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giovedì 18 febbraio 2016

Progetto Albania. Contributo al titolo di un Convegno

DIBATTITI


NOTA

 Da Occupatori a Combattenti per la libertà. Gli Italiani in Albania. 1939-1944
  
Con questa nota si vuole portare un contributo alla individuazione del tema dell’eventuale convegno da organizzare a premessa della realizzazione del progetto per la erezione di un monumento agli italiani in Albania nel periodo considerato, ipotesi che esula dal progetto in essere presso il CEsVAM ma che potrebbe essere utile al prosieguo delle ricerche

Gli Italiani dal 7 aprile 1939 al 29 novembre 1944 in Albania hanno avuto una parabola che li ha visti “occupatori” dal 7 aprile 1939 all’8 settembre 1943, e da combattenti per la libertà (una grossissima parte) dal 8 settembre 1943 al 29 novembre 1944, ovvero il giorno della liberazione di Tirana.

Perché “occupatori” L’Italia invase l’Albania con la sua forza militare; fu vera e propria azione strategica per por termine al governo di Re Zog, filo italiano ma non ritenuto sufficiente filo fascista. Fu anche una risposta alle annessioni ed invasioni che la Germania aveva operato in Europa centrale, e la Unione Sovietica con le repubbliche baltiche.

Ad invasione, azione strategica, segue una politica precisa. L’Italia ha tolto agli albanesi il potere sul loro Stato ed imposto il suo imperio. La politica attuata nei mesi ed anni a seguire, fu però di, non di esclusione totale degli albanesi aderenti al Fascismo. Fu una politica di promozione dei contenuti del movimento fascista, in quel quadro dell’Ordine Nuovo che si poneva per rinnovare l’Europa. L’Albania doveva essere l’esempio di  come l’imperio italiano si poneva all’Europa ed al Modo. Non si escludevano quindi azioni a favore degli albanesi e dell’Albania. Questo nel solco della politica italiana applicata fino al 1939. Durante la Pria Guerra Mondiale, dopo che l’Italia aveva salvato l’Esercito Serbo attraverso i porti albanesi, è da sottolineare l’azione del Gen. Piccinini che dal castello veneziano di Argirocastro, nel 1917, lancio il proclama di indipendenza agli albanesi: come gli italiani combattevano il loro nemico ereditario, gli Austro-Ungarici, loro dovevano prendere le armi e combatterli accanto agli Italiani, per costruire e concludere il loro processo di unità nazionale. Dal 1925 al 1939 l’Albania era nell’orbita geopolitica italiana e l’azione di Re Zog era profascismo. Nel 1939, in modo alquanto bizzarro il Governo Italiano invase l’Albania. Nei circoli diplomatici internazionale corse la battuta che questa, l’invasione, era stata una azione paragonabile a quell’uomo che rapisce la propria moglie.

La nostra azione dal 1939 al 1943 non fu oppressiva e di sfruttamento, ma di promozione della collaborazione italo-albania. Si voleva elevare l’Albania a rango di grande provincia italiana , di Unione al Regno d’Italia, con le sue caratteristiche, ma permeata della civiltà e dei principi ordinativi italiani. Tale fu la politica italiana che la corona del Regno d’Albania fu offerta al Re d’Italia, Vittorio Emanuele III nel quadro dell’Impero Italiano. Il Fascismo svolse ampia azione di convincimento e persuasione nei confronti della popolazione albanese, e alle loro elitès, con l’introduzione negli ordinamenti statuali albanesi, alquanto primitivi, i principi dell’ordinamento italiano, che si riteneva migliore ed erede della classicità dell’Impero romano. Dal punto di vista militare le unit albanese furono inserite nei ranghi delle Forze Armate Italiane, mentre Ufficiali, Sottufficiali e Dirigenti studiavano nelle Accademie, Scuole ed Università Italiane. Dal punto di vista sociale furono create in modo pantografale le organizzazioni del Partito Fascista Italiano  adattate alle realtà albanese : es. la Giovantù Albanese del Littorio, Opera Mazionale Maternità ed Infanzia, Milizia Volontaria Albanese per la Sicurezza Nazionale ecc. Dal punto di vista econoico, l’AGIP investì molto nello sfruttamento dei asiti petroliferi individuati, mentre dal punto di vista culturale si diede grande valore all’area archeologica di Brutigno, nel solco della storia romana delle lotte tra Cesare e Pompeo del I secolo avanti Cristo.
Fu, quindi, una politica di promozione delle velleità del Fascismo di volere un “Ordine Nuovo” in Europa, attraverso l’esempio  di che cosa  il Fascismo stava facendo in Albania.

Quindi si può concludere che ci sono sufficienti elementi per sostenere che la Politica italiana fu non di oppressione, ma di occupazione.

A dimostrazione di questo, vi è, in breve, l’adesione delle classi superiori albanesi  alla politica del fascismo, e lo scarssissimo movimento ribellistico che si sviluppò in modo blando solo nella tarda primavera del 1943, quando le sorti della guerra mondiale invasero nelle convinzioni degli albanesi, al Contrario della Grecia e della Jugoslavia, i cui movimenti ribellistici si svilupparono immediatamente dopo, ed in forme consistenti, subito dopo l’invasione.
  
Oppressione ed Occupazione sono termini che hanno entrambi un denominatore comune , ovvero l’azione che un soggetto (Stato) impone ad un altro soggetto (Stato) la sua volontà per mezzo della forza e dell’imperio.

La differenza è da ricercare nelle modalità di esecuzione:
Oppressione: è una modalità basata sulla violenza che non lascia spazio a nessun rispetto dei diritti e delle necessità dello Stato oppresso:
Occupazione: è una modalità  dai termini “soft” in cui molte parti ed esigenze e necessità dello Stato invaso e soggetto ad imperio sono rispettate ed anche coltivate e sviluppate.

Tirando le somme, per un approccio aderente alla realtà albanese del periodo considerato, constestualizzato, l’azione del Governo Italiano “pro tempore” in Albania fu più sul versante della “Occupazione” che su quella della “Oppressione”.
(massimo.coltrinari@libero.it)



    

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