DIBATTITI
NOTA
Da
Occupatori a Combattenti per la libertà. Gli
Italiani in Albania. 1939-1944
Con questa nota si vuole portare un contributo alla
individuazione del tema dell’eventuale convegno da organizzare a premessa della
realizzazione del progetto per la erezione di un monumento agli italiani in
Albania nel periodo considerato, ipotesi che esula dal progetto in essere presso il CEsVAM ma che potrebbe essere utile al prosieguo delle ricerche
Gli Italiani dal 7 aprile 1939 al 29 novembre 1944 in Albania hanno avuto
una parabola che li ha visti “occupatori” dal 7 aprile 1939 all’8 settembre
1943, e da combattenti per la libertà (una grossissima parte) dal 8 settembre
1943 al 29 novembre 1944, ovvero il giorno della liberazione di Tirana.
Perché “occupatori” L’Italia invase l’Albania con la sua
forza militare; fu vera e propria azione strategica per por termine al governo
di Re Zog, filo italiano ma non ritenuto sufficiente filo fascista. Fu anche
una risposta alle annessioni ed invasioni che la Germania aveva operato in
Europa centrale, e la
Unione Sovietica con le repubbliche baltiche.
Ad invasione, azione strategica, segue una politica precisa.
L’Italia ha tolto agli albanesi il potere sul loro Stato ed imposto il suo
imperio. La politica attuata nei mesi ed anni a seguire, fu però di, non di
esclusione totale degli albanesi aderenti al Fascismo. Fu una politica di
promozione dei contenuti del movimento fascista, in quel quadro dell’Ordine
Nuovo che si poneva per rinnovare l’Europa. L’Albania doveva essere l’esempio
di come l’imperio italiano si poneva
all’Europa ed al Modo. Non si escludevano quindi azioni a favore degli albanesi
e dell’Albania. Questo nel solco della politica italiana applicata fino al
1939. Durante la Pria Guerra Mondiale ,
dopo che l’Italia aveva salvato l’Esercito Serbo attraverso i porti albanesi, è
da sottolineare l’azione del Gen. Piccinini che dal castello veneziano di
Argirocastro, nel 1917, lancio il proclama di indipendenza agli albanesi: come
gli italiani combattevano il loro nemico ereditario, gli Austro-Ungarici, loro
dovevano prendere le armi e combatterli accanto agli Italiani, per costruire e
concludere il loro processo di unità nazionale. Dal 1925 al 1939 l’Albania era
nell’orbita geopolitica italiana e l’azione di Re Zog era profascismo. Nel 1939, in modo alquanto
bizzarro il Governo Italiano invase l’Albania. Nei circoli diplomatici
internazionale corse la battuta che questa, l’invasione, era stata una azione
paragonabile a quell’uomo che rapisce la propria moglie.
La nostra azione dal 1939 al 1943 non fu oppressiva e di
sfruttamento, ma di promozione della collaborazione italo-albania. Si voleva
elevare l’Albania a rango di grande provincia italiana , di Unione al Regno
d’Italia, con le sue caratteristiche, ma permeata della civiltà e dei principi
ordinativi italiani. Tale fu la politica italiana che la corona del Regno
d’Albania fu offerta al Re d’Italia, Vittorio Emanuele III nel quadro
dell’Impero Italiano. Il Fascismo svolse ampia azione di convincimento e persuasione
nei confronti della popolazione albanese, e alle loro elitès, con
l’introduzione negli ordinamenti statuali albanesi, alquanto primitivi, i
principi dell’ordinamento italiano, che si riteneva migliore ed erede della
classicità dell’Impero romano. Dal punto di vista militare le unit albanese
furono inserite nei ranghi delle Forze Armate Italiane, mentre Ufficiali,
Sottufficiali e Dirigenti studiavano nelle Accademie, Scuole ed Università
Italiane. Dal punto di vista sociale furono create in modo pantografale le
organizzazioni del Partito Fascista Italiano
adattate alle realtà albanese : es. la Giovantù Albanese
del Littorio, Opera Mazionale Maternità ed Infanzia, Milizia Volontaria
Albanese per la
Sicurezza Nazionale ecc. Dal punto di vista econoico, l’AGIP
investì molto nello sfruttamento dei asiti petroliferi individuati, mentre dal
punto di vista culturale si diede grande valore all’area archeologica di
Brutigno, nel solco della storia romana delle lotte tra Cesare e Pompeo del I
secolo avanti Cristo.
Fu, quindi, una politica di promozione delle velleità del
Fascismo di volere un “Ordine Nuovo” in Europa, attraverso l’esempio di che cosa
il Fascismo stava facendo in Albania.
Quindi si può concludere che ci sono sufficienti elementi
per sostenere che la Politica italiana fu non di oppressione, ma di
occupazione.
A dimostrazione di questo, vi è, in breve, l’adesione delle
classi superiori albanesi alla politica
del fascismo, e lo scarssissimo movimento ribellistico che si sviluppò in modo
blando solo nella tarda primavera del 1943, quando le sorti della guerra
mondiale invasero nelle convinzioni degli albanesi, al Contrario della Grecia e
della Jugoslavia, i cui movimenti ribellistici si svilupparono immediatamente
dopo, ed in forme consistenti, subito dopo l’invasione.
Oppressione ed Occupazione sono termini che hanno entrambi
un denominatore comune , ovvero l’azione che un soggetto (Stato) impone ad un
altro soggetto (Stato) la sua volontà per mezzo della forza e dell’imperio.
La differenza è da ricercare nelle modalità di esecuzione:
Oppressione: è una modalità basata sulla violenza che non
lascia spazio a nessun rispetto dei diritti e delle necessità dello Stato
oppresso:
Occupazione: è una modalità
dai termini “soft” in cui molte parti ed esigenze e necessità dello
Stato invaso e soggetto ad imperio sono rispettate ed anche coltivate e
sviluppate.
Tirando le somme, per un approccio aderente alla realtà
albanese del periodo considerato, constestualizzato, l’azione del Governo
Italiano “pro tempore” in Albania fu più sul versante della “Occupazione” che
su quella della “Oppressione”.
(massimo.coltrinari@libero.it)
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