Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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lunedì 30 settembre 2024
domenica 29 settembre 2024
Copertina Settembre 2024
QUADERNI ON LINE
Spille dell'Istituto
Anno LXXXV, Supplemento on line, IX, 2024, n. 103
Settembre 2024
sabato 28 settembre 2024
venerdì 27 settembre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia - VII Parte Condizioni Climatiche. Clima della fascia costiera del mar Rosso e della Dancalia
SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
Progetto Prigionia 2021/1
Clima della fascia costiera del Mar Rosso e della Dancalia. - Si tratta, qui, di una regione torrida per eccellenza, a piogge invernali. Si hanno a Massaua temperature massime di 44°, con una umidità relativa alta, che raggiunge i 75° gradi nei mesi invernali piovosi e 51° nel periodo secco: in media 65°. La temperatura media di Massaua è di 30,3; quella di Assab: 29,9, di Nocra: 30,3. Escursione giornaliera: 6,9.
Questa regione non è adatta alla vita degli Europei; specie la torrida Dancalia per sua natura desertica e, salvo le zone marginali alla bassura che per molti metri è sotto il livello del mare, completamente spopolata. Nella fascia costiera settentrionale dell'Eritrea, a Zula e ad Arcaico, invece, sono possibili colture tropicali mediante l'irrigazione.
giovedì 26 settembre 2024
La Via Sacra - Verdun 1916
DIBATTITI
Il sonno della ragione che può sempre ripetersi
Ten. cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
La battaglia di Verdun è stata la più distruttiva battaglia che si ricordi, una guerra di materiali (material – schlacht) che assorbì una enorme quantità di vite umane, una “guerra totale” che costituì una cesura tra la precedente era ottocentesca e l’età moderna, dove l’uomo trasformato in un numero è schiacciato dalla produzione industriale in serie.
La battaglia iniziata il 21 febbraio finì solo nel dicembre dello stesso 1916 con un primato mai più raggiunto di 700.000 vittime se non, da recenti calcoli francesi, 1.246.025 tra caduti, dispersi e feriti su un territorio ristretto di appena 9 Km quadrati, il generale Rouquerol parla addirittura di un totale di 2.000.000 uomini se si fa riferimento al periodo che precedette la battaglia e seguì nei primi mesi del 1917 la fine, considerando anche i prigionieri, un “sonno della ragione” che può sempre ripetersi.
Nella guerra tecnologica totale le vittime scompaiono nella massa impiegata, nell’indifferenza determinata dalla lontananza dei Comandi Generali e dalla distanza nell’uso delle armi, venivano meno gli ultimi aspetti aristocratici delle guerre settecentesche, in cui erano coinvolti principalmente dei professionisti, che in parte si erano protratte anche nell’ Ottocento, nonostante le riforme della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche con l’introduzione della coscrizione obbligatoria e del nazionalismo.
L’uso dei gas e dei lanciafiamme, la distruzione industriale in serie di vite umane furono la premessa per la ferocia dei campi di sterminio nazisti della Seconda Guerra Mondiale, dei Gulag Sovietici e dei campi giapponesi, tutto fu sperimentato nelle trincee della Grande Guerra, dove gli uomini letteralmente sparivano sotto la pioggia di granate, soffocavano inebetiti, ansimando, nei gas, l’odore della carne umana bruciata ammorbava l’aria e molti soldati impazzivano nel fango o per sete, bevendo l’acqua marcia delle pozze nelle trincee.
La guerra da movimento diventò di posizione, di attrito, fino a trasformarsi in un lungo scontro di logoramento, un accordo diplomatico non poteva essere accettato in quanto la retorica dei decenni precedenti, incardinata nella crescente potenza tecnologica, creava l’illusione di una potenza infinita che raccoglieva in sé l’intero globo, la politica quale capacità di un compromesso accettabile fra le parti perdeva ogni possibilità d’azione, solo l’espansione economica illimitata ne diveniva l’unico punto di riferimento.
A Verdun non si cadeva in battaglia, si veniva più semplicemente sbriciolati, polverizzati, carbonizzati dall’artiglieria e dai lanciafiamme, se si pensa che i soli francesi nei sette mesi di battaglia tra febbraio e ottobre usarono 23.000.000 di granate, per arrivare negli ultimi due mesi a spararne 240.000 al giorno.
Le testimonianze della battaglia indicano chiaramente il livello di violenza raggiunto:
“ Sono appena tornato dall’esperienza più terribile di tutta la mia vita. Ho passato quattro giorni e quattro notti – 96 ore in totale – nel fango semi-ghiacciato delle trincee e costantemente sotto il fuoco nemico, senza alcun tipo di protezione o di riparo. Giunsi in trincea con 175 uomini … solo 34 hanno fatto ritorno, ma la maggior parte completamente impazziti …” ( Ufficiale francese – 1916).
“ Un capitano condusse una sparuta pattuglia di soldati verso di noi. Giunti a pochi passi ci chiese di che unità eravamo e, senza attendere risposta, scoppiò a piangere. Era probabilmente impazzito durante i bombardamenti. Guardammo sfilare i suoi uomini, ridotti a mummie rinsecchite, con gli occhi incollati ai loro, così grandi e così persi nel vuoto …” ( Ufficiale tedesco -1916).
“ Era impossibile liberarsi del tanfo dei cadaveri. Ovunque andassimo lontano dal fronte, persino nelle locande, dopo qualche minuto gli avventori si alzavano, allontanandosi da tutti noi : il lezzo di morte di Verdun era impossibile da sopportare! ” ( Soldato francese - 1916 ).
