APPROFONDIMENTI
La calda estate del 1943
Soldati italiani prima della bufera
Il
Governo di Pietro Badoglio è un'altra tragedia nazionale, una di quelle
sciagure che ancora oggi incidono sul tessuto sociale italiano. Nel momento in
cui si presenta al Paese, il Capo del Governo non esita a dichiarare che “la
guerra continua”, nel segreto intento di rassicurare ingenuamente la Germania.
A Berlino si era visto con stupore il liquefarsi in poche ore di un regime che
si credeva “granitico”; stupore ancora maggiore nel constatare che Mussolini si
era lasciato andare senza nessuna resistenza e soprattutto nessun fascista
aveva impugnato le armi per la sua difesa e la difesa del fascismo stesso.
Passata la meraviglia tutti constatarono che il cambio del vertice
politico-militare a Roma significava, soprattutto alla luce della situazione
disperata in cui si trovava l’Italia, un reale proposito di trovare una
qualsivoglia situazione per uscire dalla guerra. Tolto dalla scena Mussolini ed
il fascismo, che aveva voluto la guerra, questo era più facile da realizzare.
Solo Badoglio si faceva illusioni con le sue dichiarazioni, non considerando
che avrebbe solo suscitato diffidenza, poca credibilità e rabbia repressa nei
tedeschi, rabbia che esploderà con l’inizio della loro occupazione dell’Italia.
Il
Governo non fece nulla per intervenire in Sicilia. Non prese alcuna decisione
di carattere militare per la difesa dell’Isola; eppure vi erano forze attestate
nel centro e nel nord Italia che potevano essere avviate al fronte aperto
nell’isola. “La guerra continua” rimaneva solo una enunciazione e questa
inattività sul fronte operativo siciliano fu notata con ulteriore
preoccupazione dagli osservatori tedeschi. L’asserzione sembra trovare una sua
validità nella violenza durezza con cui il governo badogliano reprime ogni
manifestazione popolare seguita all’annunzio all’arresto di Mussolini ed alla
caduta del Fascismo. Il governo Badoglio organizza una sorta di applicazione di
legge marziale mascherata dando ogni potere alle autorità militare. Autorità
militari che non trovano altro che rifarsi alle disposizioni adottate l’anno
precedente nel fronteggiare la situazione in Jugoslavia, con provvedimenti che
prevedevano l’arresto immediato, la detenzione, l’internamento di civili, la
presa di ostaggi, la rappresaglia. Le manifestazioni in Italia, per lo più di
carattere innocuo, si risolvono per questo atteggiamento autoritario quanto
inutile con tragedie: a Milano si hanno 23 morti e 87 feriti per le
manifestazioni dal 26 al 30 luglio, a Bari con 17 morti e 36 feriti per la manifestazione del 28
luglio, a Reggio Emilia con 9 morti e 30 feriti, sempre per una manifestazione
del 28 luglio. Durante i 45 giorni del governo badogliano si hanno 83 italiani
porti e 516 feriti. Un bilancio tanto tragico quanto inutile.
Il
Governo Badoglio, nei primi tre giorni di vita con tre decreti cancella tutta
l’organizzazione del PNF, ne in corpora i beni e le proprietà, assorbe la
Milizia nelle forze regie e fa finta che oltre un ventennio di governo a cui
tutti i suoi componenti hanno collaborato e ricevuto prevende, privilegi ed
onori non sia mai esistito. Confermando il suo spirito conservatore, la
liberazione dei detenuti politici avviene con un certo rallentamento, visti
questi sempre ed ancora come oppositori.
