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Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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giovedì 29 febbraio 2024
mercoledì 28 febbraio 2024
Editoriale
(Massimo Coltrinari)
martedì 27 febbraio 2024
Copertina Febbraio 2024
QUADERNI ON LINE
I Martiri di La Storta Roma
Anno LXXXV, Supplemento on line, II, 2024, n. 96
lunedì 26 febbraio 2024
domenica 25 febbraio 2024
Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano. 1940 1946 Mezzi ed Equipaggiamenti Parte V
ARCHIVIO
Caratteristiche carro M 13-40
Nel
1937 l’Ansaldo iniziò la progettazione di un carro armato che avesse
un’autonomia di 12 ore su terreno vario e fosse dotato di torretta girevole su
cui installare un cannone da 47/32. Il 26 dicembre del 1939 venne stabilito di
interrompere la produzione degli M 11-39
e concentrarla sul nuovo carro medio denominato M 13. Il carro fu omologato nel febbraio 1940 con la richiesta di
apportare diverse modifiche.
Furono
poi prodotte due versioni: la M 41 con
motore migliorato; la M 42 che
prevedeva la sostituzione del motore diesel con un propulsore a benzina e
l’installazione di un cannone da 47/40 al posto di quello da 47/32. Dalla
versione M 41 fu derivata la versione
semovente da 75/18.
Equipaggio: 4
uomini
Peso: 13.000
kg (M 40); 14.000 kg (M 41); 15.000 kg (M 42);
Lunghezza: 4,915
m (M 40 e M 41); 5,060 m (M 42);
Larghezza: 2,280
m per tutti e tre i modelli;
Altezza: 2,370
m per tutti e tre i modelli;
Armamento principale: un cannone da 47/32 in torretta girevole
(M 40 e M 41); un cannone da 47/40 in torretta girevole (M 42);
Armamento secondario: una mitragliatrice abbinata all’armamento
principale, due mitragliatrici installate in casamatta e una mitragliatrice per
il tiro contraerei (tutti i modelli);
Motore: SPA da 11.140
cm3 diesel a 8 cilindri a V (M
40); SPA da 11.980 cm3 diesel a 8 cilindri a V (M 41); SPA da 12.000 cm3
benzina a 8 cilindri a V (M 42);
Potenza: 125 HP (M40);
145 HP (M41); 190 HP (M42);
Velocità max: M 40: 30 km/h su strada; 15 km/h su
terreno vario;
M 41: 32 km/h su strada; 16 km/h su
terreno vario;
M 42: 40 km/h su strada; 20 km/h su
terreno vario;
Autonomia: M 40: 210 km su strada; 10 ore su
terreno vario
M 41: 200 km su strada; 10 ore su
terreno vario
M 42: 220 km su strada; 10 ore su
terreno vario
Protezione
max: 42 mm sulla
fronte (scafo e torretta); fianchi 25 mm (scafo); 15 mm (cielo); 25 mm (posteriore);
10 mm (fondo).
Fonte Nicola
PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli
autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo
(1940-1945), op. cit., pp. 239-253
sabato 24 febbraio 2024
venerdì 23 febbraio 2024
La Campagna d'Italia. Le Quattro battaglie per Cassino
DIBATTITI
Le quattro battaglie per Cassino,
Agli
inizi del 1944 il gen. Eisenhower e il gen. Montgomery fino ad allora assoluti
protagonisti delle operazioni in Italia, vengono chiamati in Gran Bretagna per
occuparsi direttamente della operazione Overlord. E’ un momento strategico
significativo. Ormai il teatro mediterraneo deve lasciare il passo a quello occidentale,
dove ogni risorsa dovrà essere destinata alla apertura del secondo fronte. Gli
uomini che sostituiscono Eisenhower e Montgomery sono uomini di secondo piano,
come di secondo piano diviene il fronte italiano. Si assisterà ad un continuo
ritiro di forze alleate, destinate in Gran Bretagna, ed ad un costante
rimpiazzo di queste con forze provenienti dai quattro angoli dell’impero e dal
resto del mondo: oltre agli indiani, arriveranno i polacchi, i brasiliani, i
neozelandesi, mentre lasciano l’Italia, anche perché il loro comportamento non
è stato irreprensibile, anzi molto discutibile e biasimevole, le unità del
Corpo di spedizione francese, composto per la maggior parte da truppe
coloniali. Questa politica strategica, nella seconda metà del 1944 favorirà
proprio di Italiani, che, mentre nella prima metà dell’anno sono visti ancora
come nemici vinti e, soprattutto da parte britannica, da impiegare solo nel
settore logistico, con l’operazione Anvil - Dragoon e tenendo presente il
favorevole sviluppo delle operazioni in Francia, nella seconda metà dell’anno
saranno chiamati a dare consistenti forze combattenti per tenere il fronte
italiano. Sarà la trasformazione del Corpo Italiano di Liberazione, ritirato
dalla linea nel settembre del 1944, quando aveva raggiunto il Metauro, nei
Gruppi di Combattimento, ovvero unità combattenti a livello divisione che
porterà le forze combattenti italiane a 250.000 mila effettivi.
Gli
Alleati erano convinti che la risalita della penisola italiana fosse
relativamente agevole, ma la battaglia di Ortona nel dicembre 1943 dimostrò che
i tedeschi, con la tattica dell’arresto momentaneo su posizioni prestabilite, reazioni
dinamiche immediate e sganciamento preventivo dopo che l’attacco alleato era
stato montato su posizioni arretrate già organizzate a difesa, potevano
mantenere il loro potenziale di difesa, senza impiegare ulteriori forze. La
speranza alleata di alleggerire il fronte orientale si dimostrò vana, tanto che
il Maresciallo Stalin non considerò mai il fronte italiano come il secondo
fronte in Europa, anche se i tedeschi dovettero impegnare circa 30 divisioni
tra il fronte e le retrovie, che però nel bilancio generale della guerra ebbero
poco peso.