( 21 – 26, A. Gualtieri, Verdun 1916. Il fuoco, il sangue, il dovere, Mattioli 1885)
Nella volontà di superare la stasi sul fronte occidentale, determinata dal fallimento della guerra di manovra prevista dal “Piano Schlieffen” con l’invasione del Belgio nel 1914, von Falkenhayn pianificò una battaglia di attrito fondata sui materiali, attaccando un punto sensibile del fronte in cui i francesi non avrebbero potuto ripiegare sia per motivi strategici che psicologici quale era Verdun.
L’idea base era di logorare in uomini e mezzi l’esercito francese fino a fargli perdere la resistenza e la coesione psicologica, sfruttando la superiorità tecnica in mezzi e in particolare nell’artiglieria pesante, ma anche l’esercito tedesco venne a logorarsi, come ammise lo stesso Kronprinz: “il mulino sulla Mosa ha macinato fino a ridurre in polvere i cuori e i corpi delle truppe”.
Nonostante l’insuccesso del “Piano XVII” in Alsazia – Lorena del 1914, la battaglia della Mosa e i successivi sanguinosi e fallimentari attacchi frontali nel corso del 1915, i francesi, guidati da Joffre, mantennero una cieca fiducia sull’attacco frontale alla baionetta, secondo la teoria dello “slancio vitale” ( Elan Vitale) elaborata nel primo decennio del ‘900 e codificata nel Regolamento dell’ottobre 1913, tutti coloro che si opponevano a tale teoria, quali i generali Petain e Michel, furono emarginati.
Von Falkenhayn riteneva che i nemici da battere per risolvere la guerra erano i francesi, gli inglesi erano semplicemente di supporto, per ottenere la vittoria era necessario “dissanguarli”, all’obbiezione che questo poteva comportare forti perdite anche ai tedeschi rispondeva che essendo all’attacco poteva sempre interrompere l’azione al momento opportuno, sottovalutando la difficoltà dello sganciamento una volta iniziata l’azione, sia relativamente al fronte che di fronte alle attese imperiali.
Attorno a Verdun non erano state ancora scavate le trincee che si potevano vedere nelle altre parti del fronte, la difesa era affidata ai forti costruiti alla fine ‘800, ma questi erano stati a loro volta privati delle artiglierie poche settimane prima al fine di rafforzare altre parti del fronte.
L’offensiva iniziata il 21 febbraio preceduta da un intenso fuoco d’artiglieria, mai prima visto per la sua violenza, preparò il terreno all’attacco nel tardo pomeriggio della fanteria, la resistenza francese riuscì a respingere l’attacco ma portò a perdite enormi tra i difensori, il giorno successivo fu ripetuto l’attacco e la prima linea crollò, anche sulla seconda vennero aperti dei varchi, il terzo giorno la 37^ divisione coloniale francese fu completamente annientata, il morale dei difensori era al minimo.
Si deve considerare che furono schierate dai tedeschi un’ artiglieria da assedio costituita da 1.200 bocche da fuoco, con una riserva di circa 2.500.000 di granate, grazie al lavoro di 1.300 convogli ferroviari, con l’evacuazione dell’intera popolazione dei villaggi nelle vicinanze, questo anche per fare posto a circa 150.000 “Sturmtruppen d’assalto”, furono inoltre realizzati appositi ricoveri perfettamente mimetizzati, detti “Stollen”, in grado di resistere ai tiri di interdizione dell’artiglieria francese prima che scattasse l’assalto da parte delle truppe tedesche, 34 battaglioni francesi contro 72 battaglioni tedeschi.
Il generale Langle de Cary decise di abbandonare la riva destra della Mosa ma il generale De Castelnau, vice-comandante di Joffre, si precipitò a Verdun e revocato l’ordine ordinò di difendere la riva destra, non solo un motivo psicologico impediva di abbandonare la città ma anche il timore di non riuscire ad effettuare una ritirata ordinata, che non si trasformasse in rotta.
Fort Douaumont il 25 febbraio e Fort Vaux il 27 giugno furono espugnati dai tedeschi , il 23 giugno anche il piccolo Fort Thiaumont venne catturato dai tedeschi e parzialmente ripreso dai francesi il successivo 25 giugno, in un alternarsi continuo nelle settimane successive, tra ottobre e novembre i due forti principali vennero rioccupati dai francesi nella loro controffensiva che terminò il 19 dicembre.
Pétain, nel momento in cui necessitava la capacità organizzativa per una valida difesa e non il tanto decantato Elan Vitale, sostituì a mezzanotte del 25 febbraio il demotivato Langle de Cary, al Gran Quartiere Generale era giunta nel frattempo la notizia della cattura di 25.000 prigionieri francesi e la perdita di 800 cannoni, Joffre chiese a Pétain di assumere immediatamente il comando.
Nell’assumere il comando ordinò immediatamente una serie di contrattacchi per rallentare l’avanzata tedesca, ma al contempo si rese conto che essendo una battaglia di mezzi occorreva riorganizzare la logistica, facendo affluire un flusso continuo di uomini e risorse.
Creò quindi la “Via Sacra” ( Voie Sacrée) al fine di collegare Verdun con il centro logistico e comando a Bar-Le-Duc posto a sud, non essendo la linea ferroviaria in grado di garantire più di 800 tonnellate di rifornimenti al giorno, il capitano Doumenc provvide ad allargare la strada esistente suddividendola in sei “cantoni” con a capo un responsabile per cantone al fine di mantenerla efficiente.
Si calcola che nei dieci mesi dello scontro sulla Via Sacra passò un camion ogni 14 secondi, con un utilizzo di 8.000 veicoli che assicurarono al fronte 500.000 tonnellate di materiali e 400.000 uomini, riportando nelle retrovie 200.000 feriti.
