Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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giovedì 31 marzo 2016
mercoledì 30 marzo 2016
Copertina Marzo 2016
QUADERNI ON LINE
Anno LXXVII, Supplemento online, III, 2016, n. 6
Marzo 2016
www.valoremilitare cesvam.blogspot.com
martedì 29 marzo 2016
Editoriale. Progetti e Programmi
Il terzo numero de "Quaderni on line", marzo 2016, ha visto, tra le altre note pubblicate, la pubblicazione dei riferimenti dei Progetti e dei Programmi che il Centro Studi sul Valor Militare ha messo in atto, tramite la Presidenza Nazionale, al fine di dimostrare la operatività e la validità aggredante dell'Istituto. Dopo la deludente stagione del 2015, in cui tra i 9 progetti presentati, cinque alla Presidenza del Consiglio, 4 al Ministero della Difesa, di cui solo uno accettato, si spera che nel 2016 le cose possano andare un pochino meglio. Il termine di scadenza per i progetti da presentare al Ministero della Difesa era il 29 febbraio, e lo abbiamo rispettato. Ora si tratta di aspettare, in attesa che la macchina ministeriale esamini, valuti e si pronunci.
Naturalmente non si rimane con le mani in mano; sono stati messi in esecuzione alcuni progetti, di cui alcune note sono apparse in questo mese di marzo e che devono essere integrate, essendo un post aperto per ogni file.
Si è iniziato con il Progetto "Il valore Militare al Femminile", a cui abbiamo dedicato la copertina di questo mese di Marzo. La Briganti Boni, prima donna decorata di medaglia d'oro al Valor Militare per i noti fatti delle operazioni del giugno 1915 in Libia, ovvero una delle prime medaglie d'oro della Grande Guerra. Ora si è alla ricerca delle singole decorate al valor militare, con la consueta difficoltà di trovare quelle decorate di Medaglia di Bronzo e di Medaglia d'Argento. Naturalmente ricerche superficiali ci danno solo le decorate di medaglia d'oro della guerra di liberazione, che alcuni siti, evidentemente poco aggiornati e incompleti, danno in numero 19, ma che non sono tali. Daremo, a pubblicazione avvenuta, le cifre esatte documetate per evitare le solite furbate di chi, senza ritegno, copia ed attinge alle ricerche ed al lavoro altrui. In questo momento si stanno approntando le motivazioni delle prime 43 donne decorate al valor militare, dei tre ordini di medaglia, con l'architettura prevista dal progetto.
Altro progetto messo in cantiere ed avviato, è quello relativo alla costituzione del Nastro Azzurro, dal 1923 al 1928. Sono stati inseriti i primi 100 soci iscritti, con il relativo medagliere personale. In un post di marzo sono stati pubblicati i nomi del primi 25 soci dell'Istituto.
E' stato impiantata, come terzo progetto avviato, l'indice e i temi di ricerca del progetto "Il Valore Militare negli eserciti preunitari", ovvero la ricostruzione di una "Breve storia dell'Esercito delle Due Sicilie dal 1789 al 1860", in cui emergerà la nascita del pensiero militare italiano.
Infine, con l'amico Aldo Terrusi, avviato il quarto progetto, dedicato al contributo italiano alla nascita dello Stato Albanese - 1943-1946, con il recupero e la informatizzazione di materiale al momento edito.
Infine l'avvio del "programma"Dalle Cantine. Dalle Soffitte" in cui invitiamo i soci a presentare ricordi, mementos e materiale iconografico d'epoca a produrlo per evitare che vada disperso.
Un mese intenso, che prevede anche una ristrutturazione ulteriore del Centro Studi, con la articolazione del tempo da dedicare ai vari segmenti dei progetti avviati.
massimo coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
lunedì 28 marzo 2016
Gli Ufficiali di S.M Caduti in Guerra. 1. Cugia di Sant'Orsola Luigi
APPROFONDIMENTI
Cap. Luigi Cugia di Sant'Orsola
Menzione Onorevole (Medaglia di Bronzo), Battaglia della Cernaia, 1854
Medaglia d' Argento al Valor Militare, Palestro, 30 Maggio 1859
Croce di Cavaliere, Ordine Militare di Savoia, alla memoria, Castelfidardo, 18 settembre 1860
Biografia
Cap. Luigi Cugia di Sant'Orsola
Menzione Onorevole (Medaglia di Bronzo), Battaglia della Cernaia, 1854
Medaglia d' Argento al Valor Militare, Palestro, 30 Maggio 1859
Croce di Cavaliere, Ordine Militare di Savoia, alla memoria, Castelfidardo, 18 settembre 1860
Biografia
CAP. LUIGI CUGIA DI SANT'ORSOLANacque a Torino il 1 maggio 1834. Allievo nell'Accademia Militare nel 1848,
ne uscì sottotenente di fanteria nell'agosto 1854. L'anno seguente partecipò
alla campagna di Crimea, rimanendo ferito da arma da fuoco ad una gamba nella
battaglia della Cernaia e meritando una menzione onorevole.
Nel 1858 fu ammesso al corso speciale di studi presso
il R. Corpo di Stato Maggiore, e l'anno seguente fu addetto
allo Stato Maggiore della IV divisione. In tale qualità,
prese parte alla campagna del 1859, guadagnando
una medaglia d'argento al valor militare
“per essersi distinto nella giornata di Palestro (30 maggio 1859)
e per i servizi resi durante tutta la campagna”.
Promosso quindi capitano e nominato ufficiale aggregato
al Corpo Reale di S. M. con determinazione del marzo 1860,
sei mesi dopo (il 18 settembre 1860), cadeva da prode sul
campo di Castelfidardo. Alla memoria del capitano
Cugia di Sant'Orsola fu decretata la Croce di cavaliere
dall'Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione:
“Per l'ammirevole sua condotta, slancio e sangue freddo
superiore ad ogni elogio, e perché con l'esempio e
con la voce, alla testa della sua compagnia, caricava
più volte alla baionetta con felice successo il nemico, perdendo la vita combattendo”.
sabato 26 marzo 2016
Grandi figure di Comandanti di Marina
APPROFONDIMENTI
Ferdinando Sanfelice di Monteforte
Chi sono i grandi Comandanti di Marina, come
indica il titolo? Si possono seguire due interpretazioni: la prima, più
classica, è quella di scegliere dei personaggi che siano un esempio di vita,
nella buona come nella cattiva sorte, per Voi giovani.
