La situazione generale militare: la
costituzione del Corpo dei Volontari
Al termine delle operazioni
contro la fortezza di Gaeta nel marzo del 1861, e dopo aver proceduto allo
scioglimento dell’Esercito meridionale composto dai garibaldini che avevano
preso parte alla spedizione dei Mille, era stato ipotizzato da parte del Governo
regio di costruire un Corpo Volontari utilizzando i Quadri dei volontari di Garibaldi;
sarebbe stata la soluzione ideale per
dare soluzione alla spinosa questione del reimpiego degli Ufficiali volontari
che non si voleva a nessun titolo inserire nell’Esercito regolare. Fu definito
un abbozzo di progetto che prevedeva un Corpo Volontari su tre divisioni per un
totale di 10.000 uomini ciascuna, priva di artiglieria e genio; nel caso di
mobilitazione, aliquote delle armi cooperanti sarebbero state fornite
dall’Esercito regolare. Questo progetto, nel 1862, fu completamente abbandonato
in quanto si percepiva che sarebbe stato destabilizzante in un settore, quello
militare, estremamente delicato. Inoltre il senso di insicurezza e di fragilità
della nuova struttura statale inducevano a temere qualsiasi esplosione di entusiasmo
e di fede progressista, paventando che potesse innescare un processo di dissoluzione
in un ordine costituito raggiunto con notevoli sforzi e già messo alla prova da
tensioni interne e dalla posizione internazionale
del giovane Regno.
Con queste premesse al
momento dello scoppio della III Guerra di Indipendenza non vi era nulla di
precostituito in termini di forze volontarie.
IL 6 maggio 1866, dopo ben 5
giorni dall’annuncio della mobilitazione generale e l’inizio della radunata
dell’Esercito regolare venne promulgato il decreto reale che indiceva il reclutamento
di volontari in un corpo al comando di Garibaldi. Non fu una iniziativa del
Ministero della Guerra, ma sotto la spinta sempre più incontenibile
dell’opinione pubblica italiana. Nel Paese vi erano fortissime correnti di
opinione che esigevano una partecipazione di volontari alla guerra all’Austria,
a cui corrispondeva una non tanto celata irritazione degli ambienti governativi
ed istituzionali quasi fosse, questo consenso dell’opinione pubblica alla forze
volontarie, come una palese sfiducia nella classe dirigente che doveva condurre
l’Italia alla guerra.
Il clima politico quindi non
era dei migliori ed anche qui si coglie delle discrepanze ed attriti che
sommati insieme portarono ai non brillanti della III Guerra di Indipendenza.
La decisione del Ministero
della Guerra e del Governo del Re per risolvere il problema dei volontari fu la
costituzione di un Corpo di Volontari su 10 reggimenti, da arruolarsi su base
volontaria in due centri di reclutamento, uno a Como e l’altro a Bari. Tanto
era la diffidenza verso questa iniziativa che a Como dovevano affluire i
Volontari del Piemonte, della Lombardia, Isole e del versante occidentale delle
provincie meridionali; gli altri dovevano affluire a Bari.
Il reclutamento diede un
totale di 38.400 uomini presentatesi, ma
la forza media del Corpo non superò ai le 18.000 unità. In più la rigidissima selezione
voluta da Garibaldi e dai suoi comandanti
fece si che solo 1/3 degli arruolati fu utilizzato, ovvero circa 10.000 uomini.
Questa, grosso modo era la cifra che le Autorità avevano calcolato per il Corpo
Volontari al momento dell’impiego operativo. Alla dichiarazione di guerra, il
Corpo Volontari era così ordinato:
. 5 Brigate di fanteria, su
due reggimenti
. 2 battaglioni bersaglieri
volontari
. 2 squadroni guide
. unità di intendenza,
sanità, del treno e di sussistenza
Ad esse si dovevano
aggiungere le seguenti forze provenienti dall’Esercito regolare :
. 1 battaglione bersaglieri
. 1 compagnia zappatori
. 3 batterie da campagna su 6
pezzi ciascuna
. 1 batteria da montagna su 6
pezzi
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