di Alessia Biasiolo*
I
medici generici aderirono ampiamente al partito nazista, accanto al 60% dei
biologi e all’80% dei professori di antropologia, molti dei quali erano medici.
Nella Germania nazista i progressi tecnologico-scientifici furono molti,
assieme al perfezionamento di molti studi e ricerche. E molti furono i tedeschi
emigrati, soprattutto negli Stati Uniti nel primo dopoguerra, che chiesero di
rientrare nella patria d’origine dopo l’avvento al governo di Hitler, essendo
diventati scienziati e lavorando in America in campi correlati alla scienza.
Durante il periodo nazista, in Germania ci fu la fissione nucleare scoperta da
Otto Hahn e Lisa Meitner nel 1938; la ricerca sugli ormoni e le vitamine;
un’ampia ricerca farmacologica; innovazioni per la benzina, la gomma,
l’automobile, il gas nervino sarin, il tabun usato per la guerra chimica, il
metadone sintetizzato nel 1941. Venne progettato il primo missile balistico
intercontinentale e negli anni ’40 furono i tedeschi a progettare il primo
sedile a espulsione. La prima registrazione al mondo su nastro magnetico fu di
un discorso di Hitler. Accanto alla complicità dei medici nelle campagne di
sterilizzazione, o di eutanasia in epoca nazista, molto si fece anche per la
ricerca, soprattutto contro il cancro, uno dei principali interessi di Hitler
in campo medico. La storiografia si è concentrata maggiormente sul razzismo
della Germania dell’epoca, spesso omettendo i successi ottenuti con studi seri
e deontologicamente irreprensibili sui coloranti alimentari, il tabacco o la
polvere. Spesso l’omissione più radicale è avvenuta proprio in Germania, dove i
ricercatori contemporanei non vogliono ammettere di non essere i primi nel campo
della ricerca su quello che era stato chiamato il male del secolo ventesimo, a
causa della naturale avversione nei confronti di tutto ciò che è accaduto in
Germania tra gli anni Trenta e Quaranta di quel secolo.
Eppure,
gli attivisti nazisti hanno messo a punto il programma di prevenzione più
aggressivo ed efficace contro il cancro, essendo la ricerca tedesca sulla
malattia la più avanzata a quel tempo. Ad esempio, gli scienziati tedeschi
furono i primi a scoprire i tumori della pelle causati dai distillati di
catrame minerale e dimostrarono, già nel 1870, che l’estrazione dell’uranio
poteva causare i tumori al polmone, tanto che fu la Germania il primo Paese al
mondo a riconoscere il tumore polmonare come malattia professionale
indennizzabile per i minatori che estraevano l’uranio. Identificarono per primi
i rischi di tumore alla vescica collegati al colorante all’anilina (dato che la
Germania era il maggior produttore mondiale di coloranti sintetici) già nel
1895, o i rischi di tumore alla pelle collegati all’esposizione solare già nel
1894. Sempre i medici tedeschi furono i primi a diagnosticare una forma
tumorale indotta dai raggi X nel 1902, mentre nel 1906 dimostrarono che i raggi
X possono provocare la leucemia. Furono sempre scienziati tedeschi a utilizzare
per primi coloranti istologici come agenti chemioterapici nel 1922, così come
genetisti tedeschi dimostrarono che il cancro al colon può essere ereditario
come carattere dominante. La Germania fu sede del primo congresso
internazionale della ricerca sul cancro nel 1906, ed essendo la patria dei
raggi X, del colposcopio e dell’endoscopio rettale, fu anche pioniera nella
diagnosi ottica del cancro. Sempre i tedeschi furono i primi a ipotizzare, già
nel 1928, che il fumo passivo di tabacco potesse causare il tumore polmonare.
Con il Terzo Reich, fu ampliato il Comitato per la lotta contro il cancro, nato
nel 1931; istituiti archivi per registrare l’incidenza e la mortalità causati
dalla malattia; implementate le misure di prevenzione; varate leggi contro
l’adulterazione alimentare e medicinale, vietato di fumare e ridotto l’uso di
cosmetici cancerogeni. Il motivo di tanto interesse è dato dall’indice di
mortalità causata dal cancro tra le più alte al mondo, dato l’alto grado di
industrializzazione della Germania. I partiti socialisti avevano da tempo
chiesto più sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, ottenendo il sistema
previdenziale più elaborato del mondo e varato già nel 1883, anche in risposta
alle insistenze dei sindacati. Così, la Medicina tedesca era diventata potente
e politicizzata, con forti movimenti di ritorno alla natura che cavalcavano il
cancro come esempio di ciò che poteva portare il tendere solo al profitto.
