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lunedì 9 settembre 2024

Alle radici della Repubblica. Il Partito d'Azione. Il maggior partito dell'Italia liberata

 DIBATTITI

La svolta di Salerno ed il Partito d'Azione. 

Quando Togliatti salvò la Monarchia

Un concorrente a sinistra da eliminare

Massimo Coltrinari

Il Partito d’Azione all’indomani dell’armistizio, era erede di movimenti cospirativi già in essere da vari anni come “Unione Meridionale”, “Italia Libera”, “Giustizia e Libertà” e grazie a questi si radicò anche nel meridione d’Italia all’indomani della liberazione di quelle regioni. Su questa organizzazione antigovernativa e clandestina costruì la sua struttura partitica ed in breve divenne il maggiore partito politico dell’Italia meridionale, nettamente distanziandosi dal Partito Comunista Italiano che si dibatteva in faide interne e con dirigenti che ancora non avevano superato la mentalità cospirativa, clandestina e sospettosa.

Si parla1 per il Partito d’Azione di circa 524 sezioni le quali hanno avuto oltre 100.000 aderenti ed 80.000 tesserati. Se poi nel Meridione si include anche la Sardegna, qui operava il Partito sardo d’Azione, con oltre 30.000 iscritti. Ovvero una forza di sinistra, nettamente superiore al Partito Comunista e a quello Socialista, strutturata e con solide basi culturali ed ideologiche.


Il Partito d’Azione aveva fatto breccia nei diversi strati sociali della popolazione, ma sopratutto, oltre che tra gli intellettuali, anche tra gli artigiani e tra gli operai. Questi si erano organizzati nella CGL Confederazione Generale del Lavoro, in cui era forte la presenza azionista con esponenti come Dino Gentili ed Antonio Armino, “risorta per iniziativa di socialisti, azionisti e comunisti dissidenti facenti capo a E. Russo e Villone su basi di indipendenza rispetto ai partiti (che era il cardine della visione sindacale del Partito d’Azione), venne violentemente avversata dal PCI che mirava a promuovere e legare la organizzazione sindacale al partito. Non è questa la sede per riprendere questi argomenti: bisogna constatare però che su questo interessante capitolo di storia è stato imposto il velo del silenzio.”2


Se sul piano economico-sociale il Partito d’Azione proponeva soluzioni innovative, anche sul piano militare fu propositivo e rivoluzionario. Collegandosi al movimento nazionale ed europeo della resistenza al tedesco, con la metà d’Italia occupata dai tedeschi, nel tentativo di far partecipare le popolazioni meridionali già liberare e quindi farle partecipe alle sofferenze di quelle settentrionali, in coerenza con gli ideali antifascisti e resistenziali, aveva promosso i cosiddetti “Gruppi Combattenti Italia”.


Queste erano formazioni militari al comando del Generale Giuseppe Pavone, iscritto al Partito d’Azione, costituiti nel solco della tradizione garibaldina del volontariato patriottico, su struttura ordinativa classica.


Era la proposta italiana per la partecipazione alla guerra in alternativa al I Raggruppamento Motorizzato del Regio Esercito. E’ noto che i Britannici non volevano forze combattenti italiane e più di una volta tentarono di sciogliere il I Raggruppamento Motorizzato che rimase in vita solo per l’appoggio statunitense.


Avere una nuova formazione militare, senza il controllo di chi aveva firmato l’armistizio e quindi garante della applicazione delle sue clausole, dipendente da un partito politico di sinistra, per gli Alleati, anche se alla ricerca di uomini combattenti, era una proposta inopportuna. Il Gen. Pavone, nello spirito garibaldino, riprese poi temi di carattere risorgimentale, tanto da adottare il Tricolore senza lo stemma sabaudo, suscitando le riserve e i sospetti ulteriori di Britannici e Statunitensi, oltre che la fermissima opposizione di Badoglio e di tutto il vertice militare a cominciare dal Maresciallo Messe, non ebbe fortuna ed il suo tentativo nella primavera del 1944 si spense. Il colpo definitivo gli venne dato dall’azione di Togliatti, che non accettava che un partito, anche se di sinistra, ispirasse e controllasse una forza armata combattente indipendente. Un altro effetto della svolta di Salerno.(continua)

(le precedenti note sono state pubblicate il il 3 ed il 6 settembre 2024)


1Alosco A., Il Partito d’Azione a Napoli, Napoli, Casa Editrice Guida, 1975, a cui si rimanda per un ulteriore approfondimento della conoscenza del partito in questi anni.

2Alosco A., Il Partito d’Azione dell’Italia liberata e la “svolta di Salerno” in Storia Contemporane, Aprile 1979, Anno X, n. 2, Società Editrice Il Mulino, Bologna, pag. 362


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