lotta per il potere, tutta una lotta per appagare il proprio "io" tutta una lotta per dimostrare la propria valenza", tutta una lotta per "levati tu che mi ci metto io" che sono il più bravo, il migliore, il genio incompreso, a cui tutti devono incenso, oro e mirra, lasciando da parte l'interesse generale, facendo poco e nulla e sfruttando il lavoro degli altri, "perchè io sono il più furbo di tutti".
Un contesto, per fortuna molto limitato e circoscritto, che conosciamo, che rappresenta ormai la premessa per l'oblio e la cancellazione di quello che c'è, come purtroppo constatiamo per tante organizzazioni, associazioni e aggregazioni che sono state cancellate dalla furbizia e dall "ego" dei propri iscritti ed associati.
Il Dizionario minimo della Guerra di Liberazione si affianca al Dizionario minimo della Grande Guerra, che in totale fanno 22 volumi editi ed il CESVAM non si sogna di fare confronti calcistici. Lo ritiene solo un segno di un portato che da al CESVAM e quindi all'Istituto del Nastro Azzurro un particolare peso specifico nel quadro generale di riferimento, che rappresenta una fonte di aggregazione degna di nota.
Quando Alcide de Gasperi decretò il 22 aprile 1946 la festa del "25 Aprile, giornata della liberazione", aveva nella sua mente un portato di motivazioni che noi ancora oggi condividiamo, che doveva anche fare giustizia di un passato comportamentale non certo esaltante.
Con questo traguardo raggiunto, riteniamo di essere ancora nel solco del pensiero degasperiano, e speriamo di continuare su questa linea, ovvero operare esclusivamente nell'Interesse dell'Istituto del Nastro Azzurro, convinti come siamo che se "una parte si impossessa del tutto, il tutto scompare".
(massimo coltrinari)
venerdì 28 aprile 2023
Copertina 2023
QUADERNI
Anno LXXXIV, Supplemento on line, IV , 2023, n. 86
giovedì 27 aprile 2023
La Storia MIlitare
DIBATTITI
a storia militare è una storia speciale perché suo oggetto sono eventi militari del passato che essa tende a ricostruire nel loro svolgimento e a narrare esprimendo un giudizio.
Essa
è innescata primariamente dagli specifici bisogni di una particolare categoria -
i militari – al pari di altre categorie – diplomatici, economisti, scienziati,
ecc.- ed attuata mediante la selezione dei fatti e l’utilizzazione di
specifiche competenze.
E’
il concetto di relazione, che distingue ma non separa, a consentirci di
superare l’intrinseca contraddizione esistente fra storia militare e storia senza
specificazioni.[1]
Il
concetto fu chiaramente espresso dal Marselli, già titolare della Cattedra di
Storia Militare della Scuola di Guerra dell’Esercito tra il 1880 e il 1890, il
quale affermò che nell’indagine sui fatti militari del passato, che naturalmente
devono essere di una certa consistenza, occorre aggiungere un di più. “questo di più consiste nel porre la storia
militare in relazione alla generale, la milizia alla civiltà….”[2]
Da ciò si può affermare il carattere non primario ma complementare che nella
storiografia militare deve avere l’esposizione degli aspetti non militari della
questione esaminata. In caso diverso si avrebbe la distorsione della sua
fisionomia e l’annullamento della sua autonomia.[3]
Si arriva quindi a dimostrare che la storia militare
non può porre a propria materia soltanto gli eventi bellici. Infatti acquisito
il concetto di svolgimento; dalla conquistata verità che la guerra è la
continuazione della politica, pur se con altri mezzi, anche con tutte le
riserve che possiamo avanzare su questo punto; dalla constatazione che la
politica militare seguita e la preparazione in ogni campo cui un Paese è
assoggettato in tempo cosiddetto di pace sono determinanti per la condotta di
una guerra classica, è evidente che la storia militare non può, come detto,
porre a propria materia soltanto gli eventi bellici, come comunemente si crede
o si vuol credere. Deve propria attenzione anche a quei fatti e a quei
problemi, meno drammatici ma ugualmente importanti che in tempo di pace
interessato e comunque coinvolgono la sfera militare. La storia militare viene
ad assumere la fisionomia di indagine dei vari aspetti di una società in una
determinata epoca, condotti da un punto di vista militare e tutti confluenti in
una prospettiva militare. Essa è solo un modo per scrivere la storia.
