Mario Brutti, ha riportato alla luce e trascritto un Diario di un Combattente volontario della Guerra d'Abissinia, originario di Castelferretti, paese in provincia di Ancona
Ne riportiamo le pagine in cui emerge il clima e gli entusiasmi del tempo, come testimonianza e come documento.
"…
ci venivano gettati fiori e baci, ovunque si vedevano sventolare bandierine e
fazzoletti e tutto ciò stava a dimostrare quanto questo Battaglione stesse a
cuore al popolo anconetano, orgoglioso di dare alla Patria giovani sì fieri
rappresentanti il fior fiore della nuova gioventù marchigiana. Giunti alla
stazione, la trovammo gremita di popolo di ogni sesso e di ogni casta. Il poco
tempo che precedette la partenza del treno, rimarrà impresso eternamente nella
nostra mente. Ovunque si vedevano madri – spose – fidanzate ecc. salutare
piangenti i loro cari era uno spettacolo commoventissimo e indimenticabile.
Infine il treno si mosse allora la musica intonò la canzone – Cantate di
Legionari, e noi tutti facemmo coro a questa canzone, mentre il popolo commosso
salutava sventolando bandierine e alzando le mani nel saluto fascista finché il
treno non disparve alla vista di tutti. In ogni stazione che passavamo, ovunque
si ripetevano le stesse scene, gente che salutava, donne che si asciugavano gli
occhi, sventolio di bandiere e musiche. Infine giungemmo a Serra S. Quirico
luogo in cui dovevamo compiere addestramenti militari prima di partire per la
nostra destinazione. Durante la nostra permanenza al campo, ricevemmo la visita
di S. E. Russo G. di S. M. della 116 V. S. M. il quale ebbe una buonissima
impressione circa il nostro superbo inquadramento, tanto che definì il nostro
Battaglione anziché108° Cento ottimo Battaglione. Terminata la rivista di S. E.
dopo che ci ebbe fatto un discorso con il quale comprese quanto elevato fosse
il morale di noi legionari e da quale spirito fascista e patriottico fossimo
animati. Ovunque si gridava: Duce! Duce! E Spagna! Spagna! A questo grido,
emesso da centinaia di petti e attestante da quale desiderio fossimo animati,
S.E. rimase commosso e dopo averci dette altre parole di elogio, ci promise che
avrebbe riferito al Duce quello che era il nostro desiderio e il nostro
entusiasmo. Dopo alcuni giorni il paese di s. Quirico ci offrì la bandiera di
combattimento. A questa cerimonia intervennero il Federale di Ancona e tutti i
Gerarchi della Provincia ed anche in questa occasione ebbe modo una bella
dimostrazione.
Serra S. Quirico
6-10-1937
Finalmente dopo più
di un mese di addestramenti militari è giunto il tanto desiderato ordine di
partenza. Basta guardare in viso ogni legionario per comprendere quanto era
desiderato questo ordine e in ogni volto si poteva leggere la gioia e la
soddisfazione che ogni singolo provava nel vedere dopo un mese di ansie e di
timori, realizzato il proprio sogno di poter servire con le armi la Patria e la
fede Fascista. Il tempo però in questo giorno di gioia per noi legionari si era
fatto burrascoso e contrastava singolarmente con il volto allegro di tutti noi!
Alle ore 22, perfettamente inquadrati prendemmo il via dal paese che ci ebbe
ospitati per tanti giorni. Da ogni balcone ci venivano gettati fiori e baci, in
ogni angolo si vedevano persone salutare commosse mentre il tempo che in tutta
la giornata si era mantenuto grigio, come fosse indispettito di vederci tanto
acclamati incominciò a rovesciarci a dosso un torrente di acqua che in pochi
secondi ci ridusse come pulcini. Sembrava che l’inferno stesse per scatenarsi
contro di noi e giù acqua e tuoni da non potersi dire, era un vero pandemonio!