Von Falkenhayn il 30 marzo cercò di porre fine ai combattimenti non ritenendo più possibile raggiungere gli obbiettivi previsti , tuttavia ormai le grandi aspettative avevano preso il sopravvento nei Comando Imperiale, tanto che il Kronprinz insistette nel continuare l’offensiva.
Pétain previde anche un avvicendamento breve di pochi giorni per i fanti francesi (Poilus), cosa che coinvolse circa il 70% dell’esercito francese, riconoscendo il logoramento a cui erano sottoposti dalla ferocia della lotta in campo aperto senza adeguati rifugi.
Il 1° luglio, ristabilito il fronte, Pétain fu sostituito da Nivelle con l’intento di riprendere l’offensiva secondo la concezione dello “slancio vitale”, nel frattempo i tedeschi avevano subito notevoli perdite sia a Vardun che nella battaglia di alleggerimento ingaggiata dagli inglesi sulla Somme, i rincalzi non avevano l’esperienza delle truppe precedenti così che i francesi organizzarono una serie di offensive al comando di Mangin, soprannominato per la sua durezza “il macellaio”, che portarono ad ottobre alla ripresa del Fort Douaumont con 6.700 prigionieri tedeschi.
Dopo avere ripreso Fort Vaux a novembre, il 15 dicembre Nivelle organizzò un ultimo assalto con 8 divisioni, che fece arretrare il fronte tedesco di 5 Km con 9.000 prigionieri, nell’anno successivo nei primi mesi Nivelle riprese l’offensiva sul Chemin-des-Dames con esiti disastrosi, venne palesemente a galla l’usura dell’esercito francese, circostanze e violenze che possono ripetersi anche nel XXI Secolo.
A ricordo del nonno materno Raimondo Mattiuzzo, artigliere in Libia e nella Grande Guerra.
Bibliografia
Alessandro Gualtieri, Verdun 1916. Il fuoco, il sangue, il dovere, Mattioli 1885.
mercoledì 25 settembre 2024
IL CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE - CESVAM - Dieci anni di attività
NOTIZIE CESVAM
Oggi
25 settembre 2024
il CESVAM
Centro Studi sul Valore Militare
compie,
avendo iniziato il 25 settembre 2014,
dieci anni di attività
martedì 24 settembre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia - VI Parte Condizioni Climatiche Clima delle pendici dell'Etiopia
SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
Prigionia Progetto 2021/1
Clima delle pendici orientali dell' Etiopia. È, in definitiva, una zona climatica a sè, a carattere torrido o temperato con umidità relativa abbastanza elevata; a Ghinda (m. 962), che beneficia delle piogge invernali del Mar Rosso e di quelle estive dell'altopiano, si può registrare 80 di umidità nel periodo piovoso 21 nel periodo asciutto. Cosi come accade nella fascia costiera, le precipitazioni coincidono con la stagione fresca, salvo che nel mese di agosto, che subisce l'influsso delle piogge del finitimo altopiano. Si hanno, quindi, su tutte le pendici orientali due periodi di piogge: uno invernale a pioggerelle e nebbioni, che va da novembre ad aprile ed uno estivo a tipo temporalesco nel mese di agosto. La zona considerata comprende le pendici dell'altopiano orientale dell'Etiopia da m. 600 a m. 1800 ed arriva a km. 80 dalla costa. È una regione saluberrima, a clima sopportabile anche per i Bianchi; non adatta però ad una colonizzazione di Europei, almeno in grandi masse di lavoratori, specialmente per la relativa scarsezza dell'acqua. Le colture possibili in essa sono quelle tropicali, purchè non manchi il sussidio dell'irrigazione, o le colture tipiche delle zone aride (taff o tief, bultuc, dagussà, durra, ecc.).
lunedì 23 settembre 2024
Uniformologia. Rinvio al blog
ARCHIVIO
Uniformologia. Scienza ausiliare della Storia
domenica 22 settembre 2024
La Guerra d'Abissinia - Carta
sabato 21 settembre 2024
Ministero della Difesa. Gabinetto del Ministro Progetto 2025
NOTIZIE CESVAM
Il Ministero della Difesa - Gabinetto del Ministro ha emanato la circolare per la presentazione dei progetti per l’anno 2025 Nella circolare si legge: In relazione a quanto sopra, …...le loro proposte di progetti, comprensivi di dettagliata stima dei relativi costi, ed elencati in ordine di priorità, di previsto sviluppo nei seguenti settori:
- di concorso alla gestione/manutenzione di siti museali, monumenti e Cimiteri/Sacrari di Guerra;
- divulgativo, nei confronti di scuole/istituti di formazione, volti a favorire la diffusione e la conoscenza delle vicende storiche riferite alla Seconda Guerra Mondiale,
- alcuni significativi anniversari che ricorrono nel corso dell’anno in esame, segnatamente
… il 165° anniversario dell’Impresa dei Mille,
… il 155° anniversario della presa di Roma, nota anche come “Breccia di Porta Pia”,
… la firma della resa delle forze armate naziste in Italia nella Reggia di Caserta,
… il 170° anniversario della Spedizione in Crimea,
... l’80° anniversario della Liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, nota anche come “Giornata della Memoria”,
… l’80° anniversario della Liberazione d’Italia,
… l’80° anniversario della nascita dell’O.N.U.
… il Centenario della trasvolata “Sesto Calende – Melbourne - Tokyo” condotta dal Ten. Col. Francesco DE PINEDO e dal M.llo Ernesto CAMPANELLI a bordo dell’Idrovolante SIAI S.16.
…. promozionale, per la realizzazione di convegni ed iniziative editoriali, senza scopo di lucro, finalizzate a tramandare i valori ispiratori delle Forze armate e degli eventi che le hanno viste protagoniste.
