APPROFONDIMENTI
Il momento più difficile della
storia unitaria italiana
Soldati italiani nella crisi armistiziale
L’incertezza
del Governo Badoglio aggrava sempre più
il quadro generale. Gli angloamericani, al fine di costringere l’Italia alla
resa, intensificano i bombardamenti aerei sull’Italia che riguardano sia le città del sud che quelle settentrionali. Sono
particolarmente colpite Napoli, Salerno e Foggia; Roma, di cui già si è detto, e i grandi
centro industriali del nord come
Bologna, Torino, Genova e soprattutto Milano. Anche città come Pisa,
Civitavecchia, Terni, Ancona, Terni ed Orte sono colpite. L’offensiva aerea
strategica contro l’Italia è massiccia, e contribuisce ad aggravare il peso
della guerra, e ad alimentare proteste che intorno alla metà di agosto provoca
una ondata di scioperi proclamati per ragioni economiche ma anche per chiedere
sempre più insistentemente la fine della guerra.
La
conduzione delle trattative per ottenere un’armistizio sono caotiche e mal
condotte; vari personaggi, tra cui la Principessa Maria Josè prendo iniziative
estemporanee che aumentano la confusione e la diffidenza degli alleati.
L’iniziativa che a fine agosto porta dei risultati concreti è quella affidata
al gen. Castellano, su incarico di Badoglio, che stabilisce un collegamento
concreto con i responsabili angloamericani. Castellano si rileva un negoziatore
mediocre (tra l’altro non conosceva minimamente la lingua inglese) e concorda
un testo di armistizio che è passato alla storia come “Armistizio Corto”, un
documento ambiguo ( tra l’altro non vi era alcun cenno al trattamento dei
prigionieri italiani in mano alleata), approvato da Badoglio con molte riserve
mentali, sperando di poterlo rinegoziare da posizioni miglior in futuro.
Appare, peraltro, sconcertante che nelle conversazioni con gli angloamericani
Castellano, che aveva un grado di generale modesto, non sia assistito da un
diplomatico esperto, come la situazione richiedeva.
Nelle
ore pomeridiane del 3 settembre, sotto una tenda piantata negli aranceti nella
piana di Cassibile , in Sicilia, Castellano, dopo non poche traversie
conclusive, su autorizzazione di Badoglio firmava l’armistizio.
Vittorio
Emanuele II e Badoglio erano ossessivamente impressionati dalla paura di cadere
in mano ai tedeschi. Fecero ogni cosa per dilazionare l’annuncio cercando di
strappare il più possibile agli angloamericani affinché garantissero un pronto
intervento contro i principali ammassamenti di truppe tedesche, ottenendo
soltanto di aumentare ulteriormente i sospetti circa le reali intenzioni
italiane.
In
realtà dagli anni sessanta in poi si dibatte se Badoglio di concerto con il Re
non abbiamo architettato un piano volto ad attirare gli angloamericani in una
trappola, con il consenso tacito dei tedeschi (almeno quelli che erano a Roma a
contatto con le autorità italiane) intavolando devianti trattative
armistiziali, al fine di attirare gli angloamericano in uno sbarco a nord o a
sud di Roma, ed in altre operazioni ( come la operazione “Giant II”, azione di
paracadutisti su Roma concordata da Castellano in sede di trattative) per
respingerli e dimostrare che era impossibile sbarcare sul continente e quindi
era necessario andare a trattative di pace generali.
La
situazione a meta del 1943 dopo quattro anni di guerra era pesante per tutti i
contendenti, soprattutto per la Gran Bretagna. La Germania occupava tutto il
continente, e già nel novembre 1942 tentativi di pace erano stati tentati verso
la Unione Sovietica, che per poco era riuscita a salvarsi nel 1941
dall’annientamento. Tutti guardavano alla fine della guerra con interesse e
l’Italia, l’alleato più debole, tentava il grande gioco, per sopravvivere ed
uscire anch’essa da una guerra perduta.
Dalla
firma dell’armistizio “corto”, che alla luce della tesi di Zangrandi è
stringato e incompleto proprio perché poteva essere facilmente smentito, così
come facilmente poteva essere sconfessato l’operato di Castellano, figura di
secondo piano, tutta l’attività dei responsabili italiani è pregna di
machiavellismi, di incertezze, tutti animati dalla certezza di voler porre fine
alla guerra, ma incerti, indecisi, altalenanti sul come attuare questa
necessità e, secondo la versione più accreditata quale sia il modo migliore per
attuare il passaggio di campo abbandonando quello dell’alleanza con la Germania, di cui erano stati, a fianco
di Mussolini, corresponsabili e conviti sostenitori o, secondo la tesi di
Ruggero Zangrandi come porre fine alla guerra attirando gli alleati in una
trappola per costringerli poi, a disastro consumato, andare ad un tavolo di
trattative di pace generale, tenendo l’Italia ancora nel campo germanico,
rimanendo coerenti alla loro politica.
L’armistizio
fu annunziato da Radio Algeri alle con una trasmissione delle ore 16,30 dell’8
settembre 1943. Badoglio, sconcertato in quanto tutti a Roma si aspettavano un
annuncio non prima del 12 settembre, si risolse a proclamarlo con una
trasmissione che l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, la progenitrice
della odierna RAI) mise in onda alle 19,45.
Il
grande gioco non era riuscito. Secondo Zangrandi la trappola non era scattata ed
gli autori della medesima furono presi dal panico. Gli Alleati, che si
presupponeva sbarcassero a ad Anzio o a Civitavecchia, invece stavano sbarcando
a sud di Napoli, a Salerno.
La
paralisi investe progressivamente i vertici politici e militari italiani a Roma
che dimostrano di essere incapaci di gestire la situazione.
(massimo Coltrinari
(la II parte sarà pubblicata il 23
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