UNA FINESTRA SUL MONDO
L'Autore è uno studente del master di I Livello "Terrorismo ed Antiterrorismo"
di Matteo Bortolani
La guerriglia urbana cecena
ha notevoli similitudini con ciò che è successo in questi ultimi anni in Siria,
Iraq e Libia, in particolare per quel che riguarda la MOUT, il combattimento
urbano. Una delle grandi sfide dell’esercito russo in Cecenia è stata proprio
la battaglia di Grozny, la sua capitale, che ha messo in enorme difficoltà
l’esercito post sovietico, il secondo più grande del mondo.
La strategia utilizzata
è stata ben studiata e concepita per affrontare con pochi uomini e pochi mezzi
un esercito di grandi dimensioni, con veicoli corazzati e ampio supporto aereo.
Il mordi e fuggi, le imboscate e l’utilizzo delle unità da 75.
I ceceni organizzarono
la difesa per settori, garantendo ampia mobilità e autonomia ai comandanti, le
famose small squad unit, unità da 75 uomini che erano il fulcro della strategia
di difesa, ogni singola unità poteva inchiodare per ore le brigate meccanizzate
russe che entravano in città. Costringendo la controparte russa a dover
utilizzare ampiamente artiglieria ed aviazione, che provocava molto fuoco amico
e ampliava enormente il rischio di uccidere i civili.
Ogni squadra includeva:
due uomini con RPG-7 o (18) Mukha fuoco da spalla e granate anticarro da
lancio, due con fucili mitragliatori e possibilmente un cecchino, potevano
anche essere compresi un uomo con fucile mitragliatore, un porta munizioni, e
un medico. Approssimativamente tre di queste squadre con supporto, formavano
un’unità da 25 uomini. Il supporto includeva uno o più medici, 3 addetti
munizioni o supporto, altri due piccoli portatori e due cecchini muniti di SVD.
Tre gruppi di 25 uomini formavano le definitive unità da 75. Ciascuno di questi
ultimi aveva anche una squadra mortai.
Questa struttura
contribuì fortemente all’efficacia delle imboscate ribelli. La resistenza si
divideva per quadranti (ogni capo-città e comandante si impegnò nel sviluppare
le difese). In questi quadranti venivano disposte le unità da 75 uomini
schierata lungo la strada parallela con i cecchini in posizione di copertura.
Un sottogruppo da 25 persone che includeva l’unità di comando, dispiegate in
più piccole formazioni, da 6 o 7 uomini negli spazi più bassi degli edifici
lungo un lato della strada (per evitare fuoco incrociato e avere una via di
fuga).
Gli altri due team da
25 uomini venivano disposti ugualmente alla base e nei locali più bassi nel
punto di entrata del sito dell’imboscata. Da lì potevano sigillare l’area e
ricevere rinforzi se necessari. In alcuni casi minavano gli edifici al punto
d’entrata. Quando le forze russe si avvicinavano, il team all’entrata lo
notificava al resto dell’unità con le radio Motorola, una per ogni formazione
da 7 uomini. A questo punto, il comandante dava l’ordine di bloccare la strada
e che cominciasse l’attacco. Piuttosto che attaccare ai fianchi nel senso
tradizionale del termine, i guerriglieri guardavano ai punti deboli da
attaccare, “abbracciando” le forze russe quando si muovevano, i ribelli erano
in grado di creare postazioni di fuoco da 50 a 250 metri e rimanere al sicuro
da artiglieria e attacchi missilistici o coinvolgere nel fuoco di rappresaglia
anche le unità russe.
Questa tattica si è
dimostrata estremamente efficace nel contrastare colonne di blindati e fanteria
di supporto, i bombardamenti aerei rischiavano di essere letali più per le
forze amiche, che nemiche. Almeno in Cecenia la guerriglia urbana ha avuto
efficacia contro un esercito forte ma disorganizzato, un approccio più
massiccio potrebbe essere in grado di scalfire questo modello più facilmente.
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