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mercoledì 30 novembre 2016

Copertina. Novembre 2016




QUADERNI ON LINE



La III guerra di indipendenza nel 150° anniversario





Anno LXXVII, Supplemento on line, X, 2016, n. 14
Novembre 2016
www.valoremilitare.blogspot.com
                                                   

martedì 29 novembre 2016

Editoriale. Novembre 2016


Sulla via dei bilanci di fine anno

E' stato un mese molto intenso di lavoro. Tutti i progetti sono stati portati avanti nei tempi e nei modi che si erano previsti. Sono in via di pubblicazione gli Atti del Convegno e della Tavola Rotonda della giornata del Decorato dello scorso aprile; nel contempo si sono impostate le propedeutiche procedure dell'iter il convegno che si terrà nella Gionata del Decorato del 2017, che avrà luogo ad Arezzo il 28-29 aprile p.v.; In fase di chiusura e quindi di pubblicazione anche il Terzo volume della Comma "I Libri del Nastro Azzurro", dedicato alla guerra del 1866, in cui tutta la parte iconografica e cartografica è stata pubblicato nel mese di ottobre e novembre su questi "Quaderni".

Il Dizionario minimo della Grande Guerra, nei suoi sei volumi, , è in fase di completamento e si conta di avere la prima bozza da far girare tra i collaboratori a metà gennaio p.v.

Per quanto riguarda la rivista "Quaderni" edizione su carta, è stato deciso di unificare i numeri del 2016, sia per vari contrattempi imprevisti ed iniziative non potute controllare sia pere dare spazio ulteriore alla costituzione di un Comitato Scientifico che accrediti la rivista a livello accademico.

Il progetto che ha avuto uno sviluppo integrale è quello dedicato all'Albania. La collaborazione con l'Ambasciata d'Albani e con l'Istituto "Antonio Gramsci" è arrivato alla sua fase conclusiva; si profila, come previsto, la ristampa del volume "Albania '43". L'avviamento dei militari Italiani ai campi di concentramento tedeschi" ed il Convegno, che si terrà nella prima settimana di febbraio.

A seguito della Convenzione  stipulata con la Congregazione Internazionale Accademica Templare lo scorso 8 ottobre, è stato avviato il programma previsto per il 2017. Già effettuato un piacevole incontro con Padre Hadad. Rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin.

Questo editoriale, che può sembrare un arido elenco delle cose fatte e da farsi, per il mese che stiamo vivendo, deve essere inteso come un anticipo di un bilancio provvisorio delle attività del CESVAM, in cui tra luci ed ombre, questo anno, di cui rimane un solo mese, può dirsi veramente interessante.

Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

Indice Novembre 2016

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domenica 27 novembre 2016

1866. III Guerra di Indipendenza Proclami Prussiano ed Austriaco

 Il re di Prussia e l'imperatore d'Austria annunziarono ai loro popoli che la guerra era scoppiata.


Ecco il proclama di Guglielmo I:
<< Al mio popolo!
<< Nel momento in cui l'esercito prussiano parte per intraprendere una guerra decisiva, sento il bisogno di parlare al mio popolo, ai figli ed ai nepoti di coloro ai quali mio padre, - che Dio abbia con sé,-  indirizzava, or fa mezzo secolo, queste imperiture parole:
<< LA PATRIA È IN PERICOLO!
<< L'Austria e gran parte della Germania hanno sguainato la spada contro di lei.
<< Son corsi pochi anni dacché, spontaneamente e senza risentimento del passato, stesi all'imperatore d'Austria la mano come ha confederato, quando trattavasi di liberare un paese tedesco dalla dominazione straniera. Avevo sperato che dal sangue versato in comune sarebbe nata una fratellanza d'armi, che avrebbe avuto per risultato una più intima alleanza, fondata sul rispetto e sulla stima reciproca, e con questa una comunanza generale di azioni che avrebbe fruttato alla Germania prosperità all'interno ed importanza all'estero. Tale speranza è svanita.
<<L'Austria non vuol dimenticare che i suoi sovrani hanno un tempo governato la Germania. Ella non vuol riconoscere nella Prussia un alleato naturale, ma un rivale ostile. Secondo essa, gli sforzi della Prussia debbono essere combattuti dappertutto, perché ciò che è a favore della Prussia porta danno all'Austria. L'antico egoismo s'è infiammato di nuovo in tutta la sua forza; la Prussia deve essere indebolita, annientata, disonorata. Verso la Prussia più non han valore i trattati; i sovrani della Confederazione non solo son chiamati contro la Prussia, ma son trascinati a violare il patto federale. Dovunque in Germania noi rivolgiamo lo sguardo, ci vediamo circondati da nemici, il cui grido di guerra è: Umiliazione della Prussia! Ma lo spirito del 1813 vive ancora nel mio popolo.
<< Chi ci strapperà un solo lembo del territorio prussiano, se noi siamo fermamente risoluti di proteggere le conquiste de' nostri padri? Il re ed il popolo, uniti più strettamente che mai in faccia ai pericoli che minacciano la patria, considerano come lor supremo, sacrosanto dovere di sacrificare per lei i loro beni e il loro sangue!
<< Nell'attenta previsione di quanto ora accade, ho dovuto da anni considerare come obbligo precipuo del real mio mandato di preparare il valoroso popolo prussiano per l'imponente sviluppo delle sue forze. Con me, ogni prussiano guarderà con gioia e fiducia la forza armata che copre le nostre frontiere. Col re alla sua testa, la nazione prussiana sentirà ch' è realmente un popolo in armi. S'ingannano i nostri avversari, se credono la Prussia paralizzata da intestine discordie. In faccia al nemico, tacciono i partiti per rimaner anzitutto uniti nella buona come nell'avversa fortuna.
<< Ho fatto di tutto per risparmiare alla Prussia i carichi e i sacrifizi della guerra; il mio popolo lo sa, come lo sa Iddio che scruta i cuori. D'accordo colla Francia, l'Inghilterra e la Russia, ho cercato fino all'ultimo momento la via di un componimento amichevole, e l'ho tenuta aperta. L'Austria ha ricusato, ed altri Stati tedeschi hanno fatto causa comune con lei. Sia pure. Non a me si potrà far rimprovero, se il mio popolo dovrà sostenere una gran lotta, se forse avrà un grave peso a sopportare; - ma non i sta più a noi la scelta!
<< Noi dobbiamo lottare per la nostra esistenza; noi dobbiamo impegnare una lotta di vita o di morte contro coloro che vogliono dichiarare la Prussia del grande Elettore, di Federico il Grande, la Prussia quale è sorta dalle guerre per la libertà, decaduta dal posto che occupa, grazie alla intelligenza e dall'energia dei suoi sovrani, grazie al valore, alla devozione, alla civiltà del suo popolo.
<< Preghiamo l'Onnipotente, nella cui mano stanno i destini delle nazioni e le sorti delle battaglie, che benedica le nostre armi!
<< Se Dio ci dà la vittoria, noi saremo in pari tempo abbastanza forti per rinnovare più solidamente e più efficacemente il debole vincolo che univa piuttosto di nome che in realtà i paesi tedeschi, quel vincolo che oggi è spezzato da coloro che paventano il diritto alla potenza dello spirito nazionale.
<<Iddio sia con noi!
<<Berlino, 18 giugno 1866