Ma noi, incuranti di tutto questo diavolerio, marciavamo verso la stazione
cantando le nostre canzoni preferite. Alle ore 24, il treno si mosse, per
portarci a Roma, nostra nuova meta.
Roma 7-10-1937
Siamo arrivati alla nostra capitale alle ore 10
circa. Erano ad attenderci alla stazione molte alte personalità civili e
militari, primo tra tutti S.E. Russo. Perfettamente inquadrati siamo usciti
dalla stazione con in testa la musica della Milizia di Roma per dirigerci alla
caserma Mussolini dove era stabilito per il nostro accasermamento. Appena
arrivati fummo subito sistemati ognuno al suo posto, senonchè terminate tutte
le operazioni per il nostro assestamento, al trovarci in una città tanto grande
fra tanto movimento incominciò a delinearsi nei nostri animi, abituati alla
calma, un certoché di smarrimento sembrava ci prendesse anche un po’ di
nostalgia, incominciava a subentrare in noi il pensiero dei nostri paesi e
delle persone care che avevamo lasciate a casa. Ma tutto questo non ebbe che la
durata di un attimo, poiché la nostra esuberanza giovanile, il nostro
entusiasmo ci fece passar sopra a tutte queste sottigliezze per dare posto alla
nostra usuale spensieratezza e alla nostra allegria. La nostra permanenza a
Roma, fu un vero supplizio per noi legionari bramosi di poter servire la nostra
fede e costretti a starcene inoperosi tanto tempo. Tutti i giorni si spargevano
voci contraddittorie. Chi diceva che si doveva partire per la Spagna e allora
esultavamo ma subito dopo un’altra voce diceva che il nostro Battaglione
sarebbe rimasto a Roma come riserva permanente e allora provavamo una stretta
al cuore, pensando che tutti i nostri sogni di lotta e di gloria svanivano come
nebbia al sole. Durante il tempo che abbiamo trascorso nella capitale abbiamo
avuto anche delle soddisfazioni e prima fra tutte quella della visita del
nostro Capo Supremo S. E. Benito Mussolini.
Questa rivista ce
l’ha passata verso la metà di novembre al Comando Generale della Milizia. Nel
cortile di questo Comando ci sono 2 Battaglioni il nostro e quello di Verona.
Sono circa le ore 16 quando il Duce, accompagnato dalla Delegazione Tedesca e
da parecchi altri funzionari del Partito e gerarchi della M. V. S. M. è entrato
nel cortile. Al comando dato da S. E. Russo di presentare le armi, rispondemmo
ad una voce un formidabile “a noi” che echeggiò come un colpo di cannone.
Quindi accompagnati dal suono della musica dei militi cantammo la Preghiera del
Milite e il Duce si compiacque molto con noi per il modo con cui abbiamo
cantato, poi cantammo la canzone Cantate dei Legionari e questa volta anche il
Duce si è messo a cantare con noi. In fine dopo aver cantato diverse altre
canzoni patriottiche, prima di ritornare alle nostre caserme abbiamo sfilato in
parata davanti al Duce ed abbiamo offerto ….. di Verona e Milano abbiamo cantato alcune
canzoni che poi hanno inciso nei dischi.
Roma 8-12-1937
Questo è il giorno più brutto
della nostra mobilitazione, è in questo giorno che sono crollate tutte le
nostre speranze di gloria e di combattimento che avevamo formulate per la
Spagna. In fatti alla mattina abbiamo fatto adunata di ogni compagnia ed i
nostri Comandanti ci hanno dato la notizia che il nostro Battaglione era
smobilitato. Per noi questa notizia è stata come una doccia fredda in piena
estate. In tutti i volti si poteva leggere il disappunto e il dispiacere ma
oramai non c’era più nulla da fare e si doveva ritornare a casa.
