DIBATTITI
Riportiamo uno scritto, in occasione della data anniversaria della Repubblica Romana del 1849, la cui costituzione è l'ispiratrice di quella attuale della Repubblica Italiana, per iniziare ad introdurre il tema del Valore Militare durante il Risorgimento, e, di conseguenza come la Storia del Risorgimento è oggi affrontata e vissuta.
RISORGIMENTO
IL TRIONFO DEI BARONI DI CAMPAGNA
La storia come scorciatoia al
potere
La commemorazione annuale della repubblica Romana e dei suoi
significati e dei suoi valori, così come la ricorrenza del 20 settembre in cui
si pose finalmente fine al potere temporale dei Papi in Italia, quest’anno
assumono aspetti particolari perché ricorre il 150° anniversario della nostra
unità nazionale. Sono anni, se non decenni, che sui temi del Risorgimento siamo
soli e in pochissima compagna. Da quando, prima Rosario Romeo, poi Giovanni
Spadolini ci hanno lasciato, e qualcuno, che ha usurpato i loro posti, si è
assiso come giuda nelle sponde avverse, si è sempre più soli. La Storia del
Risorgimento non è più insegnata da metà degli anni ottanta del secolo scorso
nelle nostre scuole di ogni ordine e grado. Rimangono dei simulacri di
insegnamento frutto più della commentizia di bassa lega che altro. Cavour
Vittorio Emanuele, Mazzini, Garibaldi e basta. Se citi Cosenz, Bertani, Bandi,
il vuoto e il deserto, altro non cè. Le nuove generazioni sono analfabete anche
in questo campo; non per altro il fenomeno leghista ha la sua genesi in tutto
questo, rivolto come è ai riti celtici, al dio Po, all’odio per Roma, all’acqua
della sorgente ed altri retaggi di tribù nord europee che una volta si
chiamavano barbare.
Con il 150° in avvicinamento si è assistito ad un interesse risvegliato
per il nostro processo unitario. Questo interesse dei più, spesso legittimo e
disinteressato, ha svegliato la cupidigia di elementi, sempre alla ricerca di
scorciatoie per il potere e le prebende sostanziose. Quindi abbiamo visto la
discesa in campo, senza lacci e laccioli, di personaggi che, sentito dire e
letto qualche libro, spargono il verbo risorgimentale alle folle interessate ma
ignoranti. Si è visto di tutto e sicuramente attendiamo con ansia la grande
kermesse del 17 marzo per vedere questi personaggi all’opera, tronfi e ben pasciuti che
straparlano della nostra unità nazionale. E’ prassi quasi ogni giorno di
leggere la “grande scoperta”, il documento inedito, la grande rilevazione che
costoro propinano tramite la accondiscende e pari nell’ignoranza stampa locale:
non sapendo costoro che già a fine ottocento e poi ripreso negli anni
successivi l’argomento era stato ampiamente studiato e divulgato. Ultimamente
sul Corriere della Sera, una intera pagina è stata dedicata al passaggio della
Marche dallo stato preunitario allo stato unitario. A tutto titolo si asserisce,
da parte di uno dei tanti baroni di campagna oggi all’opera, che i vincitori
hanno dimenticato la “battaglia di
Castelfidardo” perché ”Cavour non
volle clamori per non irritare l’Europa” come se le potenze europee avrebbero agito in base alla intensità dei
“clamori piemontesi”. Ennesima favola, una delle tante, su questa “battaglia”.
Data la novità dell’asserzione, si è avviata
un’ ampia ricerca nel carteggio del Cavour per trovare un qualche
appiglio di questo assunto. Abbiamo studiato per oltre trent’anni la vita e l’opera
del nostro Primo Ministro, ma non abbiamo trovato mai questo suo orientamento.
Ma la nostra ignoranza è tale che sicuramente in qualche angolo non esplorato ci
sarà pure questo assunto e siamo grati chè, anche senza indicare alcun
riferimento, qualcuno ci illumini. Ma il dubbio che sia l’ennesina “bufala” è
forte.
Dai baroni di campagna ai baroni universitari il passo è breve ed anche
questo non ci viene risparmiato. Si battono paesi, campagna e villaggi a
diffondere il verbo risorgimentale, in una grande macedonia tra storia moderna,
storia contemporanea storia locale ed anedottica. Il faro è la cattedra di
Storia del Risorgimento di una università marchigiana, che si presenta come la
stella polare di ogni cosa. Tutto discende da lì, e chi non è in sintonia con
il verbo scientifico universitario, come prassi, è bollato e vituperato. Del
resto, conoscendo il mondo universitario, occorre raccogliere l’acqua quando
piove, perchè la siccità è dietro l’angolo. E siccome di sete se né patita
tanta, guai a chi cerca di sottrarre una solo goccia di pioggia. Anche se nelle
pubblicazioni, presentate con enfasi e sussiego, il metodo storico in tante parti è disatteso
o ignorato, per buona pace di Chabot.
Del resto una Regione che non riesce a imporre, per il 150°
anniversario, a livello nazionale il fatto che ad Ancona si pubblica e si
stampa un giornale risorgimentale, fondato da due reduci Garibaldini nel
1870, protagonista delle lotte sociali
di fine ottocento, con Nenni, repubblicano, direttore, partecipe e fautore
della quarta guerra d’indipendenza contro il nemico ereditario, in prima fila nella guerra di liberazione e
per tutto il settantennio repubblicano,quale altra spiegazione dare che siamo
in mano a baroni di campagna, che utilizzato questo momento commemorativo per
prendere scorciatoie e lucrare prebende.
Come sempre, del resto. La speranza è che questa data passi in fretta e si
possa ritornare agli studi risorgimentali in pace, senza sentire tutto questi cicalecci
e clamori, vedendo i baroni di tutte le risme volgersi ad altre greppie. La
conclusone è amara: con il 150° si è persa una occasione; ma anche questo fa
parte di quella decadenza morale, etica, sociale ed economica e di degrado che stiamo vivendo, ma che non
vogliamo ammettere nemmeno a noi stessi, convinti di essere un Paese ricco,
evoluto, progredito, democratico e civile. (mc)
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