<< GUGLIELMO.>


Proclama dell'imperatore d'Austria:
<<Ai miei popoli!
<< In mezzo all'opera di pace che aveva intrapresa all'intento di collocare sopra solide basi la forma costituzionale destinata ad assordare l'unità e la potenza dell'impero in tutte le sue parti, e ad assicurare da un altro lato il libero sviluppo interno ( autonomo ) dei diversi paesi e popoli della Corona, i miei doveri di sovrano mi hanno ordinato di chiamare sotto le bandiere tutte le mie armate. Alle frontiere de' miei Stati, a mezzo dì come a settentrione, sorgono le forze armate di due nemici collegati in un sol pensiero, quello di abbattere la potenza e la dignità dell'Austria in Europa. Nessun pretesto di guerra fu da me dato a quegli Stati. Lungi da ciò, - ne prendo l'Onnipotente in testimonio, - ho sempre considerato come mio dovere di sovrano di conservare a' miei popoli i benefici della pace, e tutt' i miei sforzi intesero a compiere fedelmente questo sacro dovere.
<< Uno de' due Stati nemici, non ha bisogno di alcun pretesto: tormentato unicamente dalla brama di rapire colla violenza porzione del mio impero, per lui la propizia occasione è bastante stimolo a slanciarsi in una guerra cui nulla giustifica.
<< Quanto alle truppe prussiane che oggi minacciano i nostri confini settentrionali, sono appena due anni che parte del fedele ed eroico mio esercito, alleato a quelle stesse truppe, intraprendeva con esso una campagna sulle rive del Mare del Nord. Io avevo accettato quella fratellanza d'armi colla Prussia a fine di tutelare i diritti fondati sopra trattati, di proteggere una popolazione tedesca minacciata, e di circoscrivere nei più ristretti limiti i mali di una guerra inevitabile. Col fatto stesso dell'alleanza delle due grandi potenze dell'Europa centrale, alle quali era devoluto il compito di preservare la pace dell'Europa, io voleva ottenere guarentigia per una pace durevole a grandissimo vantaggio del mio impero, della Germania e dell'Europa. Conquiste non ne ho mai cercate, ed in questo riguardo mai non ho lasciato che ombra di dubbio si levasse intorno alle mie intenzioni né da parte dei miei fratelli d'armi, né da parte dell'Europa.
<< Disinteressato quando venne conclusa l'alleanza colla Prussia, mi sono lasciato parimenti guidare da questo stesso sentimento, quando, poco dopo aver conquistato i ducati dell'Elba, si facevano apparecchi di guerra. E nel momento stesso in cui più non era un segreto per alcuno, che fra i miei nemici si era formato un accordo, scopo del quale non poteva essere che un assalto contro il mio impero, io non credetti ancora di rinunciare alla speranza di conservare la pace, e il mio dovere di sovrano mi impose di mostrarmi pronto a far tutte le concessioni compatibili con l'onore e con la felicità de' miei popoli per evitare di comprometterla.
<< Senonché compresi tosto che più prolungate esitanze renderebbero difficile di respingere efficacemente un assalto dal di fuori, e metterebbe in pericolo la sicurezza dell'impero. Allora soltanto mi rassegnai ai crudeli sacrifici che sono inevitabili quando si mette un'armata sul piede di guerra. Alle assicurazioni date dal mio governo che io voleva la pace, alle reiterate dichiarazioni che io era pronto a procedere colla Prussia ad un reciproco e simultaneo disarmo, che cosa rispose il gabinetto di Berlino? Fece delle controproposte, che, ove fossero state accettate, equivalevano ad un oblio di tutti doveri, che e l'onore e la sicurezza del mio impero m'inspiravano: la Prussia esigeva un preventivo e completo disarmo, non solo per quanto risguardava lei, ma egualmente rispetto all'Italia, la cui forza armata minacciava i miei stadi nel mezzo dì, e per le intenzioni pacifiche della quale nessuna guarentigia era né poteva esser offerta.
<< Tutte le pratiche seguite con la Prussia nella questione dei Ducati hanno posto ognor più in evidenza che una soluzione di questa quistione, corrispondente alla dignità dell'Austria, ai diritti ed agli interessi della Germania e dei Ducati, non potrebbe essere ottenuta da un accordo colla Prussia, a motivo della sua politica manifesta di violenza e di conquista. Le pratiche furono rotte, tutta la questione fu rimessa la decisione della confederazione, ed in pari tempo i legali rappresentanti dell'Holstein furono convocati.
<< Le minacciose prospettive di guerra determinarono le tre potenze, Francia, Inghilterra e Russia, a dirigere anche al mio governo l'invito di partecipare a conferenze in vista di mantenere la pace. Il mio governo, concorde col costante mio desiderio di mantener la pace a' miei popoli, non ha respinto questa partecipazione; ma ha posto alla sua adesione la condizione espressa che il diritto europeo esistente ed i vigenti trattati formerebbero il punto di partenza di quei tentativi di mediazione, e che le potenze compartecipi non appoggerebbero alcun particolare interesse a scapito dell'equilibrio europeo e dei diritti dell'Austria.
<< Se il solo tentativo di deliberazioni a favor della pace fallisce già dinanzi a condizioni tanto naturali, è una prova che le deliberazioni stesse non avrebbero mai potuto condurre al mantenimento ed alla consolidazione della pace.
<< I recenti fatti provano in modo irrefragabile che la Prussia non sostituisce che la violenza al diritto. Il diritto e l'onore dell'Austria, il diritto e l'onore di tutta la nazione tedesca non costituiscono più un limite all'ambizione fatalmente esaltata della Prussia, che più non si lascia trattenere d'alcun ostacolo, nemmeno dal diritto e dall'onore di tutta la Germania. Le truppe prussiane entrano nell'Holstein, gli Stati convocati dal governatore imperiale furono dispersi colla forza, l'autorità legittima nell'Holstein, che il trattato di Vienna dava in comune all'Austria ed alla Prussia, fu da questa reclamata esclusivamente, e la guarnigione austriaca si vide obbligata a ritirarsi dinanzi a forze decuple. Quando la Confederazione germanica riconobbe nei fatti un'arbitraria violazione dei trattati, ed ordinò, dietro proposta dell'Austria, la mobilitazione dell'esercito federale, allora la Prussia, che si dà volentieri la boria di rappresentare gl'interessi di tutta la Germania, fece l'ultimo passo nella via fatale in cui era entrata. Spezzando il vincolo nazionale che unisce tra loro i Tedeschi, la Prussia dichiarò che usciva dalla Confederazione; esigette che i governi tedeschi adottassero un cosiddetto piano di riforma, che non è, in realtà, se non uno sbrano della Germania, e fece marciare le sue truppe contro i governi rimasti fedeli al patto federale. Gli è a questo modo che divenne inevitabile una guerra funestissima, una guerra fratricida fra' popoli tedeschi.
<< A fronte dei mali incalcolabili che stanno per  piombare su tutti, sugl' individui come sulle famiglie, sulle province come sugl' imperi, e che io profondamente deploro, ne appello alla storia ed all'Onnipotente, e cito dinanzi a loro sacrosanto tribunale coloro su cui cade la responsabilità dei mali di cui saranno autori.
<<Mi decido a combattere fidente nella mia buona causa, e sostenuto dal sentimento della potenza inerente ad un grand'impero, nel quale principe e popolo sono uniti in un sole medesimo pensiero e desiderio: difendere il buon diritto dell'Austria. Al cospetto de' miei valorosi eserciti, così pronti alla pugna, che formano il baluardo, la muraglia, contro cui si romperanno le forze nemiche, sento raddoppiarmi il coraggio e la fiducia, e non posso che sperar bene quando il mio sguardo si incontra in quello che i miei fedeli popoli dirigono verso di me. Uniti e risoluti nella loro devozione, essi sono pronti ad ogni sacrifizio. La pura fiamma dell'entusiasmo patriottico sfavilla con uguale intensità in tutta l'estensione del mio impero. Al primo appello, i soldati in congedo mossero pieni d'ardore per raggiungere le loro bandiere; i volontari s'arruolano in massa in corpi speciali; nelle province più minacciate corre alle armi tutta la popolazione atta a portarle, e con la più nobile abnegazione tutti si eccitano a sopportare i danni ed a sovvenire ai bisogni dell'esercito.
<< Un solo sentimento anima gli abitanti de' miei regni e province: essi sentono i vincoli che li uniscono, la forza che deriva dall'unione. In questo momento così grave, ma al tempo stesso edificante, deploro doppiamente che l'opera di conciliazione sulle questioni costituzionali non sia ancora tanto inoltrata, da permettermi di raccogliere intorno al mio trono i rappresentanti di tutti i miei popoli. Privo attualmente di questo appoggio, il mio dovere di sovrano non è che più chiaro, e più ferma che mai la mia risoluzione di assicurarlo per sempre al mio impero.
<< Non saremo peraltro soli in questa guerra. I principi e i popoli di Germania conoscono i pericoli onde la loro libertà e la loro indipendenza sono minacciate da una potenza che, senz'alcun ritegno, si lascia guidare da istinti personali e velleità di conquista. Non ignorano qual sostegno essi trovino nell'Austria, la qual sola può tutelare quei beni così preziosi, e difendere la potenza e l'integrità della patria tedesca in tutte le sue parti. Al par di noi, tutt' i nostri fratelli e confederati impugnano le armi per conservar intatti i più sacri beni che i popoli abbiano a difendere. A forza ci furono poste le armi in mano. Ebbene! dacchè abbiano dovuto risolverci a questa fatale necessità, non possiamo né dobbiamo più deporle innanzi d'aver assicurato all'Austria e agli Stati tedeschi alleati con noi, il libero loro interno sviluppo, e consolidata la loro potenza in Europa.
<< La nostra unione e la nostra forza non devono però esser per noi i soli motivi di fiducia e di speranza. La mia fiducia e la mia speranza si fondano su qualcosa di più solido. Ho fede nella giustizia di Dio onnipotente, che la mia casa ha sempre servito dalla sua fondazione, nella giustizia di Colui che mai non abbandona coloro che nella giusta loro causa confidano in Lui: laonde prego Dio di concedermi il suo appoggio e la vittoria, ed esorto i miei popoli ad unirsi a me chiedendo al Cielo di benedire le nostre armi.


<<FRANCESCO GIUSEPPE.>>

( A Cura di Roberta Bottoni e Chiara Carandente)







sabato 26 novembre 2016

1866. la III Guerra di Indipendenza. Documenti II

Il generale Enrico Cialdini, comandante il 4° corpo d'armata, aveva già dato fuori un ordine del giorno che merita anch'esso d'esser riprodotto.

<< Ufficiali, sott'ufficiali e soldati del quarto corpo d'armata,
<< Ripigliamo le armi auspici e duce re Vittorio Emanuele. Non ci muove ambizione di dominio, né desiderio di conquista. Altro non cerchiamo fuorché di far libera la misera Venezia, terra non austriaca, ma altamente italiana. Altro non vogliamo fuorché compiere l'indipendenza e l'unità del nostro paese: sacro per ogni anima generosa e cittadina è questo compito. Ci accompagnano quindi i voti di quanti nel mondo amano la patria.
<< All'annunzio della sospirata impresa sparvero fra noi gare municipali e differenze politiche, tacquero rivalità di uomini e discordie di partiti. Tutti ci demmo fraternamente la mano. Spettacolo solenne, esempio sublime, che insegna l'Italia in qual modo possa, volendo, raddoppiare sempre la sua potenza.
<< Allarmi dunque! La santità dello scopo, la grandezza dei mezzi, la concordia degli animi preparano la vittoria. Ora a noi di conseguirla. All'armi dunque.
<< Lasciamo al nemico le minacciose bravate e le superbe parole. Il linguaggio dell'ira e dell'orgoglio non fu mai argomento di forza nè di giustizia.
<< Noi invece ricordiamo quietamente come la nostra bandiera corresse l'Italia da Torino a Marsala per la splendida via dei nazionali trionfi. Noi invece traendo dal passato tranquilla fiducia nell'avvenire attendiamo calmi e sicuri gli ordini del re guerriero, attendiamo i decreti del destino e le sentenze del cannone.