Senonché c’era
quest’altra novità, ossia tutti quelli che avessero voluto avrebbero potuto
andare in A.O.S. ma la delusione provata per la mancata partenza per la Spagna,
ha fatto si che si spegnesse in noi tutto l’entusiasmo di cui eravamo tutti
animati prima e la maggior parte di noi preferì ritornare a casa. Non fu così
però anche per me, amante dell’avventura, anziché ritornare a casa ho preferito
mettere la firma anche per l’Africa, pensando che anche così avrei servito alla
causa della mia Patria e con me anche parecchi altri camerati. Quel giorno
stesso, insieme a tutti i miei compagni volontari per l’Africa, sono andato in
licenza per rivedere i miei cari prima di partire per questa nuova avventura.
In licenza ci sono stato per tre giorni, ma questi giorni mi sono volati come
il vento. Al momento di distaccarmi dai miei cari sembrò si affacciasse in me
un po’ di pentimento per aver fatto questa firma, specialmente quando è stato
il momento di distaccarmi dalla mia fidanzata, mi sembrava che questo distacco
dovesse essere l’ultimo, mi sembrava che la dovessi lasciare per non rivederla
mai più. Ma tutto questo non ha avuto che la durata di un momento, poiché mi
sono subito ripreso e dopo un ultimo abbraccio, benché con il cuore in pena nel
vederla piangere mi sono allontanato per andare alla stazione, vergognandomi
con me stesso per aver avuto quel momento di debolezza. Alla stazione ho
trovato tutti gli altri miei compagni che partivano con me ed in loro compagnia
svanì ogni residuo di malinconia per dare posto a quell’allegria spensierata
propria in noi legionari.
Roma 14-12-1937
E’ stata ultimata la
formazione di un nuovo Battaglione che ha preso il nome di 240° ed è formato da
una compagnia di Ancona, una di Verona ed una di Udine. Sono le ore 12 circa
quando inquadrati e con lo zaino in spalla ci dirigiamo alla volta della
stazione Termini. Alle ore 14 il treno parte e ci porta a Castellammare di
Stabia, dove ci stiamo tre giorni.
Castellammare di Stabia 17-12-1937
Ore 3 del mattino,
sveglia e dopo aver preparato lo zaino, si parte per Napoli dove giungiamo alle
ore 9 circa. Arrivati a Napoli andiamo al C. Zoppa per A.O.I. dove ci
accasermiamo. In questa caserma ci danno la nuova divisa coloniale con tutto il
corredo compreso.
Napoli 20-12-1937
Finalmente dopo
tante peripezie è arrivato il momento di salire sul piroscafo e partire. In noi
ancora persiste la speranza di andare in Spagna, ma non è che sperare
l’impossibile. Sono circa le 14 quando lasciamo la caserma per andare al porto.
Arrivati alla banchina trovammo pronto il piroscafo Calabria sul quale aveva
preso posto il 151° Battaglione di Bari. Appena arrivati iniziammo le
operazioni d’imbarco e dopo di noi, salì il 173° Battaglione. Terminate queste
operazioni d’imparco, giunse al porto S.E. Russo, il quale venne a darci
l’ultimo saluto prima di partire. Alle ore 19 circa il piroscafo si mosse
mentre la musica suonava inni patriottici e le gente affollata sulla banchina
salutava gettando alte acclamazioni. Da questo momento ha inizio per noi
partenti una nuova vita. Tutti quanti siamo affollati sopra coperta, e
guardiamo muti le luci della città di Napoli che man mano si allontanano finché
non scompaiono completamente dalla nostra vista. Allora ognuno di
noi ritornò alla propria cuccetta. A me sembrava di essermi svegliato da un
lungo sogno, sentivo tutta la grandezza del momento. In quell’ora ho sentito
veramente cosa fosse l’attaccamento alla propria terra e al pensare che la
stavo lasciando e che allontanandomi da questa terra, mi allontanavo da tutte
le persone care, provavo uno stringimento al cuore. Mi pareva di rivedere il
povero nonno nel momento del distacco e lo vedevo sforzarsi per non piangere
per mandarmi via più contento, rivedevo i miei zii, la piccola Maria, infine
nitida mi apparve la figura amata della mia fidanzata, la rivedevo con gli
occhi bagnati di pianto, in atteggiamento di dolce rimprovero per averla
abbandonata con la mia partenza, e allora mi venne un nodo in gola e
mentalmente le chiesi perdono. Intanto la nave incominciò ad avere un noioso
dondolio e più di un milite incominciò a risentire il mal di mare.