E’ allo studio per il mese di settembre la preparazione dei progetti da presentare. Sono stati contattati vari ricercatori del CESVAM per una più ampia base di idee per finalizzare la richiesta del Ministero
venerdì 20 settembre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia - V Parte Condizioni Climatiche Generalità
SCENAR, REGIONI, QUADRANTI
Progetto Prigionia 2021/1
In Etiopia si riscontrano differenti condizioni climatiche in relazione ai diversi paesi, che occorre considerare. Giocano, nei riguardi climatici, tre fattori predominanti: l'altitudine, il regime dei monsoni, e le condizioni bariche africane, in rapporto alla posizione del sole rispetto all'equatore durante l'anno. Se si eccettua la zona desertica della Dancalia, che è torrida, il clima dell'Etiopia può dirsi senz'altro buono nei bassopiani, ottimo sugli altopiani, nonostante la notevole escursione diurna. Nella bassa Somalia, sebbene fra le diverse stagioni non vi siano termini netti, gli indigeni distinguono quattro periodi:
1° Gilal, che va da metà dicembre fino a metà marzo. È una stagione secca, con venti caldi di nord-est. I fiumi sono in magra, la temperatura è elevata, la vegetazione subisce un periodo di stasi.
2° Gilal, che va dalla metà di marzo fino al 30 maggio. Si ha qualche piovasco, i fiumi sono in piena, la vegetazione si risveglia, aumenta il pericolo della malaria e delle tripanosi, onde i pastori con le mandrie disertano i fiumi.
3° Hagai, che va dai primi di giugno alla fine di settembre. È il periodo più fresco dell'annata, sebbene questa sia la stagione asciutta del monsone estivo (sud-ovest). I fiumi sono in mezza magra.
4° Der, che rappresenta il periodo più piovoso dell'annata e va da ottobre al 15 dicembre.
La Somalia è invero una regione a clima tropicale, adatta a colture proprie dei paesi caldi; non si confà, pertanto, ad una larga colonizzazione bianca: l’Europeo, in questa colonia, deve limitarsi a dirigere e ad assistere gli indigeni, cercando di valorizzarne le possibilità.
giovedì 19 settembre 2024
Giorgio Madeddu - Prigionia in Sardegna, Prima Guerra Mondiale. Internamento Oskar Brazda ed Amelia Posse.
NOTIZIE CESVAM
Iniziativa del CESVAM a margine del progetto Prigionia riguardo la Prigionia Austriaca in mano Italiana. Partecipazione alla realizzazione di un documentario sui luoghi dove Oskar Brazda visse a Roma ed Alghero. Da Vikipiedia si traggono queste notizie:
“Oskar Brázda (Rosice, 30 settembre 1887 –Líčkov, 19 dicembre 1977) è stato un pittore e artista ceco.
“Brázda frequentò l' Accademia di Belle Arti di Viennae poi, grazie alla borsa di studio imperiale, studiò in Italia. Nel 1915, a Roma, sposò la scrittrice svedese Amelie Posse. Durante la prima guerra mondiale, conobbe Edvard Beneše partecipò attivamente alla prima resistenza cecoslovacca. I due furono anche negli anni 1915-1916 internati ad Alghero, una città sull'isola di Sardegna. Nel 1925, la mutevole situazione politica lo vide lasciare l'Italia e tornare in patria. Visse nel castello di Líčkov”. Durante la prima guerra mondiale ebbe parte nella costituzione della Brigata Cecoslovacca operante nell’esercito italiano con gli irredenti anti-austriaci di cui disegnò la Bandiera che fu ricamata dalla moglie, Amelia Posse.
Giorgio Madeddu, nel quadro delle attività del progetto, ha inserito questo aspetto dell’Internamento di cittadini austriaci ancorche dissidenti ad Alghero nel 1915 e nel 1916. Il Programma che è stato stilato è basato sulla nota ricevuta, che si riproduce:
Hi Giorgio, here is the filming itinerary in Rome and Alghero.
30.9. Flight Prague - Rome 9:25-11:20 30.9. We will shoot in Rome in the afternoon.
1.10. We can film an interview with a historian
2.10. We can film an interview with a historian
3.10. We fly to Alghero at 9:00 in the morning In Rome we will film the Vatican, Villa Checina, Villa Strohl Fern and other monuments.
We want to ask the historian: 1.) Amelie Posse Brázdová 2.) Oskar Brázda 3.) On the artists of that time who met at Amelie Posse Brázdová and Oskar Brázda. 4.) On politicians and rich people and nobility of the time 5.) The rise and rise of fascism in Italy 6.) To the places where Amelie Posse and Oskar Brázda lived in Rome
3.10. We will arrive in Alghero at 10:05 we will rent a car and go to stay.
From the afternoon of 3.10. until 6.10. we want to film: 1.) Where Amelie Posse and Oskar Brázda lived 2.) Where they went to the beach and markets We want to ask the historian about the internment camps, to Amelie Posse Brázdová and Oskar Brázda, to the paintings that Oskar painted in Alghero - mainly portraits... We need lists of people in internment camps in Sardinia for the film. Mainly the list where the names of Amelie Posse Brázdová and Oskar Brázda are written Thank you and I look forward to working with you Milan.”
