Le Motivazioni inerenti alle onorificenze
conferite nell’arco di tempo considerevole che dalle battaglie risorgimentali
giunge alla Guerra di Liberazione conducono ad alcune brevi considerazioni sul
mutamento della percezione del Valore Militare.
Prima dell’Unità d’Italia, le
assegnazioni vertono esclusivamente sul contributo dato dal Soldato al buon
esito della battaglia o, in caso di risultato infausto, sul contegno mantenuto
nonostante l’asprezza delle condizioni. È interessante la menzione ai meriti acquisiti durante il
combattimento, meriti che paiono estendere il loro valore anche
successivamente, nell’ambito civile.
Lo stile è essenziale, secco,
senza retorica alcuna.
Il nemico è costantemente il reazionario.
Le Medaglie al Valore Militare
assegnate durante la Guerra di Libia sono meno numerose. Lo stile permane
estremamente sobrio.
Con la Grande Guerra le
Motivazioni si articolano: accanto alla succinta descrizione del contributo
notevole dato al fatto d’arme, capace di rivelare le qualità militari del
singolo, compaiono descrizioni volte a valorizzare l’assimilazione partecipe
della gerarchia che si esplicita nella fedeltà assoluta al proprio Comandante,
anche a costo della vita. Particolarmente significative appaiono poi le
Decorazioni assegnate durante la fase iniziale della guerra, quando alle
difficoltà ancora insormontabili si poteva opporre il solo slancio coraggioso del
Soldato. I tratti rivelatori della personalità del singolo, comunque, tendono a
rimanere sullo sfondo, comparendo se declinati alle esigenze belliche.
Lo stile delle Motivazioni muta sensibilmente
con la Campagna d’Etiopia, dove lo scenario appare diverso da quello della
guerra classica: il nemico, ora, non è un altro Militare, ma il ribelle. Il valore viene considerato
nella misura in cui il Soldato si dimostra capace di affrontare le forze ferine
che contraddistinguono l’avversario: è la battaglia fra stato di natura e
civiltà, dove l’Italiano deve dare
prova di sapersi confrontare con i canoni sfuggenti del ribelle.
Manca un linguaggio comune fra
gli attori che si contendono la vittoria ed è assente il presupposto morale di
parità fra le forze.
Il capitolo della Guerra di
Spagna costituisce l’esaltazione degli ideali fascisti: il valore del
contributo del singolo al fatto d’arme appare assorbito dalla motivazione
ideale. Si può scorgere fra le righe delle Motivazioni il prevalere della mistica fascista sulle ragioni concrete che informano immancabilmente
il canone militare.
Con l’avvento della Seconda
guerra mondiale si assiste ad una contrazione temporale (l’anno - cardine di
tale fenomeno è il 1943) capace di riproporre in stretta successione quanto
osservato fino a questo momento: dal 1940 all’8 settembre 1943, il registro
linguistico torna ad essere quello proprio della guerra classica, dove si
esalta il valore morale e tecnico del singolo a beneficio dell’intera
compagine. Risulta rilevante la decisa presenza di Soldati decorati in possesso
di specifiche competenze tecniche, segno evidente dell’assimilazione della
tecnologia (specie quella aviatoria) affacciatasi nel corso della Prima guerra
mondiale.
Il registro linguistico (e
l’ampiezza della descrizione) delle Decorazioni muta nettamente con la Guerra
di Liberazione: prevale in modo manifesto l’aspetto ideale – politico rispetto
alla valenza dell’azione, pur, a volte, notevolissima (numerosi gli Uomini che
dimostrano inscalfibile saldezza morale e fisica, in grado di permettere loro
di non cedere di fronte a torture di inaudita ferocia). Il gesto e la
resistenza opposta diventano importante ai fini dell’affermazione dell’ideale
democratico e il nemico, fino a pochissimo tempo prima alleato o, addirittura,
connazionale, torna ad essere, sostanzialmente, il reazionario. La Motivazione, spesso, riporta in breve il curriculum del Decorato, ponendo in luce
(come merito) il suo antico dissenso nei confronti del regime: in ciò si può
cogliere l’intenzione sottesa di prendere moralmente decise distanze dalla recente
partecipazione collettiva ad un clima politico che i fatti hanno decretato
disfunzionale per le sorti del Paese.
Le Motivazioni della Guerra di
Liberazione sono quelle che più registrano il progressivo passaggio della
figura del Combattente da particella della compagine utile alla causa a
Cittadino partecipe alla battaglia in prima persona, mosso da ideali connessi
ad una prospettiva concreta e vicina, posta su un piano più tangibile da quello
ove risiede l’imperativo categorico del Dovere con cui dovettero drammaticamente
commisurarsi i Soldati chiamati alle armi durante le due guerre classiche che
segnarono il Novecento.
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