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domenica 3 settembre 2023

La percezione del Valore Militare nel Tempo

DIBATTITI




Maria Luisa Suprani Querzoli



Le Motivazioni inerenti alle onorificenze conferite nell’arco di tempo considerevole che dalle battaglie risorgimentali giunge alla Guerra di Liberazione conducono ad alcune brevi considerazioni sul mutamento della percezione del Valore Militare.

Prima dell’Unità d’Italia, le assegnazioni vertono esclusivamente sul contributo dato dal Soldato al buon esito della battaglia o, in caso di risultato infausto, sul contegno mantenuto nonostante l’asprezza delle condizioni. È interessante la menzione ai meriti acquisiti durante il combattimento, meriti che paiono estendere il loro valore anche successivamente, nell’ambito civile.

Lo stile è essenziale, secco, senza retorica alcuna.

Il nemico è costantemente il reazionario.

Le Medaglie al Valore Militare assegnate durante la Guerra di Libia sono meno numerose. Lo stile permane estremamente sobrio.

Con la Grande Guerra le Motivazioni si articolano: accanto alla succinta descrizione del contributo notevole dato al fatto d’arme, capace di rivelare le qualità militari del singolo, compaiono descrizioni volte a valorizzare l’assimilazione partecipe della gerarchia che si esplicita nella fedeltà assoluta al proprio Comandante, anche a costo della vita. Particolarmente significative appaiono poi le Decorazioni assegnate durante la fase iniziale della guerra, quando alle difficoltà ancora insormontabili si poteva opporre il solo slancio coraggioso del Soldato. I tratti rivelatori della personalità del singolo, comunque, tendono a rimanere sullo sfondo, comparendo se declinati alle esigenze belliche.

Lo stile delle Motivazioni muta sensibilmente con la Campagna d’Etiopia, dove lo scenario appare diverso da quello della guerra classica: il nemico, ora, non è un altro Militare, ma il ribelle. Il valore viene considerato nella misura in cui il Soldato si dimostra capace di affrontare le forze ferine che contraddistinguono l’avversario: è la battaglia fra stato di natura e civiltà, dove l’Italiano deve dare prova di sapersi confrontare con i canoni sfuggenti del ribelle.

Manca un linguaggio comune fra gli attori che si contendono la vittoria ed è assente il presupposto morale di parità fra le forze.

Il capitolo della Guerra di Spagna costituisce l’esaltazione degli ideali fascisti: il valore del contributo del singolo al fatto d’arme appare assorbito dalla motivazione ideale. Si può scorgere fra le righe delle Motivazioni il prevalere della mistica fascista sulle ragioni concrete che informano immancabilmente il canone militare.

Con l’avvento della Seconda guerra mondiale si assiste ad una contrazione temporale (l’anno - cardine di tale fenomeno è il 1943) capace di riproporre in stretta successione quanto osservato fino a questo momento: dal 1940 all’8 settembre 1943, il registro linguistico torna ad essere quello proprio della guerra classica, dove si esalta il valore morale e tecnico del singolo a beneficio dell’intera compagine. Risulta rilevante la decisa presenza di Soldati decorati in possesso di specifiche competenze tecniche, segno evidente dell’assimilazione della tecnologia (specie quella aviatoria) affacciatasi nel corso della Prima guerra mondiale.

Il registro linguistico (e l’ampiezza della descrizione) delle Decorazioni muta nettamente con la Guerra di Liberazione: prevale in modo manifesto l’aspetto ideale – politico rispetto alla valenza dell’azione, pur, a volte, notevolissima (numerosi gli Uomini che dimostrano inscalfibile saldezza morale e fisica, in grado di permettere loro di non cedere di fronte a torture di inaudita ferocia). Il gesto e la resistenza opposta diventano importante ai fini dell’affermazione dell’ideale democratico e il nemico, fino a pochissimo tempo prima alleato o, addirittura, connazionale, torna ad essere, sostanzialmente, il reazionario. La Motivazione, spesso, riporta in breve il curriculum del Decorato, ponendo in luce (come merito) il suo antico dissenso nei confronti del regime: in ciò si può cogliere l’intenzione sottesa di prendere moralmente decise distanze dalla recente partecipazione collettiva ad un clima politico che i fatti hanno decretato disfunzionale per le sorti del Paese.

Le Motivazioni della Guerra di Liberazione sono quelle che più registrano il progressivo passaggio della figura del Combattente da particella della compagine utile alla causa a Cittadino partecipe alla battaglia in prima persona, mosso da ideali connessi ad una prospettiva concreta e vicina, posta su un piano più tangibile da quello ove risiede l’imperativo categorico del Dovere con cui dovettero drammaticamente commisurarsi i Soldati chiamati alle armi durante le due guerre classiche che segnarono il Novecento.

 


 

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