Ricerca a cura di Paolo Chirieletti*
Caporale CIAMBOLA
Andrea di Luigi
Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor
Militare
130° REGGIMENTO FANTERIA, nato a Nepi
il 14 Febbraio 1893
D.L. 13/06/1918; B.U. 1918, disp.39°
del 20/06/1918, pag. 3050
Motivazione
“Mentre con animo saldo manteneva un posto
di collegamento, vi perdeva la vita colpito da un
proiettile avversario. Si era distinto anche in precedenti circostanze.”
Pod Korite, 31 Maggio 1917.
Estratto del
Foglio Matricolare
Caporale CIAMBOLA Andrea, di Luigi e
di Celi Vincenza, nato il 14 febbraio 1893 a Nepi. Residente a Nepi.
Professione campagnolo.
1
aprile 1914 – Arruolamento,
Distretto di Orvieto, classe 1893, categoria 2a, il 1 aprile
1914. 21 agosto
1914 – Chiamato alle armi e giunto.
27
agosto 1914 – Tale nel 60°
Reggimento Fanteria.
24
maggio 1915 – Tale in territorio
dichiarato in istato di guerra.
3 dicembre 1915 – Partito da territorio dichiarato in
istato di guerra.
2
marzo 1916 – Giunto in
territorio dichiarati in istato di guerra.
2
marzo 1916 – Tale nel 130° Reggimento Fanteria di
Milizia Mobile.
20 febbraio 1917 – Caporale in detto.
31
maggio 1917 – Morto a Hudi Log
in seguito a scheggia di granata.
Campagne di guerra : 1915 , 1916 ,
1917.
IL SUO REPARTO
Il 130° Reggimento
Fanteria proveniente dal deposito dell’ 81° Fanteria di Roma, insieme al 129°
Reggimento, costituisce il primo marzo 1915, la “Brigata Perugia”. Il reparto partecipa a tutta la 1a
Guerra Mondiale distinguendosi sul Carso e sul Piave, tanto da meritare
citazioni sul Bollettino di Guerra e una medaglia d’argento alla bandiera.
Viene sciolto nel gennaio del 1920 al termine del conflitto. Il Reggimento
viene ricostituito il 14 agosto 1940 e partecipa alla 2a Guerra Mondiale
inserito nella Divisione di Fanteria Perugia, opera in territorio jugoslavo con
compiti di presidio e antiguerriglia fino agli inizi del ‘43. Nello stesso anno
viene spostato nell’Albania meridionale, nel settore di Tepeleni, dove viene
sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre. Reagisce agli attacchi dei tedeschi.
Parte dei suoi militari riescono a raggiungere Valona nel tentativo di
imbarcarsi per l’Italia, qui attuano una disperata resistenza che si protrae
fino al 20 settembre, subendo gravi perdite; alla fine i pochi superstiti
vengono deportati in Germania. Può
considerarsi sciolto dopo l’armistizio del 1943. Il primo gennaio 1976 a
Spoleto, rinasce nuovamente con il nome 130° Battaglione Motorizzato Perugia,
inquadrato nella Brigata Aqui. Nel 1992 e 1993 partecipa all’operazione di
ordine pubblico “Vespri Siciliani”,
nel programma di impiego delle Forze Armate contro la mafia, operando in
provincia di Agrigento. Viene
definitivamente sciolto il 30 maggio 1996 a Spoleto e la sua bandiera di guerra
consegnata al Vittoriano a Roma.
ANDO’ COSI’
Nel maggio del 1917 il
Regio Esercito italiano da’ il via alla “Xa
Battaglia dell’Isonzo” che terminerà ai primi di giugno, con l’inizio del
potente contrattacco austriaco che riporterà gli schieramenti quasi sulle posizioni iniziali, vanificando
gli sforzi e le numerose perdite umane.
