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sabato 23 gennaio 2016

Il vero significato del Patto Iraniano

UNA FINESTRA SUL MONDO

Alessandro Ugo Imbriglia*

Nonostante le sanzioni inflitte a Teheran per il coinvolgimento di alcuni membri del Ministero della Difesa iraniano nella gestione di informazioni o materiali per lo sviluppo del programma balistico, il 16 gennaio 2016 segna un momento di frattura con  l’ordine internazionale vigente, poiché sancisce la fine  delle sanzioni economiche nei confronti di Teheran. Il patto è stato formalizzato il 14 luglio 2015  a Vienna, con la seguente approvazione del  Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite, attraverso la risoluzione 2231/2015 sul programma nucleare. A settembre Obama ha raggiunto il numero necessario di senatori che gli avrebbe consentito di “blindare” il veto presidenziale nel momento in cui fosse stato bocciato dal Congresso. L ’1 ottobre il Parlamento iraniano ha approvato con 139 voti a favore, 100 contrari e 12 astenuti l’accordo raggiunto con i 5+1. In questo modo è stato possibile applicare il nuovo Patto sul nucleare iraniano. Gli obiettivi prefissati dall’accordo sono i seguenti:
·         Riduzione delle capacità di arricchimento dell’uranio entro una soglia del 3,67 %, con una diminuzione delle centrifughe per l’arricchimento da 19000 a 5060; inoltre si prevede di fermare l’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow;
·         Le riserve di uranio a basso arricchimento saranno ridotte da 10.000 kg a 300 kg, attraverso una parziale diluizione delle scorte e inviando parte delle scorte fuori dal Paese.
·         Rimozione del nucleo della centrale nucleare di  Arak. In principio era prevista una conversione dalla produzione di plutonio a quella di combustibile nucleare.
·         Messa a disposizione degli ispettori dell’Agenzia internazionale per la produzione dell’energia atomica, dei siti nucleari, compresi quelli militari, per compiere ispezioni, qualora le Nazioni Unite sospettino delle attività legate all’arricchimento dell’uranio con il limite dell’autorizzazione dell’Iran. L’autorizzazione potrà essere concessa nell’arco di 3 giorni e gli ispettori devono provenire da Paesi che intrattengono relazioni diplomatiche con l’Iran.
L’inclusione dell’Iran nel circuito internazionale avverrà attraverso una riduzione progressiva delle sanzioni economiche imposte da Paesi europei, USA  e Russia. Un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell’accordo sul nucleare è stato giocato da Barack Obama, che ha riformulato la strategia politica in Medio Oriente per adattare l’egemonia statunitense a un quadro geopolitico seriamente compromesso dalla precedente amministrazione: l’hard power che arrancava sotto le spoglie repubblicane è stato progressivamente estromesso da un soft power invasivo, caratterizzato da una forte coinvolgimento con le istituzioni internazionali, e da una fitta capillarizzazione della diplomazia statunitense nella risoluzione delle controversie internazionali, orientata alla realizzazione dei propri obiettivi. L’apertura diplomatica, il peso autorevole nella cooperazione internazionale, un tono conciliante ma in nessun caso remissivo nella definizione delle sanzioni a Teheran  sono stati strumenti importanti in un quadro strategico molto più ampio e complesso, che prevede il disimpegno degli Usa in Medio Oriente. L’obiettivo degli americani consiste nel conservare una stabile influenza in Medio Oriente, che consenta, simultaneamente, un progressivo disinvestimento delle risorse americane sul territorio. L’apertura a Teheran mira alla costruzione di un equilibrio fra le potenze mediorientali, una fase di contrazione dopo quella di overstretching degli ultimi nell’area mediorientale e concentrazione del proprio focus su un’area di precipua importanza: il Pacifico. Le condizioni strutturali che consentiranno la ridefinizione dell’espansionismo statunitense sono la crescente autonomia dal petrolio mediorientale e l’assenza di una potenza in grado di compromettere gli interessi strategici degli Stati Uniti in quest’area del pianeta.  Oltre all’influenza degli interessi strategici statunitensi nelle dinamiche geopolitiche del Medio Oriente, non bisogna tralasciare i numerosi eventi congiunturali che hanno favorito l’iranian deal:
·         Il peso delle sanzioni economiche e commerciali era diventato insostenibile. Il patto sul nucleare consentirà a Teheran di trarre cospicui vantaggi economici, non solo grazie agli introiti petroliferi, ma anche attraverso la valorizzazione di un settore produttivo diversificato e di un livello di istruzione abbastanza elevato da garantire una forza lavoro produttiva ed efficiente. Dinnanzi a uno scenario ottimistico Teheran ha ritenuto opportuno avviare importanti partnership con alcuni paesi europei. Inoltre, con la fine delle sanzioni, l’ex Persia ha sbloccato 100 miliardi di dollari in asset congelati.
·         L’ascesa dello Stato Islamico, il conseguente indebolimento del regime iraniano, congiuntamente alla crisi dell’establishment iracheno, hanno compromesso la stabilità e l’integrazione del blocco sciita in Medio Oriente. Per tal motivo l’Iran ha ritenuto opportuno sacrificare le ambizioni sul nucleare e adottare una strategia di apertura diplomatica per effettuare importanti manovre economiche e supportare gli alleati sciiti in difficoltà.
·         L’elezione di Rouhani ha segnato l’inizio di un’apertura diplomatica e una conseguente distensione dei rapporti tra Stati Uniti e Iran, ristabilendo un clima di fiducia tra i due paesi.
·          Le potenze europee condividono l’esigenza di diversificare le fonti alle quali attingere per soddisfare il proprio fabbisogno energetico e ridurre la dipendenza dal gas russo. Puntare sull’Iran significherebbe consolidare senza troppe difficoltà le sanzioni inflitte alla Russia per il ruolo svolto nella guerra del Donbass.

*Sociologo del Mutamento e dei Sistemi Complessi. Analista dei Processi Organizzativi e dell’Industria Culturale. Laureato in Scienze Sociali Applicate: Lavoro, Formazione e Risorse Umane
E-mail ugo1990@hotmail.it



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