IL CESVAM, contribuisce a questa iniziativa, con i contributi di Massimo Coltrinari e Luigi Marsibilio su quanto di loro competenza di storico richiedono gli amici cecoslovacchi. Nel prossimo numero si riferirà di questa iniziativa
.
mercoledì 18 settembre 2024
Conferenza 6 settembre 2024 Civitavecchia, in occasione dell'81° della crisi armistiziale
Convegno sul tema: Il ruolo delle Forze Armate nella lotta partigiana 1943-1945
Il 6 settembre 2024 a Civitavecchia, presso la sala conferenze della Compagnia Portuale, alla presenza del Sindaco Dott. Marco Piendibene, si è tenuto il Convegno Il ruolo delle Forze Armate nella lotta partigiana 1943-1945. All’evento, frutto della collaborazione tra l’Istituto del Nastro Azzurro - Centro Studi sul Valor Militare ed il Presidente dell’A.N.P.I. di Civitavecchia, Giorgio Gargiullo, hanno partecipato moltissimi cittadini e, soprattutto, tanti studenti interessati ad una pagina della nostra storia ancora poco conosciuta. Il CESVAM è stato rappresentato dal Col. Dott. Osvaldo Biribicchi che ha ricostruito le fasi salienti e le modalità con cui le Forze Armate hanno partecipato alla Guerra di Liberazione ed alla lotta partigiana. Al Convegno hanno assistito - tra gli altri - il Presidente della Compagnia Portuale, Dott. Patrizio Scilipoti, che non ha fatto mancare il suo apprezzato saluto iniziale, molti assessori e consiglieri comunali, il Comandante della Polizia Locale oltre alle autorità militari e civili. Il presidente della locale Sezione UNUCI unitamente ad una folta rappresentanza delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma e della Croce Rossa Italiana - Comitato di Civitavecchia hanno contribuito a dare all’evento storico-culturale il meritato rilievo. (Osvaldo Biribicchi)
martedì 17 settembre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia - IV Parte Produzione Minerarie
SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
Progetto Prigionia 2021/1
Sulle
produzioni minerarie dell'Etiopia molto si è scritto, ma poco si sa
con precisione, nulla esistendo all’infuori dei risultati di
sporadici tentativi. Una cospicua massa di sale si ricava com'è noto
dalle saline di Massaua, essendo le prime capaci una produzione
annua di cento mila tonnellate e le seconde vantando una attrezzatura
sufficiente a un raccolto di quasi duecento mila tonnellate. Nè
devono essere dimenticate le saline di Hafun in Somalia attrezzate,
anch'esse, con criteri modernissimi, e capaci al bisogno, di produrre
trecento mila tonnellate di sale, per la esportazione in India, in
Arabia, ecc.
Centro principale per la produzione del salgemma è
il cosiddetto Pian del Sale e le zone della depressione
dancala; da queste regioni il minerale si esporta nell'interno
dell'Etiopia in parallelepipedi, che si usano come moneta
convenzionale, (amulié). In quei territori l'ing.
Pastori ebbe pure a riscontrare importanti giacimenti di cloruro
potassico di cui venne fatta utilizzazione anche nel corso della
grande guerra. Sopraggiunta, poi, la crisi economica mondiale con
relativa caduta dei prezzi, l’impresa venne abbandonata per il
costo di estrazione troppo elevato a confronto a quello corrente sui
mercati.
L’esistenza dell'oro nella regione Etiopica è un fatto oramai largamente accertato: filoni di quarzo aurifero esistono nel bacino del fiume Anseba (Ain Sebaa) a Medrizien, a nord di Cheren, a mezzodì di Asmara ad Addi Heza nel Gheraltà (in un affluente del Tacazzè: l'Ueri).
Altro filone aurifero si è trovato nella valle del Ghibiè, affluente dell'Omo. Ma la regione aurifera più promettente è per molte considerazioni fatte l’Uollega fra i fiumi Didessa e labus, dove l'erosione del terreno a messo a nudo il basamento cristallino eliminando le formazioni posteriori e fra gli gneiss e i micascisti si son trovati numerosi filoni di quarzo aurifero, mandorle quarzitiche, discretamente provviste di oro.
La
zona, invero, fu già sfruttata fin dal 1901, da una Missione
del’Abyssinian Exploration Company e dalla Società
belga Mines d'or du Wollega. ,Ben presto, però, si
dovettero sospendere i lavori per l'ostilità del Governo del Negus,
che pur aveva accordato tutti i permessi. Nel periodo post-bellico i
Tedeschi del Sindacato Schmidt e Hertel ripetettero, al pari degli
Americani, il tentativo, arrivandosi in quelle miniere annualmente un
quantitativo di minerale del valore di 700 mila dollari. Gli Inglesi
alla lor volta, si installarono a Balata Deressa e a Kontigujabru
prima con la Kenya Consolidated Goldfields, poi con la
Abyssinian Corporation. Ma non ebbero fortuna, specie
per la difficoltà dei mezzi di trasporto e per l'ostilità dei capi
abissini.
Chi invece poté affermarsi con apprezzabile successo
fu l'italiano Albereto Prasso, quando riuscì ad ottenere una
concessione ad Ilu Babor per ricerche aurifere e a Jubdo per il
platino. Da ricordare con rispetto che il figlio del Prasso cadde
eroicamente a Lechemti il 27 giugno 1936 (XVI)
E’ noto che a
Jubdo è stato trovato dal Prasso il platino, che è diffuso in tutta
la regione Saio, mescolato alle sabbie del Biaburaio. Altro pioniere
italiano fu Attilio Zappa, direttore della concessione anglo-etiopica
Birbir Mines Limited, proprietà del fitaurari Deresa. Anche a
Gambela si è trovato dell'oro. Del resto già funziona, in Etiopia
uno speciale servizio geofisico-geologico-minerario, che compie una
sistematica ricerca nel sottosuolo dell'Impero. Fiori di galena
esistono nella zona somala di Ahl-Medò; tracce di rame nel
territorio dei Guragliò, nei monti Cercer; giacimenti di ferro
rinvenuti ad Ancober e Entoto, a Debra Tabor, nel territorio dei
Galla Arussi, nel Barca, есс.
