Mercoledì del
Nastro Azzurro
Dal Tevere al Piave,
1915-1918 Gli atleti della Lazio nella Grande Guerra
di Federico Mammarella*
Il
3 marzo 2016, si è svolta presso la storica sede del “Nastro Azzurro” di piazza
Galeno la presentazione ufficiale del libro “Dal Tevere al Piave, 1915-1918,gli
atleti della Lazio nella Grande Guerra” degli autori Fabrizio Munno e Fabio
Belisario. I due, nel 2007, hanno fondato una associazione no-profit con la
finalità di tramandare la grandezza dell’S.S Lazio.
La
Società Laziale venne fondata nel 1900, ad opera di 9 giovani romani,
capitanati dal bersagliere Luigi Bigiarelli. Erano studenti e appassionati
sportivi, i quali decisero di riunirsi come società sull’onda dell’entusiasmo
dovuta alla reintroduzione, nel 1896, delle Olimpiadi ad opera del barone De
Coubertein, il quale riportò in vita la tradizionale competizione sportiva
dell’antica Grecia, scegliendo Atene come prima città ospitante i giochi.
La
S.S Lazio nasce così, dal nulla, nasce dall’ardore e dall’entusiasmo tipico dei
giovani, che seppure con pochi soldi in tasca decisero dare tutto il loro
appoggio e sostegno a questo magnifico progetto. L’occasione per ufficializzare
la società venne con l’inaugurazione, nel 1901, del monumento a Umberto I;
infatti per celebrare l’evento furono organizzate diverse competizioni sportive
di nuovo e di corsa ma per potervi partecipare era necessario far parte di una
società riconosciuta: nacque così la “S.S Lazio di nuoto e podismo”.
Venne
scelto il nome Lazio per dare l’idea che essa era un’associazione che andava
oltre i confini cittadini, e voleva rappresentare l’intera realtà sportiva
laziale, inoltre a Roma erano già presenti diverse altre società sportive che
rappresentavano prettamente la città. Vi è inoltre una “leggenda” sulla scelta
del nome e dei colori: si racconta che furono presi in prestito dal nome di un
piccolo battello per il trasporto civile, chiamato appunto “Lazio”, che ogni
ora percorreva il Tevere lungo tutta la città con le fiancate colorate di
bianco e azzurro (i quali sono anche i colori della bandiera greca, quindi rimandava
all’ideale delle olimpiadi).
Oggi
la S.S.Lazio conta più di 10.000 iscritti, i quali si riuniscono
settimanalmente per praticare ogni sorta di sport all’interno delle 62 sezioni
presenti in tutta Roma; essa è sicuramente la società sportiva più grande d’Italia
e d’Europa e probabilmente quella con maggiori sezioni e sport praticati a
livello mondiale. La Lazio ha avuto il merito di introdurre il calcio a Roma e
il basket ed il rugby in Italia; la sezione calcio è sicuramente la più famosa
di tutte, ma è anche una delle meno titolate, mentre la sezione di nuoto, ininterrottamente
iscritta all’albo del Coni dal 1901, vanta nel suo medagliere diversi ori
olimpici, mondiali e nazionali, con inoltre più di mille primati nazionali
portati a casa.
La
S.S.Lazio, durante i tragici anni della Grande Guerra, fu del tutto “partecipe”
al conflitto, dal momento che moltissimi giovani romani chiamati al fronte erano
anche iscritti alla società. A momento dell’entrata in guerra tutti e nove i fondatori
partirono per il fronte, così come tutti i suoi iscritti (300/400). Alla fine
del conflitto la società contò 30 morti,13 feriti gravissimi, svariate decine
di feriti e ben 73 onorificenze. Nel momento della chiamata alle armi, nessuno
si tirò indietro, nessuno cercò di evitare il fronte, ma partirono tutti con
orgoglio e coraggio verso la morte. Arrivati al fronte nessuno cercò di
disertare, anzi, un giovane ragazzo disertò, e fuggì, ma poco tempo dopo, preso
dal rimorso, tornò in prima linea e si lanciò all’attacco delle trincee
austriache, trovando la morte sul campo. Il “motto” della società è sempre
stato quello di “superare i limiti. I propri limiti!”
