APPROFONDIMENTI
di Giovanni Battista Birotti
Il Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale uscì dalla
dittatura militare e rinunciò per sempre a ogni forma di espansionismo.
Tuttavia è interessante vedere alcuni esempi di “nostalgia” nazionalista presenti
nella cinematografia.
Verso la metà
degli anni ’50, alla fine dell’occupazione americana, alcuni registi
rappresentavano gli episodi storici in vena personale, quasi nostalgica,
contribuendo a stimolare un’impennata di neo-nazionalismo. Tra i tanti due in
particolare furono seguiti:
·
L’ammiraglio Yamamoto e la flotta alleata di Shimuro Toshio del 1956, una chiara
difesa della missione bellica nipponica, in cui si sottolineava il fine
dell’offensiva, cioè di fare del bene per il proprio paese;
·
L’Imperatore Meiji e la grande guerra
russo-giapponese del 1957 di
Watanabe Kunio, che senza più reticenze esaltava e divinizzava l’immagine
dell’Imperatore.
Ecco il primo e
più importante esempio, di persistenza del nazionalismo e della reazione nel
cinema giapponese.
Dal punto di
vista sociale e politico è interessante constatare che in un popolo
volontariamente convertitosi alla democrazia e sotto una censura che nulla
lasciò di quanto ci fosse prima, possa ancora esserci una vena reazionaria.
Del resto in ogni
civiltà c’è chi ha sempre resistito ai cambiamenti, oltre al fatto che la
società giapponese mantiene tutt’oggi un carattere figlio del feudalesimo e
della guerra. Non parlando poi del fatto che due bombe atomiche con 250.000
morti, più altre centinaia di migliaia in guerra, possano generare ogni tipo di
risposta.
Non si deve pensare che il Giappone abbia visto una
rinascita del nazionalismo nel sentore politico della popolazione, ma è da
notare che una parte della società, soprattutto una parte istruita abbia visto
un certo interesse nella tradizione e nel quid romantico nonché identitario
dell’esperienza militare.
Una parentesi va fatta naturalmente anche su un genere
tragico di cinematografia, che poteva anche ricondursi a fenomeni nostalgici: i
Hibakusha
film sugli effetti della Bomba Atomica.
Fino al 1952 non
fu possibile realizzare nulla di esplicito con
riferimento alle esplosioni, a meno che gli episodi non fossero velati
da un’intelaiatura sentimentale e non contenessero un invito a perdonare i
responsabili. Due sole opere risposero a tali requisiti Le campane di Nagasaki - 1950 di Oba Hideo e Non dimentico la canzone di Nagasaki - 1952 di Tasaka Tomutaka.
Ma già dopo il 1952, alla fine dell’occupazione, Shindo nel 1959 girò La Nave Fukuryu n. 5, dedicato all’incidente nelle isole Bikini
quando, nel corso delle sperimentazioni termonucleari americane, l’equipaggio
della Fukuryu venne colpito da una pioggia di ceneri radioattive. Il regista
preferì la fedele esplorazione dei fatti alla manipolazione ideologica di un
episodio allora oggetto di molte critiche in Giappone.
Questa non è nostalgia, è critica è paura della
catastrofe nucleare; anche se può comunque rappresentare una critica agli
eccessi dell’ex nemico americano.
Mentre gli esempi dei film sulla storia e sulla guerra
giapponesi, tra cui anche alcuni jidaigeki,
rappresentano un chiaro sentimento romantico, come pure nostalgico, presente
nella cinematografia e nell’arte del Sol Levante.
Nessun commento:
Posta un commento