<< Dal quartier generale di Bologna, 20 giugno 1866.
<< Il generale d'armata

<< Enrico Cialdini.>>

A cura di Roberta Bottoni e Chiara Carandente)

venerdì 25 novembre 2016

Il Valore Militare nella Grande Guerra A Nepi

Ricerca a cura di Paolo  Chirieletti*
Caporale   CIAMBOLA  Andrea di Luigi
Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare
130° REGGIMENTO FANTERIA, nato a Nepi il 14 Febbraio 1893
D.L. 13/06/1918; B.U. 1918, disp.39° del 20/06/1918, pag. 3050
Motivazione
Mentre con animo saldo manteneva un posto di collegamento, vi perdeva la vita colpito da un proiettile avversario. Si era distinto anche in precedenti circostanze.”
Pod Korite, 31 Maggio 1917.

Estratto del Foglio Matricolare

Caporale CIAMBOLA Andrea, di Luigi e di Celi Vincenza, nato il 14 febbraio 1893 a Nepi. Residente a Nepi. Professione campagnolo.
1     aprile     1914 – Arruolamento, Distretto di Orvieto, classe 1893, categoria 2a, il 1 aprile 1914.    21  agosto    1914 – Chiamato alle armi e giunto.
27  agosto    1914 – Tale nel 60° Reggimento Fanteria.
24  maggio   1915 – Tale in territorio dichiarato in istato di guerra.
3 dicembre  1915 – Partito da territorio dichiarato in istato di guerra.
2    marzo     1916 – Giunto in territorio dichiarati in istato di guerra.
2    marzo     1916 – Tale nel 130° Reggimento Fanteria di Milizia Mobile.
20 febbraio  1917 – Caporale in detto.
31  maggio   1917 – Morto a Hudi Log in seguito a scheggia di granata.
Campagne di guerra : 1915 , 1916 , 1917.

IL SUO REPARTO
Il 130° Reggimento Fanteria proveniente dal deposito dell’ 81° Fanteria di Roma, insieme al 129° Reggimento, costituisce il primo marzo 1915, la “Brigata Perugia”. Il reparto partecipa a tutta la 1a Guerra Mondiale distinguendosi sul Carso e sul Piave, tanto da meritare citazioni sul Bollettino di Guerra e una medaglia d’argento alla bandiera. Viene sciolto nel gennaio del 1920 al termine del conflitto. Il Reggimento viene ricostituito il 14 agosto 1940 e partecipa alla 2a Guerra Mondiale inserito nella Divisione di Fanteria Perugia, opera in territorio jugoslavo con compiti di presidio e antiguerriglia fino agli inizi del ‘43. Nello stesso anno viene spostato nell’Albania meridionale, nel settore di Tepeleni, dove viene sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre. Reagisce agli attacchi dei tedeschi. Parte dei suoi militari riescono a raggiungere Valona nel tentativo di imbarcarsi per l’Italia, qui attuano una disperata resistenza che si protrae fino al 20 settembre, subendo gravi perdite; alla fine i pochi superstiti vengono deportati in Germania.  Può considerarsi sciolto dopo l’armistizio del 1943. Il primo gennaio 1976 a Spoleto, rinasce nuovamente con il nome 130° Battaglione Motorizzato Perugia, inquadrato nella Brigata Aqui. Nel 1992 e 1993 partecipa all’operazione di ordine pubblico “Vespri Siciliani”, nel programma di impiego delle Forze Armate contro la mafia, operando in provincia di Agrigento.  Viene definitivamente sciolto il 30 maggio 1996 a Spoleto e la sua bandiera di guerra consegnata al Vittoriano a Roma.

ANDO’ COSI’
Nel maggio del 1917 il Regio Esercito italiano da’ il via alla “Xa Battaglia dell’Isonzo” che terminerà ai primi di giugno, con l’inizio del potente contrattacco austriaco che riporterà gli schieramenti  quasi sulle posizioni iniziali, vanificando gli sforzi e le  numerose perdite umane. Il 26 maggio 1917 il 130° Reggimento della Brigata Perugia, su disposizione della 31a Divisione, viene schierato ad Opacchiasella (attualmente in territorio sloveno) in prima linea e vi rimane fino al 24 giugno. In questo periodo il reparto è stato particolarmente attivo respingendo due attacchi nemici ed occupando, il 4 giugno, una dolina detta “oblunga”. Già il 26 maggio inizia l’attacco della 31a Divisione alle posizioni antistanti Pod Korite (in Slovenia vicina all’attuale confine con l’Italia), nel quale è impegnato anche il Caporale Ciambola con il 130° Reggimento e un battaglione bersaglieri ciclisti, le cui biciclette erano stata lasciate due giorni prima in luogo sicuro. Questi reparti tentano di raggiungere l’obiettivo, ma la reazione austriaca è così intensa da provocare ingenti perdite agli attaccanti, tanto che i bersaglieri vengono mandati nelle retrovie per riorganizzarsi. La Brigata Perugia, sebbene sottoposta ad intensi bombardamenti da parte degli austroungarici, provvede alla costruzione delle trincee ed al rafforzamento della posizione. Andrea lavora con la vanghetta in dotazione a tutti i nostri fanti ed ammucchia pietre, quando improvvisamente deve lasciare tutto ed imbracciare il fucile per rispondere al fuoco di un attacco nemico. Il Diario di reggimento così annota: “28.5.917. […] le condizioni di queste truppe sono terribili; assoggettate a un fuoco violento che procura gravi perdite, vi sono numerosi feriti che non si possono sgomberare; da due giorni sono privi di qualsiasi vettovagliamento. Verso le 3,10 si manifesta un violento attacco nemico, con violento bombardamento di Artiglieria sulle nostre trincee e camminamenti. Verso le 4 forti nuclei nemici, alcuni dei quali della forza di circa una compagnia, escono dalle trincee, ma sono subito respinte … Durante la giornata la truppa attende alla sistemazione delle trincee danneggiate dal fuoco di Artiglieria ed al loro rafforzamento. Col favore dell’oscurità si cerca il collegamento a destra con la Brigata Cosenza, non vi si riesce …”. Quando si è in guerra in zone impervie, con i reparti sempre in movimento a causa dei continui attacchi, è facile perdere il contatto con l’unità vicina. Se avviene questo, rimane un tratto di prima linea scoperto, cioè senza trincee, fortificazioni e reparti a presidiarlo; da qui può passare il nemico indisturbato. Il giorno seguente la situazione non cambia: “29.5.917 […] Verso le 2 un violento fuoco di Artiglieria e fucileria nemica desta l’allarme […] provocando perdite gravi, demoralizzando le truppe per l’oppressione alla quale sono assoggettate notte e giorno” . Prosegue il Diario: ”30.5.917 Tutta la linea durante la notte subisce un prolungato fuoco d’Artiglieria e mitragliatrici. Si ricevono disposizioni per portare la prima linea più indietro, appoggiandola cioè alla vecchia di partenza”. Il reparto continua a combattere e lavorare: “31.5.917 La truppa nonostante le perdite, lavora alla sistemazione delle trincee e camminamenti. Si è quasi completato il collocamento dei cavalli di Frisia davanti alla linea di osservazione e prima resistenza”. Una situazione così precaria è molto pericolosa perché le difese non sono complete e i soldati non possono essere piazzati tutti in posizione di contenimento. Le trincee non sono una linea continua, cioè hanno dei tratti  scoperti dove il nemico non trova ostacoli, qui si creano i posti di collegamento, velocemente approntati per ovviare al problema. Proprio in un posto di collegamento di questi, nei boschi di Hud-Log (Slovenia, Comune di Kostanjevica sul Carso), non a caso  chiamato dagli italiani “Boscomalo”, il giorno 31 maggio 1917 si trova il Caporale Ciambola Andrea, durante l’ennesimo attacco austriaco. Nel furore dello scontro, con le pallottole e  le bombe a mano che arrivano da tutte le parti, gli austriaci si gettano sulle incomplete trincee italiane e cercano di passare dove le difese sono più deboli, proprio dove si trova lui. Chissà nel furore della battaglia quanti soldati austriaci sono arrivati tutti insieme davanti al suo fucile, non era possibile sparare e stare riparati... 
Quel giorno al nostro caporale è andata male, è stato colpito una scheggia di granata. E’ morto lì. Non ha visto i suoi commilitoni resistere a quell’attacco e nei giorni successivi, completate le difese, avanzare ed occupare la dolina “oblunga”, in pieno giorno e sotto intenso bombardamento.
Nella stessa zona ha combattuto, inquadrato in un reggimento di fanteria, l’allora Sottotenente Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica Italiana. Fu chiamato alle armi a metà del 1916 con la sua classe. Anche se di spirito neutralista, si comportò sempre con coraggio e fu proposto per una medaglia, che in quel momento non arrivò. Proprio in riferimento a quando combatteva sul fronte dell’Isonzo, l’ex presidente ci ha lasciato queste parole: “[…] ho vissuto la vita orrenda dalla trincea fra fango, fra i pidocchi. Sparavamo agli austriaci, che erano giovani soldati, giovani ufficiali come noi.”