Ma
vi sono nel nostro paese problemi vastissimi, quasi insormontabili su questo
specifico argomento (basta vedere quanto è successo in seno alla Società di
Storia Militare a cavallo del 2004 per avere una idea in qual situazione ci si
dibatte) che qui non vi è lo spazio nemmeno per accennare agli aspetti
introduttivi.[4]
[1]
Il concetto è esemplificato quando a proposito della 12ma battaglia
dell’Isonzo, detta di Caporetto, una questione ancora aperta per noi Italiani,
la Relazione Ufficiale Italiana testualmente scrive “Una storia, per essere degna del suo nome e per rispondere ai dettami
scientifici che la qualificano tale non può prescindere nell’esame di Caporetto
da un approfondito studio di tutto il complesso delle condizioni del nostro
Paese dopo due anni e mezzo di guerra. Deve considerare lo stato economico
dell’Italia, penetrarne la situazione sociale; tener conto di tutti i numerosi
fattori di natura politica, con particolare riguardo al campo della politica
interna ed a quello degli sviluppi della politica estera. Deve poter inquadrare
la condotta operativa di guerra in un’epoca, nella sua epoca, intesa
essenzialmente come: costume, carattere, spiritualità, concezioni morali,
mentalità, forza delle tradizioni, preparazione professionale, basi educative,
senso della disciplina, principi dottrinali d’impiego delle truppe e dei mezzi
bellici” Cfr. Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio
Storico, L’Esercito Italiano nella grande
Guerra (1915-1918), Roma, Vol. IV, Tomo 3°, pag. 17.
[2]
Marselli E., La Guerra e la sua storia, Ministero
della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1985.
[3]
Del Marselli è interessante anche i suoi ripetuti interventi in merito a come
deve essere insegnata la Storia Militare negli Istituti militari. Cfr., tra i
tanti interventi, Marselli E., Intorno al
corso di storia generale inaugurato alla Scuola superiore di guerra il 9
gennaio 1968, Relazione. Torino-Firenze, tipografia G. Cassone e comp.
1868.
[4]
L’argomento è di una vastità che supera i limiti di questo lavoro. Per
sintetizzare il problema, citiamo quanto scriveva Piero Pieri nella prefazione
alla prima edizione del suo volume “Il
rinascimento e la crisi militare italiana” Torino, Einaudi, 1952 “La storia militare ha vantato e vanta a
tutt’oggi fra i militari di professione, nomi insigni e lavori di molto pregio;
ma essi si volgono in generale alla storia degli ultimi due secoli o della
prima guerra mondiale, o sono limitati a un campo strettamente tecnico, come
quelli del gen. Rocchi sull’architettura militare italiana e quella del gen. Maggiorotti sopra gli architetti
militari italiani all’estero o nel medio Evo e nel Rinascimento” D’altra parte “in Italia, di fronte a problemi guerreschi in genere ( e fatta
eccezione per la storia militare navale che vanta i nomi del Guglielmotti e del
Manfroni) i non militari hanno sempre oscillato, fino a non pochi anni, tra il
parlare con quella deplorevole leggerezza che è propria degli incompetenti, e
l’arretrare come pervasi da sacro terrore, quasi si trattasse di cosa da
lasciare unicamente a una eletta piccola schiera d’iniziati”. Utile al
ricordo anche dello stesso autore, “La
storia militare. La storiografia italiana negli ultimi venti anni. II,
Milano, Marzorati, 1970.
