di Federico Mammarella*
La guerra civile spagnola fu uno degli episodi più
drammatici della storia di Spagna, la guerra colpì un paese già duramente
provato da una forte crisi economica e da una crisi politico sociale senza
precedenti. La Seconda Repubblica Spagnola, sorta il 14 Aprile 1931, a seguito
della partenza per l’esilio del re Alfonso XIII, stava vivendo momenti molto
convulsi, a seguito delle sollevazioni dei gruppi conservatori più estremisti e
dei partiti di destra di ispirazione fascista e nazionalista.
La
situazione precipitò quando, il 17 Luglio 1937, il generale Francisco Franco,
di stanza nel Marocco spagnolo, diede inizio ad una sollevazione militare nella
città di Melilla; il giorno successivo la rivolta era già divampata in tutta la
Penisola. Le forze franchiste trovarono il sostegno e l’appoggio militare di
Italia e Germania, che inviarono uomini e mezzi per condurre una sanguinaria
guerra contro le forze popolari, al potere della Repubblica; dal conto loro, i
repubblicani, non potevano contare su aiuti così consistenti: di tutte le
potenze mondiali ed europee, solo l’URSS partecipò direttamente allo sforzo
bellico, inviando direttamente mezzi ed aiuti; le altre forze democratiche
europee risposero debolmente all’appello: Francia e Gran Bretagna non presero
parte direttamente alla guerra, nonostante le dichiarazioni fatte di aiuto e
supporto alla causa repubblicana. Cionostante, l’opinione pubblica europea
rispose autonomamente alla richiesta, formando le Brigate Internazionali, ovvero gruppi di volontari che da tutta Europa
affluirono in Spagna in aiuto della Repubblica Spagnola e finanziate ed armate,
in gran parte, dall’URSS. Giunsero volontari da ogni singolo paese, compreso
dall’Italia, dove le forze antifasciste, risposero immediatamente alla
chiamata.
Purtroppo però la
superiorità delle forze nazionaliste non tardò palesarsi, tanto che a Febbraio
del 1939, quasi l’intera Penisola era già nelle mani del Caudillo.
Il 2 febbraio Franco
giunge a Siviglia e da qui pianifica l’attacco alla città di Malaga, città non
strategicamente rilevante, in termini militari, ma necessaria per mantenere i
collegamenti con il Marocco. Malaga fu posta sotto assedio da sei colonne
militari, appoggiati da tedeschi ed italiani con truppe, aerei e carri armati.
Il
3 Febbraio venne sferrata la prima offensiva contro la città, alla guida di Gonzalo
Queipo de Llano, tenente generale dell’Arma di Cavalleria. I repubblicani
asserragliati in città opposero una strenua resistenza. Donne, bambini ed
anziani furono fatti evacuare, e si misero in marcia verso Almeria, l’ultima grande
città non ancora sotto assedio.
Nel
frattempo, i nazionalisti penetravano in città, attuando nel contempo
fucilazioni sommarie per spaventare la popolazione. Autore di questi crimini fu
il generale Carlos Arias Navarro, che verrò soprannominato El Carnicero de Malaga, il Macellaio di Malaga.
Il
4 Febbraio fu lanciato l’attacco finale e la città si arrese definitivamente.
La caduta della città causò una fuga in massa di civili verso la capitale
almeriense. La colonna di rifugiati si mise in marcia, ma in molti non
arriveranno a destinazione: la pista è lunga 200 Km, la colonna faceva circa
40-50 Km al giorno, così che per giungere a destinazione ci sarebbero voluti 5
giorni. Mentre la colonna marciava faticosamente verso una incerta salvezza, a
Malaga, le fucilazioni continuavano, arrivando a 14.000 fucilazioni nell’arco
di una settimana.
I rifugiati erano circa 50.000, di questi 1/5 non
raggiungerà mai Almeria, perdendo la vita lungo la strada; assieme alle
persone, marciavano muli, asini e cavalli carichi all’inverosimile di tutto
quello che i cittadini di Malaga riuscirono a portare con se. Inoltre molti
erano i bambini, circa 5.000, che alla fine giunsero ad Almeria scalzi e
vestiti di stracci.
Come se non bastasse, le forze nazionaliste non
davano tregua. Italiani e tedeschi continuavano ad inviare mezzi, e il generale
in capo delle forze italiane Mario Roatta, al comando del Corpo Truppe
Volontarie (CTV) diede ordine alle navi Baleares
e Canarias e all’incrociatore Almirante Cervera di bombardare dal mare
la colonna in marcia. Nello stesso tempo, Navarro a Malaga ricevette l’ordine
di intensificare ulteriormente le fucilazioni e le rappresaglie contro la
popolazione civile.
In questo triste quadro, un angelo custode giunse
per alleviare le fatiche dei rifugiati in marcia: infatti il medico canadese
Norman Bethune, con la sua ambulanza, cercò in tutti i modi di assistere coloro
che necessitavano di cure mediche, andando avanti ed indietro lungo la colonna
in marcia.
Coloro che, il 10 Febbraio, riuscirono finalmente a
raggiungere Almeria, vennero prontamente accolti ed assistiti, ma era destino
che le loro disavventura non fossero ancora giunte al termine. Infatti il 12
febbraio, 10 ordigni esplosero nel centro della città, esattamente dove erano
stati fatti accampare i rifugiati, causando decine di morti e feriti.
A
Maggio la guerra giunse anche ad Almeria, e il 31 la città fu fatta oggetto di
un pesante bombardamento da parte di cinque navi da guerra tedesche, che alle
7:29 aprirono il fuoco sulla città. Vennero sparati 200 colpi, che al finale
lasciarono sul campo 19 morti, 55 feriti e 35 edifici distrutti. La città pero
continuerà a combattere e a resistere fino al 29 Marzo del ’39, quando cadrà
anch’essa nelle mani dei nazionalisti.
La
guerra cesserà definitivamente il 1° Aprile, quando, dopo la caduta di Madrid,
Franco proclamò infine la vittoria e l’inizio del nuovo regime franchista.
Federico Mammarella,
laureando in Relazioni internazionali,
Almeria 26/11/2016
(Ha collaborato con il CESVAM durante il periodo di Tirocinio presso L'ISAG di Roma. Attualemnte in Spagna, Almenria, per Erasmus per il periodo ottobre 2016- dicembre 2017)
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