Come esempio di questo
primo approccio, vorrei citarVi un comandante della II Guerra Mondiale che,
quando la sua nave, colpita, stava affondando, riunì l’equipaggio, lo fece
calare in acqua e poi rimase a bordo, per affondare con la sua nave. Sentiamo
come lo descrisse il grande Buzzati:
“La sua figura nelle tenebre tra l’eco degli ultimi
schianti pareva ancora più alta del solito; essa aveva ancora la sua eleganza
severa e nessuno, tranne l’ufficiale di rotta, aveva notato il segno vermiglio
sulla guancia. Un ufficiale, voltandosi indietro mentre si allontanava a nuoto
lo vide ancora fermo in coperta. Poco prima aveva tratto di tasca l’astuccio
delle sigarette, ne aveva infilata una con cura nel lungo bocchino, aveva
acceso, come fosse una sigaretta qualsiasi (e non l’ultima della sua vita). Si
narra pure da alcuno che, in tal modo fumando, si sia allontanato verso prora,
sulle lamiere già oblique, in silenzio, scomparendo tra nembi di fumo. Forse desiderava
restare qualche istante ancora da solo, a pensare, per dire addio alla nave
morente”[1].
La seconda strada, che
seguirò oggi, è invece quella di parlarVi di alcuni comandanti che sono
divenuti grandi, per effetto delle vittorie che essi hanno conseguito. Questa
scelta riflette una distinzione che, fin dall’epoca dell’Unità, è stata fatta
nell’assegnare le decorazioni, rispettivamente ai valorosi ed ai vittoriosi:
infatti, oltre alle medaglie al valore, che premiano il coraggio, anche se
sfortunato, vi sono sempre state le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia
che, prima della Repubblica, si chiamava Ordine Militare di Savoia.
Queste ultime, in
particolare, sono sempre state concesse a chi avesse riportato una vittoria,
evento che, come diceva Napoleone, è “il grande fattore morale, che raddoppia
le energie, che domina la guerra e che diffonde l’ebbrezza della fiducia,
rafforzata dal successo ottenuto”[2].
Intendiamoci bene! Non
sempre chi vince è un personaggio che meriti di essere riprodotto, con tanto di
aureola, nelle immaginette dei santi, da tenere dentro il Messale Romano, e
guardare la domenica alla Santa Messa. Talvolta i vittoriosi – e lo stesso
Nelson non sfugge a questa regola - sono dei tipacci, che uniscono all’enorme
genialità dei terribili difetti di carattere, e ne vedremo, alla fine, un
esempio. Questo spiega perché, in Marina, si preferisca esaltare l’ardimento,
il valore, il sacrificio dei singoli, piuttosto che questo tipo di personaggio,
decisamente scomodo e controverso.
Peraltro, dovendo
arrivare gradualmente a questo tipo di persona, partiremo da un “vincitore
tranquillo”, senza gravi difetti di carattere.
Il primo personaggio di
cui vi parlerò è infatti il Comandante Giovanni Cerrina Feroni, poi divenuto
Ammiraglio di Squadra della Riserva Navale (scopriremo il perché fra poco).
Nato a Firenze il 18 luglio 1866, Cerrina Feroni frequentò l’Accademia con
risultati di rilievo, tanto che, sulla sua prima nota caratteristica,
l’Ammiraglio Comandante scrisse, il 30 settembre 1886, “è il primo del suo
corso. Promette di farsi un buon ufficiale”. A dire il vero, il Comandante alla
classe, pur riempiendolo di lodi, visto che, durante la campagna navale estiva,
Cerrina aveva svolto da Allievo le funzioni di un Guardiamarina, annotava alla
fine: “se seguita ad occuparsi e diventa più attivo, sarà un buon ufficiale”,
segno che, come tutti i giovani, anche lui aveva i suoi momenti di pigrizia.
Dopo l’Accademia, nelle
successive destinazioni d’imbarco, prima nel Mar Rosso e poi nelle Americhe,
tutti i Comandanti che lo avevano avuto a bordo dichiararono di averlo
impiegato con funzioni del grado superiore, e lo proposero per promozioni
anticipate. Questa proposta, normalmente, suscitava le ire degli Ammiragli che
revisionavano le note caratteristiche, non tanto per scetticismo, ma per il
bisogno di evitare carriere molto più rapide della media del tempo, purtroppo
molto lenta.
Vediamo quindi il
Contrammiraglio Martinez che osserva: “buon ufficiale e basta!”, il Vice
Ammiraglio Lovera di Maria che dice “confermo, con riserva circa la promozione
a scelta”, e così via. Da notare che tutte queste note entusiastiche
riguardavano imbarchi su navi destinate all’estero, in Mar Rosso o nelle due
Americhe, in un’epoca in cui, da quella parte del mondo, si navigava senza una
cartografia attendibile, si facevano brutti incontri per mare e, quando si
scendeva a terra, armati fino ai denti, si rischiava la pelle ogni momento.
Le nostre navi, poi, non
erano le più adatte a navigare nei mari lontani, vuoi nel caldo asfissiante
delle zone equatoriali, vuoi con l’onda lunga dell’oceano. Sentite questo
rapporto di navigazione della Regia Nave Etna,
dove era imbarcato il T.V. Cerrina, quando passò un giorno alla cappa, non
potendo, per il cattivo tempo, entrare a Madera: la nave
“si
abbandonava a lente rollate di 35º in media, e nonostante che la velocità fosse
stata ridotta al minimo consentito per governare, il mare invadeva
violentemente la prua ed il palco di comando, minacciando avarie”[3].
All’epoca, invece delle belle plance che
vedete, quando andate a bordo, vi era una specie di palchetto, aperto a tutte
le intemperie, dove stavano il comandante e l’ufficiale di guardia. Vi ricordo
anche che la stessa parola “plancia” viene dal francese “planche”, che vuol dire
“tavola”, del tipo, per intenderci, di quelle usate nell’edilizia!
Il fatto è che,
comunque, in mezzo a tutte queste difficoltà, il giovane Tenente di Vascello
Cerrina Feroni, come scrisse un suo Comandante, dimostrava di possedere “in
alto grado le migliori doti che possano desiderarsi in un ufficiale”, oltre ad
essere poliglotta, e quindi particolarmente ricercato per destinazioni su unità
destinate in mari lontani.
Dopo tanti anni
d’imbarco, arrivò, come accade ad ogni buon Ufficiale alla Rotta ed ai Segnali,
il momento di fare l’Aiutante di Bandiera ad Ammiragli in Comando Navale. Era
il 1895, ed il TV Cerrina Feroni si rese talmente utile che i suoi Ammiragli
non lo mollarono, se non per farlo andare in Comando, ben quattro anni dopo.
Merita citare, a tal
proposito, la lettera che il suo Ammiraglio, nel lasciarlo andare, scrisse
nientemeno che al Ministro della Marina:
“sento il dovere, nel separarmi da lui, di
segnalare all’E.V. i meriti di quest’ufficiale, abilissimo in tutto quanto può
richiedersi da un militare del suo grado, molto zelante, intelligente, dotato
di ottimo carattere e di molta coltura (sic!)”.