mercoledì 26 aprile 2023
La Storia. Il concetto di Svolgimento ed il concetto di continuità
. n presenza di disparità delle impostazioni ed interpretazioni che si formalizzano in dottrine più o meno accettate e seguite, preme porre in rilievo in concetto del divenire storico, che porta ad una concezione del corso delle vicende storiche quale svolgimento, svolgimento non pacifico, ma risultante da crisi, tensioni, conflitti. Quando si sviluppa è insieme un finire di essere ed un cominciare ad essere, ogni epoca non è soltanto l’antecedente di quella successiva ma è anche la matrice, sicchè nel passato è la genesi di ogni presente. Al concetto di svolgimento è connesso quello di continuità, Nella storia non vi sono fratture né materiali né ideologiche ma i passaggi sono graduali, sicché è fittizia ogni periodizzazione, intesa come divisioni in ere e in secoli, sia in termini storici quale “rinascimento”, “barocco”. La periodizzazione qualsiasi forma essa assuma, è una costruzione astratta, artifizio della nostra mente a fini utilitaristici.
Lo
svolgimento non ha velocità costante, ma variabile; i vari settori
dell’attività umana, religioso, politico, artistico, militare, pur se connessi
ed interdipendenti, presentano una velocità di svolgimento propria. Da qui
l’asserito pluralismo della storia, termine indicante il fenomeno per cui ogni
aspetto della civiltà, e quindi della sfera militare, presenta una vita
distinta, pur se non separata, da quella degli altri. Il suo svolgimento può
risultare non sincronizzato con quello di quest’ultimi.
Se
lo svolgimento avviene fra lotte e tensioni, siano esse considerate urto fra
tesi e antitesi ovvero superamento di momenti negativi impliciti del positivo,
la conflittualità non è un fenomeno di oggi ma di sempre, e la storia non è mai
commedia, ma sempre dramma.
Di
conseguenza rivoluzioni e guerre, anche quelle non condotte con l’uso delle
armi, come quelle economiche, sociali, “di pace” (i vari interventi relativi
alle Peace Support Operations), costituiscono il culmine di questo dramma,
guerre e rivoluzioni imprimono un incremento di velocità allo svolgimento che
modifica profondamente la preesistente struttura della società. Il loro studio,
quindi, ha un notevole interesse ai fini della comprensione del divenire umano.
martedì 25 aprile 2023
Dizionario minimo della Guerra di Liberazione. 1943-1945
DIZIONARIO
MINIMO DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
1943 -
1945
N.1 MASSIMO COLTRINARI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione. 1943 - 1945*
Una guerra su cinque fronti
N.2 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945. Il 1943
Compendio. Il momento delle scelte
N.3 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945
Glossario
N.4 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945. Il 1944
Compendio. Dalla speranza alla delusione
N.5 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945.
Glossario
N.6 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945. Il 1945
Compendio. Una vittoria amara
N.7 MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945*
Glossario
N.8 Tomo I MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945
Percorsi di ricerca. Storia in Laboratorio
La ricostruzione di un evento storico
N.8 Tomo II MASSIMO COLTRINARI, OSVALDO BIRIBCCHI
Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943 - 1945
Indici
lunedì 24 aprile 2023
La filosofia della Storia
Quanto
si usa il termine “filosofia” in qualsiasi ambiente militare si suscita sempre
ripulsa, ostilità o quanto meno diffidenza, per non dire altro o citare
particolari significativi. Non si può però prescindere in questo cammino o in
questa proposta che si sta svolgendo senza fare un cenno alla filosofia della
storia, lasciando poi ad ognuno dei lettori di approfondire personalmente
questo aspetto.[1]
Partendo
dall’assunto che la guerra, classica o asimmetrica che sia, è scontro di forze
morali, le ideologie nate dal seno della filosofia della storia hanno fornito
ai combattenti una giustificazione morale ed un ideale, convertendosi pertanto
in forze morali. Dalle lotte fra Impero e Papato, passando attraverso, in anni
recenti, al conflitto vietnamita, alla guerra fredda, all’11 settembre 2001 con
l’abbattimento delle Twin Towers, con tutto quello che ne consegue[2]
è evidente che qualche nozione di filosofia della storia occorre pur avere.
Cosa
deve intendersi per filosofia della storia?
