APPROFONDIMENTI
La Storia Militare ha preso come riferimento questa battaglia, che è divenuta il modello dei piani di battaglia preparate dallo Stato Maggiore Tedesco della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Quindi la conoscenza dei suoi momenti rappresenta la chiave interpretativa e cognitiva delle due guerre mondiali del novecento.
Nel
216 a. C. i Romani quasi soggiogati dalle vittorie di Annibale decisero di fare
un grande sforzo militare portando il loro esercito a 9 legioni. Al Comando
dell'Armata furono preposti i 2 Consoli Paolo Emilio e Terenzio Varrone. Col
consenso del Senato essi si recarono nell'Apulia per dare ad Annibale una
battaglia decisiva. Anche in Annibale era altrettanto sentito il desiderio di
una battaglia risolutiva poichè in questa guerra di avvisaglie vedeva
consumarsi inutilmente le sue forze e cadere a poco a poco il suo prestigio.
Perciò, venuta la primavera, con rapida azione si impossessò di Canne
sull'Ofanto dove i Romani tenevano i magazzini. Questo atto esasperò i Romani e
Varrone, in un giorno in cui aveva il comando dell'esercito, volle venire a
battaglia malgrado i prudenti consigli di Paolo Emilio, il quale avrebbe voluto
misurarsi col nemico, ma in terreno più accidentato, ove poco valesse la
superiorità della cavalleria avversaria.
Le forze romane salivano a circa 80.000
fanti e 6.000 cavalieri, di fronte a 40.000 fanti e 10.000 cavalli di
Cartaginesi.
Varrone
lasciò 10.000 uomini di guardia al campo sulla riva sinistra dell'Ofanto, e
schierò a battaglia il resto dell'esercito sulla destra di questo fiume. Le
legioni furono ordinate su 3 linee, ma con intervalli e distanze ristrette,
rinunciando al vantaggio della soverchianza del fronte per avere massa più
densa. Pose all'ala sinistra la migliore cavalleria, della quale prese egli
stesso il comando, mentre l'ala destra venne posta agli ordini di paolo Emilio.
Annibale
prese il suo dispositivo dopo aver veduto lo schieramento del nemico. Il suo
piano fu questo: presentando un ordine di battaglia convesso, egli sperava di
attirare i Romani su questo centro sporgente che rinforzato in tempo opportuno
da un corpo di riserva avrebbe dovuto cedere senza però spezzarsi; allora le
sue ali convergendo verso l'interno avrebbero stretto come in una gigantesca
tenaglia l'esercito avversario.
Venuti
alle prese, Asdrubale si slanciò arditamente sui cavalli di Paolo Emilio, che
in breve tempo riuscì a sbaragliare, mentre la cavalleria nemica, opponendo
vigorosa resistenza all'attacco della numerosa cavalleria avversaria, impedì
che questi guadagnasse terreno e venisse a molestare le fanterie cartaginesi.
Subito dopo le legioni si azzuffarono col centro di Annibale, il quale
retrocedette lentamente in modo da attirare presso a sè i Romani. Venuto il
momento opportuno gli africani di destra e di sinistra effettuarono il
prescritto movimento di conversione, verso l'interno, mentre i cavalieri di
Asdrubale, sfilando veloci dietro le schiere avversarie, piombarono da tergo
sui cavalli di Varrone che stavano combattendo con i numidi e rompevano anche
quelli. Allora i fanti romani, premuti sui due fianchi dalle truppe africane e
alle spalle dalla cavalleria di Asdrubale, poterono a stento difendersi. Chiusi
entro quel cerchio di ferro che veniva sempre più restringendosi, i legionari
non ebbero più modo nè di manovrare, nè di valersi delle loro armi. Invano
Paolo Emilio tentò di ristabilire le sorti del combattimento, egli stesso cadde
sul campo mentre Varrone riuscì a scampare con un centinaio di cavalieri. Le
perdite romane furono immense, secondo Polibio salirono a 70.000 uomini.
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