Inoltre, anche le assicurazioni trovavano più vantaggioso interessarsi alla
prevenzione che non pagare per le terapie, così la lotta contro il cancro
divenne sempre più precisa e accanita. E il nazismo non si lasciò sfuggire
l’interesse politico di mantenere la stessa determinazione. Hitler stesso era
vegetariano, non fumava e non beveva alcolici e non permetteva a nessuno di
farlo in sua presenza, se non di tanto in tanto alle donne. La propaganda
nazista insistette molto su questo punto, celebrando il salutismo del Führer contro
l’accanimento di fumatori di Stalin, Roosevelt e Churchill, ad esempio; del
resto anche Benito Mussolini e Francisco Franco non fumavano. Il salutismo del
regime fece sì che gli Avventisti del Settimo Giorno appoggiassero il nazismo
sin dal 1933, perché finalmente la nazione era affidata ad un uomo che aveva
ricevuto il suo incarico direttamente dalle mani di Dio e che, appunto essendo
vegetariano e senza vezzi di fumo e alcol, era senz’altro più vicino di
chiunque altro alla concezione di salute degli Avventisti stessi. Gli omeopati
si schierarono con il nazismo sempre per identità di vedute su alcuni elementi
chimici dannosi. Ecco allora che la lotta contro il cancro doveva essere forte,
determinata come tutto era tale per i nazisti del Terzo Reich. La prevenzione
divenne determinante perché nell’epoca dell’obbedienza e del salutismo
esasperati, arrivare dal medico con un cancro in stadio avanzato era indice di
poca idoneità all’epoca in cui si viveva. Soprattutto le donne venivano
guardate con disprezzo se avevano un cancro all’utero o alla mammella, proprio
per la forte convinzione che la diagnosi precoce poteva curarle e salvarle.
Dopo la scoperta del colposcopio, che veniva utilizzato per diagnosi al collo
dell’utero e della cervice, il suo inventore Hinselmann sostenne che i medici
che non lo adoperavano si rendevano responsabili della morte di 400mila donne
all’anno in tutto il mondo. La campagna di prevenzione per le donne era stata
organizzata capillarmente, utilizzando soprattutto giornali e radio, volantini
e addirittura film. Iniziarono le lezioni di autoesame del seno (che negli
Stati Uniti, ad esempio, iniziarono soltanto negli anni Sessanta) e si
incentivarono visite anche semestrali per la diagnosi precoce del cancro. La
campagna rallentò soltanto durante la guerra, nel 1942, ma non venne mai meno
del tutto. Sembra che molti medici, però, contestassero ad esempio la validità
di alcuni strumenti come il colposcopio, affermando che poteva bastare uno
speculo e l’occhio del ginecologo per diagnosticare il cancro al collo
dell’utero. Forse fu per rispondere alle critiche sulla sua invenzione, che
Hinselmann mise a punto ad Auschwitz con Wirths, il medico comandante del
campo, un progetto che veniva realizzato utilizzando il colposcopio per raccogliere
campioni di tessuti cervicali dalle prigioniere del campo, per poi inviarli ad
Amburgo per essere esaminati. Non è ben chiaro quali fossero i reali intenti
del progetto, anche se forse dovevano appunto testimoniare sulla bontà dell’uso
del colposcopio. A molte prigioniere, non essendo ben chiara ai medici la
tecnica di utilizzo dello strumento, venne asportata tutta la cervice, causando
emorragie e infezioni che le portavano alla morte. Alla fine della guerra, un
testimone definì gli esperimenti di Hinselmann crudeli come molti altri
riferiti nel campo di Auschwitz.
I
provvedimenti legislativi nazisti, tuttavia, inficiarono la ricerca sul cancro,
impedendo ad esempio, come a seguito della legge del 7 febbraio 1933, a molti
ebrei, o comunisti, di continuare a lavorare. Al più celebre istituto di
ricerca, presso l’ospedale Charité di Berlino, dodici ricercatori su tredici
persero il lavoro e non poterono lavorare nemmeno per continuare ricerche così
basilari per la salute pubblica. Vennero a mancare ricerche sull’immunologia o
l’istologia che non sarebbero più state allo stello livello di prima delle
leggi naziste, essendosi specializzati in alcuni ambiti soltanto scienziati
ebrei.