Tracce di idrocarburi liquidi e
gassosi si rinvengono, infine, nella Dancalia nell’arcipelago delle
Dahalach, nei laghetti bituminosi presso Jano Harar. Si
segnasegnalano giacimenti carboniferi a Debra Libanos, nella valle
nella valle dell’Algareb, a Celga a occidente di Gondar, nella
regione Sallalè, a Ficcè a Debra Brehan; marmi e pietre ornamentali
si trovano nella Somalia settentrionale.
lunedì 16 settembre 2024
Africa Orientale Italiana - Carta
ARCHIVIO
domenica 15 settembre 2024
Alle Radici della Repubblica. La sconfitta del partito d'Azione matrice dei problemi odierni
DIBATTITI
La svolta di Salerno ed il Partito d'Azione
Quando Palmiro Togliatti salvò la Monarchia
Due grandi occasioni perse
Massimo Coltrinari
L’azione delle forze moderate e conservatrici, la diffidenza degli Alleati, soprattutto Britannici, l’azione di Palmiro Togliatti, che vedeva nel Partito d’Azione un pericoloso partito di sinistra concorrente, che proponeva al proletariato e alle classi povere una politica di miglioramento senza la durezza e la spietatezza adottata dai Partiti Comunisti al potere, politica basata sul consenso e la partecipazione, portarono alla sconfitta, e quindi all’inizio della dissoluzione, del Partito d’Azione.
Nella contingenza del 1944 il Partito d’Azione, nel combattere un fascismo senza Mussolini, chiedeva l’’abdicazione immediata del Re e del Principe ereditario, la costituzione di una Reggenza civile, in contrapposizione totale ad una reggenza dinastica, e la formazione di un governo “dei migliori”, democratico ed antifascista. Primo passo di questo assunto fu la costituzione della Giunta Esecutiva Permanente costituita dopo il congresso di Bari del gennaio 1944. Questa Giunta, tramutatasi in un governo di unità nazionale laico, a guerra finita, doveva convocare l’Assemblea Costituente che avrebbe deciso sull’assetto costituzionale dello Stato.
Il nodo fondamentale era la reggenza civile, che interrompeva la continuità Dinastica, e che poneva le basi di un nuovo Stato che nulla aveva a che fare con il precedente, ovvero la sostanziale liquidazione di Casa Savoia.
Era, in sostanza, quanto proponeva la sinistra italiana impersonificata da Giuseppe Mazzini, e tutta la componente mazziniana nel 1860 dopo la vittoria garibaldina nel meridione per la costituzione di una Repubblica al posto del Regno delle Due Sicilie. Un nuovo Stato, su nuovi basi, non la continuazione di un Stato preesistente. Del resto la stessa soluzione era stata adottata con gli Stati preunitari italiani. I Lorena in Toscana, Il Papa Re nell’Italia centrale, gli Estensi a Parma e Modena, gli Austriaci nel Lombardo Veneto: della loro struttura ordinativa statale non fu conservato nulla. Doveva essere sia nel 1860 che nel 1944 la volta dei Savoia e del loro Stato.
Nel 1860 questa soluzione di sinistra a Napoli fu accantona con l’arrivo delle truppe Regie nel sud (Incontro di Teano), appoggiate dalle potenze di allora; nel 1944 questa proposta fu accantonata oltre che dalla azione della componente monarchica e dalle forze democristiane e moderate, dalle Potenze vincitrici, soprattutto della Gran Bretagna, ma anche dalla componente comunista, impersonificata da Palmiro Togliatti, ( La svolta di Salerno) che non tollerava forze concorrenti a sinistra. La intolleranza comunista si manifestò già nei primi mesi post armistiziali, impedendo a sinistra un confronto che avrebbe sicuramente giovato alle classi proletarie del meridione che si dibattevano nella più totale miseria, e favorendo in realtà un potere che a parole tutti volevano combattere data la situazione che contestualmente vivevano con i contrasti e la ostilità alla Confederazione Generale del Lavoro, allora in pieno controllo azionista. Mentre per il Partito d’Azione i Sindacati dovevano operare in piena autonomia, privilegiando solo gli interessi dei rappresentati ed iscritti, per il Partito Comunista essi, i sindacati dovevano essere una diretta emanazione del partito stesso. Cosa che con la Confederazione Generale del Lavoro non si attuava.
Il Partito d’Azione, peraltro, nei suoi esponenti di vertice adottò una politica di prudenza e sostanzialmente difensiva e di attesa e di accomodamento in un mal inteso senso di unità nazionale.
Ci si rese conto che doveva fare i conti con gli Alleati, i quali stavano combattendo il loro nemico, il tedesco, e nell’Italia liberata volevano la tranquillità e l”unità nazionale” delle forze politiche italiane. Non facevamo mistero che, se la corda si fosse rotta, il Partito d’Azione sarebbe stato escluso da ogni considerazione e messo nella lista dei partiti “nemici”. La conseguenza era immediata. Le formazioni partigiane nel nord Italia facenti capo a “Giustizia e Libertà” ovvero al Partito d’Azione non avrebbero avuto più nessun sostegno.
Dall’altra il Partito ed in gran parte dei suoi esponenti e anche nei suoi militanti erano fermi nella più assoluta intransigenza antimonarchica ed antifascista. Questo atteggiamento era anche dettato dal fatto che nella cosiddetta Italia liberata le condizioni morali, sociali, economiche era veramente pietose, condizioni a cui la popolazione era stata condotta dalla Monarchia e dal Fascismo senza alcun responsabilità nè politiche nè morali dei partiti politici.
