UNA FINESTRA SUL MONDO
Alessandro Ugo Imbriglia*
Nonostante
le sanzioni inflitte a Teheran per il coinvolgimento di alcuni membri del
Ministero della Difesa iraniano nella gestione di informazioni o materiali per
lo sviluppo del programma balistico, il 16 gennaio 2016 segna un momento di
frattura con l’ordine internazionale
vigente, poiché sancisce la fine delle
sanzioni economiche nei confronti di Teheran. Il patto è stato formalizzato il
14 luglio 2015 a Vienna, con la seguente
approvazione del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni unite, attraverso la risoluzione 2231/2015 sul programma
nucleare. A settembre Obama ha raggiunto il numero necessario di senatori che
gli avrebbe consentito di “blindare” il veto presidenziale nel momento in cui fosse
stato bocciato dal Congresso. L ’1 ottobre il Parlamento iraniano ha approvato
con 139 voti a favore, 100 contrari e 12 astenuti l’accordo raggiunto con i 5+1.
In questo modo è stato possibile applicare il nuovo Patto sul nucleare
iraniano. Gli obiettivi prefissati dall’accordo sono i seguenti:
·
Riduzione delle capacità di
arricchimento dell’uranio entro una soglia del 3,67 %, con una diminuzione
delle centrifughe per l’arricchimento da 19000 a 5060; inoltre si prevede di
fermare l’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow;
·
Le riserve di uranio a basso
arricchimento saranno ridotte da 10.000 kg a 300 kg, attraverso una parziale diluizione
delle scorte e inviando parte delle scorte fuori dal Paese.
·
Rimozione del nucleo della centrale
nucleare di Arak. In principio era
prevista una conversione dalla produzione di plutonio a quella di combustibile
nucleare.
·
Messa a disposizione degli ispettori
dell’Agenzia internazionale per la produzione dell’energia atomica, dei siti nucleari,
compresi quelli militari, per compiere ispezioni, qualora le Nazioni Unite
sospettino delle attività legate all’arricchimento dell’uranio con il limite
dell’autorizzazione dell’Iran. L’autorizzazione potrà essere concessa nell’arco
di 3 giorni e gli ispettori devono provenire da Paesi che intrattengono
relazioni diplomatiche con l’Iran.
L’inclusione
dell’Iran nel circuito internazionale avverrà attraverso una riduzione
progressiva delle sanzioni economiche imposte da Paesi europei, USA e Russia. Un ruolo fondamentale nel
raggiungimento dell’accordo sul nucleare è stato giocato da Barack Obama, che ha
riformulato la strategia politica in Medio Oriente per adattare l’egemonia
statunitense a un quadro geopolitico seriamente compromesso dalla precedente
amministrazione: l’hard power che arrancava sotto le spoglie repubblicane è
stato progressivamente estromesso da un soft power invasivo, caratterizzato da
una forte coinvolgimento con le istituzioni internazionali, e da una fitta
capillarizzazione della diplomazia statunitense nella risoluzione delle controversie
internazionali, orientata alla realizzazione dei propri obiettivi. L’apertura
diplomatica, il peso autorevole nella cooperazione internazionale, un tono
conciliante ma in nessun caso remissivo nella definizione delle sanzioni a
Teheran sono stati strumenti importanti
in un quadro strategico molto più ampio e complesso, che prevede il disimpegno
degli Usa in Medio Oriente. L’obiettivo degli americani consiste nel conservare
una stabile influenza in Medio Oriente, che consenta, simultaneamente, un
progressivo disinvestimento delle risorse americane sul territorio. L’apertura
a Teheran mira alla costruzione di un equilibrio fra le potenze mediorientali,
una fase di contrazione dopo quella di overstretching degli ultimi nell’area
mediorientale e concentrazione del proprio focus su un’area di precipua
importanza: il Pacifico. Le condizioni strutturali che consentiranno la
ridefinizione dell’espansionismo statunitense sono la crescente autonomia dal
petrolio mediorientale e l’assenza di una potenza in grado di compromettere gli
interessi strategici degli Stati Uniti in quest’area del pianeta. Oltre all’influenza degli interessi strategici
statunitensi nelle dinamiche geopolitiche del Medio Oriente, non bisogna
tralasciare i numerosi eventi congiunturali che hanno favorito l’iranian deal:
·
Il peso delle sanzioni economiche e
commerciali era diventato insostenibile. Il patto sul nucleare consentirà a
Teheran di trarre cospicui vantaggi economici, non solo grazie agli introiti
petroliferi, ma anche attraverso la valorizzazione di un settore produttivo
diversificato e di un livello di istruzione abbastanza elevato da garantire una
forza lavoro produttiva ed efficiente. Dinnanzi a uno scenario ottimistico
Teheran ha ritenuto opportuno avviare importanti partnership con alcuni paesi
europei. Inoltre, con la fine delle sanzioni, l’ex Persia ha sbloccato 100
miliardi di dollari in asset congelati.
·
L’ascesa dello Stato Islamico, il
conseguente indebolimento del regime iraniano, congiuntamente alla crisi dell’establishment
iracheno, hanno compromesso la stabilità e l’integrazione del blocco sciita in
Medio Oriente. Per tal motivo l’Iran ha ritenuto opportuno sacrificare le
ambizioni sul nucleare e adottare una strategia di apertura diplomatica per
effettuare importanti manovre economiche e supportare gli alleati sciiti in
difficoltà.
·
L’elezione di Rouhani ha segnato
l’inizio di un’apertura diplomatica e una conseguente distensione dei rapporti
tra Stati Uniti e Iran, ristabilendo un clima di fiducia tra i due paesi.
·
Le
potenze europee condividono l’esigenza di diversificare le fonti alle quali
attingere per soddisfare il proprio fabbisogno energetico e ridurre la
dipendenza dal gas russo. Puntare sull’Iran significherebbe consolidare senza
troppe difficoltà le sanzioni inflitte alla Russia per il ruolo svolto nella
guerra del Donbass.
*Sociologo del
Mutamento e dei Sistemi Complessi. Analista dei Processi Organizzativi e
dell’Industria Culturale. Laureato in Scienze Sociali Applicate: Lavoro,
Formazione e Risorse Umane
E-mail ugo1990@hotmail.it
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