Autore di Nepi in Armi 1915-1918.

giovedì 24 novembre 2016

La Siria nei programmi del CESVAM

COMUNICATO

Ha avuto luogo, oggi 24 novembre 2016, il previsto incontro tra il ViceSegretario Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro, Caccia,  e il P. Archimandrita Mtanious Hadad B.S., Apocrisario presso la Santa Sede di S.B. Lahan III e Rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, presente il direttore del CESVAM, Coltrinari, nel quadro della collaborazione tra la Congregazione Internazionale Accademica Templare e l'Istituto del Nastro Azzurro.

Il cordiale incontro ha permesso di fissare le date e lo sviluppo delle attività culturali concordate nell'incontro dell' 8 ottobre 2016 u.s. tra il S.E.R.. N.H. Renato Mollica ed il presidente Magnani incentrate sulla volontà di approfondire la conoscenza della Siria e del popolo siriano nella attuale contingenza internazionale.

Sono state previste, per la prossima primavera due conferenze dedicate alla Siria a cui seguirà un Convegno di Studi in Calabria nel mese di settembre.

Le modalità di attuazione saranno comunicate quanto prima. L'Istituto del Nastro Azzurro ed il CESVAM con questa iniziativa intendono partire spazi di studio ed approfondimento su un tema di geopolitica che è al centro della attenzione della Comunità internazionale per i suoi variegati e in qualche versate, preoccupanti aspetti.

Roma, 24 novembre 2016.

mercoledì 23 novembre 2016

1866. La III Guerra di Indipendenza. Proclami del Luogotenente

 Si riportano due proclami emessi dalla Capitale d'Italia Firenze, al momento della dichiarazione di guerra

1866. Partito il re, S.A.R. il Luogotenente del Regno pubblicava il proclama seguente:
<<Italiani!
<< S.M. il Re, mio augusto cugino, mi dà a reggere lo Stato, mentre Egli combatte le ultime battaglie dell'indipendenza d'Italia.
<< Il mio compito sarà facile, perchè  fra gli ordini dei cittadini si manterrà quello spirito meraviglioso di abnegazione e di concordia, che ha riempito così copiosamente e così sollecitamente le file dei combattenti per la patria.
<< Tornando vittoriosi ai loro focolari, trovino essi intatto quel patrimonio di civiltà e di libertà, per assicurare il quale espongono la vita.
<< Sarà questa la più gran prova che per noi si possa dare della nostra devozione al re che guerreggia la guerra nazionale, ed ai valorosi che lo seguirono nel glorioso cammino.
<< Dato a Firenze, il 21 giugno 1866.
<<EUGENIO DI SAVOIA.
<<Ricasoli.>>


Quest'altro proclama era diretto alla guardia nazionale:
<<Ufficiali, sott'ufficiali e militi della guardia nazionale del regno,
<< Alle vostre armi si affida la custodia della sicurezza e dell'ordine pubblico in questi solenni e supremi momenti.
<< Voi, parte più eletta e più valida dei cittadini, risponderete anche questa volta degnamente, come sapeste rispondere sempre, al compito vostro.
<< Mostrerete al mondo che la Nazione, per volontà propria redenta e costituita, per forze proprie si mantiene e si tutela.
<< Il re e l'esercito si allontanano da noi per rivendicare intero il nostro diritto nazionale: fra le fatiche del campo, fra' rischi delle battaglie non giungeranno ad essi altre voci che non siano di devozione, di incoraggiamento, di augurio per la gloriosa impresa cui si consacrano.
<< Dato a Firenze, il 21 giugno 1866.
<<EUGENIO DI SAVOIA.

<<Ricasoli.>>

(A cura di Roberta Bottoni e Chiara Carandente)

lunedì 21 novembre 2016

1866. La III Guerra di Indipendenza ed il Valore Militare Italiano. Documetazione

Regio Decreto con il quale si creano le truppe volontarie per la Guerra all'Austria

Vittorio Emanuele II
per grazia di Dio e per volontà della nazione
Re d'Italia.

Sentito il Consiglio dei ministri;
Sulla proposta del nostro ministro segretario di Stato per gli affari della guerra;

Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

Art. 1. È approvata la formazione di Corpi volontari italiani per cooperare coll'esercito regolare.
Il generale Garibaldi è nominato comandante di detti volontari.
Art. 2. I volontari avranno la bandiera nazionale e presteranno giuramento di fedeltà al re ed alle leggi dello Stato.
Art. 3. Per essere ammesso nel Corpo volontari è necessario non avere verun obbligo di leva militare.
Coloro i quali appartengono alla classe 1845 o anteriori potranno essere accettati, salvo che presentino o il congedo assoluto dal servizio, o il certificato d'aver soddisfatto all'obbligo della leva.
Coloro i quali successivamente alla loro ammissione nei Corpi volontari venissero colpiti dalla leva dovranno adempiere al loro obbligo nell'esercito regolare, e la circostanza di far parte di Corpi volontari non li esimerà dal dovere di presentarsi all'autorità di leva sotto pena d'esser dichiarati renitenti in caso non si presentino.
Art. 4 Gli individui che a qualunque titolo appartengono all'esercito regolare non potranno far parte dei Corpi volontari a meno che ne ottengano espressa autorizzazione ministeriale.
Le infrazioni a questa disposizione saranno considerate quali diserzioni e punite colle pene stabilite per la diserzione nel codice penale militare.
Art. 5. Gli ufficiali dei Corpi volontari saranno provvisti di una commissione ministeriale.
La relativa loro anzianità e le loro norme di avanzamento saranno regolate da speciali istruzioni.
Art. 6. Gli uomini di bassa-forza dovranno assoggettarsi alla ferma di un anno.
Art. 7. Così gli ufficiali come la bassa forza dei Corpi volontari sono pareggiati a quelli dell'esercito regolare per quanto concerne le competenze, gli onori e i vantaggi, e sono nello stesso modo soggetti al codice penale militare e da tutte le leggi e regolamenti che riguardano la subordinazione e la disciplina.
Art. 8. Coloro i quali per ferite riportate in guerra fossero resi inabili al servizio avranno diritto all'applicazione della legge per le pensioni militari.
Art. 9. Il numero dei battaglioni da organizzarsi è per intanto stabilito venti. La loro formazione avrà luogo secondo è stabilito dall'articolo 12 ed i quadri saranno successivamente attuati in rapporto della forza effettiva esistente, prendendo per base l'organico dell'esercito regolare.
La corrisponsione delle competenze così in denaro come in natura, avrà principio dal giorno in cui entreranno effettivamente a far parte del Corpo.
Art. 10. I volontari dipenderanno dal ministero della guerra e saranno sotto gli ordini del comando superiore dell'esercito
Art. 11. Apposita commissione dà nominarsi dal nostro ministro della guerra compilerà le speciali istruzioni concernenti:
a) Le norme d'ammissione, anzianità ed avanzamento degli uffiziali;
b) Le condizioni di età ed i requisiti necessari onde essere ammessi all'arruolamento della bassa forza;
c) L'equipaggiamento, armamento e la divisa;
d) Le regole amministrative.
La stessa Commissione proporrà pure le località in cui siano a formarsi i battaglioni.
Art. 12. Giusta le proposte di cui all'articolo precedente, si stabiliranno le liste degli uffiziali e si apriranno gli arruolamenti.
Per disposizione ministeriale sarà determinato il giorno della chiamata dei battaglioni.
Art. 13. I Corpi volontari potranno essere sciolti ogni qualvolta il governo lo creda conveniente.
In tal caso, i componenti dei medesimi saranno congedati con una gratificazione eguale a sei mesi od un anno di paga, a seconda dei servigi prestati, salvo a ricompensare in modo speciale coloro che abbiano acquistato benemerenze eccezionali.
Art. 14. Le presenti disposizioni potranno pur essere applicate ad altri Corpi di volontari che secondo le eventualità locali venissero autorizzati nel seguito con reali decreti.
Il predetto nostro ministro segretario di Stato è incaricato dell'esecuzione di questo decreto il quale sarà registrato alla Corte dei conti.

Dato a Firenze, addi 6 maggio 1866.
Vittorio Emanuele.
L. PETTINENGO


(a cura di Roberta Bottoni e Chiara Carandente)

domenica 20 novembre 2016

Dizionario minimo della Grande Guerra. Bibliografia


Post in progress
la Bibliografia per 
il Dizionario minimo della Grande Guerra
E' articolata per anno e per periodo
Nei volumi sara'indicata quella generale e quella particolare


Volumi per il 1914.
Geloso C., La Campagna Austro Serba del 1914 (Agosto Dicembre), Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1948. (1)
Coltrinari M., Le Marche e la prima Guerra Mondiale: il 1914. Le Brigate di Fanteria “Marchigiane”. Brigate: “Marche”,”Ancona” ,”Macerata”, “Pesaro”, Piceno”, Roma. Edizione Nuova Cultura, 2015. (2)
Di Paolo P. (a cura di), AbBeCeDario del Carabiniere, Roma, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, S.A.S., Edicar, 1996 (V3)

Del Giudice E., Del Giudice V., Uniformi Militari Italiane dal 1861 ai giorni nostri, Milano, Bramante, 1964. Vol. I. Dal 1861 al 1933. (4)

Dizionario minimo della Grande Guerra. Bibliografia


Post in progress
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il Dizionario minimo della Grande Guerra
E' articolata per anno e per periodo
Nei volumi sara'indicata quella generale e quella particolare



venerdì 18 novembre 2016

Dizionario minimo della Grande Guerra. Cronologie


Sono state completate le cronologie relative al 1916 ed al 1915.