All’inizio
del 1944. Gli Alleati, nella loro progressione verso nord, il due gennaio
diedero inizio a quella che poi fu chiamata la battaglia di Cassino, che
sviluppatesi in quattro fasi, si concluderà il 24 maggio: Cassino era il perno
della difesa, sovrastata dalla maestosa ed imponente abbazia benedettina, che
però dal punto di vista militare non aveva alcun valore e praticamente
insignificante. Il suo valore, più che altro deterrente, era di caratteri
piscologico e morale. Il terreno era quanto mai difficile ed adatta più alla
difesa che all’attaco; non era possibile impegare le forze corazzate a massa,
mentre la artiglieria aveva buon gioco più nella difesa che nell’attacco.
L’aviazione tattica era limitata sia dalle postazioni in caverna o al riparo
della difesa che dalla identificazione degli obiettivi difficilmente
individuabili e perseguibili. Gli alvei
dei fiumi Liri, Rapido e Garignano rappresentavano punti critici per
l’attaccante, e appigli tattici abbastanza buoni per il difensore; i sistemi
montuosi degli Aurunci e di monte Trocchio erano altrettanti pilastri di difesa
che, a posteriori, permettono di dire che la loro difesa bloccò l’avanzata
alleata, data da tutti certa e sicura, fu bloccata per cinque mesi.
Le
forze contrapposte vedevano da una parte i tedeschi, al saldo e preciso comando
del gen. Kesserling, che disponeva di 10 divisioni, non tutte al massimo della
efficienza, ma con personale deciso, di sicuro affidamento e di grande
esperienza. Gran parte di queste forze erano ordinate nella X Armata al comando
del gen. Wietingoff, che aveva la diretta responsabilità del fronte tirrenico.
Di fronte gli alleati schieravano il II C.d.A. del gen. Keyes, inquadrato nella
V Armata al comando del gen. Clark.
Nel
momento in cui furono investite le posizioni tedesche, le zone di protezione e
di frenaggio furono facilmente superate. Il 15 gennaio fu investita la
posizione di resistenza e l’azione, protrattasi per giorni, con attacchi sul
Garigliano e sul Rapido, con la protezione sul fianco del Corpo di Spedizione
Francese, doveva essere aiutata dalla azione concorrente della operazione
“Schingle”. Il 22 gennaio 1944 il VI C.D.A. che comprendeva anche forze
britanniche, sbarcava a sud di Roma, nel litorale laziale con l’obiettivo di
tagliare ogni alimentazione e quindi accerchiare le forze tedesche schierate sulla
linea Gustav. Cassino quindi doveva cadere dalle azioni combinate di attacco da
sud e aggiramento mediante lo sbarco ad Anzio. Entro in azione anche il X
C.d.A. britannico al comando del generale Mc Creery, che superò il Garigliano,
e conquistò la località di Minturno.
Nella
prima metà di febbraio il Comando alleato constatò che lo sbarco ad Anzio era
stato bloccato e le offensive contro la linea Gustav non avevano dato i
risultati sperati. Kesserling, peraltro, fu costretto a chiamare in Italia tre
divisioni, per sostenere il fronte di Cassino, ed altre due, poi tre per
bloccare e cercare di eliminare o bloccare la testa di ponte di Anzio.
Convinti
che l’Abazia di Monte Cassino fosse utilizzata dai tedeschi, in violazione agli
accordi internazionali di neutralità) era considerato territorio del Vaticano,
Stato neutrale) gli alleati decisero di bombardarla. Fu un grave errore tattico
e piscologico. I tedeschi si installarono subito fra le rovine, ed ebbero
ulteriori osservatori sul campo di battaglia. L’attaco lanciato in
contemporanea al bombardamento dai neozelandesi, il cui comandante gen. Freyberg
aveva insistentemente voluto il bombardamento della abbazia, fu respinto.
Un
lungo periodo di maltempo bloccò ogni operazione sul fronte di Cassino per
diverse settimane. Il 15 marzo l’attaco fu di nuovo tentato. Iniziò con un
potente bombardamento aereo (oltre 1000 tonnellate di bombe furono lanciate)
seguito da un fuoco di sbarramento di artiglieria, finito il quale la fanteria
iniziò ad avanzare, appoggiata dai mezzi corazzati. Le unità impiegate erano
sempre neozelandesi, affiancate dalle truppe indiane del generale Turker. Alla
fine della giornata metà della cittadina di Cassino era in mano alleata: il giorno
successivo i paracadutisti tedeschi della 1° Divisione passarono al
contrattacco e ristabilirono le posizioni. Ancona una volta gli alleati erano
stati fermati.
All’inizio di maggio venne messo allo studio
un nuovo piano di attacco per superare le difese tedesche di Cassino. Attacco frontale
che doveva essere sostenuto da azioni concorrenti, come quella di puntare al di
là del Garigliano ed avere come obiettivo Valmontone. Gli alleati schierarono se
divisioni, di cui 12 (inglesi, 4 francesi, 2 americane, e 2 polacche per
l’attaco frontale) e le altre 4 per che dovevano bloccare le divisioni tedesche
per aggiramento ed impedire loro di raggiungere le posizioni arretrate) contro
le sette divisioni tedesche, che comprendevano oltre a quelle della X Armata
anche quelle della XIV Armata. L’11 maggio inizio il fuoco dell’artiglieria con
oltre 2000 pezzi, a cui si sovrappose i bombardamenti della aviazione tattica.