Onore ed amor proprio per un Italiano nel 1944 nel meridione liberato erano parole pesanti. Se si voleva un riscatto, le linee guida dovevano essere intransigenza antimonarchica ed antifascista per un effettivo rinnovamento della società italiana; questo soprattutto per ragioni prima di tutto morali prima che politiche; linee che erano argomenti quanto mai solidi.
Da qui la grande eredità del partito d’Azione. Questo si può dire dell’azionismo di quei anni: la propria politica doveva essere attuata per ragioni prima morali poi politiche senza disgiunzione, ed è in questa consequenzialità il più grande insegnamento dell’”azionismo” militante del 1944.
La sconfitta del Partito d’Azione rappresenta quindi una seconda mancata occasione dopo quella del 1860 per un reale progresso della società meridionale. Ancona una volta l’approccio di Tommasi di Lampedusa, brillantemente esposto nel “Gattopardo”, si realizzò in pieno “che tutto cambi affinché nulla cambi”. Ed anche nel 1944 questo avvenne. Ma che questo abbia avuto un appoggio veramente di gran rilievo da un partito come quello comunista, con la “svolta di Salerno” attuata con grande perizia politica e diplomatica da Palmiro Togliatti è una considerazione di tutto rilievo se posta alle radici della nostra Repubblica. Il dibattito sulle conseguenze è aperto.
Le precedenti sono sono state pubblicate il 3, il 6, il 9 ed il 12 settembre 2024
sabato 14 settembre 2024
venerdì 13 settembre 2024
Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941) Etiopia - III Parte Geologia dell'Etiopia
SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
Progetto Prigionia 2021/1
L'ossatura principale dei due altopiani di cui s'è detto è di origine antichissima ed appare costituita da rocce primitive cristalline, con affioramento di graniti, gneiss, scisti argillosi, quarzitici, ecc., emerse da millenni e perciò tormentate da corrosioni eoliche e di acque superficiali, che le hanno in parte degradate e qualche volta coperte con rocce secondarie, in banchi profondi parecchie decine di metri, e provviste spesso di limonite rossastra, nota agrologicamente con il nome di laterite. L'azione di ialinizzazione, esercitata nei secoli sui graniti e sul feldspato ortose, ha provocato la formazione in posto di vasti strati di caolino residuale, quasi puro, che si distingue per contrasto dalle rocce circostanti per il suo candore argenteo.
Modificazioni sostanziali nella fasce geologica del paese debbono essere avvenute nell'era mesozoica. Si può supporre, per esempio, che nel Mesozoico inferiore (trias) si sia verificata una lenta ma generale sommersione delle zone che circondano tutto l'acrocoro abissino e che le attuali pianure dannale e somale, in questa era geologica, fossero sommerse dalle acque. Ciò dimostrano i fossili calcari marini che si sono rinvenuti sia nelle zone di Lugh-Ferrandi, a Berbera sul Giuba, nel medio Scebeli, sia sulla scarpata digradante da Macallè verso la fossa dancala. Questi calcari, detti di Antalò, dal nome di un paese prossimo a Macallè, sono in strati quasi orizzontali e molto profondi e si sovrappongono alle arenarie di Adigrat. Una formazione ad arenaria si ha anche nella Somalia italiana, fra la sinistra dell'Uebi Scebeli e la destra del Giuba.
I sedimenti arenacei, che hanno ricoperto l'antico zoccolo cristallino, sono stati alla loro volta sommersi in qualche zona da lave, interrotte soltanto dalle profonde gole dei fiumi, che le hanno scavate nei secoli, rivelando nella loro scissura le rocce sottostanti. Così sono da reputarsi regioni vulcaniche mesozoiche: il Goggiam, le zone a nord, ovest, est del Lago Tana, buona parte del bacino idrografico dell'Omo, la regione compresa a sud-est della grande frattura del Lago Margherita al Lago Zuai. Lave recenti si riscontrano nella grande e profonda depressione, che dal Lago Rodolfo va fino alla Somalia Francese e in molte parti della stessa Dancalia meridionale, in cui ancor oggi si osservano dei vulcani.
La parte maggiore dell'altopiano eritreo è di origine arcaica con rocce cristalline; il bassopiano somalo si riporta al cenezoico inferiore (Eocene), salvo le dune consolidate costiere e le dune mobili sulla spiaggia, mentre l'altopiano somalo partecipa nella sua zona bassa dell'Ogaden orientale al ciottolame desertico e nella sua zona orientale al mesozoico medio (Giura) con isole di Trias intorno all'Uebi Scebeli, all'Uebi Gestro ed al Canale Doria.
giovedì 12 settembre 2024
Alle radici della Repubblica. La fine ingloriosa della Giunta Esecutiva Permanente
DIBATTITI
La svolta di Salerno e il Partito d'Azione
Quando Togliatti salvò la Monarchia
Un equilibro spezzato
Nel contesto del 1944, sul piano politico, il dilemma, per dare all’Italia un future migliore e diverso, era : continuare con il vecchio sistema, con il governo che aveva firmato l’armistizio, con il vertice politico-militare che aveva portato al disastro, oppure inventarsi soluzioni totalmente nuove, su nuove basi. Che senso avere fondare un partito nuovo per poi continuare sulle linee del passato? Inoltre, quale rapporto avere con gli Alleati, soprattutto britannici a noi particolarmente ostili, che di fatto avevano la sovranità su tutto il territorio, detenevano il potere effettivo e agivano in base alle esigenze della guerra in corso. Il rischio che si correva era che politiche troppo avanzate avrebbero compromesso la lotta all’occupatore tedesco nel nord Italia, vanificato gli sforzi che i “ribelli” come li chiamavano i tedeschi, del nord stavano facendo e quindi compromettere le scelte future.