Rimangono da completare quelle del 1914,1917 e 1918
Poi si procederà alla pubblicazione

giovedì 17 novembre 2016

I Rapporti tra Regia Aeronautica e Regio Esercito negli anni venti

APPROFONDIMENTI

di Massimo Coltrinari

I rapporti tra Regio Esercito e Regia Aeronautica, agli inizi degli anni venti, non possono non essere essere condizionati dal clima politico-sociale che, all’indomani della vittoria nella Grande Guerra, si era creato.

La disfatta diplomatica di Wersailles ( la vittoria mutilata di dannunziana denuncia) scavò un primo solco tra i pacifisti e rinunciatori da una parte e nazionalisti e sostenitori della risCOssa dall’altra, con questi ultimi che si sentivano defraudati di ciò che avevano guadagnato con tante lacrime , sangue e sacrifici.

Vigeva lo slogan “Il mondo va a sinistra, la sinistra è la pace, la pace è disarmata”. Il clima arroventato dei primissimi anni del primo dopoguerra, la triste vicenda dell’Albania, dove fummo ributtati a mare in modo poco dignitoso, la rivolta dei bersaglieri ad Ancona, l’amnistia dei disertori, la qualifica di “traditori” affibbiata ai volontari fiumani, portò al marasma politico , allo sfacelo dei partiti tradizionali e dei poteri statuali, che non poteva non avere ripercussioni sulla compattezza e sulla disciplina dell’Esercito.

Tutto questo , anche tra i moderati,portò molti ad avvicinarsi al fascismo nascente, in quanto movimento politico che permetteva la restaurazione dell’ordine, la rivalutazione dei valori morali nazionali, il rispetto delle istituzioni militari minacciate.

In questo clima, che fece dire a Giolitti, “meglio la rivoluzione che un’altra guerra”, con evidente disistima per l’Esercito e del mondo militare; poco o nulla di spazio era riservato alla definizione di una politica militare, sia in chiave di interdipendenza con le altre politiche, soprattutto quella estera ed economica.
Dal 1919 al 1925 si susseguirono 12 ministri alla Guerra1 che sottolinea l’instabilità dei Ministeri, a cui si devono aggiungere, essenziale per il rapporto tra Regia Esercito e Regia Aeronautica, “ il conservatorismo delle alte gerarchie dell’esercito e militari in genere, convinte che poco si dovesse mutare in un Esercito reduce da una guerra vittoriosa, le discordie dei generali divisi oltre che dalla diversità delle opinioni, che manifestavano anche, e forse soprattutto, delle gelosie, delle ambizioni e delle rivalità personali, le lotte per il contorllo dell’esercito divenute più aspre dopo il delitto Matteotti quando molti generali rettificarono il loro giudizio sul fascismo e se ne allontanarono, altri continuarono ad appoggiarlo favorendole la continuità e procurandosi vantaggi personali, furono tutti insieme un altro dei fattori che concorsero a rendere dubbie le stesse scelte di carattere tecnico-militare adottate in un clima di turbinose passioni e non attenta meditazione sulla recente esperienza, di serena prudenza nella valutazione del presente e di grande apertura nella preparazione del futuro. Mancò una politica militare e conseguentemente l’elaborazione di un programma razionale ed armonico di rinnovamento dottrinale ed ordinativo e di ammodernamento delle armi e dei mezzi. L’Esercito visse alla giornata ed alla mercè degli uomini politici, vale a dire nella incertezza e nella provvisorietà……”2
In virtù di questo clima, nonostante il vivace dibattito3 in essere la dottrina ufficiale rimase ferma ed immobile fino al 1926 alle “Direttive” emanate dal Comando Supremo del settembre 1918.

L’Esercito, avviata la prima smobilitazione dal dicembre 1918, nel prosieguo sfociò nell’Ordinamento “Albricci”, che ebbe come riferimento l’ordinamento “Spingardi” del 1910,4 ma che dal Governo e soprattutto dal Presidente del Consiglio era ancora considerato troppo costoso.

Sostituiti i vertici militari5 in poco più di un mese, si giunse all’Ordinamento Bonomi6, che provocò un malcontento diffuso, soprattutto tra gli Ufficiali, per le sue riduzioni e restrizioni. Nonostante questo l’Ordinamento “Bonomi” rimase in vigore tre anni, durante i quali si avvicendarono al Ministro della Guerra sei ministri.

Come momento di transizione, dati i tempi, ebbe vita il progetto Gasparotto, ispirato al concetto di Nazione Armata, che ebbe tantissimi contrasti, che precedette l’Ordinamento “Diaz”

Chiamato alla direzione del Ministero della Guerra il 31 ottobre 1922, Diaz ebbe come Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito il generale Giuseppe Vaccari.7 In breve Diaz seppe dare all’Esercito un ordinamento che prese il suo nome che, seppure con ritocchi successivi, “ebbe una visione d’insieme del problema realistica, perspicace, moderna e proiettata per il futuro ad un più largo ricorso alle macchine da guerra per ora adottate nella giuste proporzioni che oggi ci è consentito..” 8 e rimase in vigore fino al 1926. Anche questo Ordinamento , peraltro, risente, come i precedenti della debolezza della linea politica estera, ed economica, ovvero si costituiva un esercito che non si sapeva se e contro chi avrebbe potuto combattere. Questa incertezza rappresenta un altro dei fattori che condizionano i rapporti tra Regio Esercito e Regia Aeronautica fin dal loro nascere.

Proprio con l’Ordinamento “Diaz” l’Esercito si privò del mezzo aereo, affidandone il comando ed il controllo e l’impiego ad un ente ad esso esterno, ponendo l’arma aeronautica alle dipendenze di un Commissariato per l’Aeronautica.

La situazione dei velivoli efficienti al 1 gennaio 1923 era la seguente:
. Raggruppamento Caccia, 129
. Raggruppamento Bombardieri, 16
. Raggruppamento Ricognizione, 74
. Comando Scuole Aviatori, 54
La Regia Marina disponeva di 54 Idrovolanti di vari tipi. Il totale dei velivoli efficienti era quindi 273.

Con il RDL 24 gennaio 1923 n. 62, si istituì, come primo passo per avere una Aeronautica indipendente, il Commissariato per l’Aeronautica “..per l’esercizio di tutte le attribuzioni del Governo per quanto concerne l’aeronautica civile e militare”. Mussolini ne assunse la direzione, ma affidò la gestione diretta a Finzi, che come suo vice, suddividendo l’Ente in Comando generale di Aeronautica , retto dal generale Riccardo Moizo, che fu sostituito due mesi dopo dal generale Piccio,9 ed Intendenza Generale di Aeronautica, affidata al generale Mercanti.10
Con questo regio decreto le strade si divisero e l'Arma Aeronautica divenne indipendente.


1 I Ministri erano i seguenti: generale Vittorio Zuppelli dal 21 marzo 1918 al 17 gennaio 1919;
, in Stefani F., La Storia della dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Tipografia Regionale, 1985, Vol. II, Tomo I, pag. 90
2 Stefani F., La Storia della dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano, cit., pag. 51
3 Dal 1919 al 1926 il dibattito dottrinale fu veramente ampio, variegato e pregno di idee innovative e futuriste, come testimoniano le pagine della Rivista Militare di quegli anni; Per non dire che è del 1921 la pubblicazione del “Dominio dell’Aria, del Douhet, peraltro osteggiato e contestato dall’establischement ufficiale
4 L’Ordinamento “Albricci”, dal nome del ministro che lo propose aveva recepito l’importanza dei nuovi mezzi (carro armato ed aereo) ed era orientato verso una certa modernizzazione dell’Esercito, ma questi buoni propositi rimasero per lo più a livello di intenzioni. Da sottolineare che prevedeva la costituzione di un gruppo di carri armati e l’ampliamento e potenziamento dell’aeronautica, la creazione di nuove specialità quali i radiotelegrafisti, automobilisti, artiglieria antiaerea, ereditate si dalla riforme cadorniane, ma anche dalla evoluzione dei mezzi di impiego.
5 Diaz fu sostituito da Badoglio come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e Albricci da Bonomi, come ministro.
6 In questo Ordinamento il Corpo Aeronautico assunse la denominazione di Arma Aeronautica e fu ordinato su 1 Comando Superiore (in luogo di Ispettorato) 2 Comandi dell’Aeronautica (1 aviatori ed 1 Aerostieri e dirigibilisti) 1 gruppo aerostieri, 1 gruppo dirigibilisti) 3 reggimenti (1 di caccia, 1 da bombardamento, 1 da ricognizione) 1 comando scuole, 1 direzione dei servizi di armamento 1 servizio fotografico.
7 Il 22 ottobre 1922 convergente su Roma, si ebbe la nota “Marcia su Roma”, prova di forza del fascismo per arrivare al potere. All’indomani il Re chiamo Mussolini a formare un nuovo governo.
8 Stefani F., La Storia della dottrina e degli ordinamenti dell’Esercito Italiano, cit., pag. 67 L’Ordinamento “Diaz” pur facendo considerevole affidamento sull’elemento uomo intendeva tenere il massimo conto del valore dei mezzi meccanici e, come scritto nella relazione di accompagnamento del decreto, della loro pratica applicazione quale è oggi e quale potrà presumibilmente essere nel nostro Paese in un non lontano periodo e nell’odierno periodo di transizione tra la sistemazione prebellica delle naziioni e l’assetto futuro di esse.
9 Composto da una segreteria e dai seguenti uffici: Ordinamento, Addestramento, Informazione, Personale, Materiale e Servizi Tecnici. Aveva alle dipendenze i Reparti di Volo, l’Accademia Aeronautica ( istituita il 5 novembre 1923 presso quella navale di Livorno) le scuole di Volo e Specialisti, l’Aviazione Coloniale. Cfr. Pelliccia A., La Regia Aeronautica. Dalle Origine alla Seconda Guerra Mondiale (1923-1943), Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Aeronautica, Ufficio Storico, 1992, pag. 12