Il 26 maggio 1917 il 130° Reggimento della Brigata Perugia, su disposizione
della 31a Divisione, viene schierato ad Opacchiasella (attualmente
in territorio sloveno) in prima linea e vi rimane fino al 24 giugno. In questo
periodo il reparto è stato particolarmente attivo respingendo due attacchi
nemici ed occupando, il 4 giugno, una dolina detta “oblunga”. Già il 26 maggio inizia l’attacco della 31a
Divisione alle posizioni antistanti Pod Korite (in Slovenia vicina all’attuale
confine con l’Italia), nel quale è impegnato anche il Caporale Ciambola con il
130° Reggimento e un battaglione bersaglieri ciclisti, le cui biciclette erano
stata lasciate due giorni prima in luogo sicuro. Questi reparti tentano di
raggiungere l’obiettivo, ma la reazione austriaca è così intensa da provocare
ingenti perdite agli attaccanti, tanto che i bersaglieri vengono mandati nelle
retrovie per riorganizzarsi. La Brigata Perugia, sebbene sottoposta ad intensi
bombardamenti da parte degli austroungarici, provvede alla costruzione delle
trincee ed al rafforzamento della posizione. Andrea lavora con la vanghetta in
dotazione a tutti i nostri fanti ed ammucchia pietre, quando improvvisamente
deve lasciare tutto ed imbracciare il fucile per rispondere al fuoco di un
attacco nemico. Il Diario di reggimento così annota: “28.5.917. […] le condizioni
di queste truppe sono terribili; assoggettate a un fuoco violento che procura
gravi perdite, vi sono numerosi feriti che non si possono sgomberare; da due
giorni sono privi di qualsiasi vettovagliamento. Verso le 3,10 si manifesta un
violento attacco nemico, con violento bombardamento di Artiglieria sulle nostre
trincee e camminamenti. Verso le 4 forti nuclei nemici, alcuni dei quali della
forza di circa una compagnia, escono dalle trincee, ma sono subito respinte …
Durante la giornata la truppa attende alla sistemazione delle trincee
danneggiate dal fuoco di Artiglieria ed al loro rafforzamento. Col favore
dell’oscurità si cerca il collegamento a destra con la Brigata Cosenza, non vi
si riesce …”. Quando si è in guerra in zone impervie, con i reparti sempre
in movimento a causa dei continui attacchi, è facile perdere il contatto con
l’unità vicina. Se avviene questo, rimane un tratto di prima linea scoperto,
cioè senza trincee, fortificazioni e reparti a presidiarlo; da qui può passare
il nemico indisturbato. Il giorno seguente la situazione non cambia: “29.5.917 […] Verso le 2 un violento fuoco di Artiglieria e fucileria nemica desta
l’allarme […] provocando perdite
gravi, demoralizzando le truppe per l’oppressione alla quale sono assoggettate
notte e giorno” . Prosegue il Diario: ”30.5.917
Tutta la linea durante la notte subisce un prolungato fuoco d’Artiglieria e
mitragliatrici. Si ricevono disposizioni per portare la prima linea più
indietro, appoggiandola cioè alla vecchia di partenza”. Il reparto continua
a combattere e lavorare: “31.5.917 La
truppa nonostante le perdite, lavora alla sistemazione delle trincee e
camminamenti. Si è quasi completato il collocamento dei cavalli di Frisia
davanti alla linea di osservazione e prima resistenza”. Una situazione così
precaria è molto pericolosa perché le difese non sono complete e i soldati non
possono essere piazzati tutti in posizione di contenimento. Le trincee non sono
una linea continua, cioè hanno dei tratti
scoperti dove il nemico non trova ostacoli, qui si creano i posti di
collegamento, velocemente approntati per ovviare al problema. Proprio in un
posto di collegamento di questi, nei boschi di Hud-Log (Slovenia, Comune di
Kostanjevica sul Carso), non a caso
chiamato dagli italiani “Boscomalo”,
il giorno 31 maggio 1917 si trova il Caporale Ciambola Andrea, durante
l’ennesimo attacco austriaco. Nel furore dello scontro, con le pallottole
e le bombe a mano che arrivano da tutte
le parti, gli austriaci si gettano sulle incomplete trincee italiane e cercano
di passare dove le difese sono più deboli, proprio dove si trova lui. Chissà
nel furore della battaglia quanti soldati austriaci sono arrivati tutti insieme
davanti al suo fucile, non era possibile sparare e stare riparati...
Quel giorno al nostro
caporale è andata male, è stato colpito una scheggia di granata. E’ morto lì.
Non ha visto i suoi commilitoni resistere a quell’attacco e nei giorni
successivi, completate le difese, avanzare ed occupare la dolina “oblunga”, in pieno giorno e sotto
intenso bombardamento.
Nella stessa zona ha
combattuto, inquadrato in un reggimento di fanteria, l’allora Sottotenente
Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica Italiana. Fu chiamato alle
armi a metà del 1916 con la sua classe. Anche se di spirito neutralista, si
comportò sempre con coraggio e fu proposto per una medaglia, che in quel
momento non arrivò. Proprio in riferimento a quando combatteva sul fronte
dell’Isonzo, l’ex presidente ci ha lasciato queste parole: “[…] ho vissuto la vita orrenda dalla trincea fra
fango, fra i pidocchi. Sparavamo agli austriaci, che erano giovani soldati,
giovani ufficiali come noi.”
Autore di Nepi in Armi 1915-1918.
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