Tanto
per continuare a percorre terreni minati, avanziamo questa nozione: è
l’attività speculativa svolta sull’intero corso degli eventi umani per trovare
una ragione ed un fine che li spieghino e li giustifichino.
Da
questa nozione, che naturalmente può essere discussa a tutto tondo, si possono
intravedere le differenze esistenti tra storia e filosofia della storia.
La
prima si interessa soltanto a quella frazione del passato che ha lasciato di sé
testimonianze, al fine di ricostruirla
La
seconda tende a valutare la storia nella sua totalità, e quindi anche nel suo
svolgimento futuro, allo scopo di individuarne il piano di sviluppo e di
indicarne il fine.
Estensione
ed obbiettivo differenziano sostanzialmente la storia dalla filosofia della
storia: Da ciò emerge evidente che la filosofia della storia, ai nostri fini,
si pone all’esterno della cerchia dei nostri specifici interessi. Alcuni cenni,
però sono necessari al fine, per chi vuole, di incamminarsi su questo sentiero.
Abbagnano
riconduce tutte le condizioni filosofiche della storia a cinque categorie,
risultando quindi la storia concepita:
.
come decadenza: è visione propria dell’antichità
.
come ciclo: è concezione propria anch’essa dell’antichità ed è
stata ripresa nei tempi moderni[3]
.
come regno del caso[4]
.
come progresso sistematico, cioè inevitabile, fatale[5]
Altre
ripartizioni possono essere fatte, ma le concezioni filosofiche della storia,
in sintesi, tendono a soddisfare due innate esigenze del nostro spirito, che
affondano le loro radici nell’inconscio: la ricerca di un ordine, e la ricerca
di un fine, nella vita delle generazioni, che coinvolga la partecipazione dei
singoli. Sì da dare un senso alla vita di ognuno. È il dramma dell’uomo, unico
abitante di un pianeta, in un universo di universi.
A
questo dramma si affianca la tendenza umana a ridurre il complesso al semplice,
il molteplice all’unico, nella accezione correlata che semplicità ed unità
siano foriere di verità.
Sotto
l’aspetto pratico è proprio nella semplicità e nella unicità nonché nel rigido
schematismo che ne deriva l’origine di storture e forzature pesantemente
incidenti nella varie filosofie della storia.[6]
Le
filosofie della storia, come tutti i miti, hanno avuto una potente forza di
suggestione sulle masse. La concezione hegeliana della civiltà germanica quale
incarnazione dello spirito del mondo e culmine della storia cosmica ha dato l’innesco
alla teoria del “popolo dominatore” o del “popolo dei dominatori”, acquisto concetto
dal movimento Nazionalsocialista di Hitler, il cui punto di arrivo, fra immani
tragedie e distruzioni, fu la creazione del campo di sterminio, come sintesi
della purezza della razza. Per non dire del miraggio di una società senza
classi proposto dal materialismo storico, che, trasferendo il Paradiso dal
cielo alla terra, ha conferito valore di religione all’ideologia marxista,
nelle varie versioni (leninista, staliniana, maoista ecc.) che è insieme una
filosofia della storia ed un programma d’azione.
Non
si può dimenticare che varie filosofie della storia, assunte a base ideologica
da regimi di varia natura, hanno fatto sì che il rifiuto dell’ideologia
politica potesse essere giudicata un porsi fuori dalla storia e contro la
storia. Questa opposizione veniva convertirsi in opposizione ed attentato al
destino stesso dell’umanità, offrendo così una base giustificativa ad ogni
forma di repressione. Dal pari oggi il confronto fra la civiltà occidentale e
la civiltà islamica apre ulteriori inquietanti interrogativi, per le diverse
concezioni poste alla base della filosofia della storia, generando conflitti di
cui non si ha idea della loro portata e creando instabilità ed insicurezza
oltre i limiti di guardia.
A
conclusione di questo breve cenno sulla filosofia della storia, per chi vuole
ampliare i concetti espressi si rimanda a quanto già acquisito in merito alla
figura ed al pensiero di G. F. Hegel (1770-1831)[7]
il cui posto in questo nostro contesto è di tutto rilievo, sia perché Hegel ha
trovato e proposto la formulazione del concetto di svolgimento storico, a cui
rimandiamo più avanti, sia perché dalla sua opera hanno attinto concezioni ed
ideologie che hanno inciso sugli avvenimenti del mondo in questi due ultimi
secoli.
