a. La
Teoria
1. La
Storia quale passato e quale conoscenza del passato. 2. La Storia quale
conoscenza. 3. Le Fonti Storiche. 4. Le partizioni della Storia. 5. Relazione
Storia e Storiografia. La funzione dello Storico. 6. La filosofia della Storia.
7. Il concetto di svolgimento. 8 .La Storia Militare.
massimo coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
5. Relazione Storia e Storiografia.
La funzione dello storico.
Con il termine storia si può intendere indifferentemente, come detto, sia
il passato sia il pensiero che si ha su di esso, ossia la sua conoscenza.
L’ambiguità nasce dalla trasposizione come fatti oggettivi delle espressioni
delle vicende del passato compiuta dallo storico a conclusione del suo lavoro
di indagine e di ricostruzione. Questa ingenuità acritica deriva dalla presenza
di un nesso indissolubile che lega la storia alla storiografia. Infatti,
l’esistenza della realtà storica quale vita vissuta dalle generazioni che ci
hanno preceduto è indubbia; altrettanto indubbio, però, è che, senza l’attività
di chi esamini le testimonianze da essa lasciate, le colleghi organicamente ed
esponga il risultato del suo studio, nulla di essa possiamo dire, se non
postularne l’esistenza. Senza la conoscenza, il passato per noi è come se non
fosse esistito. E’ solo una dimensione del tempo, priva di connotazioni che la concretino. L ’accentuazione
dei nessi che legano la storia alla storiografia può aiutare ad asserire
che esiste una coincidenza fra l’una e l’altra. Pur non accentuando
questa identificazione, dobbiamo riconoscere che lo storico svolge una
attività e insopprimibile funzione, soprattutto in merito alla selezione dei
fatti ed alla indispensabilità delle fonti.
Il punto su cui vogliamo attirare l’attenzione è il seguente: l’attiva
presenza dello storico, nel conferire alla storia una nota di soggettività, non
la priva di “scientificità”.?
Un interrogativo che rappresenta uno dei motivi per cui si sono stese
queste “Note”. Nell’ottocento, nel quadro del movimento positivistico, che
esaltava la mistica della scienza, si arrivò a proclamare che la personalità
dello storico non deve mai comparire, bensì dissolversi nella ricostruzione
realizzata con i mattoni delle testimonianze certe. I risultati furono
deludenti: fu una storia fatta con le forbici ed il barattolo della colla, ed
il ricercato annullamento della figura dello storico priva la storiografia
della sua stessa essenza, il pensiero, e rompendo il rapporto fra passato e
presente, la priva altresì di risultati pratici, perché la rende non più
rispondente ai bisogni contemporanei.
Scendendo alle “cose del paese nostro” il “taglia” e “incolla” da
Internet, traviando ogni forma di ricerca bibliografica o lettura critica di
testi scelti o di documenti, con scarsa propensione di una pur superficiale
lettura delle fonti disponibili, senza nessun intervento di interiorizzazione
ed espressione del proprio pensiero e della propria analisi su un fatto
storico-militare costruito o studiato,[1]
porta ad elaborati fatti “con le forbici
ed il barattolo di colla” insignificanti, degni di valutazioni basse se non
insufficienti, che buonismo più da intrattenitori che da professori porta a
valutazioni di livello decente, vanificando ogni sforzo e risolvendosi, nella
sostanza, in un mero spreco di risorse e di energie.
La partecipazione personale, la propria idea frutto di un proprio
percorso, e salendo “ai piani alti” l’attività e insostituibile partecipazione
dello storico non rende il giudizio storico soggettivo e variabile nel tempo?
Il quesito è fondamentale perché dalla sua risposta discende ciò che dobbiamo
intendere per verità in storia.
Rimanendo “nei piani bassi” qualsiasi elaborato di un Frequentatore, di
uno Studente che non contenga un giudizio critico personale sul fatto proposto
come oggetto di studio o di ricerca è semplice perdita di tempo, esercizio mero
di copiatura, un girare in tondo senza costrutto e quindi da rigettare e
valutare con i più marcati segni negativi.[2]
Risalendo nei piani alti, anche se ciò può lasciare perplessi data
l’ansia di assoluto sempre presente in noi, non si può non rispondere
affermativamente: il giudizio storico è soggettivo e variabile.
Il giudizio storico è in perpetuo avvenire; se il giudizio su un fatto
può variare per il modificarsi delle conseguenze generate dal fatto stesso, in
linea generale non è mai statico, definito e definibile “ab aeterno”così come
non è statico e non è definitivo il presente da cui promana. Il giudizio
storico è sempre soggettivo, ma la soggettività da cui promana non ne esclude
l’obbiettività.
E’ che ogni conoscenza può essere considerata obiettiva soltanto
nell’ambito di un determinato sistema e nel nostro caso l’obbiettività è data
non soltanto dallo scrupoloso vaglio delle fonti e dal controllo del momento
intuitivo-rappresentativo affinché non sconfini nella fantasia o nella
“fiction”[3]
ma anche dal fatto che i criteri cui si attiene lo storico nella sua
attività non sono né frutto di scelte personali né atti arbitrari: scaturiscono
dalla società in cui egli è immerso, dall’epoca in cui vive. In una parola,
dalla storia stessa.
Il pensiero dello storico è insopprimibile, pena privare la storia della
sua storicità. In storiografia non esiste un’opera definitiva: tutte concorrono
ad una ipotetica definizione ma nessuna la raggiunge.[4]
La definizione, “nulla più da dire,
da obiettare, da modificare” è un “mito”. E come tutti i miti va trattata, anche se questo mito è suscitatore
di pensiero e quindi di vita.
[1]Normalmente
la giustificazione a tale modo di procedere è chiamata “mancanza di tempo”,
come se esistesse una relazione tra pensiero/tempo/quantità.
[2]Anche
in questo esiste la giustificazione “non sono uno storico”: come se esercitare
la capacità critica e prerogativa di determinate categorie alle quali si deve
appartenere.
[3]
La ricostruzione cinematografica o televisiva, rispondendo anche a esigenze di
carattere commerciale e finanziario, spesso scivola verso rappresentazioni di
mera fantasia, o di esigenze di compiacimento per il committente del momento,
dimenticando che nella ricostruzione storica “l’esattezza è un dovere morale”, con la conseguenza che simili
ricostruzioni devono essere prese con le dovute cautele.
[4]Cfr.
al riguardo Ilari V.,Guerra e
storiografia, in “La guerra nel pensiero politico (a cura di) Jean
C., Milano, F. Angeli, 1987; Luraghi R., Storia
militare, in “La storiografia italiana degli ultimi vent’anni: III. Età
contemporanea (a cura di) De Rosa
L., Bari, Laterza, 1989. Pieri
P., La storiografia militare italiana
negli ultimi veti anni, in “ Atti del primo congresso nazionale di scienze
storiche, Perugia, 1967, II., Milano, Marzorati, 1970.
(massimo.coltrinari@libero.it)
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