I
ricercatori che persero il lavoro a seguito delle leggi naziste furono circa un
centinaio, ebrei secondo la definizione nazista dell’ascendenza. Rimase al suo
posto, tra i pochi, Otto Warburg, biochimico e premio Nobel, che continuò a
dirigere l’Istituto di fisiologia cellulare malgrado i vari tentativi di
rimuoverlo, sembra perché Hitler credeva che fosse prossimo a scoprire una cura
per il cancro. È vero, tuttavia, che l’Istituto contava su potenti appoggi,
oltre ad essere una fondazione privata sulla quale le leggi potevano poco,
oltre che godendo dei fondi della Rockefeller Foundation. In ogni caso, la
ricerca sul cancro venne nazionalizzata in Germania, perché la “rivoluzione
nazionalsocialista aveva creato opportunità del tutto nuove” anche in quel
settore. Ciò non toglie che, anche secondo il direttore del registro dei casi
di cancro di Norimberga, uno dei centri di schedatura obbligatoria dei casi
della malattia istituiti, lamentasse come le leggi antisemite avessero
ostacolato la raccolta dei dati relativi al cancro. I medici ebrei potevano
operare soltanto su ebrei e in Germania uno su otto aveva ascendenza ebrea;
pertanto aggiornare i registri dopo il 1938 sarebbe stato molto difficile, dati
anche i trasferimenti di pazienti, oltre che di medici e ricercatori, in quanto
appartenenti alla razza ebraica. Gli stessi registri medici, inoltre, vennero
utilizzati come utile e rapido sistema per identificare la popolazione ebraica
da deportare, quindi gli studi scientifici ebbero un forte rallentamento. Allo
stesso tempo, le malattie classificate come ereditarie avevano portato a
risultati pratici terribili. Nel 1933 venne varata, come abbiamo scritto, la
legge sulla sterilizzazione in caso di molti difetti genetici e anche in caso
di cancro familiare. Nel 1936 si ritenne che bambini affetti da un cancro agli
occhi dovessero essere sterilizzati, tutto al fine di impedire la procreazione
di razze umane cancerose. Tra gli aspetti pratici di queste teorie, vi erano le
credenze che il fumo di tabacco fosse più comune nei tipi sclerotici, e
naturalmente ci si riferiva anche a Winston Churchill, mentre i consumatori di
tabacco da fiuto, snelli e astenici, erano tipicamente gli agricoltori
bavaresi. Era diffusa la credenza che gli ebrei fossero più predisposti al
cancro e non solo, che lo diffondessero in vari modi. Infatti, gli ebrei vennero
accusati, nel 1941, di avere introdotto il consumo di tabacco in Germania e che
dominassero i centri d’importazione di tabacco di Amsterdam, così come
commerciassero con elementi pericolosi al fine di indurre malattie. Gli ebrei
non solo erano immuni dal cancro, ma lavoravano per alterare i cibi tedeschi e
portare malattie al “popolo eletto”.
L’alimentazione
per i nazisti era fondamentale. Per avere persone sane e vigorose bisognava
avere e consumare cibi sani ed energetici. I nutrizionisti tedeschi del tempo
cominciarono a demonizzare la carne, i dolci e i grassi, in favore di alimenti
più sani come i cereali, la frutta fresca e la verdura. Si pubblicizzava
l’alimentazione sbagliata come originaria del cancro, anche alla luce
dell’estrema incidenza del cancro allo stomaco degli anni Venti e Trenta non
solo in Germania, ma in altre parti d’Europa e negli Stati Uniti, per motivi
non ben chiari. Di certo i cibi molto salati, spesso fermentati o avariati, le
frequenti contaminazioni di muffe della carne che veniva consumata, ma anche
delle verdure e dei cereali dell’epoca, doveva avere contribuito alla
diffusione della malattia. Tuttavia i nazisti demonizzavano alcuni alimenti
anche per ragioni simboliche. Ad esempio, la panna montata veniva associata alla
golosità, il pane integrale lo si associava alla cultura contadina; il colore
del burro falsamente biondo veniva associato dai nazisti a chi si decolorava i
capelli per assomigliare meglio al cliché di ariano di moda al tempo, e così
via. Lo slogan era che l’alimentazione non fosse una faccenda privata: il corpo
apparteneva allo Stato e si doveva operare per averlo al massimo grado di
efficienza; quindi lo Stato si preoccupava di avere cittadini vigorosi per
motivi politici, più che per il loro bene.
Chiedersi
quale fosse l’alimentazione migliore era
un dovere di ogni bravo nazista, ma il dibattito sull’alimentazione naturale
era acceso. Agli inizi dell’Ottocento i tedeschi consumavano 14 chili di carne
e 250 chili di cerali all’anno, per passare a 56 chili di carne e 86 di cereali
nel 1830. Negli anni Trenta del Novecento, il consumo tedesco di zucchero era
passato da 4 a 24 chili pro capite all’anno, con aumento delle carie dentali,
di malattie gastriche, nervose, digestive, cardiache e vascolari. Nel 1937,
molte reclute erano state scartate per motivi odontoiatrici e questo veniva
ritenuto assolutamente riprovevole. Bisognava ridurre i consumi assolutamente,
non solo e forse non tanto per la salute, ma anche (e forse soprattutto) per
motivi di risparmio economico. Il cancro veniva utilizzato come spauracchio per
indurre ad un’alimentazione migliore, visto che non era ancora isolato il
“germe” che lo causava.
Comm.
Alessia Biasiolo, vice presidente della Federazione del nastro Azzurro di Brescia, collaboratrice di "Quaderni".
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