Non da poco inoltre occorreva tenere presente le condizioni della popolazione che erano davvero inaccettabili, con un degrado morale spaventoso ed una situazione materiale, dopo tre anni di guerra, al limite della sopravvivenza fisica; popolazione che prestava orecchio solo a proposte concrete e reali, tali da migliorare il più possibile la propria condizione. La povertà faceva da padrone ed ogni discorso astratto o teorico cadeva nel nulla. Il Partito d’Azione teneva ben presente tutte queste condizioni ed aveva risposto ogni possibilità di realizzazione nella collaborazione tra i partiti.
Il Congresso di Bari di fine gennaio 1944, che era sostanzialmente guidato da Benedetto Croce, nelle sue conclusioni, era stato quanto mai vago e poco incisivo ed auspicava solamente la costituzione di un Governo che affrontasse i problemi, rinviando la questione istituzionale, che date le circostanze, era considerata prematura.
Sulla base dell’Ordine del Giorno del C.N.L. centrale del 16 ottobre 1943, redatto tre giorni dopo la dichiarazione di guerra alla Germania da parte del Governo Badoglio il cui ritardo rispetto alle richieste alleate tanto aveva insospettito gli alleati stessi, il Congresso per l’attuazione dei fini predetti nominò una Giunta Esecutiva Permanente, composta da un rappresentante dei partiti facenti parte dei Comitati di Liberazione, ovvero i tre partiti di sinistra, il Partito d’Azione, il Partito Socialista, il Partito Comunista ed i partiti di centro, con capifila la Democrazia Cristiana ed il Partito Liberale e la Democrazia del lavoro. Esisteva anche il Partito della Democrazia Liberale, sorto a gennaio a Bari, in contrapposizione a tutti gli altri partiti partecipanti al Congresso di Bari, di chiara ispirazione badogliana, creato per appoggiare politicamente e il governo Badoglio e, in seno al CNL, per svolgere una azione disgregatrice e di controllo.
Nella sostanza la Giunta Esecutiva Permanente era il contraltare politico del governo Badoglio, e assunse presto le vesti della sede naturale del confronto dei Partiti. La sua composizione, però, la portò presto ad un immobilismo di sostanza che la rendeva praticamente inutile. Gli stessi Alleati, che avevano sempre in evidenza che il Governo Badoglio doveva esistere in quanto il firmatario delle clausole armistiziali e quindi l’origine del loro legittimo potere in Italia, guardavano la Giunta Esecutiva Permanente con sospetto, ma non intervennero, data la sua sostanziale incapacità di agire.
La Giunta Esecutiva Permanente, che poteva divenire il polo centrale di una nuova Italia, dal suo immobilismo via via passò su posizioni sempre più distanti dai principi che reggevano l’azione dei partiti di sinistra, in particolar modo il Partito d’Azione.
Al suo interno i partiti moderati erosero passo dopo passo le posizioni dei partiti di sinistra, a cominciare dalla accettazione della Luogotenenza e della soluzione dinastica della questione istituzionale. Assommata al altre questioni fatalmente le riunioni della Giunta Esecutiva Permanente non potevano non concludersi che con una rottura fra il Partito d’Azione, affiancato da un Partito Socialista sempre più perplesso ed ambiguo e gli altri Partiti compreso quello comunista. Ovvero in vista della formazione di un nuovo Governo, sicuramente il Partito d’Azione non ne avrebbe fatto parte.
“E’ perlomeno insensato, ci sia consentito rilevarlo, che alcuni storici (cfr. P. Spriano, Storia del PCI. La resistenza, Togliatti ed il partito nuovo, Vol V. Torino, Einaudi, 1976, pag. 306) affermino che Togliatti abbia determinato il superamento del “punto morto” in ci la Giunta era venuta a trovarsi: meglio sarebbe dire che la “condusse a morte” dal momento che essa si sciolse subito dopo”1
In sostanza l’equilibrio all’interno della Giunta Esecutiva Permanente fu rotto dalla iniziativa di Togliatti di sposare le tesi dei partiti conservatori e moderati, di fatto cancellando ogni possibilità di avere un Governo che non fosse l’erede diretto di quelli monarchico-badogliani precedenti. Se fu salvata l’unità antifascista, questa fu ottenuta tramite le lacerazioni interne del Partito d’Azione, in cui, tranne alcuni dirigenti centrali, la periferia era contraria ad entrare in un governo come quello che si prospettava.
Le lacerazioni portarono all’inizio del disfacimento del Partito d’Azione i cui militanti non vedevano attuati i pilastri del suo credo politico. In sostanza per il Partito fu l’inizio della sua fine, cosa ampiamente auspicata da Togliatti e dal PCI, che, come detto, vedevano nel Partito d’Azione un concorrente temibile a sinistra in grado di sottrarre le masse operaie e proletarie alla influenza del PCI stesso. Si potrebbe anche sostenere, a posteriori, che fu una vittoria di Pirro, in quanto Togliatti permise al re e a Badoglio e a tutto quello che significavano, di sopravvivere. Le masse che il PCI voleva controllare e gestire, in gran parte rimasero sotto il dominio del vecchio padrone, senza possibilità di uscire da questa gabbia, origine di quell’Anti-Stato, che in tanti si attardano a chiamare mafia, andrangheta sacra corona unita ed altri nomi di retaggio settecentesco ma che nella sostanza ancora oggi incidono nel tessuto sociale meridionale. Con buona pace del riscatto delle masse proletarie.
1Alosco A., Il Partito d’Azione dell’Italia liberata e la “svolta di Salerno” in Storia Contemporanea, Aprile 1979, Anno X, n. 2, Società Editrice Il Mulino, Bologna, pag. 365