Cerca nel blog

domenica 22 dicembre 2019

La crisi armistiziale del settembre 1943

APPROFONDIMENTI
Il momento più difficile della 
storia unitaria italiana



Soldati italiani nella crisi armistiziale


L’incertezza del Governo Badoglio aggrava sempre  più il quadro generale. Gli angloamericani, al fine di costringere l’Italia alla resa, intensificano i bombardamenti aerei sull’Italia  che riguardano sia le città del sud  che quelle settentrionali. Sono particolarmente colpite Napoli, Salerno e Foggia;  Roma, di cui già si è detto, e i grandi centro industriali del nord come  Bologna, Torino, Genova e soprattutto Milano. Anche città come Pisa, Civitavecchia, Terni, Ancona, Terni ed Orte sono colpite. L’offensiva aerea strategica contro l’Italia è massiccia, e contribuisce ad aggravare il peso della guerra, e ad alimentare proteste che intorno alla metà di agosto provoca una ondata di scioperi proclamati per ragioni economiche ma anche per chiedere sempre più insistentemente la fine della guerra.
La conduzione delle trattative per ottenere un’armistizio sono caotiche e mal condotte; vari personaggi, tra cui la Principessa Maria Josè prendo iniziative estemporanee che aumentano la confusione e la diffidenza degli alleati. L’iniziativa che a fine agosto porta dei risultati concreti è quella affidata al gen. Castellano, su incarico di Badoglio, che stabilisce un collegamento concreto con i responsabili angloamericani. Castellano si rileva un negoziatore mediocre (tra l’altro non conosceva minimamente la lingua inglese) e concorda un testo di armistizio che è passato alla storia come “Armistizio Corto”, un documento ambiguo ( tra l’altro non vi era alcun cenno al trattamento dei prigionieri italiani in mano alleata), approvato da Badoglio con molte riserve mentali, sperando di poterlo rinegoziare da posizioni miglior in futuro. Appare, peraltro, sconcertante che nelle conversazioni con gli angloamericani Castellano, che aveva un grado di generale modesto, non sia assistito da un diplomatico esperto, come la situazione richiedeva.
Nelle ore pomeridiane del 3 settembre, sotto una tenda piantata negli aranceti nella piana di Cassibile , in Sicilia, Castellano, dopo non poche traversie conclusive, su autorizzazione di Badoglio firmava l’armistizio.
Vittorio Emanuele II e Badoglio erano ossessivamente impressionati dalla paura di cadere in mano ai tedeschi. Fecero ogni cosa per dilazionare l’annuncio cercando di strappare il più possibile agli angloamericani affinché garantissero un pronto intervento contro i principali ammassamenti di truppe tedesche, ottenendo soltanto di aumentare ulteriormente i sospetti circa le reali intenzioni italiane.
In realtà dagli anni sessanta in poi si dibatte se Badoglio di concerto con il Re non abbiamo architettato un piano volto ad attirare gli angloamericani in una trappola, con il consenso tacito dei tedeschi (almeno quelli che erano a Roma a contatto con le autorità italiane) intavolando devianti trattative armistiziali, al fine di attirare gli angloamericano in uno sbarco a nord o a sud di Roma, ed in altre operazioni ( come la operazione “Giant II”, azione di paracadutisti su Roma concordata da Castellano in sede di trattative) per respingerli e dimostrare che era impossibile sbarcare sul continente e quindi era necessario andare a trattative di pace generali.
La situazione a meta del 1943 dopo quattro anni di guerra era pesante per tutti i contendenti, soprattutto per la Gran Bretagna. La Germania occupava tutto il continente, e già nel novembre 1942 tentativi di pace erano stati tentati verso la Unione Sovietica, che per poco era riuscita a salvarsi nel 1941 dall’annientamento. Tutti guardavano alla fine della guerra con interesse e l’Italia, l’alleato più debole, tentava il grande gioco, per sopravvivere ed uscire anch’essa da una guerra perduta.
Dalla firma dell’armistizio “corto”, che alla luce della tesi di Zangrandi è stringato e incompleto proprio perché poteva essere facilmente smentito, così come facilmente poteva essere sconfessato l’operato di Castellano, figura di secondo piano, tutta l’attività dei responsabili italiani è pregna di machiavellismi, di incertezze, tutti animati dalla certezza di voler porre fine alla guerra, ma incerti, indecisi, altalenanti sul come attuare questa necessità e, secondo la versione più accreditata quale sia il modo migliore per attuare il passaggio di campo abbandonando quello dell’alleanza  con la Germania, di cui erano stati, a fianco di Mussolini, corresponsabili e conviti sostenitori o, secondo la tesi di Ruggero Zangrandi come porre fine alla guerra attirando gli alleati in una trappola per costringerli poi, a disastro consumato, andare ad un tavolo di trattative di pace generale, tenendo l’Italia ancora nel campo germanico, rimanendo coerenti alla loro politica.
L’armistizio fu annunziato da Radio Algeri alle con una trasmissione delle ore 16,30 dell’8 settembre 1943. Badoglio, sconcertato in quanto tutti a Roma si aspettavano un annuncio non prima del 12 settembre, si risolse a proclamarlo con una trasmissione che l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, la progenitrice della odierna RAI) mise in onda alle 19,45.
Il grande gioco non era riuscito. Secondo Zangrandi la trappola non era scattata ed gli autori della medesima furono presi dal panico. Gli Alleati, che si presupponeva sbarcassero a ad Anzio o a Civitavecchia, invece stavano sbarcando a sud di Napoli, a Salerno.
La paralisi investe progressivamente i vertici politici e militari italiani a Roma che dimostrano di essere incapaci di gestire la situazione.
(massimo Coltrinari
(la II parte sarà pubblicata il 23
dicembre 2019)


Nessun commento:

Posta un commento