10 Composta da una segretaria e dagli Uffici: Approvigionamento, Scuole, Esperienze, Aeroporti, Amministrazione. Aveva alle dipendenze La Direzione Superiore del Genio e delle Costruzioni Aeronautiche, la Direzione Superiore del Traffico e dell’Istruzione, la Direzione dei Servizi Amministrativi e del Personale. Pelliccia A., La Regia Aeronautica. Dalle Origine alla Seconda Guerra Mondiale (1923-1943), cit., pag. 13

martedì 15 novembre 2016

L'Araldica dell'Istituto del Nastro Azzurro per decorati al Valor Militare Parte II.


di Givanni Onano

Documenti

Atti della Giornata del Decorato
Salò 23-24 aprile

Araldica



Figura 5

Figura 6

Figura 7

Figura 8

Figura 9

lunedì 14 novembre 2016

Le Forze Armate del Salvador

UNA FINESTRA SUL MONDO

Quadrante Caraibico

 Di Alessio Pecce

Il personale militare di El Salvador ammonta a 15.300 unità, divise rispettivamente in 13.850 appartenenti all'esercito, 700 alla marina e 750 all'aeronautica, mentre le forze paramilitari, appartenenti alla polizia civile nazionale, ammontano a 17.000 uomini.
Esercito> 13.850 unità totali, divise rispettivamente in 9.850 uomini in servizio permanente e 4.000 militari di leva.
Forze per ruolo> 1 gruppo addetto alle operazioni speciali (1 compagnia appartenente alle forze speciali, 1 battaglione di paracadutisti e 1 compagnia di fanteria navale).
La ricognizione è eseguita dal reggimento di cavalleria armata ( 2 battaglioni di cavalleria armata), da 6 battaglioni di brigata di fanteria (3 battaglioni di fanteria), oltre alla brigata di sicurezza speciale (2 battaglioni di guardia presenti al confine, 2 battaglioni di polizia militare). Le forze dispiegate al supporto militare/operativo sono costituite dal battaglione di artiglieria (2 battaglioni di artiglieria presenti al confine, 1 battaglione di difesa aerea), oltre al comando di ingegneria (2 battaglioni di ingegneria).
Tipo di equipaggiamento> 5 AML-90 di ricognizione; 30 M37B1 cashuat modificati; 8 UR-416. Oltre a questi elementi sono presenti più di 217 equipaggiamenti di artiglieria, 54 elementi da traino da 105mm: 36 M102; 18 M-56.
Oltre 163 mortai: 151 M29 da 81mm; oltre i 12 da 120mm. Per ciò che concerne i rimorchiatori hanno in dotazione 399 lanciatori senza rinculo: 20 M40A1 DA 106mm; 379 M67 da 90mm. Infine per quanto riguarda la difesa aerea l'esercito dispone di 35 cannoni: 31 M-55 da 20mm; 4 TCM-20.

Marina> 700 unità (inclusi 90 uomini della fanteria navale e delle forze speciali).
Tipo di equipaggiamento> 10 pattuglie e unità operative costiere suddivise in: 3 Camcraft (30m); 1 Point; 1 nave veloce 77; 1 nave veloce 65; 4 Type-44 (ex-USCG). Inoltre la marina dispone di navi da sbarco.

Fanteria navale> 90 unità appartenenti alle forze speciali.
Forze per ruolo> Forze speciali (1 battaglione della compagnia delle forze speciali).

Aeronautica> 750 unità (incluse 200 forze appartenenti alla difesa aerea)
90 ore di volo all'anno a bordo di un A-37 Dragonfly.
Forze per ruolo> Caccia/attacco al suolo/intellicence, sorveglianza, ricognizione: 1 squadrone a bordo di un A-37-B/OA-37B Dragonfly; O-2A/B Skymaster. Il trasporto aereo è eseguito per mezzo di 1 squadrone dotato di un BT-67; Cessna 210 Centurion; Cessna 337G; Commander 114; IAI-202 Arava; SA-226T Merlin IIIB. La formazione aeronautica è costituita da 1 squadrone di R-235GT Guerrier; T-35 Pillan; T-41D Mescalero; TH-300. Per ciò che concerne il trasporto elicottero, l'aeronautica utilizza 1 squadrone di Bell 205 (UH-1H Iroquois); Bell 407; Bell 412EP Twin Huey; MD-500E; UH-1M Iroquois.
Tipo di equipaggiamento> 25 aeromobili pronti al combattimento aereo.
14 mezzi utilizzabili per l'attacco al suolo A-37B Dragonfly.
11 mezzi deputati ai servizi d'intelligence, sorveglianza e ricognizione: 6 O-2A/B Skymaster; 5 OA-37B Dragonfly.
Gli aeromobili leggeri per il trasporto sono 10: 2BT-67; 2 Cessna 210 Centurion; 1 Cessna 337G Skymaster; 1 Commander 114; 3 IAI-201 Arava; 1 SA-226T Merlin IIIB.
L'Aeronautica dispone di 11 mezzi utilizzati per la formazione aerea: 5 R-235GT Guerrier; 5 T-35 Pillan; 1 T-41D Mescalero.
Sono presenti inoltre 14 elicotteri multi ruolo: 4 Bell 412EP Twin Huey; 8 MD-500E; 2 UH-1M Iroquois. Per quanto riguarda il trasporto leggero l'aeronautica dispone di 19 aeromobili: 18 Bell 205 (UH-1H Iroquois) (inclusi 4 SAR); 1 Bell 407 (trasporto VIP, di proprietà del governo). 5 elicotteri da formazione TH-300.
Sono in dotazione missili, missili aria-aria e a raggi infrarossi.

Paramilitari> 17.000 unità appartenenti alla Polizia Civile Nazionale per conto del Ministero di Pubblica Sicurezza.
Tipo di equipaggiamento> 1 aeromobile ISR O-2A Skymaster, mentre per quanto riguarda il trasporto leggero è in dotazione 1 Cessna 310.
2 elicotteri MRH MD-520N, mentre ne sono presenti 3 per il trasporto leggero: 1 Bell 205 (UH-1H Iroquois); 2 R-44 Raven II.

Dispiegamento di forze> 3 unità in Costa d'avorio secondo il programma delle Nazioni Unite UNOCI. 35 unità in Haiti secondo il programma delle Nazioni Unite MINUSTAH. 51 unità in Libano per mezzo del programma UNIFIL e il dispiegamento di 1 plotone di fanteria. 2 unità nel Sud Sudan per conto del programma delle Nazioni Unite UNMISS e 1 unità in Sudan nel programma UNISFA. Infine nel Sahara occidentale ci sono 3 unità per conto del programma MINURSO.

Le forze militari di El Salvador sono concentrate principalmente nelle azioni operative di terra e le unità principali sono costituite dalla fanteria. Per quanto riguarda il settore aeronautico El Salvador è ben attrezzato, grazie anche a dei velivoli multiruolo deputati al trasporto e nel 2014 ne ha acquisito un altro dal Cile: il Cessna A-37b, il quale è costruito per sferrare attacchi aerei nei confronti di obiettivi di terra. Per ciò che concerne la marina, il paese è dotato di una piccola pattuglia e le unità operative che ne fanno parte non sono affatto nuove e tecnologiche. Nonostante i suddetti limiti, El Salvador si è reso partecipe nello schieramento di piccole forze in paesi come l'Iraq e l'Afghanistan. Le attuali problematiche che attanagliano il paese, come ad esempio la criminalità organizzata e il traffico di stupefacenti, richiedono uno sforzo maggiore, sotto il profilo professionale, per quasi la metà delle reclute, per quanto riguarda corsi di formazione ad hoc. Nel 2009, infatti l'elevato tasso di criminalità ha costretto il governo a schierare l'esercito a fianco della polizia, creando quindi una stretta collaborazione tra le due forze, così come in ambiti relativi alla sicurezza delle strutture penitenziarie e i valichi delle frontiere.
Dall'analisi si evince come due forze su tre, nella fattispecie esercito ed aeronautica, siano ben attrezzate per adempiere alle situazioni d'emergenza e non manca l'impegno in campo internazionale del paese, in missioni e programmi indette dalle Nazioni Unite, così come in ambito nazionale in cui l'esercito viene schierato a fianco della polizia per un maggiore supporto operativo. Inoltre è evidente l'impegno del paese nell'accrescere il proprio armamentario militare sotto il profilo tecnologico, anche se d'altro canto andrebbe rafforzata la struttura della marina, la quale non ha ancora raggiunto standard tecnologici adeguati per adempiere ad operazioni più ampie e specifiche.