Il comando si svolse
prima sulle Torpediniere e poi sul Rimorchiatore Ercole, basato a Napoli ed impegnato per mille servizi, fra cui il
rimorchio di bettoline a La Maddalena. Per inciso, questa base era stata ideata
in funzione anti-francese e, a quell’epoca, era ancora in costruzione, mentre,
nel frattempo, i rapporti con i nostri cugini d’oltralpe erano diventati di
nuovo amichevoli. Inutile dire che, anche durante quel periodo, piovvero ben
meritati elogi sul giovane comandante.
Dopo essersi distinto in
quel modo, dove poteva andare un giovane e brillante ufficiale, nella sua prima
destinazione a terra? Ovviamente a Roma, dove il Comandante Cerrina fu prima ai
movimenti ufficiali e, dopo il comando del Barbarigo,
ancora nel Mar Rosso, nell’ufficio del Capo di Stato Maggiore, o per meglio
dire, in quello che fu il nucleo iniziale di uno Stato Maggiore, inteso come
oggi, e quindi un organismo che guarda avanti, prepara piani e programmi, in
sintesi delinea la politica di Forza Armata.
Ma la penetrazione
italiana nel Corno d’Africa richiedeva personaggi di qualità, ed il Ministero
delle Colonie chiese il Comandante Cerrina per sostituire “temporaneamente” il
governatore del Benadir – per intenderci, la zona di Mogadiscio – che si era
ammalato.
Come spesso accade da
noi, questo incarico, che doveva durare pochi mesi, lo occupò invece per tre
anni, visto che i suoi sostituti si rendevano indisponibili l’uno dopo l’altro,
sempre all’ultimo momento. Certo, governare il Benadir non era una destinazione
di tutto riposo, ma sorge il sospetto che il Ministero delle Colonie fosse
giunto alla conclusione, come dice il proverbio, che “cavallo vincente non si
cambia” e fece di tutto per tenersi il Comandante Cerrina, promosso, nel
frattempo Capitano di Vascello.
Questo tira e molla,
peraltro, aveva sollevato qualche malumore, in Marina, tanto che, una volta
rientrato e destinato in comando del piccolo incrociatore Liguria, il suo Ammiraglio, Borea Ricci, osservò nelle note
caratteristiche, nel novembre 1911, che il comandante Cerrina “è uno di quegli
ufficiali che non vissero nel Corpo né sul mare a sufficienza. È un peccato che
quest’ufficiale resti sempre e troppo a terra, perché è molto intelligente e se
navigasse sul serio potrebbe giustamente aspirare ad alti comandi”.
Inutile dire che queste
valutazioni erano un tantinello ingiuste, e lo si vide pochi mesi dopo quando,
nell’imminenza della guerra con la Turchia, al Comandante Cerrina fu affidato
il Comando Superiore delle nostre forze navali in Mar Rosso, incarico
normalmente affidato ad un Contrammiraglio.
Non si poteva fare una
scelta migliore, ed i risultati si videro subito: le nostre navi erano
dovunque, lungo le coste nemiche dell’attuale Arabia Saudita e dello Yemen,
costringendo il nemico sulla difensiva. Inoltre, il Comandante Cerrina convinse
gli sceicchi dello Yemen a ribellarsi all’Impero Ottomano, moltiplicando quindi
le difficoltà per le truppe turche che presidiavano la penisola arabica,
finché, il 6 maggio 1912, le nostre navi sorpresero la flottiglia nemica nella
baia di Kunfida, oggi Al Qunfudhah, distruggendo l’intera flottiglia di 7
cannoniere e catturando lo yacht Fauvette,
nave di bandiera del commodoro turco, che fu portato a Massaua, come preda di
guerra.
Bisogna notare che, con
questa azione, la Marina Italiana aveva conquistato, nel Mar Rosso, il dominio
assoluto del mare, evento rarissimo nella storia e sempre considerato, dagli
studiosi di strategia, come il fine ultimo da perseguire, nella guerra navale.
Il Comandante Cerrina Feroni rimane, quindi, l’unico marinaio italiano a poter
vantare un tale risultato. La motivazione della commenda di Ufficiale
dell’Ordine Militare di Savoia è chiarissima: “egli ottenne l’annientamento di
tutte le unità nemiche stazionanti nel Mar Rosso”. Non vi sono motivazioni
simili in tutta la nostra storia, a parte questa!
Alla fine della guerra,
lo stesso Presidente del Consiglio, Giolitti, lo impiegò per svolgere delle
missioni di diplomazia segreta nel 1913, e poi lo fece passare al Ministero
delle Colonie, alee cui dipendenze egli trascorse il resto della sua carriera,
divenendo prima governatore dell’Eritrea e quindi governatore della Somalia.
In fondo, seguendo la
sua passione per l’Africa, egli aveva trovato un modo elegante per uscire di
scena, sottraendosi quindi alle invidie dei colleghi e dei superiori. Vedremo
fra poco cosa accade, nel caso contrario.
Negli anni che
seguirono, la Marina, in segno di riconoscenza, gli conferì tutte le
promozioni, quale ufficiale della Riserva navale, fino al grado di Ammiraglio
di Squadra. Andato in pensione, Cerrina Feroni si stabilì a Roma, dove morì il
2 luglio 1952, a 86 anni.
Oggi, nel quartiere
romano delle Medaglie d’Oro, fra le traverse di via Trionfale,si può notare,
dopo via Premuda, una via Cunfida (sic), il ricordo più tangibile che ci
rimane, nella capitale, della più importante vittoria mai conseguita dalla
nostra Marina.
Agli atti dell’Ufficio
Storico, inoltre, c’è una lettera che dice molto sull’importanza dell’azione
svolta dal Comandante Cerrina in Mar Rosso, azione culminata con la vittoria di
Kunfida. L’allora Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, alla fine della
guerra, scrisse infatti questa valutazione sul nostro personaggio,
controfirmata dal Capo di Stato Maggiore:
“L’azione svolta e diretta dal Comandante Cerrina
durante tutto il lungo periodo di guerra, in cui tenne il Comando Superiore
navale in Mar Rosso, fu sotto ogni riguardo oltremodo
commendevole, sia per gli alti concetti cui la ispirò, sia per i risultati
ottenuti, tanto nel campo guerresco che politico.
È con sicura coscienza che io sono in grado di
giudicarlo meritevole della qualifica di Ottimo, per brillanti qualità di
mente, vasta coltura professionale e generale, tatto diplomatico, squisita
educazione civile e militare ed alto sentimento del dovere”.
La firma, in fondo alla
lunga lettera, scritta di pugno, come si diceva un tempo, è quella del
Contrammiraglio Emanuele Cutinelli Rendina, che era stata la mente pensante
delle nostre azioni navali, durante quella guerra. È proprio di lui che
parleremo ora.
Emanuele Cutinelli
Rendina era nato a Napoli il 224 novembre 1860, ed entrò alla Scuola di Marina
il 1 novembre 1874, come si usava allora, uscendone fra i primi, nel 1879.
L’anno dopo, egli contrasse la sifilide, malattia che gli rese la salute
cagionevole, costringendolo a cure periodiche all’estero, ma che non ne piegò
il carattere né tantomeno la voglia di fare.