Le sorti della battaglia rimasero incerte per oltre tre giorni. Il 14 maggio le
divisioni francesi conquistarono il monte Faito ed il Monte Maio, raggiungendo
Ausonia. Il 15 gli attacchi americani lungo il litorale tirreno ebbero esito
favorevole, ed il XIII C.d.A. prese Pignataro, che con la sua ala destra potè
dare un valido contributo alla azione del Corpo Polacco, la cui progressione
verso l’area della Abazia si sviluppo nei giorni successivi. Ormai le difese
tedesche erano ovunque attaccate e si cominciarono a sgretolarsi. Dopo un
ulteriore sforzo, il 18 maggio i Polacchi piantarono la loro bandiera sulle
rovine dell’Abazia, e la situazione si sbloccò sull’intero fronte. La battaglia
per Cassino era termina
(massimo Coltrinari)
giovedì 22 febbraio 2024
Storia del Risorgimento. Il Valore Militare
ARCHIVIO
MASSIMO COLTRINARI, QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO. 1866. La
III Guerra d’indipendenza e il Valore Militare, Roma, Società Editrice
Nuova Cultura – Università Sapienza, Collana I Libri del Nastro Azzurro, Pag.
313, ISBN 978 88 3365 149 1, Euro 28
Nel 1866 l’Italia e la Prussia nel proseguire i loro sforzi
per completare il loro rispettivo processo unitario, si trovarono alleate
contro il comune nemico, l’Austria. Se si voleva proseguire nella unificazione
nazionale, la guerra era inevitabile. Berlino e Firenze, allora capitale del
Regno d’Italia, avevano, pero, un diverso approccio strategico alla guerra.
L’Italia voleva acquisire tutti i territori che l’avrebbero portata a Trento e
Trieste, ovvero ai suoi confini naturali orientali. La Prussia voleva acquisire
il predominio nel mondo tedesco, creare la Germania Imperiale, ma senza ridimesionare
troppo l’Austria che doveva diventare un alleato forte ed integro a presidio
dei Balcani e dei confini meridionali. L’Austria, conscia del pericolo che
stava attraversando, che non escludeva perfino la sua dissoluzione, optava per
il male minore: combattere contro la Prussia e perdere il meno terreno
possibile; abbandonare il Veneto e, tramitre la Francia, cederlo all’Italia in
cambio della neutralità; se non fosse stato possibile difendere ad ogni costo
Trieste e Trento, baluardi incedibili meridionali dell’Impero. Le vie
diplomatiche non portarono a nessun accordo e la guerra scoppiò. Durò solo due
mesi (giugno luglio1866) e fu caratterizzata da quattro battaglie: Custoza,
Sedowa, Lissa e Bezzecca. Per noi italiani divenne la III Guerra di
Indipendenza, per i prussiani una tappa nella costruzione del loro Impero
Germanico, che si realizzerà nel 1871. Il volume ricostruisce queste quattro
battaglie, cogliendo l’occasione per focalizzare ed evidenziare il Valore
Militare espresso dal combattente italiano, con la ricostruzione degli episodi
che portarono alla concessine della Medaglia dìOro, ponendo alla attenzione del
lettore il Valore Militare nell’età risorgimentale. I quadri di battaglia delle
forze belligeranti nelle quattro battaglie sopra dette sono riportati a
corredo, insieme ad una estesa iconografia coeva tratta direttamente da
osservazioni di pittori ed incisori sui campi di battaglia. Proclami,
manifesti, ordini del giorno ed articoli di corrispondenti di guerra, note
diplomatiche sono riportati, per non appesantire il volume, integralmente su
“Quaderni On Line del Nastro Azzurro”. I “Quaderni on Line” sono pubblicati su www.valoremilitare.blogspot.com. Alcune ricerche iconografiche sono
state svolte nel quadro delle attività del Club Ufficiali Marchigiani.
Il
volume è acquistabile in tutte le librerie. Oppure
Presso
la Casa Editrice, (Società Editrice Nuova Cultura attraverso la email:
ordini@nuovacultua.it
o il sito: www.nuovacultura.it/
collane scientifiche)
Presso
la Segreteria dell’Istituto del Nastro Azzurro (segrreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)
Informazioni
e dettagli su www.cesvam.org
mercoledì 21 febbraio 2024
Giovanni Riccardo Baldelli. Regio Esercito Italiano. 1940-1946 Mezzi ed Equipaggiamenti Parte IV
ARCHIVIO
Caratteristiche
carro P/40
Il
carro “P” venne trattato per la prima
volta nella pubblicazione Impiego delle
unità carriste del 1° dicembre 1938. L’impiego dei carri “P” prevedeva che fossero utilizzati per integrare l’azione
dei carri “M” in azioni manovrate (in
modalità decentrata o a massa), o in azioni di rottura (una compagnia carri “P” per ogni Battaglione carri “M”). Nel
corso dello sviluppo del progetto vi furono delle incertezze sulla tipologia di
armamento da installare, che comportarono nel 1942 la riprogettazione della
torretta e dello scafo. Vi furono anche alcune incertezze riguardanti la
tipologia di motore da installare, diesel o benzina, che prolungarono oltremodo
lo sviluppo del progetto. Alla fine, il carro venne adottato il 25 novembre
1942, anche se nessun esemplare entrò mai in servizio con il Regio Esercito.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 alcuni esemplari, infatti, furono
utilizzati dai tedeschi che dopo aver ordinato all’Ansaldo di riprendere la
costruzione del carro li utilizzeranno interrandoli, senza motore, in
postazioni fisse.
La
Formazione di guerra del Battaglione
carri P, prevedeva:
-
un Comando Battaglione, su: plotone comando, plotone recuperi e plotone rifornimento munizioni;
-
tre compagnie carri P, ciascuna su: plotone comando e tre plotoni carri da 4 carri ciascuno,
con
una forza di: 25 Ufficiali, 65 Sottufficiali e 632 militari di truppa (di cui
101 automobilisti) e una dotazione di: due carri
comando, una autoblindo comando e 40 carri
P (di cui uno per la compagnia
comando).