Oltre
ad Hegel, sarebbe d’uopo un approfondimento riguardo a tutto quanto va sotto
l’etichetta di “materialismo storico”, che nel pensiero di Hegel trova radici
e, quindi, all’opera ed alla figura di Carlo Marx per giungere al neo-idealismo
e alla figura ed all’azione di Benedetto Croce.[8]
[1]
Il terreno è arduo, minato e spinoso. Ma concezioni filosofiche, tanto aborrite
dai militari in genere, parafrasando un celebre detto di un militare di gran
vaglia, quale Napoleone, si sono
trasformate in baionette, e che baionette! Dei dirigenti, dei comandanti,
non possono essere privi nel loro bagaglio di abbozzate nozioni filosofiche, né
tanto meno di avere confusioni tra storia e filosofia della storia, correndo il
rischio o di non “avere baionette”, oppure di trovarsele di fronte senza sapere
che cosa fare.
[2]Basti
pensare, alla NATO in Afganistan, la cui azione era basata sul principio
“occorre prima di ogni cosa conquistare il cuore e le menti”.
[3]
In particolare da O. Spengler
[4]Si
rimanda all’opera di Schopenhauer
[5]È
questa concezione comune a molti pensatori, anche se la finalità indicata è
totalmente diversa. S. Agostino propugna in questa concezione il trionfo della
“città celeste” sulla “città terrena”, Carlo Marx, che adotta la stessa
concezione, l’instaurazione di una società umana senza classi.
[6]
S. Agostino. La storia presenta tre periodi: senza legge, sotto la legge, della
grazia; Hegel: lo sviluppo storico può presentarsi in tre periodi: civiltà
orientale, ove uno solo è libero; civiltà greco-romana, dove pochi sono liberi;
civiltà germanica, ove tutti sono liberi.
[7]
Oltre alle viarie biografie facilmente reperibili, per un “renfrescement” sul
filosofo tedesco cfr. Hegel G.F, Lezioni
sulla filosofia della storia, Firenze, La Nuova Italia, 1947 e succ. ed.
[8]
Molte le opere che si possono consultare in questa prospettiva. Interessanti
sono quelle di N. Abbagnano, G. Giannantoni, G. Sini e R. Treves.
domenica 23 aprile 2023
Relazione Storia e Storiografia. La funzione dello storico
DIBATTITI
Con il termine storia si può intendere indifferentemente, come detto, sia il passato sia il pensiero che si ha su di esso, ossia la sua conoscenza. L’ambiguità nasce dalla trasposizione come fatti oggettivi delle espressioni delle vicende del passato compiuta dallo storico a conclusione del suo lavoro di indagine e di ricostruzione. Questa ingenuità acritica deriva dalla presenza di un nesso indissolubile che lega la storia alla storiografia. Infatti, l’esistenza della realtà storica quale vita vissuta dalle generazioni che ci hanno preceduto è indubbia; altrettanto indubbio, però, è che, senza l’attività di chi esamini le testimonianze da essa lasciate, le colleghi organicamente ed esponga il risultato del suo studio, nulla di essa possiamo dire, se non postularne l’esistenza. Senza la conoscenza, il passato per noi è come se non fosse esistito. È solo una dimensione del tempo, priva di connotazioni che la concretino. L’accentuazione dei nessi che legano la storia alla storiografia può aiutare ad asserire che esiste una coincidenza fra l’una e l’altra. Pur non accentuando questa identificazione, dobbiamo riconoscere che lo storico svolge una attività e insopprimibile funzione, soprattutto in merito alla selezione dei fatti ed alla indispensabilità delle fonti.