A bordo, il suo comportamento
disciplinare non fu certo dei migliori: nel 1883 prese 3 giorni di arresti di
rigore per non essersi recato al posto di manovra generale, poi nel 1886 egli
si batté in duello, alla sciabola, con un sottotenente dell’Esercito, per una
questione di donne, buscandosi un massimo di rigore. Ancora, nel 1888, gli
furono comminati altri arresti di rigore “per il modo sconveniente con cui fu
da lui redatto il Giornale di Chiesuola”. Infine, nel 1889, egli si fece tre
mesi di fortezza, a Forte Belvedere a Firenze, per essere andato a pernottare a
terra, essendo ufficiale d’ispezione sulla nave scuola canonieri Città di Napoli.
A questo punto, Voi
direste che l’ufficiale era un fallito, e che sarebbe stato messo in un angolo,
a condurre una carriera di scarso rilievo, senza soddisfazioni. Invece, si
verificò, ogni volta, uno strano fenomeno: lo stesso comandante che, per
beccarlo in flagrante e mandarlo in fortezza, si era alzato prestissimo per
andare a bordo alle 5 di mattina, scrisse infatti di lui, sulle note
caratteristiche: “buon ufficiale, che promette ottima riuscita. Sveglio,
attivo, rispettoso”. Anche in tutte le altre valutazioni, a parte un ricorrente
“non ancora ben piegato alla disciplina” i giudizi elogiativi si sprecavano, in
quanto Cutinelli, come riconosciuto da tutti i suoi superiori, “sa farsi molto
benvolere dai suoi inferiori mantenendo bene la disciplina ed ottenendo che
lavorino di buon animo”. Anche per lui, abbondarono le proposte di avanzamento
a scelta, malgrado la nota riluttanza degli Ammiragli verso un tal tipo di
provvedimento.
Quando Cutinelli andò in
comando, prima sull’Avviso Torpediniere Aquila,
e poi sul Rimorchiatore Atlante, i
Comandanti in Capo scrissero: “ottimo ufficiale, manovra la sua nave molto
bene; non manca di notevole ardimento. È dotato di molto sangue freddo”. Si era
nel 1896, l’anno della sconfitta di Adua, ed in questo periodo il T.V.
Cutinelli ebbe pure una decorazione prussiana, per un evento che non è rimasto
agli atti, ma che ha sicuramente una relazione con quei giudizi tanto
elogiativi sul suo sangue freddo.
Dopo questi eventi, gli
anni successivi furono, per Cutinelli, influenzati da una serie di difficoltà
personali, dalla salute della moglie, che per avere dei figli si sottopose a
tante operazioni, fino a morirne nel 1899, dalle cure per la sua malattia, che
lo costrinse per alcuni anni a rinunciare a destinazioni d’imbarco prestigiose.
Qualche anno dopo, nel
1903, il Comandante incorse in un altro incidente, avendo preso a schiaffi il
Direttore del giornale “La Palestra” di Taranto, che aveva lanciato accuse, poi
risultate non veritiere, contro di lui ed un altro ufficiale, come poi venne
fuori in sede di giudizio.
Qual’era la causa?
L’anno prima, durante dei disordini provocati dagli operai dell’Arsenale, il
comandante Cutinelli era andato a calmare gli animi, evitando l’intervento
delle forze dell’ordine, all’epoca decisamente violento, anche a costo di
buscare “colpi dei corpi contundenti” come disse il rapporto sui fatti. Il
resoconto fatto dal “La Palestra” presentava però i fatti sotto tutt’altra
luce, da cui la vendetta del comandante.
Di conseguenza,
Cutinelli ebbe il comando del vecchio Duilio,
in attesa di demolizione, e fu quindi inviato a comandare l’Urania, in Mar Rosso, in modo che restasse
lontano per un bel po’. Sul campo d’azione, di nuovo vennero fuori le qualità
dell’uomo, che resse anche, per qualche tempo, il comando della Stazione
Navale, vale a dire quello di tutte le navi dislocate nell’area.
Ritornato in Patria,
Cutinelli ebbe il comando della corazzata Emanuele
Filiberto, e quindi della Regina Margherita, dove si distinse
nell’organizzare i soccorsi durante il terremoto di Messina, meritando un
ennesimo encomio, oltre al giudizio “possiede qualità che lo fano emergere”.
Di questo periodo rimane
anche la testimonianza di un giovane ufficiale, Vittorio Tur, che scrisse,
nelle sue memorie, a proposito di Cutinelli: “sapeva portare con abilità la
nave, farsi benvolere dai suoi inferiori. Grande giocatore, intelligente,
simpatico con coloro che gli andavano a genio, marinaio, fece ottima figura”[4].
Pochi mesi dopo, però,
Cutinelli ne combinò un’altra delle sue, andando a Venezia, in incognito, dopo
aver dichiarato di fare le cure a Salsomaggiore, e autorizzando addirittura il
suo comandante in seconda a partire con la nave per le manovre estive,
raggiungendola qualche giorno dopo, a Torre Gaveta, a nord di Napoli, con una
motobarca. Giustamente, gli fu comminato un “severo rimprovero” insieme alla
valutazione che “i suoi atti, nei rapporti disciplinari, non furono sempre
informati alla dovuta ponderatezza”.
Anche qui, penserete, la
sua carriera sarebbe finita. Venne invece l’incaglio del nuovissimo
incrociatore San Giorgio, sulla Secca
della Cavallara, davanti al villaggio di Marechiaro, ben noto per le canzoni
napoletane. La nave stava conducendo le prove di macchina, e volle passare
troppo rasente alla boa, che poi risultò fuori posizione, finendo di
conseguenza sugli scogli.
Al Comandante Cutinelli
venne affidato il comando dell’unità, che fu salvata grazie alla collaborazione
fra lui ed il Comandante Cagni, malgrado i due si detestassero e si facessero
dispetti terribili. In premio, gli fu conferita dal Re, motu proprio, la Commenda dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro,
“per aver assunto il comando della Regia Nave San Giorgio, in un momento
difficile e pericoloso ed averlo conservato in maniera superiore ad ogni elogio
durante il non breve periodo delle operazioni di salvataggio e per aver
contribuito efficacemente al salvataggio medesimo dal punto di vista
marinaresco”.
Venne quindi la guerra
con la Turchia, e Cutinelli, da poco promosso Contrammiraglio, fu tolto dalla
Direzione dell’Arsenale di Venezia e destinato a Roma, nell’incarico di
Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, come abbiamo visto.
In effetti, i piani per
la dimostrazione davanti a Beirut della Squadra navale, che affondò le navi
turche nel porto, quelli dell’incursione nei Dardanelli e dell’occupazione di
Rodi e del Dodecanneso uscirono tutte dalla sua mente vulcanica. La sua opera
fu giustamente premiata dal Sovrano, che gli conferì il titolo di Grande
Ufficiale, sempre dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro.