Equipaggio: 4 uomini;
Peso
con equipaggio: 24.000 kg circa;
Lunghezza: 5,870 m;
Larghezza: 2,700 m;
Altezza: 2,450 m;
Armamento: un cannone da 75/18 o da 75/32
e mitragliatrice Breda in calibro 8 in
torretta girevole;
due mitragliatrici
Breda in calibro 8 in casamatta;
Motore: diesel a 12
cilindri;
Potenza: 330 HP;
Velocità
max: 40 km/h su
strada;
Autonomia: 250 km su strada; 10 ore
su terreno vario;
Protezione max: 50/40 mm.
Fonte Nicola
PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli
autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo
(1940-1945), op. cit., pp. 283-289
martedì 20 febbraio 2024
LIMES. Rhodesia Manifesto pubblicitario. Inizio Novecento
UNA FINESTRA SUL MONDO
Fonte: LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica, 2023.
Edoardo Boria. Manifesto di pubblicità per la visita della Rhodesia Indicazione dell'Itinerario
lunedì 19 febbraio 2024
domenica 18 febbraio 2024
sabato 17 febbraio 2024
San Saba. La memoria materica
LA RISISERA DI SAN SABA A TRIESTE RAPPRESENTA UNA FONTE MATERICA, SEGNO INDELEBILE DELLA VIOLENZA DI UN REGIME BASATO SULLA STESSA
venerdì 16 febbraio 2024
Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano 1940 1946 - Mezzi ed Equipaggiamenti Parte III
ARCHIVIO
Caratteristiche
carro armato L6/40 e derivati
Della
genesi e degli organici delle unità che furono equipaggiate con il carro L6/40 e derivati si è già parlato nel
testo. Pertanto, di seguito, sono indicate solamente le caratteristiche
principali.
Equipaggio: 3 uomini (pilota,
cannoniere e mitragliere);
Peso
con equipaggio: 6.840 kg (L6/40);
6.825 kg (L6/40 semovente);
Lunghezza: 3,820 m (L6/40 e
semovente 47/32);
Larghezza: 1,800 m;
Altezza: 2,300 m;
Armamento: un cannone mitragliera Breda contraerei da 20/65 mod. 35 in torretta
girevole (carro L6/40) e mitragliatrice Breda 37 in calibro 8;
un cannone
Bohler da 47/32 in casamatta (semovente
su scafo L6/40);
Motore: SPA da 4.053 cm3
a benzina a 4 cilindri in linea;
Potenza: 70 HP;
Rapporto
p/HP: 10,29;
Velocità
max: 33,900 km/h su
strada; 14,000 km/h su terreno vario;
Autonomia: 200 km su strada; 10 ore
su terreno vario;
Protezione max: 30 mm sulla fronte (scafo e
torretta); fianchi 15 mm (scafo); 8 mm (cielo); 6 mm (copertura motore); 10 mm (fondo).
Fonte:
Nicola
PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli
autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo
(1940-1945), USSME, Roma 2002, pp. 193-205
giovedì 15 febbraio 2024
mercoledì 14 febbraio 2024
martedì 13 febbraio 2024
lunedì 12 febbraio 2024
Varianti alla Guida Edizione 31 dicembre 2023
ARCHIVIO
Albo d'Oro Nazionale
ALLEGATO 2.15.1
ALBO D’ORO DELLE FEDERAZIONI DEL NASTRO AZZURRO
Dal
1923 ad oggi
Ogni
Regione ha ricevuto una Lettera. All’interno di ogni regione sono indicate le
provincie classificate con numero progressivo La Dizione Inserito sta a
significare che è sul Data Base di Inserimento Campo: Fonte.
Le
provincie di cui non è stato reperito alla data corrente un Annuario o un Albo
d’Oro hanno la casella in bianco
I Testi
utilizzati come Fonti sono indicati con la lettera T seguiti da un numero
progressivo e riportati dopo la tabella
T come
lettera singola è indicata cole “Fonte propria”,
ovvero si intende la indicazione diretta quale il Foglio Matricolare, o lo Stato
di Servizio (Matricola Militare) Oppure il Diploma , o La Concessione. Infine
vien indicata anche la parola “Altro” dove ci si imputa le fonti similari ed
equipollenti ( che vanno scritte nella nota sia della scheda anagrafica che
della scheda della decorazione.
Nell'Ultimo Mese sono state aggiunte come Fonti, Randazzo V. Decorati al Valor Militare, De Nicolò Edizoni, Messina, 2014, (R1.5) Albo d'oro dei decorati al Valor militare delle provincia di Messina (R1.5.1), Albo d'oro dei decorati al Valor Militare della provincia di Messina. Supplemento.
Inoltre, grazie alla donazione di Paola Brosio, presidente della Federazione di Cremona, , Marazzi M, I decorati al Valor Militare di Crema e Territori Limitrofi, Cremona, Grifin ED., 2014.
(massimo coltrinari)
domenica 11 febbraio 2024
Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano 1940-1946 - Mezzi ed Equipaggiamenti Parte II
ARCHIVIO
Caratteristiche carro armato L3/ 33 -35
Nel
1928 venne messo allo studio l’opportunità di dotare il Regio Esercito di un
carro armato leggero che potesse essere utilizzato in compiti di esplorazione e
di appoggio alla fanteria. I progettisti dell’Ansaldo, che iniziarono i primi
studi nel 1930, si ispirarono al carro inglese Carden-Lloyd Mark VI, sul cui scafo realizzarono alcuni prototipi.