UN interrogativo che rappresenta uno dei motivi per cui si sono stese queste
“Note”. Nell’ottocento, nel quadro del movimento positivistico, che esaltava la
mistica della scienza, si arrivò a proclamare che la personalità dello storico
non deve mai comparire, bensì dissolversi nella ricostruzione realizzata con i
mattoni delle testimonianze certe. I risultati furono deludenti: fu una storia
fatta con le forbici ed il barattolo della colla, ed il ricercato annullamento
della figura dello storico priva la storiografia della sua stessa essenza, il
pensiero, e rompendo il rapporto fra passato e presente, la priva altresì di
risultati pratici, perché la rende non più rispondente ai bisogni
contemporanei.
Scendendo
alle “cose del paese nostro” il “taglia” e “incolla” da Internet, traviando
ogni forma di ricerca bibliografica o lettura critica di testi scelti o di
documenti, con scarsa propensione di una pur superficiale lettura delle fonti
disponibili, senza nessun intervento di interiorizzazione ed espressione del
proprio pensiero e della propria analisi su un fatto storico-militare costruito
o studiato,[1]
porta ad elaborati fatti “con le forbici
ed il barattolo di colla” insignificanti, degni di valutazioni basse se non
insufficienti, che buonismo più da intrattenitori che da professori porta a
valutazioni di livello decente, vanificando ogni sforzo e risolvendosi, nella
sostanza, in un mero spreco di risorse e di energie.
Rimanendo
“nei piani bassi” qualsiasi elaborato di un Frequentatore, di uno Studente che
non contenga un giudizio critico personale sul fatto proposto come oggetto di
studio o di ricerca è semplice perdita di tempo, esercizio mero di copiatura,
un girare in tondo senza costrutto e quindi da rigettare e valutare con i più
marcati segni negativi.[2]
Risalendo
nei piani alti, anche se ciò può lasciare perplessi data l’ansia di assoluto
sempre presente in noi, non si può non rispondere affermativamente: il giudizio
storico è soggettivo e variabile.
Il
giudizio storico è in perpetuo avvenire; se il giudizio su un fatto può variare
per il modificarsi delle conseguenze generate dal fatto stesso, in linea
generale non è mai statico, definito e definibile “ab aeterno” così come non è
statico e non è definitivo il presente da cui promana. Il giudizio storico è
sempre soggettivo, ma la soggettività da cui promana non ne esclude
l’obbiettività.
E’
che ogni conoscenza può essere considerata obiettiva soltanto nell’ambito di un
determinato sistema e nel nostro caso l’obbiettività è data non soltanto dallo
scrupoloso vaglio delle fonti e dal controllo del momento
intuitivo-rappresentativo affinché non sconfini nella fantasia o nella “fiction”[3]
ma anche dal fatto che i criteri cui si attiene lo storico nella sua attività
non sono né frutto di scelte personali né atti arbitrari: scaturiscono dalla
società in cui egli è immerso, dall’epoca in cui vive. In una parola, dalla
storia stessa.
Il
pensiero dello storico è insopprimibile, pena privare la storia della sua
storicità. In storiografia non esiste un’opera definitiva: tutte concorrono ad
una ipotetica definizione ma nessuna la raggiunge.[4]
La
definizione, “nulla più da dire, da
obiettare, da modificare” è un “mito”. E come tutti i miti va trattata,
anche se questo mito è suscitatore di pensiero e quindi di vita.
[1]
Normalmente la giustificazione a tale modo di procedere è chiamata “mancanza di
tempo”, come se esistesse una relazione tra pensiero/tempo/quantità.
[2]
Anche in questo esiste la giustificazione “non sono uno storico”: come se
esercitare la capacità critica e prerogativa di determinate categorie alle
quali si deve appartenere.
[3]
La ricostruzione cinematografica o televisiva, rispondendo anche a esigenze di
carattere commerciale e finanziario, spesso scivola verso rappresentazioni di
mera fantasia, o di esigenze di compiacimento per il committente del momento,
dimenticando che nella ricostruzione storica “l’esattezza è un dovere morale”, con la conseguenza che simili
ricostruzioni devono essere prese con le dovute cautele.
