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mercoledì 11 dicembre 2019

I 45 giorni del Governo Badoglio

APPROFONDIMENTI
La calda estate del 1943


Soldati italiani prima della bufera



Il Governo di Pietro Badoglio è un'altra tragedia nazionale, una di quelle sciagure che ancora oggi incidono sul tessuto sociale italiano. Nel momento in cui si presenta al Paese, il Capo del Governo non esita a dichiarare che “la guerra continua”, nel segreto intento di rassicurare ingenuamente la Germania. A Berlino si era visto con stupore il liquefarsi in poche ore di un regime che si credeva “granitico”; stupore ancora maggiore nel constatare che Mussolini si era lasciato andare senza nessuna resistenza e soprattutto nessun fascista aveva impugnato le armi per la sua difesa e la difesa del fascismo stesso. Passata la meraviglia tutti constatarono che il cambio del vertice politico-militare a Roma significava, soprattutto alla luce della situazione disperata in cui si trovava l’Italia, un reale proposito di trovare una qualsivoglia situazione per uscire dalla guerra. Tolto dalla scena Mussolini ed il fascismo, che aveva voluto la guerra, questo era più facile da realizzare. Solo Badoglio si faceva illusioni con le sue dichiarazioni, non considerando che avrebbe solo suscitato diffidenza, poca credibilità e rabbia repressa nei tedeschi, rabbia che esploderà con l’inizio della loro occupazione dell’Italia.
Il Governo non fece nulla per intervenire in Sicilia. Non prese alcuna decisione di carattere militare per la difesa dell’Isola; eppure vi erano forze attestate nel centro e nel nord Italia che potevano essere avviate al fronte aperto nell’isola. “La guerra continua” rimaneva solo una enunciazione e questa inattività sul fronte operativo siciliano fu notata con ulteriore preoccupazione dagli osservatori tedeschi. L’asserzione sembra trovare una sua validità nella violenza durezza con cui il governo badogliano reprime ogni manifestazione popolare seguita all’annunzio all’arresto di Mussolini ed alla caduta del Fascismo. Il governo Badoglio organizza una sorta di applicazione di legge marziale mascherata dando ogni potere alle autorità militare. Autorità militari che non trovano altro che rifarsi alle disposizioni adottate l’anno precedente nel fronteggiare la situazione in Jugoslavia, con provvedimenti che prevedevano l’arresto immediato, la detenzione, l’internamento di civili, la presa di ostaggi, la rappresaglia. Le manifestazioni in Italia, per lo più di carattere innocuo, si risolvono per questo atteggiamento autoritario quanto inutile con tragedie: a Milano si hanno 23 morti e 87 feriti per le manifestazioni dal 26 al 30 luglio, a Bari con 17 morti  e 36 feriti per la manifestazione del 28 luglio, a Reggio Emilia con 9 morti e 30 feriti, sempre per una manifestazione del 28 luglio. Durante i 45 giorni del governo badogliano si hanno 83 italiani porti e 516 feriti. Un bilancio tanto tragico quanto inutile.
Il Governo Badoglio, nei primi tre giorni di vita con tre decreti cancella tutta l’organizzazione del PNF, ne in corpora i beni e le proprietà, assorbe la Milizia nelle forze regie e fa finta che oltre un ventennio di governo a cui tutti i suoi componenti hanno collaborato e ricevuto prevende, privilegi ed onori non sia mai esistito. Confermando il suo spirito conservatore, la liberazione dei detenuti politici avviene con un certo rallentamento, visti questi sempre ed ancora come oppositori.
La morsa del Governo Badoglio si allenta e nascono i primi Comitati, che sono gli antesignani del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, e riprendo vita i partiti politici. Il Partito Socialista ed il partito Comunista, che nella clandestinità avevano tenuto una loro organizzazione, si collegano a questi Comitati dando vita ad organizzazioni politiche embrionali. Escono alla luce anche il partito d’Azione, fondato nel 1942, la Democrazia cristiana, fondata anch’essa nel 1942, con riferimento al Partito Popolare di Don Sturzo, ed il partito Liberare. Saranno i partiti della Prima repubblica che governeranno l’Italia fino alla Caduta del Muro di Berlino ed il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. Operano tutti in una situazione di incertezza, semilegale, in cui domina la inattività del Governo di fronte al problema principale: la guerra. La ricerca di una soluzione per fronteggiare una situazione che di giorno in giorno diveniva sempre più difficile ed insostenibile. Il compito del Governo Badoglio, ovvero il vertice militare e la Monarchia, mentre il vertice diplomatico, che nella circostanza si tiene i disparte, è tanto semplice quanto difficile: cercare di concludere un accordo con gli anglo-americani ponendo fine ai combattimenti cercando di contenere e neutralizzare la prevedibile reazione tedesca, ossessivamente tanto temuta da tutti i responsabili italiani.
Il Governo Badoglio, e con esso il Re, falliscono miseramente, non essendo all’altezza di controllare una così difficile situazione tanto drammatica  se non tragica, dimostrando di essere irresoluti a come comportarsi di fronte alla eredità della guerra fascista, che anche loro avevano voluto. Il comportamento ambigui, le incertezze ed i ritardi con cui il Governo Badoglio avvia i contatti per trovare una possibilità di accordo  sono così tanti e persistenti da generare fortissimi dubbi sugli alleati: questi, peraltro, dopo le decisioni prese a Casablanca, nel gennaio 1943, sono fermamente risoluti a imporre una pace o un armistizio senza condizioni. Nel contempo, al fine di distrarre i tedeschi e cercare di contrastare il più possibile i loro sospetti di una pace separata, fanno si che si assumo atteggiamento risoluti nel voler continuare la guerra; questo impedisce di predisporre piani concreti volti a preparare i comandi e le truppe ad un eventuale armistizio. In pratica il Governo Badoglio, per paura dei tedeschi, non predispone nulla dal punto di vista militare per uscire dalla guerra. Gravissimo errore che si rileverà foriero di tragedie al momento della proclamazione dell’armistizio.
Di fronte all’inerzia militare del Governo Badoglio, sia sul fronte siciliano sia su quello interno, i tedeschi mostrano via via una sempre maggiore attività militare. Subito dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini iniziano a far affluire forze in Italia, quelle forze che avevano ripetutamente negato a Mussolini nei suoi ultimi mesi di potere, che sarebbero state veramente preziose per contrastare lo sbarco in Sicilia. Affluiscono nuove unità dal confine orientale, dal Brennero, dalla Francia e si posizionano in modo tale da tenere sotto controllo le forze italiane.
Queste, peraltro, anche se numericamente superiori, sono in profonda fase di riordino dopo i rovesci subiti in Russia ( le ultime unità rientrano dal fronte russo a maggio 1943) e in Sicilia; inoltre l’armamento in dotazione e decisamente inferiore a quello tedesco, che si aggiunge alla scarsezza di materiali di equipaggiamento ed ad un morale fortemente scosso.
Questo aspetto non deve trarre in inganno. In modo assoluto le Forze Armate italiane avevano materiali degni di nota. Basti dire che i tedeschi, all’indomani del disarmo delle unità italiane, ebbero materiali e equipaggiamenti con cui condussero  le operazioni in Italia fino all’aprile 1945; al sud, nei territori occupati dagli angloamericani, il materiale italiano requisito servì, su ordine di Churchill, a equipaggiare le unità partigiane titine, che, partendo da una situazione di netta inferiorità logistica riuscirono a condurre contro i tedeschi dal 1943 al 1945 ben cinque offensive dopo aver ricevuto il materiale italiano. (massimo coltrinari)

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