Una prima serie di carri armati fu classificata come CV 21. Nel 1933, da qui l’appellativo di Carro Veloce 33 (C.V. 33), si arrivò a realizzare una prima
versione definitiva, che nell’anno successivo, in seguito ad alcune modifiche
apportate all'armamento (installazione di due mitragliatrici FIAT mod 35) e ad altre componenti,
portò alla definizione di una seconda serie di 500 Carri Veloci che vennero definiti come Ansaldo tipo Carro Veloce 35 (C.V. 35). Nel 1938 i carri di nuova
produzione installarono due mitragliatrici BREDA in luogo delle FIAT.
Alcuni
carri sopravvissero alla Seconda Guerra Mondiale e furono utilizzati nell’immediato
dopoguerra dai reparti del Corpo delle
Guardie di Pubblica Sicurezza (attuale Polizia di Stato).
Equipaggio: 2 uomini (capocarro
mitragliere e pilota);
Peso: 3.100 kg (L3-33);
3.456 kg (L3-35); 3.200 kg (L3-33);
Lunghezza: 3,167 m (L3-33); 3,150 m
(L3-35); 3,200 m (L3-33);
Larghezza: 1,400 m (L3-33); 1,400
kg (L3-35); 1,460 kg (L3-33);
Altezza: 1,287 m (L3-33); 1,28
m (L3-35); 1,300 m (L3-33);
Armamento: una mitragliatrice FIAT
AV (L 3-33), due mitragliatrici FIAT mod. 14/35 (L 3-35); due mitragliatrici
Breda 38 (L 3-38);
Motore: da
2.745 cm3 benzina a 4 cilindri;
Potenza: 43 CV;
Rapporto
p/HP 13,87 (L3-33); 12,44
(L3-35); 13,43 (L3-33);
Velocità
max: 38/42
km/h su strada; 14,4/15 km/h su terreno vario;
Autonomia: 130/140
km su strada; 5/6 ore su terreno vario;
Protezione max: 14 mm (fronte); 8 mm (fianchi); 7
mm (cielo).
fONTE:
Nicola
PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli
autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano. Volume primo (dalle
origini fino al 1939), USSME, Roma 2002, pp. 529-531 e pp. 558-559
sabato 10 febbraio 2024
Gian Giacomo Mignone. L'atroce paradosso
DIBATTITI
(26.1.2024)
In questi mesi un
atroce paradosso si dipana sotto i nostri occhi. Il governo d’Israele è
diventato il principale generatore di veleno antisemita per l’eccidio che si
sta consumando nella striscia di Gaza. Soprattutto le nuove generazioni, che
non hanno vissuto da vicino la tragedia storica dell’Olocausto, assistono
indignate alla strage in atto, alle espulsioni forzate di Palestinesi dalle
loro case in Gerusalemme Est e Cisgiordania, in palese violazione del diritto
internazionale vigente, mentre diffidano delle circostanze non chiarite in cui
non è stato prevenuto e contrastato l’attacco sanguinoso di Hamas ad Israele.
Facilmente esse cadono vittime di un errore eguale e contrario alla
mistificazione diffusa, per giustificare l’appoggio occidentale a Netanyahu e
ai suoi peggiori accoliti, secondo i quali qualsiasi critica al governo
d’Israele è quantomeno sintomo di antisemitismo. Le accuse strumentali di
antisemitismo alle mobilitazioni in difesa dei diritti palestinesi, tali da
costringere le rettrici dell’Università della Pennsylvania e di Harvard alle
dimissioni, configurano delle limitazioni alla libertà di espressione e di
ricerca tali da confondere ulteriormente antisemitismo e critiche alla politica
israeliana.
La Giornata della
Memoria impone rispetto per i milioni di Ebrei vittime, a cui si aggiungono
oppositori politici, Rom, Sinti, portatori di handicap, religiosi, omosessuali
perseguitati e sterminati dal regime nazista. Quel senso di rispetto richiede
anche il chiarimento delle circostanze storiche che hanno accompagnato l’azione
di quel regime programmaticamente finalizzato all’eliminazione della minoranza
ebraica. Se le responsabilità della Germania di Hitler e dell’Italia fascista,
autrice delle leggi razziali, sono state chiarite in maniera inequivocabile
dalla storia, resta un misconosciuto, perlopiù inconsapevole, senso di colpa
per un antisemitismo antico, allora diffuso nel mondo, che ha accompagnato e,
in qualche misura, favorito quegli orrori di cui i diritti di Palestina e dei Palestinesi diventeranno bersagli
innocenti. Non mancano esempi ineludibili al riguardo. Quando iniziò la fuga
degli Ebrei dalla Germania, dopo la famigerata Notte dei Cristalli, il governo
nazista appose la lettera “J” sui loro passaporti, ma su richiesta dei governi
della Svizzera e della Svezia che non volevano accoglierli, senza rinunciare ai
benefici economici del turismo tedesco. (cfr. Birgitta von Otter,
“Navelsträngar och narrspeglar”, 2020). In quegli stessi anni, l’ambasciatore
degli Stati Uniti, William Dodd (cfr. Robert A. Dallek, “Democrat and Diplomat:
The Life of William E. Dodd”, 1968) -
storico, nominato dal presidente Franklin D. Roosevelt, che lo protesse nel
corso del suo intero mandato - fin dall’inizio della sua missione intese e
denunciò ai suoi diretti superiori la natura del governo presso il quale era
stato accreditato. I diplomatici di professione del Dipartimento di Stato gli
rimproveravano di non comportarsi secondo le tradizionali regole professionali della
diplomazia, prima tra le quali quella di intrattenere rapporti buoni,
possibilmente cordiali con il governo presso il quale si è accreditati.