La
morsa del Governo Badoglio si allenta e nascono i primi Comitati, che sono gli
antesignani del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, e riprendo vita i
partiti politici. Il Partito Socialista ed il partito Comunista, che nella
clandestinità avevano tenuto una loro organizzazione, si collegano a questi
Comitati dando vita ad organizzazioni politiche embrionali. Escono alla luce
anche il partito d’Azione, fondato nel 1942, la Democrazia cristiana, fondata
anch’essa nel 1942, con riferimento al Partito Popolare di Don Sturzo, ed il
partito Liberare. Saranno i partiti della Prima repubblica che governeranno
l’Italia fino alla Caduta del Muro di Berlino ed il crollo dell’Unione
Sovietica nel 1989. Operano tutti in una situazione di incertezza, semilegale,
in cui domina la inattività del Governo di fronte al problema principale: la
guerra. La ricerca di una soluzione per fronteggiare una situazione che di
giorno in giorno diveniva sempre più difficile ed insostenibile. Il compito del
Governo Badoglio, ovvero il vertice militare e la Monarchia, mentre il vertice
diplomatico, che nella circostanza si tiene i disparte, è tanto semplice quanto
difficile: cercare di concludere un accordo con gli anglo-americani ponendo
fine ai combattimenti cercando di contenere e neutralizzare la prevedibile
reazione tedesca, ossessivamente tanto temuta da tutti i responsabili italiani.
Il
Governo Badoglio, e con esso il Re, falliscono miseramente, non essendo
all’altezza di controllare una così difficile situazione tanto drammatica se non tragica, dimostrando di essere
irresoluti a come comportarsi di fronte alla eredità della guerra fascista, che
anche loro avevano voluto. Il comportamento ambigui, le incertezze ed i ritardi
con cui il Governo Badoglio avvia i contatti per trovare una possibilità di
accordo sono così tanti e persistenti da
generare fortissimi dubbi sugli alleati: questi, peraltro, dopo le decisioni
prese a Casablanca, nel gennaio 1943, sono fermamente risoluti a imporre una
pace o un armistizio senza condizioni. Nel contempo, al fine di distrarre i
tedeschi e cercare di contrastare il più possibile i loro sospetti di una pace
separata, fanno si che si assumo atteggiamento risoluti nel voler continuare la
guerra; questo impedisce di predisporre piani concreti volti a preparare i
comandi e le truppe ad un eventuale armistizio. In pratica il Governo Badoglio,
per paura dei tedeschi, non predispone nulla dal punto di vista militare per
uscire dalla guerra. Gravissimo errore che si rileverà foriero di tragedie al
momento della proclamazione dell’armistizio.
Di
fronte all’inerzia militare del Governo Badoglio, sia sul fronte siciliano sia
su quello interno, i tedeschi mostrano via via una sempre maggiore attività
militare. Subito dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini iniziano a far
affluire forze in Italia, quelle forze che avevano ripetutamente negato a
Mussolini nei suoi ultimi mesi di potere, che sarebbero state veramente
preziose per contrastare lo sbarco in Sicilia. Affluiscono nuove unità dal
confine orientale, dal Brennero, dalla Francia e si posizionano in modo tale da
tenere sotto controllo le forze italiane.
Queste,
peraltro, anche se numericamente superiori, sono in profonda fase di riordino
dopo i rovesci subiti in Russia ( le ultime unità rientrano dal fronte russo a
maggio 1943) e in Sicilia; inoltre l’armamento in dotazione e decisamente
inferiore a quello tedesco, che si aggiunge alla scarsezza di materiali di
equipaggiamento ed ad un morale fortemente scosso.
Questo
aspetto non deve trarre in inganno. In modo assoluto le Forze Armate italiane
avevano materiali degni di nota. Basti dire che i tedeschi, all’indomani del
disarmo delle unità italiane, ebbero materiali e equipaggiamenti con cui
condussero le operazioni in Italia fino
all’aprile 1945; al sud, nei territori occupati dagli angloamericani, il
materiale italiano requisito servì, su ordine di Churchill, a equipaggiare le
unità partigiane titine, che, partendo da una situazione di netta inferiorità
logistica riuscirono a condurre contro i tedeschi dal 1943 al 1945 ben cinque
offensive dopo aver ricevuto il materiale italiano. (massimo coltrinari)
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