[4]
Cfr. al riguardo Ilari V., Guerra e
storiografia, in “La guerra nel pensiero politico (a cura di) Jean
C., Milano, F. Angeli, 1987; Luraghi R., Storia
militare, in “La storiografia italiana degli ultimi vent’anni: III. Età
contemporanea (a cura di) De Rosa
L., Bari, Laterza, 1989. Pieri
P., La storiografia militare italiana
negli ultimi veti anni, in “Atti del primo congresso nazionale di scienze
storiche, Perugia, 1967, II., Milano, Marzorati, 1970.
sabato 22 aprile 2023
Le partizioni della storia
DIBATTITI
La
storia può essere vista da varie angolazioni. Le molteplici angolazioni sono
riconducibili a due criteri generali:
-
il criterio della qualità
-
il criterio dell’ordinamento temporale-spaziale.
Il
criterio della qualità può essere esemplificato come “storia delle religioni”,
“storia della filosofia”, “storia dell’arte” e dà origine alle cosiddette
“storie speciali”, alle quali si può far risalire la storia militare.
Il
criterio dell’ordinamento temporale-spaziale, che può essere esemplificato come
“storia d’Europa”, “storia di Roma Antica”, “storia della Germania moderna”, dà
origine a storie universali, o storie generali, riguardanti avvenimenti di un
solo popolo o di un determinato periodo, ovvero storie particolari, se le opere
si riferiscono ad un solo avvenimento, ad una serie di fatti strettamente
connessi.
I
due criteri possono variamente incrociarsi, e si possono avere, ad esempio,
storia speciale riguardante un solo periodo ed un solo popolo, quale la storia
militare italiana del Rinascimento.
È
bene rilevare che i due criteri sopra detti hanno un valore puramente di
nozione, e quindi di scarsa rilevanza. La ripartizione della storia in storie
speciali non può significare la separazione di queste ultime dal tutto che le
comprende, bensì soltanto la loro distinzione nel quadro della sostanziale
unità della storia senza specificazioni.
venerdì 21 aprile 2023
Le fonti storiche
DIBATTITI
Tutti quei materiali che danno notizie del passato e pongono le basi della sua conoscenza, sono definite “fonti”. Le classificazioni delle fonti sono molteplici, con svariate sottocategorie o sezioni (es. monumenti, documenti, avanzi, tradizioni, resti, ricordi, testimonianze, ecc.). Il pericolo in questi casi è sempre quello di avventurarsi in disquisizioni nozionistiche sterili e teoriche; si propone la seguente classificazione basata su quanto discende dalla apparenza esterna:
fonti:
1) materiali (o resti),
come ad es. opere murarie, monumenti, di fortificazioni, armi, ecc.
2) scritte, come ad es. leggi, trattati, sentenze, verbali,
direttive, ordine di operazioni, proclami,
cronache, diari, memorie, relazioni ecc.
suddivise in:
a)
documentarie, ove prevale di
massima il carattere di ufficialità e legalità
b)
narrative, ove
l’elaborazione personale è preminente
3) figurate, come ad es. quadri, fotografie, filmati, carte
geografiche, topografiche, schizzi ecc.
4) orali, come ad es. racconti, tradizioni, canti, memorie,
ricordi ecc.
Uno degli aspetti più difficili per chi si
avvicina a questo genere di lavoro è quello di gestire, ovvero ricercare,
valutare, confrontare ed utilizzare le fonti, in quanto necessitano conoscenze
scientifiche di rilievo, che devono essere sommate a conoscenze linguistiche, a
alto rigore logico, e sano potere critico al fine di poter separare l’utile ed
il superfluo, il vero dal falso, l’approssimativo dall’essenziale.
Ancorché
ottenuto in modo ottimale tutto questo, si è a metà dell’opera in quando agisce
l’assioma che né la disponibilità delle fonti, né il loro accurato studio sono
sufficienti ai fini di una conoscenza che voglia assurgere a storia.
Lo
scopo della storia non è ricercare, ordinare e mettere in sistema le fonti fine
a sè stesse, né la loro scrupolosa raccolta, né l’estrema cautela critica
adottata; occorre sempre ricordare che le fonti non costituiscono la realtà
oggetto di indagine, ma sono il semplice, ancorché indispensabile tramite per
pervenire alla vita trascorsa, che è il reale scopo della storia.