Soprattutto, essi non gradivano i numerosi visti che l’ambasciatore elargiva
agli Ebrei in fuga, a causa di un antisemitismo largamente diffuso negli Stati
Uniti e in tutte le classi alte dell’Occidente.
Ma vi è di più.
Riflettiamo su questo episodio. A Seconda guerra mondiale inoltrata, nella
notte tra il 22 e il 23 agosto 1942, su un treno che li porta da Varsavia a
Berlino, il giovane diplomatico svedese Göran Fredrik von Otter si trova per
caso nello stesso scompartimento con il tenente delle SS, Kurt Gerstein (cfr.
Saul Friedländer, "L’ambiguità del bene. Il caso del nazista pentito Kurt
Gerstein", 2002). Nel clima di confidenza che talvolta si crea tra due
viaggiatori, dopo avere controllato l'assenza di microfoni spia, Gerstein
preannuncia una rivelazione che potrebbe costargli la vita, chiedendo soltanto
al suo compagno di viaggio di riferire quanto sta per dirgli ai suoi superiori.
Reduce da una visita ai campi di concentramento di Belzec e di Treblinka - egli
era dirigente dell’Ufficio di Igiene dei Waffen SS - afferma di avere assistito
all’eliminazione di centinaia di persone con uso del gas Zyklon B. Al suo
ritorno a Berlino, il suo ambasciatore gli sconsiglia di riferire per iscritto
e, invece, lo fa ricevere a Stoccolma dal ministro degli esteri, Christian
Ernst Günther e da Per Albin Hansson,
socialista e capo del governo di unità nazionale della Svezia neutrale.
Entrambi lo ascoltano con attenzione, dando l’impressione di credergli ma di
non voler sapere quanto il giovane diplomatico riferisce loro. Una qualsiasi
dichiarazione pubblica avrebbe potuto mettere in pericolo lo status di
neutralità della Svezia. Un silenzio che Gerstein continua a combattere,
fornendo analoghe informazioni al nunzio apostolico, Cesare Orsenigo, di nuovo
senza alcun risultato. Dello stesso tenore sono le informazioni scaturite dagli
archivi della Croce Rossa Internazionale ( cfr. Caroline Moorehead, “Dunant’s
Dream: War, Switzerland, and the History of the Red Cross", 1998 ). A
seguito di informazioni reperite dai suoi ispettori, fu convocata una seduta
segreta del suo Consiglio, a cui partecipò pure il presidente della Confederazione
Elvetica. A grande maggioranza fu votato il silenzio, anche in quella sede.
Soltanto tre membri (le sole donne) votarono a favore di una pubblicazione
dell’Olocausto in atto che avrebbe potuto ulteriormente motivare l’impegno
militare schierato contro l’Asse. E’ quanto viene rappresentato nell’opera
teatrale di Rolf Hochhut, bandita in Italia nel 1963, ove la figura de “Il
Vicario”, nella persona di Pio XII, rappresenta simbolicamente un’umanità che
tace ai fini della propria salvaguardia.
Sono numerosi gli
esempi di reticenza e di implicita connivenza nei confronti dell’eccidio degli
Ebrei, nel corso della Seconda guerra mondiale. E’ radicato nel tempo
l’antisemitismo soprattutto delle classi alte - operai e contadini, se non
aizzati allo scopo, non ne avevano esperienza ed occasione - che ancora negli
anni Cinquanta e Sessanta operavano significative discriminazioni nei confronti
di Ebrei in rilevanti sedi sociali e istituzionali. La rimozione dei sensi di
colpa riemerge nella collusione con nuovi eccidi. Lasciamo alla Corte,
giustamente investita, decidere se si tratta di genocidio, quello in atto
contro i Palestinesi da parte del governo d’Israele, la cui politica oggi
genera ancora poche ma crescenti forme di nuovo antisemitismo.
Gian Giacomo Migone
giangiacomo.migone@gmail.com
venerdì 9 febbraio 2024
giovedì 8 febbraio 2024
Prigionia di Guerra. Campo di Prigionia dell'Asinara Iconografia I Parte (Seguito post in data 7 febbraio 2024)
DIBATTITI
Progetto Prigionia 2017
Onori ai caduti resi presso la Croce posta
in memoria dei prigionieri di guerra deceduti nella Città
di Iglesias
Particolare della
presenza di pubblico in sala
Indirizzo di saluto agli ospiti da parte del
Presidente Associazione Mineraria Sarda Ing. Giampaolo Orrù
mercoledì 7 febbraio 2024
Prigionia di Guerra. Campo di Prigionia dell'Asinara I Parte
DIBATTITI
Progetto Prigionia 2017
Dopo oltre 100 anni rientrano in
Sardegna due vasi in terracotta realizzati nel campo di prigionia dell’Asinara
da un sorprendente prigioniero di guerra austro ungarico.
Giorgio Madeddu (1)
La ricerca finalizzata al
rinvenimento di materiali utili alla implementazione del progetto “La Prigionia
nella Grande Guerra” ed in particolare quelli relativi al volume “La Prigionia
austriaca in Italia” (M. Coltrinari, G. Madeddu, A. Carta), si arricchisce di
due oggetti e una storia personale davvero interessanti. Si tratta di due vasi
in terracotta realizzati nel campo di prigionia dell’Asinara da un prigioniero
di guerra austro ungarico, le ceramiche sono datate 1918, in entrambe è
visibile la firma dell’artista: Tibor de Bottlik.
Come si può osservare dalle immagini
di seguito riportate (per ragioni di spazio le altre immagini saranno pubblicate il giorno 8 febbraio 2024 su questo blog), il primo manufatto ha foggia cilindrica con decori
simmetrici, Il tappo in sommità presenta una figura maschile con corna, gambe
animali, zoccoli e coda (probabilmente una rappresentazione del Dio Pan),
seduta sulle gambe e intenta a cibarsi avidamente di un grappolo d’uva.