All’inizio
dei lavori per la stesura del libro, come ci ha raccontato Fabio Belisario, si
avevano notizie di soli 11 associati caduti al fronte e per di più notizie
vaghe e frammentate; successivamente, attraverso varie ricerche tra registri di
caduti, lettere scritte ai propri cari e altri archivi militari, si è arrivati
a scoprire altri 19 morti provenienti dalle fila laziali. La cosa interessante
durante questi primi momenti di ricerca è stato leggere le lettere di questi
giovani ragazzi partiti per il fronte: tutte le lettere scritte alle madri, alle
famiglie, alle fidanzate avevano una cosa in comune, in ognuna di queste è
sempre citata almeno una volta Roma. Roma rappresenta la loro casa, la loro
vita, che nelle asprezze della trincea diventava il sogno di salvezza e tutti
desideravano ardentemente di farci un giorno ritorno, traendo da ciò la forza
di andare avanti con coraggio! In queste lettere vengono raccontati i problemi
quotidiani che ogni soldato dovette affrontare, come il rancio servito gelido,
i ratti che percorrevano in lungo e in largo le trincee, le pulci e i pidocchi
che non davano tregua, la paura della morte sempre presente, ma in tutte è
rintracciabile la voglia e il desiderio di continuare, di non arrendersi alla
paura. Gli autori hanno osservato, soprattutto nelle lettere dei feriti nelle
retrovie, che tutti non vedevano l’ora di lasciare gli ospedali per poter fare
ritorno nelle trincee, tra i propri commilitoni e condividere con loro le
privazioni e le sofferenze, nonostante sia stato calcolato che la durata media
della vita di una giovane recluta appena arrivata al fronte fosse di sole 5 ore!
La
Grande Guerra, come sappiamo fu uno dei conflitti più sanguinosi della storia;
il fronte italiano si snodava per oltre 700 Km lungo tutto il confine alpino, e
alle fine le cifre riguardanti i caduti si aggirano sui 700.000 morti: un morto
ogni metro. Alla tragedia dei morti vai poi aggiunta la triste storia dei
feriti gravi e soprattutto degli sfigurati al volto, i quali, spesso in condizioni
di non poter essere riconosciuti dalle proprie famiglie, vennero dichiarati
come morti o dispersi e vennero rinchiusi in ospedali militari dove finirono i
loro giorni in condizioni di totale isolamento.
All’interno
del libro, come ci ha raccontato Fabrizio Munno, Roma è sempre presente. E’
presente nei cuori dei combattenti, è presente nelle narrazioni, nei ricordi,
nelle storie raccontate al fronte. I giovani atleti laziali portarono sempre con
se il ricordo di casa, soprattutto quando venivano mandati in prima linea.
Infatti tutti questi giovani, essendo temprati dalle fatiche sportive, venereo
subito individuati come ottimi combattenti e furono, nella maggior parte,
radunati nei reparti d’assalto dell’81esimo e 82esimo reggimento (successivamente
venne creata la “Brigata Tevere”) e furono sempre impiegati in prima linea.
La
S.S Lazio era stata strutturata come una associazione aperta a tutti, non era
per solo ricchi e non era per solo poveri, era aperta a tutti i romani, la
Lazio è per tutti. Essa annoverava tra i suoi iscritti anche nomi illustri come
quello di Paolo Boselli, nominato dal re mentre era al fronte come Presidente
del Consiglio dal 18 giugno 1916
al 30 ottobre 1917;
Carlo Colombo, il fondatore degli scout italiani; Bonpiani e
il dirigente Di Palma, che nonostante il loro grado trovarono la morte sul
campo al fianco di soldati semplici.
Il
libro è stato scritto dai questi giovani. Essi stessi hanno fatto sì che
attraverso le memorie e le lettere, attraverso il loro ricordo, prendesse forma
questo straordinario libro che ripercorre la storia di una società sportiva che
ha rappresentato per moltissimi giovani Roma stessa. Il libro vuole rendere
omaggio a loro, a questi romani che non dimenticarono mai la propria casa, il
proprio fiume, il Tevere, e che furono strappati alla vita, nel fango delle
trincee, sulle rive di un altro fiume, lontano e malinconico: il Piave.
· Per
maggiori informazioni riguardo il progetto e gli autori, consultare il sito
web: www.laziowiki.org
* *Studente, Corso di Laura Specialistica, Università Sapienza
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