Finita la guerra,
l’Ammiraglio Cutinelli ebbe il comando della Divisione Navale più importante,
quella delle nuove corazzate veloci della classe Vittorio Emanuele. Un suo ufficiale lo descrisse così: “Cutinelli
era un uomo che senza dubbio possedeva le qualità per emergere ed essere un
capo brillante, energico e trascinatore di uomini. Alto, forte e asciutto,
bruno, caratteristico nel suo modo di fare e di trattare, ebbe momenti felici
nella sua carriera”[5].
A proposito dei suoi
modi di fare, si racconta un aneddoto, che risale a questo periodo. Cutinelli
era solito finire il pranzo, con gli ufficiali del suo Stato Maggiore, levando
i calici e pronunciando il caratteristico augurio tipicamente napoletano,
ironico ed allusivo, anche se un tantinello scostumato, “a’soreta”. Durante una
campagna in Nord Europa, egli diede un pranzo in onore di un Ammiraglio olandese
e, per la forza dell’abitudine, al momento dei brindisi, dopo il discorsetto di
prammatica, pronunciò il solito augurio, senza pensarci troppo.
L’Ammiraglio olandese
rispose con un altro discorsetto altrettanto gentile, finendo però con quella
frase, ugualmente partenopea, che si usa per rispondere alla prima allusione,
“a’mammeta”. Consapevole di aver sorpreso tutti, questi rivelò quindi di aver
trascorso gli anni della giovinezza a Napoli, dove il padre era Console, ed
aver imparato lì tutte le frasi proibite di quella lingua. Inutile dire
l’amicizia che si instaurò fra i due, grazie a questo episodio!
[1] D. BUZZATI. Il Buttafuoco. A. Mondadori, 1992.
pgg.16-17.
[2] A.T.MAHAN. Strategia Navale. Ed. Forum Relazioni
Internazionali, 1997. Vol I, pg. 111.
[3] U.S.M.M. Storia delle Campagne Oceaniche della R.
Marina. 1992. Vol II pg. 254.
[4] V. TUR. Plancia Ammiraglio. Ed. Moderne
Canesi,1960. Vol II, pg. 119.
[5] Ibid. pg.240.
venerdì 25 marzo 2016
Progetto Le Origini del Nastro Azzurro 1923-1928. Da Istituto ad Ente Morale
E' stato avviato il progetto "Le Origini del Nastro Azzurro 1923-1928. Da Istituto ad Ente Morale".
La trascrizione dei soci è fatta a blocchi di 25 nomi, in modo tale che si possa avere il conto delle medaglie assegnate.
I primi venticinque iscritti all'Istituto del Nastro Azzurro, per un totale di 74 Medaglie al Valor Militare, sono i seguenti soci:
1 | Benito Mussolini | Capo del Governo | Roma |
2 | Acerbo Giovanni | SSS di Stato | Roma |
3 | Sardi Alessandro | SSS di Stato | Roma |
4 | Ciano Costanzo | Ministro | Roma |
5 | Suardo Giacomo | Onorevole | Roma |
6 | De Cesaris Ulderico | Capitano | Roma |
7 | Brenci Alessandro | Ingegnere | Roma |
8 | Gazzoni Umberto | Avvocato | Roma |
9 | Simoni Simone | Cavaliere | Roma |
10 | Polu Ettore | Cavaliere | Roma |
11 | Lissia Pietro | Eccellenza | Roma |
12 | SAR Emanuele di SA | Conte di Torino | Roma |
13 | Borricelli Maurizio | Segretaro Gen. | Roma |
14 | SAR Duchessa | D'Aosta | Firenze |
15 | SAR il Duca | D'Aosta | Firenze |
16 | Federzoni Luigi | Ministro Colonie | Roma |
17 | Caviglia | Tenente Generale | Roma |
18 | Diaz Armando | Tenente Generale | Roma |
19 | Trombetti Ugo | Dottore | Roma |
20 | Del Vecchio Pietro | Avvocato | Roma |
21 | Borni Alberto | Colonnello | Roma |
22 | Torse Edoardo | Dottore | Roma |
23 | Vaccari Giuseppe | Tenente Generale | Venezia |
24 | Natale Pier Tommaso | Dottore | Roma |
25 | Benedetti Achille | Commendatore | Roma |
Da Notare che la Duchessa d'Aosta è iscritta in quanto decorata di Medaglia d'Argento al Valor Militare, unica donna iscritta fra i primi 25 soci. In totale vi sono 6 Gran Corce dell'Ordine Militari di Savoia, 1 Cavaliere dello stesso Ordine, 4 Medaglie d'Oro, 38 Medaglie d'Argento, 14 Medaglie di Bronzo ed 11 Promozioni per merito di Guerra, per n totale di 74 medaglie
Massimo Coltrinari
con la collaborazione di Alessio Pecce
Info: direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org
giovedì 24 marzo 2016
Progetto. Esercito Borbonico dal 1789 al 1860. La nascita del pensiero militare italiano
PROGETTI
In merito al progetto posto in essere relativo all'Esercito delle Due Sicilie, in cui si analizzeranno gli ordinamenti e le istituzioni, per sviluppare approfondimenti sulla nascita del pensiero militare italiano nella prima metà dell'ottocento, si riporta il titolo della pubblicazione dell'indice alla data odierna.
Notizie e informazioni: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
In merito al progetto posto in essere relativo all'Esercito delle Due Sicilie, in cui si analizzeranno gli ordinamenti e le istituzioni, per sviluppare approfondimenti sulla nascita del pensiero militare italiano nella prima metà dell'ottocento, si riporta il titolo della pubblicazione dell'indice alla data odierna.
Notizie e informazioni: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
Breve
Storia dell’Esercito
delle
Due
Sicilie 1789-1860
Presentazione . …….x
Prefazione . x
Ringraziamenti . x
Nota dell’Autore . x
Premessa . x
Introduzione. Le vicende storiche x
Capitolo 1 – La struttura x
1.1. Nota introduttiva x
1.2. Ministero x
1.3. Comandi x
1.4. Fanteria di Linea x
1.5. Cavalleria x
1.6. Corpi di Casa Reale x
1.5. Invalidi x
1.5. Le Milizie x
Capitolo 2 – La Giustizia Militare e la Disciplina x
2.1. Ordinanza del 22 maggio 1789 x
2.2. Reati in materia di subordinazione x
2.3. Delitti dei Soldati x
Capitolo 3 – Il Reclutamento e L’Istruzione x
3.1. Ufficiali: reclutamento x
3.2. Truppa: Reclutamento x
3.3. Avanzamento x
3.4. Istruzione x
3.5. Servizio e vita Quotidiana x
Capitolo 4 – Amministrazione e Servizi x
4.1. Bilanci x
4.2. Gli organi amministrativi centrali x
4.3. Amministrazione interna dei Corpi x
4.4. Stipendi e Paghe x
4.5. Pensioni x
4.6. Infrastrutture ed appalti x
Capitolo 5 – Commissariato x
5.1. Vettovagliamento x
5.2. Vestiario x
5.3. Armamento x
5.4. Servizio Sanitario x
5.5. Rimonta x
5.6. Assistenza Spirituale x
Capitolo 6 – Uniformi x
6.1. Introduzione x
6.2. Generali e Stato Maggiore x
6.3. Fanteria di Linea e Fanteria Leggera x
6.4. Cavalleria x
6.5. Artiglieria e Genio x
6.6. Casa Reale x
6.7. Invalidi e Veterani x
6.8. Milizie Urbane e Milizie Provinciali x
6.9. Bandiere x
Conclusione. . x
Postfazione. . x
Documenti. . x
Bibliografia x
Elenco Collana Storia in Laboratorio. x
mercoledì 23 marzo 2016
Marquet Giovanni (a cura di) I Combattenti di Cefalonia e Isole dell'Egeo
SEGNALAZIONE LIBRARIE
IL VOLUME COPRE TUTTO L'ARCO DELLA CRISI ARMISTIZIALE DEL SETTEMBRE 1943.