Il secondo vaso di forma
rettangolare, riporta ai quattro angoli dei motivi floreali, apparentemente
rose contornate di foglie, sul tappo sono presenti due corpi, uno di sembianze
umane, mentre l’altro richiama la figura già presente nel primo vaso, china sul
volto del primo corpo.
Nella parte interna dei tappi si legge: “Tibor de Bottlik prisonnier de guerre Asinara 1918”.
Il rientro in Sardegna delle due opere dell’artista che fu
prigioniero di guerra sull’Asinara è stata un’altra ulteriore occasione per
proseguire nelle attività di studio e memoria dei prigionieri di guerra
austroungarici vissuti e, in parecchi casi, deceduti in Sardegna durate la
Grande Guerra.
Grazie alla
sensibilità mostrata dal Presidente dell’Associazione Mineraria Sarda (A.M.S.)
e dell’intero Consiglio di Presidenza, le terrecotte realizzate da Tibor de
Bottlik sono state esposte per la prima volta, dopo oltre 100 anni, sabato 16
dicembre 2023 presso sede dell’Associazione ad Iglesias dove, in occasione
della tradizionale celebrazione della ricorrenza di Santa Barbara, tra le altre
attività in programma, si è tenuto un solenne ricordo del celebre prigioniero
di guerra. L’Associazione Mineraria, già in passato, e in più occasioni, aveva
trattato l’argomento della prigionia di guerra, con particolare riguardo
all’impiego dei prigionieri nelle miniere della Sardegna.
La cerimonia ha avuto inizio con il saluto del Presidente
Ing. Giampaolo Orrù alle autorità presenti e agli ospiti, per la Croce Nera
Austrica hanno partecipato il Dott. Johann Duffek delegato del Presidente
federale On. Peter Rieser, assente per improvvisa indisposizione, accompagnato
dal Delegato della Croce Nera per l’Italia il Comm. Diego D’Agostino, mentre
per il Parco Nazionale dell’Asinara erano presenti il Commissario Straordinario
Dott. Gian Carlo Muntoni e il Direttore Dott. Vittorio Gazale. Alla cerimonia
hanno inoltre preso parte il Dott. Franco Lene con una delegazione dell’Associazione
Culturale “Camineras” di Nughedu San Nicolò guidata dal Presidente Dott.
Giovanni Antonio Dussoni e la Dott.ssa Vanna Fois fondatrice della celebre casa
editrice nuorese “Ilisso”, specializzata negli studi e divulgazione sul patrimonio
artistico, etnografico e letterario della Sardegna.
Il Presidente Orrù ha letto i messaggi di auguri inviati dal
sindaco di Bocsa (Romania) Dott. Patriciu Mirel Pascu e dalla Dott. Gabriela
Serban responsabile dei servizi bibliotecari della cittadina rumena, il Presidente
Orrù, nel ringraziare il Sindaco di Bocsa per le informazioni e l’invito
ricevuto ha auspicato una fruttuosa collaborazione con la cittadina rumena che
come Iglesias vive le difficoltà della crisi mineraria.
Particolare ringraziamento è stato rivolto alla Prof.ssa
Marinella Lorinczi per la sua costante disponibilità e vicinanza
all’Associazione Mineraria Sarda. Nel concludere il Presidente ha formulato
auguri di pronta guarigione al Presidente federale della Croce Nera On. Peter
Rieser.
La mattinata ha avuto seguito con gli interventi del
consigliere Dott. Giampaolo Atzei e delle Dott.sse Lucia Orrù e Francesca
Contini che con la Dott.ssa Angela Messina del Polo Regionale del Sistema
Bibliotecario Nazionale, hanno illustrato le attività di recupero,
catalogazione e digitalizzazione della Biblioteca storica dell’A.M.S.
A seguire il Perito Minerario Sergio Ottelli ha ricordato,
con commozione, l’incidente occorso il 13 ottobre 1982 presso il deposito di
esplosivi di “Bega Gonnesa”, illustrandone le cause e gli insegnamenti
conseguenti.
Il ricordo dell’artista Tibor de Bottlik è stato tenuto dalla
Prof.ssa Marinella Lorinczi che, in premessa, ha raccontato delle attività
messe in campo per la ricerca di informazioni sul conto dell’ex prigioniero di
guerra Tibor de Bottlik. L’artista ha vissuto gran parte della sua esistenza a
Bocsa, città della Contea di Caras Severin nella regione del Banato e in questa
Città deceduto.
E’ stato contatto il Sindaco di Bocsa, Dott. Patriciu Mirel
Pascu che ha subito incaricato la Dott.ssa Gabriela Serban responsabile dei
servizi bibliotecari di fornire ogni notizia utile sul conto dell’illustre concittadino.
Tibor de Bottlik nacque a Fehértemplom - Bela Crkva (attuale Serbia)
il 16 ottobre 1884, da famiglia molto agiata, il padre, laureato, era regio
notaio e secondo alcune fonti appartenente alla nobiltà con titolo di barone. Compiuti
gli studi superiori in istituti artistici di primo piano a Budapest, frequentò
l'Accademia delle Belle Arti di Vienna (1903) e affinò i suoi studi presso la
Reale Accademia Bavarese di Monaco (1906). Tra il 1907 e il 1914 frequentò gli
ambienti artistici e culturali di Parigi dove entrava il contatto con gli “impressionisti”.