Alessio Pecce


Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali, organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.

domenica 13 novembre 2016

Il Valore Militare nella Grande Guerra

Ricerca di PaoloChirialetti


Caporale   ROSSI  Antonio di Giacomo
Decorato di Croce di Guerra al Valor Militare
37° REGGIMENTO ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA, nato a Nepi il 6 febbraio 1895
D.L. 27/01/1927; B.U. 1927, disp. 7° del 18/02/1927, pag. 395
motivazione
Servente di batteria, dimostro’ nell’adempimento delle sue mansioni zelo, coraggio e sprezzo del pericolo. Durante tutto il combattimento, e sotto il persistente bombardamento a gas dell’avversario fu costante esempio ai compagni.”
Croce di Musile (Basso Piave), 15 Giugno 1918.

Estratto del Foglio Matricolare

Caporale ROSSI Antonio di Giacomo e Mecarocci Maddalena, nato a Nepi il 6 febbraio 1895. Residente a Nepi. Professione carrettiere.
25 novembre 1914 – Soldato di leva, 1a categoria, classe 1898, Distretto Militare di Orvieto e lasciato in congedo illimitato.                                                                                                                         12   gennaio   1915 - Chiamato alle armi e giunto.                                                                                      19   gennaio   1915 - Tale nel 33° Reggimento Artiglieria da Campagna.                                                24   maggio    1915 - Tale nel 37° Reggimento Artiglieria da Campagna.                                                15   giugno     1918 - Prigioniero di guerra per fatto d’armi (Basso Piave).                                             19 novembre 1918 - Rientrato in Italia.                                                                                                          1    gennaio    1919 - Trattenuto alle armi per mobilitazione.                                                                   11  febbraio   1919 - Inviato in licenza di convalescenza di giorni 60, da Ospedale Militare Perugia. 16    aprile      1919 - Rientrato al corpo.                                                                                                         1   dicembre   1919 - Tale nel 33° Reggimento con sede in Terni e mandato in congedo illimitato.
Effettuato il pagamento del premio di congedamento di cui alla circolare 114 del G. M. 1919 in  lire 250.
Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedeltà ed onore.
Campagne di guerra:  1915, 1916, 1917, 1918.

IL SUO REPARTO
Il  37° Reggimento  Artiglieria  da  campagna  viene istituito durante la 1a Guerra Mondiale, dal Deposito del 1° Reggimento Artiglieria da Campagna che ha dato vita al 37° e  al 55° Reggimento,  oltre  a  qualche reparto minore. La costituzione di questo reparto risale al 1870 a Foligno, appena formato il Regno d’Italia, con il nominativo di 11° Reggimento Artiglieria, unendo reparti  d’artiglieria che avevano partecipato alle campagne del Risorgimento.
Durante il primo conflitto mondiale combatte in vari settori del fronte. Nel 1934 muterà ancora il suo nome nel più conosciuto “Cacciatori delle Alpi”, con il quale parteciperà alla 2a Guerra Mondiale, impegnato nel 1941 in Albania e dal 1942 in Jugoslavia con compiti di presidio e repressione della guerriglia. Colto dall’armistizio nella zona di Lubiana, ripiega su Fiume dove si scioglie. Per non far cadere la Bandiera di Guerra nelle mani dei tedeschi, l’alfiere del reggimento la nasconde nel suo zaino, e dopo le amare vicissitudini della prigionia nei campi di concentramento, alla fine della guerra la bandiera viene consegnata al ricostituito reggimento. Dopo alterne vicende e cambi di nome, nel 1976 torna all’antico con la denominazione 1° Gruppo Artiglieria “Cacciatori delle Alpi”, fino al novembre del 1999 quando viene sciolto ed il personale con parte dei mezzi confluisce nel neo costituito Gruppo Addestrativo della Scuola di Artiglieria.