Anche io sentendomi
appesantirsi la testa, mi coricai sulla mia cuccetta e mi addormentai di un
sonno alquanto agitato.
Piroscafo Calabria
21-12-1937
Mi svegliai la
mattina molto per tempo, sono salito sopra coperta. Il mare è alquanto agitato
ed il piroscafo beccheggia. Molti militi hanno forti conati di stomaco ed anche io sembra che
risenta un po’ di mal di mare, ritorno subito nella mia cuccetta e lì mi sembra
di stare un po’ meglio. Nel pomeriggio arriviamo in vista dello stretto di
Messina e dopo un paio di ore l’abbiamo lasciato alle nostra spalle.
Da bordo del
Calabria 22-12-1937
Siamo in pieno mare
Mediterraneo, il Calabria avanza lentissimamente e beccheggia che è un piacere,
il mare è sempre agitato e molti militi sono molto malandati causa il
persistente mal di mare. Io per fortuna, per quanto non mi senta troppo in
gamba, pure lo resisto bene.
P. Calabria
24-12-1937
Sono quattro giorni
che navighiamo e le cose sono sempre al medesimo stato di prima, tutti i giorni
la stessa cosa, non si vede che cielo e mare e le ore passano monotone e lente,
sembrano eterne. Questo giorno è vigilia di Natale ognuno suo malgrado si sente
preso dalla nostalgia. Quanta differenza tra questa vigilia e quella degli anni
passati. Tutti i mortali in questo memorabile giorno, che precede il S. Natale,
specialmente alla sera si riuniscono chi in un posto chi in un altro, si divertono giocando e prendendo i
tradizionali ponci attendendo la mezzanotte, poi in allegre comitive si recano
alla Chiesa per ascoltare la cerimonia che ricorda ai credenti la nascita di
Gesù Cristo. Soltanto per noi non c’è nulla di tutto questo. In questa sera
mentre tutti si divertono noi ci troviamo in alto mare dimenticati da tutti e
forse anche dai nostri cari. Allora scende nei nostri cuori un fitto velo di
malinconia e con l’animo triste ci corichiamo nelle nostre cuccette
asciugandoci di quando in quando qualche furtiva lacrima che non abbiamo potuto
trattenere.
P. C.bria 25-12-37
Giorno di Natale.
Ma è proprio vero che oggi sia Natale? A noi non sembra ma è così. Per noi questo
è un giorno molto più brutto degli altri. In che modo noi possiamo riconoscere
che oggi è Natale? Soltanto perché è segnato nel calendario. Oggi abbiamo avuto
una variante anche sul rancio, infatti in riconoscimento di questo grande
giorno: al solito pezzo di carne lessa, hanno aggiunto alcuni pezzetti di
cipolle condite con olio e aceto. Che bel pranzetto eh? Nel pomeriggio
arriviamo a Port Said dove ci fermiamo un paio d’ore.
Nel frattempo che
la nave sta ferma in porto un’infinità di venditori di tutte le razze saliti su
barche circondano la nave, vendendoci ogni sorta di roba, dai dolciumi alle
cose più svariate. Verso sera riprendiamo la rotta e imbocchiamo il canale di
Suez. In questo canale la nave procede lentissima e più di una volta si è fermata
per lasciare il passo ad altre navi. La traversata di questo canale ci ha
offerto un pittoresco spettacolo della natura e ci ha mostrato di quale
miracoloso lavoro sia stata capace la mano dell’uomo.