A Parigi si appassionava alla paesaggistica, all'arte scultoria anche
monumentale, all’uso del marmo, della terracotta, delle pietre naturali,
calcaree.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale venne chiamato alle
armi ed inviato alla scuola ufficiali di Timisoara e successivamente comandato
sul fronte italiano dove, a Doberdò, fu fatto prigioniero. Trasferito nel campo
di concentramento sull’Isola dell’Asinara, dove si tratterrà per 30 mesi,
grazie alle sue spiccate doti artistiche e culturali e la conoscenza di molte
lingue, ottenne rispetto e grande ammirazione, tanto che il Comandante del campo
gli consenti di svolgere attività artistiche.
Dalla Relazione[1]
del Generale Ferrari si apprende della presenza di considerevoli quantità di
terre argillose in località Stretti e Tumbarino impiegate per la fabbricazione
di terre cotte, nelle due località vennero realizzate delle piccole fabbriche
per la produzione e cottura dei manufatti, molti dei quali andarono a far parte
della collezione del “Museo dei lavori” appositamente costituito sull’Isola.
Durante il periodo di prigionia, a causa della grave crisi
economia della Romania, conseguente alla Grande Guerra, andò perduto il
patrimonio di famiglia. Al rientro dalla prigionia, ormai privo di risorse economiche,
De Bottlik si stabilì a Boksánbánya – Bocşa, antica cittadina mineraria, dove aprì
un modesto studio artistico e iniziò la realizzazione di dipinti ad olio,
tempere, acquarelli, ritratti, schizzi e numerose opere scultoree.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il barone Tibor Bottlik cedete
tutti i suoi residui beni allo Stato romeno. Fu organico al Partito Operaio
Romeno, occupandosi della propaganda[2].
Nel 1964, per i suoi meriti artistici veniva nominato membro dell’Associazione
degli scultori romeni e nel 1972 gli venivano attribuiti dei riconoscimenti
statali.
Tibor Bottlik morì a Bocşa il 13 ottobre 1974 dove oggi
riposa nel locale cimitero in una tomba sulla quale è stato posizionato un
busto dell’artista.
A Bocşa, all’incrocio per i paesi minerari di Ocna de Fier e
Dognecea sorge la statua denominata “Monumento del Minatore”, opera posta su un
alto basamento raffigurante un minatore intento a perforare un blocco di
roccia. Dello stesso artista a Bocşa è presente l’imponente monumento ai caduti
in guerra, posto proprio davanti al municipio. Numerose opere del Maestro
Bottlik sono presenti in tutta la città di Bocşa.
Molte delle opere di Tibor Von Bottlik sono conservate nei
musei di Parigi, Vienna e Praga, e due acqueforti sono custodite nella Galleria
Nazionale Ungherese.
Concluso l’intervento della Prof.ssa Lorinczi, in un
simpatico fuori programma, ha preso la parola il Dott. Lorenzo Ottelli che ha
gentilmente voluto condividere con i presenti alcuni passi delle memorie del
nonno paterno che, militare presso il campo dell’Asinara, ebbe modo di
partecipare, con le competenze di tecnico minerario, alle attività di
estrazione del calcare e produzione di calce per usi sanitari.
Il Dott. Franco Lene e il Presidente dell’Associazione
Culturale “Camineras” Dott. Giovanni Antonio Dussoni hanno invece illustrato il
lavoro di ricerca storica condotto nel paese di Nughedu San Nicolò. La ricerca
ha riportato alla luce la storia, ormai dimenticata, dei prigionieri di guerra
austro ungarici impiegati per lavori nel paese. L’Associazione intende
valorizzare questa ricerca ed avviare dei momenti di memoria attiva, anche in
collaborazione con la Croce Nera Austrica.
A seguire prendevano la parola il Direttore del Parco
Nazionale dell’Asinara Dott. Vittorio Gazale e il Commissario
Straordinario Dott. Gian Carlo Muntoni, che dopo la proiezione di un breve
documentario, hanno illustrato la storia dell’isola con particolare riferimento
alle vicende della prigionia della Grande Guerra e le attività che il Parco
mette costantemente in essere per la conservazione e fruizione dei luoghi della
memoria.
Concludeva la mattinata l’intervento del rappresentante della
Croce Nera Austriaca Johann Duffek, che ha ringraziato l’Associazione Mineraria
per l’invito a partecipare alla cerimonia e, dopo aver illustrato gli scopi
della Croce Nera, ha evidenziato l’esigenza di collaborazione tra istituzioni, associazioni
e tutti i soggetti della società contemporanea, per azioni condivise di memoria
attiva, necessarie per non dimenticare il sacrificio di tanti giovani e trarre
insegnamento dalla storia. In questa ottica la delegazione della Croce Nera,
accompagnata dal vicesindaco di Iglesias Dott. Francesco Melis, prima
dell’inizio della cerimonia presso l’Associazione Mineraria, si era recata nel
Parco della Rimembranza per rendere gli onori ai prigionieri di guerra austro
ungarici deceduti nella Città di Iglesias. A conclusione dell’intervento il
Presidente Duffek e il Comm. D’Agostino hanno conferito prestigiose
onorificenze al Commissario Straordinario Dott. Gian Carlo Muntoni e al Direttore
Dott. Vittorio Gazale per l’impegno profuso dal Parco dell’Asinara nella
valorizzazione della memoria dei prigionieri di guerra austro ungarici caduti
nell’isola, ulteriori onorificenze sono state concesse all’Ing. Giampaolo Orrù
e all’Ing. Ignazio Masala in riconoscimento dell’opera svolta in memoria dei
prigionieri di guerra caduti in Sardegna.
[1] Giuseppe
Carmine Ferrari, Relazione del campo di prigionieri colerosi all'Isola
dell'Asinara nel 1915 – 1916, Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1929
[2]
Traduzione da “Artistul plastic Tiberiu Bottlik, un baron devenit membru de
partid, de Dușan Baiski, 2006-02-03”