IL SUO LIMITE, COME QUASI TUTTA LA STORIOGRAFIA DI RIFERIMENTO E' QUELLO DI NON CONSIDERARE,
AVENDO CONSIDERATO LERO E LE ISOLE DELL'EGEO,
GLI AVVENIMENTI IN ALBANIA,
I CUI COMBATTIMENTI SI SONO PROTATTI FINO
AL 3 OTTOBRE 1943
DA PARTE DELLA DIVISIONE "PERUGIA" A SANTI QUARANTA,
PROPRIO DI FRONTE A
CORFU' E CEFALONIA
EDEITO DALLA CONFEDERAZIONE ITALIAN FRA LE
ASSOCIAZIONI COMBATTENTISTICHE E PARTIGIANE
COMITATO PROVINCIALE DE LA SPEZIA
martedì 22 marzo 2016
sabato 19 marzo 2016
Guerra di Liberazione. La Missione "Man" nelle Marche
Arnaldo Angerilli
RELAZIONE MISSIONE
MILITARE “MAN” DEL 17/7/1944 – Note aggiuntive di chiarimento ed integrazione –
La divulgazione, dopo quasi quarant’anni
dalla stesura, della relazione “riservata” che il Capo della Missione Militare
“Man”, generale Salvatore Melia, compilò per il Comando Supremo (S.I.M.-Sezione
Calderoni), ha provocato da parte di alcuni protagonisti della Resistenza del
Maceratese osservazioni critiche sulle quali ritengo opportuno, nella veste di
membro superstite della Missione, intervenire per chiarire il senso del
documento, esplicitare qualche fatto forse troppo sommariamente esposto ed ovviare
a qualche omissione.
Collaborai
alla elaborazione della relazione sul piano puramente informativo di
fatti ed episodi, mentre le considerazioni di ordine politico militare e le
osservazioni conclusive riflettono le impressioni, le convinzioni ed i giudizi
del Generale Melia sulle vicende che caratterizzarono la Resistenza nelle
Marche.
E’ indubbio che la relazione, stilata da un
onestissimo Generale in s.p.e. dell’Esercito Italiano, il quale in un momento
difficile aveva scelto a Bari la via della lotta al nazifascismo in
territorio occupato dal nemico, può apparire freddamente burocratica, in quanto
priva di aggettivi esaltante e legata a fatti e circostanze non sempre
percepibili nella loro compiuta verità, per il susseguirsi e l’accavallarsi
convulso e violento degli accadimenti; la ricostruzione “a posteriori” di fatti
non è stata quindi agevole, anche se vicina nel tempo agli stessi, ed è
probabilmente viziata, in taluni casi, da giustificabili inesattezze.
La
operatività della Missione fu condizionata dalla esiguità numerica della stessa
(due componenti), dal fatto che il Capo Missione, molto conosciuto specie nel
Maceratese, doveva agire con estrema cautela, dal non aver saputo o voluto
acquisire organicamente qualche valido collaboratore, dalla etichetta
“monarchica e badogliana” che suscitava, in particolare agli inizi, in taluni
esponenti politici diffidenze e prevenzioni, per altro ricambiate dalla Missione.
D’altro
canto non si può tacere che la Missione aveva anche il compito di appurare, informando
il S.I.M., la consistenza e l’armamento delle formazioni
partigiane di sinistra (comuniste in particolare),
alle quali talvolta venivano lesinati i “lanci” a vantaggio di gruppi di altro
colore, privilegiando quelli militari e monarchici.
Superando
mentalità, abitudini, concezioni acquisite nell’ambiente del regio Esercito, i
componenti della Missione si “calarono” nella realtà della Resistenza, che era
una guerra di popolo contro i nazifascisti, di civili in armi insofferenti di
discipline formali e di gradi che non rispecchiassero autentici valori umani e
professionali.
Anche
nelle Marche gli Antifascisti, gli ex confinanti e detenuti politici, i
combattimenti delle brigate internazionali di Spagna ebbero una funzione
preminente e decisiva nella costituzione e nella organizzazione delle
formazioni partigiane, nella educazione politica, ispirata agli ideali di
Libertà, Giustizia sociale e Democrazia dei giovani provati dalle guerre di
aggressione fasciste, disorientati dalla catastrofe in cui il fascismo aveva
precipitato l’Italia, avviliti e braccati dagli occupatori nazisti e dai
repubblicani.
Avvalendosi delle esperienze di vita cospirativa
acquisite duramente nel corso del ventennio fascista e nella guerra
antifranchista, essi furono i promotori, i coordinatori ed i validi strateghi,
sul piano politico-militare, della guerra partigiana.
La Missione ebbe proficui incontri e contatti di
natura organizzativa ed operativa con diversi esponenti Antifascisti i quali,
indipendentemente dal loro credo
politico ed in assoluta unità da intenti, fornirono lealmente informazioni,
assistenza, coperture, nascondigli, nel rispetto di una ermetica segretezza; la
loro valida collaborazione consentì ai componenti della Missione, tra l’altro,
di sfuggire alla cattura dei nazifascisti.
Ritengo doveroso ricordare i loro nomi: Balzelli
Goffredo, Bartocci Guido (Flette), Bragina Astorre, Buscalferri Aldo, Carelli
Augusto, Crucianelli Gino, D’Innocenzo Ezio, Fattorini Mario, Morello don
Cesare, Pallotta Mariano e fratello, Pasquini Silvio, Pianesi Mario, Ricci
Ottavio (Nicola), Rocchi Zeno, Sarti Ernesto, Tommasi Annibale.
I contatti ed i collegamenti della
Missione con le formazioni partigiane ed i Comitati di Liberazione della provincia
di Ascoli Piceno furono limitati e salutari, dopo quello avvenuto in Fermo
nei giorni immediatamente successivi allo sbarco presso le foci del Tenna.