Contro
le concezioni storiografiche che asserivano che il compito dello storico fosse
quello di “ritrovare” le fonti senza aggiungere di proprio. “I documenti restaurati, riprodotti,
descritti, allineati, restano documenti, cioè cose mute” asseriva Benedetto
Croce nella sua polemica sulle predette concezioni storiografiche.[1]
Ma la presa di posizione crociana non deve essere vista nella sua totalità
negativa. Una azione quotidiana, quasi coeva agli avvenimenti, volta a mettere
le “cose mute” in ordine e facilmente consultabili rappresenta una
preservazione della memoria che sicuramente riceverà la gratitudine senza limiti
dei futuri storici. Non è storia, ma sicuramente questa azione agevolerà la
storia e sarà baluardo alle inevitabili mistificazioni o false ricostruzioni
che fioriscono quando le fonti sono carenti.
La
conoscenza storica, quindi, non può non essere il risultato che della
compenetrazione dell’elemento intellettivo, dato dall’accurata analisi delle
fonti, con l’elemento intuitivo-rappresentativo, dato dalla loro rielaborazione
interiore.[2]
[1]
Croce B., Teoria e storia della
storiografia, Bari, Laterza, 1954, pag. 19 e segg.
[2]
Cfr. per un ulteriore approfondimento, Croce B., La storia come pensiero e come azione, Bari, Laterza, 1939 Vds.
inoltre Antoni C., Commento a Croce,
Venezia, Edizioni Neri Pozza, 1964.
giovedì 20 aprile 2023
La Storia quale conoscenza
DIBATTITI
“Istoreo”,
verbo greco, è la radice da cui deriva “storia”, che può tradursi in
“ricercare”, “indagare”, da cui l’uso del termine “storia” utilizzato nel senso
di ricerca, indagine, sugli avvenimenti del passato. Dalla ricerca si genera
sempre la conoscenza, quindi prevalse l’uso di fare coincidere il significato
con il risultato della ricerca stessa. Da qui si intende la “storia” quale
conoscenza del passato. Una conoscenza che non può che essere “indiretta”, ovvero basata sulle
testimonianze, raccolte, che il passato ci tramanda.
Pertanto
chi intende la storia come acquisizione di nozioni, di date, di avvenimenti
fini a sé stessi, ripetuti e riportati senza un nesso tra loro, è completamente
fuori strada e la sua è una attività di finto erudito.
Il
punto centrale dell’interesse della storia è l’uomo, visto come assoluto
protagonista; da qui è consequenziale che la storia non può solo interessarsi
alla nuda ricostruzione degli eventi, ma tende o deve tendere a scoprire e
conoscere, oltre alle azioni, anche le idee, i sentimenti, i valori, che furono
propri degli uomini e delle situazioni del passato, e arrivare ad esprimere su
tutto ciò un motivato e ponderato giudizio. Storia, quindi, come conoscenza
critica del passato umano, acquisita con l’ausilio della documentazione e delle
testimonianze che essa ci ha lasciato.
Da
queste asserzioni emerge un elemento alquanto controverso, ovvero la storia
come conoscenza si converte in un insegnamento di vita. Può anche essere così,
ma vi sono molto dubbi. Se il protagonista della storia è l’uomo e che quanto
appare a noi come passato in realtà è un presente vissuto da generazioni
trascorse, non appare temerario sostituire il termine “passato umano” con
quello di “vita vissuta”. Da qui il discendere di insegnamenti che dovrebbero
aiutare a gestire meglio i processi decisionali del presente. Ma non è così,
altrimenti non si spiegherebbero i ripetuti errori, o tragedie, quasi spesso
similari se non identiche, che sia singolarmente che collettivamente si
compiono di generazione in generazione.
La
storia “maestra di vita”, è uno dei tanti miti che ci si può creare, ma come
tutti i miti rimangono fine a sé stessi: la storia può aiutare, ampliando la
base culturale, a gestire presente e futuro, ma non di più.