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venerdì 25 novembre 2016

Il Valore Militare nella Grande Guerra A Nepi

Ricerca a cura di Paolo  Chirieletti*
Caporale   CIAMBOLA  Andrea di Luigi
Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare
130° REGGIMENTO FANTERIA, nato a Nepi il 14 Febbraio 1893
D.L. 13/06/1918; B.U. 1918, disp.39° del 20/06/1918, pag. 3050
Motivazione
Mentre con animo saldo manteneva un posto di collegamento, vi perdeva la vita colpito da un proiettile avversario. Si era distinto anche in precedenti circostanze.”
Pod Korite, 31 Maggio 1917.

Estratto del Foglio Matricolare

Caporale CIAMBOLA Andrea, di Luigi e di Celi Vincenza, nato il 14 febbraio 1893 a Nepi. Residente a Nepi. Professione campagnolo.
1     aprile     1914 – Arruolamento, Distretto di Orvieto, classe 1893, categoria 2a, il 1 aprile 1914.    21  agosto    1914 – Chiamato alle armi e giunto.
27  agosto    1914 – Tale nel 60° Reggimento Fanteria.
24  maggio   1915 – Tale in territorio dichiarato in istato di guerra.
3 dicembre  1915 – Partito da territorio dichiarato in istato di guerra.
2    marzo     1916 – Giunto in territorio dichiarati in istato di guerra.
2    marzo     1916 – Tale nel 130° Reggimento Fanteria di Milizia Mobile.
20 febbraio  1917 – Caporale in detto.
31  maggio   1917 – Morto a Hudi Log in seguito a scheggia di granata.
Campagne di guerra : 1915 , 1916 , 1917.

IL SUO REPARTO
Il 130° Reggimento Fanteria proveniente dal deposito dell’ 81° Fanteria di Roma, insieme al 129° Reggimento, costituisce il primo marzo 1915, la “Brigata Perugia”. Il reparto partecipa a tutta la 1a Guerra Mondiale distinguendosi sul Carso e sul Piave, tanto da meritare citazioni sul Bollettino di Guerra e una medaglia d’argento alla bandiera. Viene sciolto nel gennaio del 1920 al termine del conflitto. Il Reggimento viene ricostituito il 14 agosto 1940 e partecipa alla 2a Guerra Mondiale inserito nella Divisione di Fanteria Perugia, opera in territorio jugoslavo con compiti di presidio e antiguerriglia fino agli inizi del ‘43. Nello stesso anno viene spostato nell’Albania meridionale, nel settore di Tepeleni, dove viene sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre. Reagisce agli attacchi dei tedeschi. Parte dei suoi militari riescono a raggiungere Valona nel tentativo di imbarcarsi per l’Italia, qui attuano una disperata resistenza che si protrae fino al 20 settembre, subendo gravi perdite; alla fine i pochi superstiti vengono deportati in Germania.  Può considerarsi sciolto dopo l’armistizio del 1943. Il primo gennaio 1976 a Spoleto, rinasce nuovamente con il nome 130° Battaglione Motorizzato Perugia, inquadrato nella Brigata Aqui. Nel 1992 e 1993 partecipa all’operazione di ordine pubblico “Vespri Siciliani”, nel programma di impiego delle Forze Armate contro la mafia, operando in provincia di Agrigento.  Viene definitivamente sciolto il 30 maggio 1996 a Spoleto e la sua bandiera di guerra consegnata al Vittoriano a Roma.

