CRONACA DI UNA
BREVE GITA TRA I FANTASMI DEL PASSATO
di Sergio Sparapani
Tra le
vittime della guerra dei quattro giorni (1° - 4 aprile 2016) nel Nagorno
Kharabakh, c'è stata anche l'economia turistica della Repubblica armena. Questo
è uno degli aspetti emersi nel corso di un viaggio in Armenia e Giorgia
compiuto a fine aprile scorso.
Ciò che
colpisce di questa Nazione cristiana, indipendente dal 1991, è il forte legame
con la storia, e con i suoi fantasmi genocidiari, che poi tanto fantasmi non
sono se è vero che questa ultima infrazione al cessate il fuoco, instaurato nel
1994 al termine del sanguinoso conflitto per la regione del Nagorno Karabakh
tra Armenia e Azerbaidjan, è la settemillesima in ordine di tempo, oltre che la
più grave. Secondo i cittadini armeni con i quali abbiamo parlato nel corso di
questa breve vacanza le notizie del breve ma sanguinoso scontro di inizio
aprile sono state sufficienti per condizionare le vacanze di tanti affrettatisi
a disdire le prenotazioni. Poco ha contato la delimitazione territoriale e
temporale dello scontro, che ha visto contrapporsi l'esercito armeno e la
milizia del Nagorno Karabach, da una parte, e l'esercito azero - appoggiato da
contingenti islamici e turchi (almeno secondo fonti armene) –, dall'altra, e
conclusosi con l'ennesimo cessate il fuoco. Sui media locali e internazionali
sono state sottolineate le atrocità commesse dagli azeri: civili massacrati e
mutilati, la testa decapitata di un soldato armeno, bambini uccisi
dall'artiglieria “islamista”... Alla fine il bilancio delle vittime sarebbe
stato di trentuno azeri e novanta soldati armeni uccisi, oltre a una decina di
civili.
Di nuovo
sulle cronache internazionali è apparso questo ennesimo conflitto dimenticato,
esploso nel corso degli ultimi spasmi dell'Unione Sovietica e vinto
dall'Armenia che si assicurò una parte del territorio rivendicato, ancorché
popolato da cristiani armeni. Ferita mai rimarginata per gli azeri che
attendono la loro revanche e che sarebbero usciti vincitori dalla guerra “dei
quattro giorni” da loro scatenata per il controllo di qualche collina più o
meno strategica. L'esito poco soddisfacente degli scontri e l'alto tributo di
sangue subito, ha portato al licenziamento, dall'altra parte, di alcuni
ufficiali armeni.
Si tratta di
una guerra a bassa intensità che difficilmente potrà avere un esito risolutivo.
Gli armeni, parzialmente circondati da nemici, contano però anche su alleati
potenti. Potenti ma ingombranti come i russi che hanno alcune basi in Armenia.
Il loro appoggio, indispensabile, è pero pagato profumatamente dalla giovane
Repubblica del Caucaso meridionale. Innata simpatia per la repubblica cristiana
vi è anche da parte degli Stati Uniti e dell'Europa. Gli americani hanno
costruito un'enorme ambasciata a Erevan e l'Unione europea ha investito in
alcuni progetti di sviluppo. Un eccellente appeal può vantare l'Italia in
Armenia, anche grazie all'operato instancabile del console onorario italiano,
Antonio Montalto, giunto nel 1988 in seguito al devastante terremoto che colpì
le regioni settentrionali e poi rimasto, animatore di progetti culturali e di
solidarietà.
Buone sono
anche le relazioni con gli altri due Stati confinanti, l'Iran sciita a sud e la
Georgia cristiana a nord. L'Armenia è meta favorita per i turisti iraniani che,
se di sesso maschile, si sono resi talvolta protagonisti di bagordi e molestie
nei confronti delle donne armene.
Resta chiuso
il lungo confine con la Turchia e naturalmente quello con l'Azerbaijian. Con lo
Stato guidato da Erdogan permangono enormi difficoltà pur consolidandosi negli
ultimi relazioni sul versante economico come su quello sportivo. Le divisioni
sono legate al “passato che non passa” scaturito dal primo genocidio della
storia, rievocato ogni anno il 24 aprile. Numerose delegazioni – inclusa quella
ad altissimo livello guidata da Putin – hanno preso parte alle manifestazioni
del centenario, nel 2015. In realtà anche in Turchia si va prendendo atto
sempre più che il Triunvirato dei Giovani turchi – con la complicità di molti
turchi e curdi – abbia commesso qualcosa di orrendo centouno anni or sono. Ciò
che ancora divide le opposte memorie e rappresenta un ostacolo formidabile a un
qualsivoglia processo di normalizzazione è l'utilizzo del termine genocidio che
accomuna quei crimini alla Shoà.
Questo
splendido Paese è, una volta lasciata la capitale, anche estremamente povero.
La carenza di materie prime e di petrolio – a differenza dei vicini azeri, che
dispongono di ricchi giacimenti - hanno indotto il governo a conservare la
centrale nucleare di Metsamor. La centrale fu spenta dopo il terremoto del 1988. Dopo il
crollo dell'Urss il secondo reattore della centrale fu riattivato per far
fronte alla mancanza di energia elettrica e oggi contribuisce per circa un
terzo al fabbisogno energetico del Paese.
Usciti
da Erevan si rimane conquistati dal paesaggio e dalle decine di monasteri, molti
dei quali restaurati di recente. Contribuiscono a propiziare una seconda visita
la cortesia e i sorrisi della gente, la qualità del cibo e del vino e i prezzi
bassi. Impossibile ignorare comunque le tante buche lungo le strade, simili
talvolta a veri e propri crateri. Specialmente nella parte meridionale del
Paese le vie di comunicazione paiono gravemente deficitarie e bisognose almeno
di una più puntuale manutenzione dopo le nevicate della stagione invernali e il
costante passaggio dei Tir iraniani. Una sola linea ferroviaria collega la
capitale con il nord e la Georgia.
Il
colpo d'occhio su molte cittadine e villaggi depressi nella zona meridionale
del Lago Sevan e in altre province dell'Armenia, mette a nudo le criticità sul
piano delle risorse economiche disponibili, la grave disoccupazione e il
disagio sociale che colpisce i giovani. Questi ultimi cercano un lavoro nella
capitale. Ampliate a dismisura le licenze, si industriano a fare il taxista pur
avendo enormi problemi, oltre che con le lingue straniere, anche con il più
elementare orientamento geografico lungo le vie della capitale.
Corruzione
e conflittualità politica, da una parte, ma anche, tenuto conto del contesto
geografico e del confronto con i vicini, sufficienti parametri democratici e
alternanza al potere tra i gruppi dirigenti, fanno parte dello scenario
politico. Si parla peraltro una Nazione che negli ultimi dieci-quindici anni ha
compiuto enormi progressi. Usciti esangui e sfiancati dalla guerra, i
quarantenni ricordano un mondo di ieri fatto di miserie, lutti, funerali e
continui black-out energetici.
Mentre
abbandoniamo alle nostre spalle la cittadina meridionale di Goris, pressoché
priva di illuminazione pubblica e caratterizzata da una piazza centrale in puro
stile sovietico, ma nondimeno affascinante, con le sue casette in pietra tra le
montagne, riflettiamo sul fatto che, sì, chi ha disdetto le sue vacanze ha
fatto un errore ma c'è sempre una seconda chance.
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