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venerdì 2 dicembre 2016

La Carrettera de la Muerte

di Federico Mammarella*

La guerra civile spagnola fu uno degli episodi più drammatici della storia di Spagna, la guerra colpì un paese già duramente provato da una forte crisi economica e da una crisi politico sociale senza precedenti. La Seconda Repubblica Spagnola, sorta il 14 Aprile 1931, a seguito della partenza per l’esilio del re Alfonso XIII, stava vivendo momenti molto convulsi, a seguito delle sollevazioni dei gruppi conservatori più estremisti e dei partiti di destra di ispirazione fascista e nazionalista.
La situazione precipitò quando, il 17 Luglio 1937, il generale Francisco Franco, di stanza nel Marocco spagnolo, diede inizio ad una sollevazione militare nella città di Melilla; il giorno successivo la rivolta era già divampata in tutta la Penisola. Le forze franchiste trovarono il sostegno e l’appoggio militare di Italia e Germania, che inviarono uomini e mezzi per condurre una sanguinaria guerra contro le forze popolari, al potere della Repubblica; dal conto loro, i repubblicani, non potevano contare su aiuti così consistenti: di tutte le potenze mondiali ed europee, solo l’URSS partecipò direttamente allo sforzo bellico, inviando direttamente mezzi ed aiuti; le altre forze democratiche europee risposero debolmente all’appello: Francia e Gran Bretagna non presero parte direttamente alla guerra, nonostante le dichiarazioni fatte di aiuto e supporto alla causa repubblicana. Cionostante, l’opinione pubblica europea rispose autonomamente alla richiesta, formando le Brigate Internazionali, ovvero gruppi di volontari che da tutta Europa affluirono in Spagna in aiuto della Repubblica Spagnola e finanziate ed armate, in gran parte, dall’URSS. Giunsero volontari da ogni singolo paese, compreso dall’Italia, dove le forze antifasciste, risposero immediatamente alla chiamata.
Purtroppo però la superiorità delle forze nazionaliste non tardò palesarsi, tanto che a Febbraio del 1939, quasi l’intera Penisola era già nelle mani del Caudillo.
Il 2 febbraio Franco giunge a Siviglia e da qui pianifica l’attacco alla città di Malaga, città non strategicamente rilevante, in termini militari, ma necessaria per mantenere i collegamenti con il Marocco. Malaga fu posta sotto assedio da sei colonne militari, appoggiati da tedeschi ed italiani con truppe, aerei e carri armati.
Il 3 Febbraio venne sferrata la prima offensiva contro la città, alla guida di Gonzalo Queipo de Llano, tenente generale dell’Arma di Cavalleria. I repubblicani asserragliati in città opposero una strenua resistenza. Donne, bambini ed anziani furono fatti evacuare, e si misero in marcia verso Almeria, l’ultima grande città non ancora sotto assedio.
Nel frattempo, i nazionalisti penetravano in città, attuando nel contempo fucilazioni sommarie per spaventare la popolazione. Autore di questi crimini fu il generale Carlos Arias Navarro, che verrò soprannominato El Carnicero de Malaga, il Macellaio di Malaga.

Il 4 Febbraio fu lanciato l’attacco finale e la città si arrese definitivamente. La caduta della città causò una fuga in massa di civili verso la capitale almeriense. La colonna di rifugiati si mise in marcia, ma in molti non arriveranno a destinazione: la pista è lunga 200 Km, la colonna faceva circa 40-50 Km al giorno, così che per giungere a destinazione ci sarebbero voluti 5 giorni. Mentre la colonna marciava faticosamente verso una incerta salvezza, a Malaga, le fucilazioni continuavano, arrivando a 14.000 fucilazioni nell’arco di una settimana.
I rifugiati erano circa 50.000, di questi 1/5 non raggiungerà mai Almeria, perdendo la vita lungo la strada; assieme alle persone, marciavano muli, asini e cavalli carichi all’inverosimile di tutto quello che i cittadini di Malaga riuscirono a portare con se. Inoltre molti erano i bambini, circa 5.000, che alla fine giunsero ad Almeria scalzi e vestiti di stracci.
Come se non bastasse, le forze nazionaliste non davano tregua. Italiani e tedeschi continuavano ad inviare mezzi, e il generale in capo delle forze italiane Mario Roatta, al comando del Corpo Truppe Volontarie (CTV) diede ordine alle navi Baleares e Canarias e all’incrociatore Almirante Cervera di bombardare dal mare la colonna in marcia. Nello stesso tempo, Navarro a Malaga ricevette l’ordine di intensificare ulteriormente le fucilazioni e le rappresaglie contro la popolazione civile.
In questo triste quadro, un angelo custode giunse per alleviare le fatiche dei rifugiati in marcia: infatti il medico canadese Norman Bethune, con la sua ambulanza, cercò in tutti i modi di assistere coloro che necessitavano di cure mediche, andando avanti ed indietro lungo la colonna in marcia.
Coloro che, il 10 Febbraio, riuscirono finalmente a raggiungere Almeria, vennero prontamente accolti ed assistiti, ma era destino che le loro disavventura non fossero ancora giunte al termine. Infatti il 12 febbraio, 10 ordigni esplosero nel centro della città, esattamente dove erano stati fatti accampare i rifugiati, causando decine di morti e feriti.
A Maggio la guerra giunse anche ad Almeria, e il 31 la città fu fatta oggetto di un pesante bombardamento da parte di cinque navi da guerra tedesche, che alle 7:29 aprirono il fuoco sulla città. Vennero sparati 200 colpi, che al finale lasciarono sul campo 19 morti, 55 feriti e 35 edifici distrutti. La città pero continuerà a combattere e a resistere fino al 29 Marzo del ’39, quando cadrà anch’essa nelle mani dei nazionalisti.
La guerra cesserà definitivamente il 1° Aprile, quando, dopo la caduta di Madrid, Franco proclamò infine la vittoria e l’inizio del nuovo regime franchista.


Federico Mammarella, 
laureando in Relazioni internazionali, 
Almeria 26/11/2016

(Ha collaborato con il CESVAM durante il periodo di Tirocinio presso L'ISAG di Roma. Attualemnte in Spagna, Almenria,  per Erasmus per il periodo ottobre 2016- dicembre 2017)

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