ANDO’ COSI’
Nel maggio del 1917 il Regio Esercito italiano da’ il via alla “Xa Battaglia dell’Isonzo” che terminerà ai primi di giugno, con l’inizio del potente contrattacco austriaco che riporterà gli schieramenti  quasi sulle posizioni iniziali, vanificando gli sforzi e le  numerose perdite umane. Il 26 maggio 1917 il 130° Reggimento della Brigata Perugia, su disposizione della 31a Divisione, viene schierato ad Opacchiasella (attualmente in territorio sloveno) in prima linea e vi rimane fino al 24 giugno. In questo periodo il reparto è stato particolarmente attivo respingendo due attacchi nemici ed occupando, il 4 giugno, una dolina detta “oblunga”. Già il 26 maggio inizia l’attacco della 31a Divisione alle posizioni antistanti Pod Korite (in Slovenia vicina all’attuale confine con l’Italia), nel quale è impegnato anche il Caporale Ciambola con il 130° Reggimento e un battaglione bersaglieri ciclisti, le cui biciclette erano stata lasciate due giorni prima in luogo sicuro. Questi reparti tentano di raggiungere l’obiettivo, ma la reazione austriaca è così intensa da provocare ingenti perdite agli attaccanti, tanto che i bersaglieri vengono mandati nelle retrovie per riorganizzarsi. La Brigata Perugia, sebbene sottoposta ad intensi bombardamenti da parte degli austroungarici, provvede alla costruzione delle trincee ed al rafforzamento della posizione. Andrea lavora con la vanghetta in dotazione a tutti i nostri fanti ed ammucchia pietre, quando improvvisamente deve lasciare tutto ed imbracciare il fucile per rispondere al fuoco di un attacco nemico. Il Diario di reggimento così annota: “28.5.917. […] le condizioni di queste truppe sono terribili; assoggettate a un fuoco violento che procura gravi perdite, vi sono numerosi feriti che non si possono sgomberare; da due giorni sono privi di qualsiasi vettovagliamento. Verso le 3,10 si manifesta un violento attacco nemico, con violento bombardamento di Artiglieria sulle nostre trincee e camminamenti. Verso le 4 forti nuclei nemici, alcuni dei quali della forza di circa una compagnia, escono dalle trincee, ma sono subito respinte … Durante la giornata la truppa attende alla sistemazione delle trincee danneggiate dal fuoco di Artiglieria ed al loro rafforzamento. Col favore dell’oscurità si cerca il collegamento a destra con la Brigata Cosenza, non vi si riesce …”. Quando si è in guerra in zone impervie, con i reparti sempre in movimento a causa dei continui attacchi, è facile perdere il contatto con l’unità vicina. Se avviene questo, rimane un tratto di prima linea scoperto, cioè senza trincee, fortificazioni e reparti a presidiarlo; da qui può passare il nemico indisturbato. Il giorno seguente la situazione non cambia: “29.5.917 […] Verso le 2 un violento fuoco di Artiglieria e fucileria nemica desta l’allarme […] provocando perdite gravi, demoralizzando le truppe per l’oppressione alla quale sono assoggettate notte e giorno” . Prosegue il Diario: ”30.5.917 Tutta la linea durante la notte subisce un prolungato fuoco d’Artiglieria e mitragliatrici. Si ricevono disposizioni per portare la prima linea più indietro, appoggiandola cioè alla vecchia di partenza”. Il reparto continua a combattere e lavorare: “31.5.917 La truppa nonostante le perdite, lavora alla sistemazione delle trincee e camminamenti. Si è quasi completato il collocamento dei cavalli di Frisia davanti alla linea di osservazione e prima resistenza”. Una situazione così precaria è molto pericolosa perché le difese non sono complete e i soldati non possono essere piazzati tutti in posizione di contenimento. Le trincee non sono una linea continua, cioè hanno dei tratti  scoperti dove il nemico non trova ostacoli, qui si creano i posti di collegamento, velocemente approntati per ovviare al problema. Proprio in un posto di collegamento di questi, nei boschi di Hud-Log (Slovenia, Comune di Kostanjevica sul Carso), non a caso  chiamato dagli italiani “Boscomalo”, il giorno 31 maggio 1917 si trova il Caporale Ciambola Andrea, durante l’ennesimo attacco austriaco. Nel furore dello scontro, con le pallottole e  le bombe a mano che arrivano da tutte le parti, gli austriaci si gettano sulle incomplete trincee italiane e cercano di passare dove le difese sono più deboli, proprio dove si trova lui. Chissà nel furore della battaglia quanti soldati austriaci sono arrivati tutti insieme davanti al suo fucile, non era possibile sparare e stare riparati... 
Quel giorno al nostro caporale è andata male, è stato colpito una scheggia di granata. E’ morto lì. Non ha visto i suoi commilitoni resistere a quell’attacco e nei giorni successivi, completate le difese, avanzare ed occupare la dolina “oblunga”, in pieno giorno e sotto intenso bombardamento.
Nella stessa zona ha combattuto, inquadrato in un reggimento di fanteria, l’allora Sottotenente Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica Italiana. Fu chiamato alle armi a metà del 1916 con la sua classe. Anche se di spirito neutralista, si comportò sempre con coraggio e fu proposto per una medaglia, che in quel momento non arrivò. Proprio in riferimento a quando combatteva sul fronte dell’Isonzo, l’ex presidente ci ha lasciato queste parole: “[…] ho vissuto la vita orrenda dalla trincea fra fango, fra i pidocchi. Sparavamo agli austriaci, che erano giovani soldati, giovani ufficiali come noi.”

Autore di Nepi in Armi 1915-1918.

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