L’azione organizzativa del Colonnello Petroni Paolo,
investito del Comando militare provinciale, incontrò seri ostacoli ed approdò a
scarsi risultati, anche pel frazionamento delle formazioni e per l’eccessivo
spirito di autonomia operativa delle stesse.
La ricetrasmittente “RAR” rimase pressoché
inutilizzata per gravi carenze dei responsabili, compromettendo collegamenti e
lanci.
Dopo i rastrellamenti del Marzo 1944 il Comitato di
Liberazione, senza sentire il parere della Missione, sostituì il Colonnello
Petroni con il Maggiore Strinati.
L’azione di comando del Colonnello Petroni si svolse
essenzialmente nelle zone di Montefortino e di Montemonaco, con influenza
diretta sul gruppo del Tenente Mario Cassio.
Frequenti
invece i rapporti, anche per la lunga permanenza della Missione nel Maceratese,
con il C.L.N. di Macerata e le formazioni partigiane della provincia, ad
accezione di quelle operanti nelle zone di San Severino Marche e di Cingoli,
efficienti, validamente inquadrate e comandate che avevano i loro supporti
logistici ed i vertici politico-militari nell’Anconetano.
Si incontrarono difficoltà nella designazione di un
responsabile militare provinciale per la riluttanza di diversi ufficiali
superiori dell’Esercito, inutilmente interpellati e sollecitati ad uscire da
una passiva attesa degli Alleati.
Venne infine nominato il Colonnello di Commissariato
Egidi Walfrido che si prodigò efficacemente in compiti organizzativi,
partecipando valorosamente ad azioni di guerra.
Efficiente e funzionante, anche nei periodi più
difficili e tormentati, la radio “PRD” su cui poggiò la Missione, grazie al
costante ed eroico impegno del responsabile Pirani Florindo e del marconista De
Arcangelis Silvio, abilmente sfuggiti, più volte, alle ricerche dei
radiolocalizzatori tedeschi.
L’incontro tra il Generale Melia e l’Ing.Gino Tommasi
(Annibale), avvento i primi di febbraio 1944 nei pressi di Caldarola presenti
lo scrivente ed Ernesto Sarti, dopo le iniziali reciproche diffidenze, si
rivolse in un aperto dialogo con ampie convergenze sul piano organizzativo ed
operativo.
Dopo l’arresto dell’Ing.Tommasi l’8 Febbraio in Ancona
la Missione, nonostante reiterati tentativi, non riuscì a stabilire contatti né
a promuovere incontri con il Maggiore Amato Tiraboschi, subentrato nel Comando
militare.
Quanto al
comandante della guardia nazionale repubblicana di Macerata colonnello
Bassanesi, in un colloquio su richiesta dello stesso in epoca molto vicina alla
liberazione di Macerata, riportai la netta impressione che si preoccupasse
soltanto di salvare, con una tardiva ed inutile collaborazione,
incolumità personale e perfino la posizione militare.
La mancata collaborazione di diversi ufficiali
superiori dell’Esercito residenti nel Maceratese, che ai rischi di una
partecipazione preferirono un ambiguo attesismo, non incise in modo rilevante
sull’apparato militare dell’organizzazione partigiana. D’altra parte non tutti
gli ufficiali riuscivano a superare i rigidi schemi tattico-disciplinari,
professionalmente acquisiti in lunghi anni di militanza nel regio Esercito, ed
a comprendere la peculiarità e le specificità della guerra partigiana.
In taluni casi, peraltro rari, l’azione di comando di
ufficiali, anche i complemento, si rivelò controproducente.
I
contatti della Missione con il C.L.N. di Ancona e con le formazioni
combattenti della provincia si limitarono al citato incontro con l’Ing.Tommasi
e ad una mia breve permanenza, dopo un rapido incontroa Frontale con Goffredo
Balzelli, presso il gruppo della Porcarella, per la esecuzione di sabotaggi
sulla linea ferroviaria Falconara-Albacina ed ai tralicci delle linee
elettriche di alta tensione.
I primi
di Aprile 1944 la missione si trasferì nella provincia di Pesaro, e
precisamente nella zona di S.Pietro in Calibrano, ospitata
dai responsabili di una organizzazione molto
efficiente, da cui dipendevano formazioni omogenee e ben comandate.
I colloqui, avvenuti principalmente con Nicola (Ricci
Ottavio) validissimo responsabile militare a livello provinciale, furono molto
utili e produttivi, anche per l’acquisizione di informazioni precise e puntuali
sui lavori e sull’andamento della linea Gotica.
Ricordo con affettuosa commozione il partigiano
Astorre (Bragia Astorre), umile, serio e coraggioso Caduto pochi mesi dopo, che
mi fu assiduo e cordiale compagno in quelle giornate di rischio e di
preoccupazione, mentre i militari nazisti transitavano minacciosi sulle strade
circostanti.
Anche in provincia di Pesaro fu rimarcato
l’assenteismo di vari ufficiali dell’Esercito di grado elevato.
Sporadici
i contatti ed i collegamenti con i gruppi partigiani della vicina Umbria,
affidati al Colonnello Petroni che, per varie circostanze, non riuscì a
stabilirli validamente.
A
conclusione di queste brevi annotazioni ritengo di dover colmare una lacuna
della relazione, peraltro spiegabile nella qualità e nei fini della stessa, per
lumeggiare il notevole apporto che alcuni valorosi partigiani, investiti di
funzioni di comando o di compiti specifici, diedero validamente ed assiduamente
alla Missione, affiancandone l’azione.
Buslcaferri Aldo - , trucidato dai nazisti a
Vestignano di Caldarola il 22 Marzo 1944 mentre soccorreva un partigiano
ferito.
La sua morte eroica, nel compimento di un gesto
sublime di umana solidarietà e di amore fraterno, chiuse una vita intensamente
vissuta al servizio di una Idea, nutrita senza incertezze durante il fascismo,
nonostante persecuzioni, detenzioni e confino.
Dopo l’otto settembre era stato l’animatore ed il
coordinatore del movimento partigiano nella zona di Caldarola. Lo incontrai
l’ultima volta, poco tempo prima della sua morte, presso il Comando di
Vestignano ed ebbi con lui un aperto scambio di informazioni e di orientamenti
operativi.
Lo coadiuvava principalmente l’Ing.Luigi Pisani,
anziano e valoroso antifascista, già fuoriuscito in Francia e capitano nella
legione straniera francese, anch’egli ucciso dai tedeschi lo stesso giorno dopo
atroci sevizie.
Pure nella sua fiduciosa serenità, Aldo era conscio
dei pericoli che incombevano sul Comando di Vestignano ed era amareggiato e
deluso pel comportamento di due ufficiali superiori che , assegnati al Comando
come tecnici militari, non davano un’efficace apporto; infatti al primo sentore
di rischio abbandonarono precipitosamente il loro posto.