ANDO’ COSI’
Nel  1918  gli  austriaci  pianificarono  una  massiccia  offensiva  sul fronte italiano da sferrare  ad  inizio  estate, si scelse di dare inizio alle operazioni nel mese di giugno.  L’offensiva  fu  preparata  con  grande  cura  e  larghezza  di  mezzi  dagli  austroungarici,  che  vi  impegnarono  ben  66  divisioni. Gli alti comandi austroungarici  erano  talmente sicuri  del  successo,  che avevano  persino  preparato  in  anticipo  i  timbri  ad  inchiostro  da  usare  nelle  zone  italiane  da  occupare.
Già da lunedì 10 giugno 1918 il nemico inizia ad ammassare materiali e rifornimenti a ridosso della prima linea. Il Diario del 37° Reggimento così riporta: “Alle ore 0,15 venivano segnalati movimenti di carri e scarico di materiali dietro le prime linee a nord e sud della ferrovia. Vennero eseguiti i seguenti tiri: […] alle ore 0,15 tiri di disturbo nei pressi della ferrovia […] ”. I nostri comandi sono a conoscenza della data precisa dell’attacco nemico, infatti venerdì 14, sul Diario del 37° Reggimento si legge: “Il tiro d’interdizione notturno stabilito con i pezzi delle posizioni avanzate viene sospeso in seguito all’imminenza di attacco nemico nel mattino del 15. Vengono impartite speciali disposizioni perché la vigilanza sia intensificata durante la notte, tanto agli osservatori che alle batterie”.  L’informazione si rivela esatta, cosi continua il Diario: “Sabato  15  giugno 1918, alle ore 0 tutto il personale delle batterie e del Comando viene svegliato e inviato al proprio posto. La calma è completa su tutta la fronte. Nostre artiglierie eseguono violenti tiri d’interdizione sui più importanti obiettivi nemici. Alle ore 03,00 incomincia il bombardamento nemico con artiglierie di piccolo e medio calibro, con tiri a lungo, a granata, a doppio effetto, a liquidi speciali. Le bombarde battono le zone adiacenti all’argine. Alle ore 03,05 come da ordine ricevuto dal Comando Divisionale si apre il fuoco di contropreparazione violentissimo sopra gli obiettivi precedentemente assegnati. Tutto il personale tiene applicato il respiratore inglese” (La maschera antigas di fabbricazione inglese, nda). Dopo  sei  ore,  il  nemico  scatena l’offensiva  che considera  decisiva  per  le  sorti  della  guerra  e  attraversa  quello  che  era  stato  il  fronte  per  sette  mesi:  il  Piave.  Particolarmente  efficace  fu  l’attacco  nella  zona  di  Musile, cittadina situata nel basso Piave attualmente in provincia di Venezia dove,  sulla  sponda  destra  del  fiume nella frazione di Croce,  si  trova  il  Caporale  Rossi  Antonio con  la  sua  batteria di  cannoni. Così riporta il Diario: “Alle ore 06,45 [...] vengono segnalati tentativi di passaggio del Piave compiuti dal nemico tra il Ponte della Ferrovia e Musile”, poi ancora, “Alle ore 8,40 rientrano alcuni comandati ai posti di corrispondenza riferendo che il nemico è a sud ovest di Croce”. Alle ore 9,00 rientra una pattuglia riferendo che il 23° Battaglione Arditi va al contrattacco. ”Alle ore 9,20 austriaci all’altezza di Croce”, il nemico ha ormai passato il Piave e tenta la penetrazione; “Alle ore 9,30 le batterie continuano il tiro di repressione con cadenza rallentata, essendo i pezzi eccessivamente riscaldati”. Qui si trova Antonio, che  risponde  al  fuoco  nemico  con  tutte le munizioni a disposizione. E’ in una situazione critica  perché  il  nemico ha  bombardato in  modo  massiccio,  usando   anche   granate  a  gas asfissiante;  i nostri  hanno  resistito  solo  grazie  alle  nuove  maschere  antigas  di fabbricazione  inglese,  ed  ora  stanno  arrivando  granate  fumogene e  lacrimogene,  per  coprire  ancora di  più  la  visuale  sulla  prima  linea.  A  tal  proposito  il  fante  Luigi  Gasparotto che  l’ha  vissuta  di  persona,   scrive  nel  suo  “Diario  di  un  fante”:  ”Il  nemico  sviluppò  una  nebbia  così  fitta  di  gas  lacrimogeni  che  giungeva  a  tre  chilometri  dal  Piave.  Era  tanto  densa,  che  la  vedetta  di  una  postazione  di  mitragliatrici  sul  ciglio  del  fiume  toccava  con  la  mano  l’acqua  ma  non  la  vedeva”. Nella  zona  di  Musile,  i  reparti  d’assalto  asburgici,  attraversato il Piave  con  perdite  insignificanti, perché protetti dalla  nebbia  artificiale, investono  e riescono a sopraffare  le  difese  italiane  stabilendo  un’importante  testa  di  ponte.  Così  afferma  il  Valori  nel  suo  libro  “La guerra  italo-austriaca”:  “Gli  effetti  della  violenta  azione  nemica  furono  impressionanti.  I  piccoli  presidi  dei  nostri  reparti   di  vigilanza,  situati  negli  isolotti,  sugli  argini  o  nella  trincea  più  avanzata,  furono  dal  nemico  avvicinati  durante  il  fuoco  di preparazione,  e  sopraffatti  all’arma  bianca;  le  principali  vie   d’irruzione  avversaria  divennero  così  i  nostri  stessi  camminamenti,  sicché  le  prime  fasce  di  reticolati  poterono  essere  facilmente  superate”.
Alle ore 11,00 nuclei nemici armati di mitragliatrice si avviano rapidamente alle batterie del 2° Gruppo che dopo essersi difeso con fucili, bombe a mano e tiri ad altezza d’uomo, su ordine del Comando ripiega, sempre  combattendo. “Alle ore 11,10 la 7° Batteria, con un solo pezzo in efficienza si difende ancora vigorosamente, e cerca intanto di riparare un altro pezzo inceppato. Ma Il nemico incalza e il Comandante la Batteria è accerchiato e costretto ad abbandonare i pezzi dopo averli resi inutilizzabili, ed a portarsi sulla linea del Gorgazzo (Fosso del Gorgazzo, nda) [...] fa ancora una disperata difesa, ma per il violento fuoco delle mitragliatrici e con diversi uomini feriti deve ripiegare sulle posizioni della 4° batteria”, gli artiglieri a differenza dei fanti, non possono arretrare facilmente perché hanno i cannoni da trasportare; “Alle ore 11,30 la 5° Batteria, completamente circondata spara ancora con due pezzi Shrapnel  (Proiettile cavo per artiglieria, riempito di sfere metalliche che scoppia prima dell’impatto con il suolo, sparando il contenuto su una vasta area; usato in funzione antiuomo, nda) a zero. Il Comandante non cede e difende uno ad uno i suoi pezzi con fucili e bombe a mano. Nessuno sfugge all’accerchiamento e non si hanno più notizie attendibili sulla sorte di questi valorosi.” Alle ore 11,45, minacciata di accerchiamento, anche la 4° Batteria riceve l’ordine di lasciare i pezzi asportando otturatori, alzi, parti vitali dei pezzi e di ripiegare sul Comando di Gruppo.
L’esercito  italiano  cercò  di  tamponare  alla  meno  peggio  l’avanzata.  Scoppiarono  così  una  serie  di  lotte  cruente,  a  volte  simili  ad  operazioni  di  guerriglia,  spesso  per  opera  di  piccoli  gruppi  di  soldati,  che  cercavano  di  conquistare  piccole  aree  di  territorio,  capisaldi  e  punti  strategici.  Anche  le  riserve  vengono  inviate  in prima  linea  ad  arginare  il  nemico  ed  iniziano  una  serie  di  attacchi  e  contrattacchi  da  ambo  le  parti. Così  Baj-Macario  riporta nel  suo  libro  “Giugno  1918” : “Furibonde  lotte  intorno  ai  villaggi  e  ai casolari,  perduti  e  riconquistati  una,  due,  tre  volte  in  un’alternativa  piena  di  ansie,  infiltrazioni  nelle  linee,  sorprese  di  fuoco  ed  agguati  fra  le  messi,  lungo  gli  argini,  sotto  i  filari  dei  gelsi  e  di  olmi, sotto  le  pergole […] La  linea  di  fuoco,  ch’è  tutto  un  serpeggiamento,  ondeggia  senza  posa:  è  quasi  impossibile  conoscerne  la  precisa  ubicazione  in  un  dato  momento:  sarebbe  più  appropriato  dire  area  di  combattimento”. L’abitato di  Croce  di  Musile  era  una  zona  di  grande  importanza  strategica,  circondata da  fortificazioni  predisposte  nei  mesi  precedenti  dagli  italiani.  Tra  il  15  e  il  16  giugno  1918,  con  lo  scatenarsi  dell’offensiva  austriaca,  Croce  venne  per  due  volte  perduta  e  riconquistata  dai  soldati  italiani.  In  questo  momento  di confusione  tattica,  dovuta  al  variare  continuo  della  linea  del  fronte,  i soldati  combatterono inebetiti  dai  gas e  storditi  dal  bombardamento.  Vennero  a  cadere  le  regole  di combattimento,  si  mischiarono  le  linee  e  si  trovarono  a  combattere  fianco  a  fianco,  arditi  dei  reparti  d’assalto ,  artiglieri,   bersaglieri e fanti;  con un ordine  comune  da  eseguire:  RESISTERE.   Premuti  dal  nemico,  alle  ore  12,00   questi  reparti  si  concentrarono  dietro  il Canale  Fossetta,  come  ricorda  il  fante  Gasparotto: “Sugli  argini,  anche  il  Comando  del  145°  reggimento  fanteria,  col  colonnello  Bianchi,  col  medico  e  col  cappellano  Fontanarossa,  dovette  fare  le  fucilate.  Stabilite  le  difese  sulla  Fossetta,  la  prima  batteria  del  37°  reggimento  da  campagna,  piazzò  i  cannoni  sulla  stessa  linea  della  fanteria […]  Qui,  fanti,  artiglieri,  fiamme  rosse  dell’Allegretti  e   bombardieri  del  De  Prefetto,  si  batterono  a  bombe  a  mano,  con  gli  austriaci  sull’altro  margine  della  Fossetta”. Parliamo di un canale largo 4 metri, quindi i  due schieramenti  erano  a  strettissimo contatto. Il Caporale Edoardo Avellini che era presente quei giorni su quell’argine insieme a Rossi, ci fa rivivere quei momenti con le parole del suo Diario: […] tutti accerchiati si sarebbe stati, se non fossero arrivati in tempo i bersaglieri che diedero l’assalto e dopo si aprì fuoco accelerato, andandosi a fermare a Fossetta di Piave, dove c’è un piccolo canale largo circa 4 metri e una discreta profondità, qui  ci  fermammo tutta la notte fino alle ore 11 del giorno 16. Dalle ore  11 alle 14 le nostre artiglierie fecero 3 ore di bombardamento, cessato questo andiamo tre volte all’assalto in due ore per vedere se fu possibile mandare il nemico al Piave, ma questo non fu possibile però  ci  fruttò di fare moltissimi prigionieri […] ”. Così ricorda il Diario del 37° Reggimento Artiglieria: “Alle ore 23,00 il gruppo superstite che in tutta la giornata ha cooperato a respingere il nemico avanzante, batte specialmente le strade a cavallo della stazione di Fossalta  (attuale Fossalta di Piave, nda) e la linea del canale della Fossetta dietro alla quale si sostiene la nostra linea”. Nel caos della battaglia il Caporale Rossi è stato fatto prigioniero e portato nelle retrovie. Fortunatamente per lui, la  guerra sarebbe terminata di lì a poco e la sua prigionia è durata solamente cinque mesi. 
Tra  arretramenti  e  contrattacchi,  gli  uomini  sul  Canale  Fossetta  hanno  resistito.  Nei  giorni  successivi  il Regio Esercito  Italiano  torna  vittorioso  sulla  riva  del  Piave,  rioccupando  le posizioni  che  aveva  prima  dell’offensiva  asburgica.  Termina  così  la  violentissima e  sanguinosa   battaglia,  denominata  “Battaglia  del  Solstizio”,  ultima  possibilità  per  l’esercito  austroungarico  di  volgere  le  sorti  della  guerra  a  proprio  favore.  Il  suo  fallimento  ha  determinato,  dopo  soli  quattro  mesi, la  vittoria  finale  dell’Italia  a  Vittorio  Veneto. 
Il caporale  Rossi  Antonio,  ha  combattuto  un’importantissima  quanto  sanguinosa  battaglia, avrà  caricato  quel  cannone  chissà  quante  volte,  l’avrà  spostato  indietro  e  avanti, ora  tra  gli  alberi, ora  nel  fango, ora  tra  le  case  diroccate,  ma  non  l’ha  combattuta  solo  da artigliere;  l’ha  combattuta  da  fante  e  da  ardito,  quando ha  difeso  il  suo  cannone  dal  nemico  che  sbucava  da  tutte  le  parti  con  la  baionetta  sul  fucile,  quando  combatteva  con  le  bombe  a  mano  sul  bordo  del  canale, quando  arrivavano  le  granate  cariche  di  gas,  l’ha  combattuta  e nonostante la prigionia, l’ha  vinta.
Di fronte al nepesino Rossi nella austroungarica “Isonzo Armee” combatteva un ex sarto polacco (la Polonia meridionale faceva parte del multietnico Impero Asburgico) dal cognome famoso, Karl Wojtyla. Fortunatamente è sopravvissuto alla guerra  e  nel 1920 ha avuto un figlio di nome Karol, salito al soglio pontificio con il nome di Giovanni Paolo II°, uno degli uomini più importanti dei nostri giorni. Il Sergente Maggiore Karl Wojtyla del 56° Reggimento Fanteria “Wadowice” era un militare di carriera che aveva combattuto sul fronte austro-russo fino alla primavera del 1917, per passare poi sul fronte italiano dove ha combattuto in vari settori, tra cui il Basso Piave. Venne insignito di “Croce di Ferro con Ghirlanda” e i suoi superiori  annotarono in un rapporto che lo riguardava: “E’ onesto, leale, serio, educato, modesto, retto, responsabile, generoso e instancabile”, qualità che si può dire, ha trasmesso al figlio. Dopo la guerra passò al neonato esercito polacco e venne congedato nel 1927 su sua richiesta, perché la moglie gravemente malata e morente aveva bisogno di cure, come il figlio Karol ancora piccolo.


Tratto dal libro
 “Nepi in Armi”
 di Paolo Chirieletti,
 disegni di Federico Farnesi, 
pubblicato dall’Associazione Culturale Antiquaviva.)