Ogni tanto da una
parte si vedevano dei bei villini tra giardini verdeggianti mentredall’altro
non si vedeva che l’arido deserto il quale contrastava con la bellezza dei
primi.
P. C.bria 26-12-37
Ci troviamo ancora
nel canale e giungiamo a Porto Suez nel pomeriggio. La nave si ferma un momento
per far scendere il pilota che ci ha accompagnato nell’attraversata del canale.
Intanto da terra molte persone ci salutano. Tra queste ci sono parecchi
Italiani che qui risiedono e noi li distinguiamo perché sventolano bandierine
tricolori. Dopo pochi minuti la nave riprende la sua lenta navigazione. Ora ci
troviamo nel Mar Rosso, questo mare è molto calmo, anche l’aria si comincia a
sentire che è più calda di prima. Ora anche il mal di mare è sparito da tutti
noi così si vedono tutti i militari come rinfrancati, incomincia a ritornare la
solita allegria, qua e là qualche gruppetto ricomincia a cantare, in una parola
sembra che la vita ritorni dopo tanti giorni di grigiore. Ora le mie giornate
le passo arrampicato in cima ad un pennone della nave dove ho trovato un posticino
comodo e quello è il mio posto preferito. Specialmente la sera è in quel posto
che passo delle ore di vera calma e tranquillità. Dopo aver consumato l’ultimo
rancio della giornata, insieme al mio carissimo amico Romolo Brugiatelli, salgo
su questo posto e tutti e due incominciamo delle lunghissime conversazioni ed
il nostro argomento preferito è sempre il solito: la fidanzata!
Raccontiamo l’uno
all’altro come assorti in un vago pensiero tutta la nostra vita i nostri amori,
non abbiamo un segreto che non sia conosciuto da entrambi. Alle volte le nostre
conversazioni subiscono lunghe pause e sono questi i nostri più bei momenti.
Ovunque regna una calma e una tranquillità veramente riposante, allora ecco che
la fantasia vola lontano vicino alle nostre persone più care, incomincio a
sognare ad occhi aperti, mi stringo vicino alla mia dolce fidanzata, sento laq
sua voce amorevole parlare vicino al mio orecchio e ripetere le parole più
dolci e care, in quei momenti di estasi soave mi sembra di non appartenere più
ai comuni mortali, parlo lungamente da solo, rispondo a tutte le sue domande
come se essa mi fosse veramente vicina, e questa estasi dura per ore ed ore
finché la stanchezza e il sonno non prendono il sopravvento su me ed allora
ritorno alla realtà e di cattivo umore mi ritiro e vado a dormire.
P. C.bria 30-12-37
Finalmente dopo
tanti giorni di navigazione, arriviamo al porto di Massaia. Appena sbarchiamo
ci vengono incontro due nostri vecchi amici, che si trovano in Africa da
qualche tempo quali operai. Il nostro incontro è molto affettuoso e subito dopo
il primo momento di commozione ci investiamo di domande. Essi vogliono avere
notizie dell’Italia mentre noi viceversa. Però il tempo che abbiamo a
disposizione è molto breve poiché c’è l’autocolonna pronta per partire e quindi
ci dobbiamo lasciare per salire sui camion. Partiamo subito alla volta di
Decamerè dove arriviamo a notte avanzata. Appena arrivati siamo rimasti molto
meravigliati nel sentire che faceva un freddo incredibile, veramente non ce lo
aspettavamo di trovare un freddo simile in Africa. C’era una nebbia che si
poteva tagliere con il coltello tanto era fitta. Facemmo subito le tende e
andammo a riposare. Questo riposo però è stato molto relativo se si considera
che abbiamo dormito per terra: il freddo era intenso, la terra bagnata e tutta
la notte non abbiamo fatto altro che battere i denti dal freddo.
Decamerè 31-12 1937
Mi sono svegliato
questa mattina che ero tutto intirizzito dal freddo e le ossa mi dolevano per
avere dormito per terra. Appena alzato aiuto i miei compagni a sistemare la
tenda.
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