Pianesi Mario,
antifascista ed ex confinato politico, ispettore militare e membro del C.L.N.
di Macerata.
Collaborò assiduamente con la Missione; ebbi con lui
incontri e contatti frequentissimi. La sua casa in via della Pace, ove
l’anziana madre mi riceveva cordialmente e serenamente, costituì un efficace
punto di riferimento e di collegamento.
Fu uno dei maggiori animatori ed organizzatori della
Resistenza nel Maceratese.
Sereno, imperturbabile, coraggioso disimpegnava
compiti di dirigenza organizzativa, logistica, militare ed informativa,
partecipando tuttavia valorosamente a scontri con i nazifascisti e ad azioni
“gappiste”. Provvide personalmente, con astuzia ed ardimento, al rischioso
trasferimento di ufficiali superiori alleati ex prigionieri nel Sud.
Alla innata bontà d’animo ha sempre unito il coraggio
delle proprie idee e la generosità nel comunicarle.
La Missione poté contare, in ogni contingenza, sulla
sua valida e leale collaborazione.
Pirani Florindo
– capo della Missione radio P.R.D.. La sua radio ricetrasmittente fu la più
efficiente delle Marche e la Missione se ne avvalse utilmente in ogni
necessità.
Attraversare le linee, raggiunto Bari ed infine
Brindisi, era riuscito, con l’impeto della sua dialettica e con tenacia
instancabile, a vincere le resistenze dei Comandi Italiani ed Alleati ottenendo
la consegna di un apparecchio ricetrasmittente. Affiancato dal bravo e valoroso
marconista Silvio De Arcangelis, di Pescara, riattraversava rischiosamente le
linee raggiungendo Cingoli, da cui successivamente spostava l’apparecchio in
varie località del Maceratese, per evitarne la localizzazione da parte dei
tedeschi e dei fascisti.
Catturato dai nazifascisti, riusciva audacemente a
fuggire, approfittando di un bombardamento alleato su Macerata, dalla caserma
Corridoni ove era imprigionato con accuse che comportavano la fucilazione,
raggiungendo le formazioni partigiane del Monastero. Partecipava quindi ai
combattimenti sostenuti da quel gruppo distinguendosi pel suo coraggio che
rasentava la temerarietà.
Ci incontrammo la prima volta a Tolentino su invito,
da Brindisi, del S.I.M. da cui dipendevamo, ai fini di collegamento tra le due
missioni. I nomi di copertura non ci consentirono di sapere preventivamente che
ci conoscevamo da tempi lontani. Dopo il controllo reciproco dei segni di
riconoscimento previsti da Brindisi, ebbe inizio la nostra conversazione che
assunse toni particolarmente cordiali.
Frequenti i successivi contatti.
Di carattere aperto e giovale, dinamico, sostenuto da
un coraggio che non aveva limiti, fu un capace ed insostenibile collaboratore
della Missione, specie nel campo informativo e dei collegamenti.
Rocchi Zeno –
Antifascista da sempre, perseguitato duramente dal regime, più volte arrestato,
confinato in località insalubri che ne minarono ulteriormente il fisico, già
menomato dalle continue angherie e bastonature dei fascisti.
Pur in condizioni di salute precarie fu, sin dal 19
settembre 1943, il promotore e l’animatore delle formazioni partigiane nella
zona di Sarnano, ove esisteva sin dagli inizi un presidio fascista.
Nutrito da una Fede che il fascismo non era riuscito a
piegare, era un idealista con uno spiccato senso di solidarietà umana ed un
illimitato spirito di scarificio. La sua bontà non gli consentiva di odiare il
nemico di smpre, che combatteva lealmente senza ricambiare le crudeltà di cui
era stato vittima durante il ventennio.
I numerosi incontri che ebbi con lui, concretamente
utili ai fini della Missione, trasfondevano in me quel senso di serena
tranquillità e di ottimismo che animava costantemente la sua pur travagliata
esistenza.
Nonostante i gravissimi rischi, sempre incombenti, e
le imperfette condizioni non si allontanò mai dalla zona di Sarnano e dalle
formazioni partigiane da lui create e dirette, nelle quali militavano numerosi
slavi che lo stimavano ed amavano come un padre.
Fu un esempio luminoso di onestà indefettibile, di
Fede intensamente vissuta, di valoroso combattente per la Libertà, la Giustizia
sociale e la Democrazia.
Nei confronti di Zeno, che morì nella indigenza come
nella indigenza era vissuto, gli aggettivi qualificanti non sono espressioni di
vuota retorica, ma costituiscono un obbiettivo doveroso riconoscimento.
-----------------------------------
Alla prova dei fatti la generazione cresciuta sotto il
fascismo, arbitro assoluto durante il ventennio del suo destino e della sua
formazione, si dimostrò matura per raccogliere ed assimilare le tradizioni e le
lezioni degli uomini dell’Antifascismo.
Se il Risorgimento fu opera di una èlite, la
opposizione in armi al nazifascismo fu espressione unanime di popolo, che vi
partecipò con uomini provenienti da tutte le classi sociali.
Ancona 15 Marzo 1985
Maggiore
Fanteria Cpl. Angerilli Arnaldo
Membro
della Missione Militare “MAN”
giovedì 17 marzo 2016
17 MARZO 1861 - Proclamazione del Regno d'Italia
nella data anniversaria della proclamazione del Regno d'Italia, nel 1861, il nostro reverente pensiero va a tutti coloro che in pace ed in guerra si sacrificarono per costruire entro i suoi confini naturali lo Stato Italiano comprendete la Nazione italiana e quelle minoranze che il nostro gardo di civiltà tutela e protegge.
mercoledì 16 marzo 2016
Programma: Dalle Cantine e dalle Soffitte
Su una idea avuta da Carlo Minchiotti, è in fare di articolazione
il Programma
"Dalle Cantine e dalle Soffitte".
In pratica, ognuno di noi, nel quadro dei riferimenti statutari
dell'Istituto del Nastro Azzurro,
si guarda intorno, e cerca di riportare alla attenzione di tutti
materiali che giacciono in cantina e in soffitta, ma che proprio per questo
possono avere un valore degno di nota.
A giudizio di ognuno, siamo a disposizione per pubblicare questo materiale e
renderlo disponibile a tutti affinchè sia garantita la sua conservazione, che peraltro era assicurata, ma che sia di riferimento morale e spirituale a tutti noi
Il Presidente della Federazione di Roma dell'Istituto del Nastro Azzurro, dalla sua Biblioteca, ci ha messo a disposizione questo opuscolo con una esaltante dedica.
Un brillante studio delle genti di mare Italiane nella prima metà del Novecento
che documenta come il nostro Paese sia stato sempre faro di civiltà e comunicazione tra i popoli
per chi fosse interessato a questo programma
scrivere a
centrostudicesvam@istitutodelnastroazzurro.org
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