DIBATTITI
Trieste 1945-1947
Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
Le due
lettere del 1946 – 1947 provenienti dalla Zona A (Trieste) sotto il Governo
Miliare Alleato, dirette a Colapietra Emilio (1921-2012), già partigiano nella
Brigata “Cento Croci”, Divisione “Cichero” (Ge), e allievo del Liceo
Scientifico “Oberdan” a Trieste alla fine degli anni ’30, e trovate in un
fascicolo di famiglia, mostrano chiaramente lo scontro ideologico sul confine
orientale.
Non si
tratta più soltanto di uno scontro tra slavi comunisti e italiani, ma mostra
una frattura che corre all’interno della stessa nazione italiana tra
cattolici-laici con la parte comunista-socialista, che accusa apertamente gli
Alleati di utilizzare i quadri già fascisti e repubblichini per governare.
E’ l’epoca
delle foibe già utilizzate sporadicamente tra le due guerre, queste diventano
ora uno strumento sistematico di terrore e pulizia etnica.
Un primo
assaggio di quello che sarà si ha già nel settembre 1943 quando, a seguito
dell’8 settembre e allo scioglimento del Regio Esercito Italiano, il vuoto di
potere viene riempito dai corpi d’armata partigiani di Tito che avanzano in
Istria e Dalmazia, utilizzando ampiamente le foibe contro l’elemento italiano,
un nome per tutti “Norma Cossetto” una giovane ragazza, Medaglia d’ Oro al
Merito Civile.
Con
l’operazione Wolkenbruch (nubifragio) l’Esercito Tedesco nel successivo ottobre
riconquista i territori e vengono scoperte le foibe, ma è con l’aprile
1945 e il ritorno dei partigiani titini
che si scatena la definitiva pulizia etnica pianificata, preceduta dal
conflitto interno tra i partigiani italiani che si risolve con il massacro del
comando della “Osoppo” a Porzus, sulle Alpi Carniche.
Sono le
premesse per la futura guerra fredda, dove gli ex nemici sono gli elementi su cui appoggiarsi per il sempre più
prossimo scontro.
Vi è in
questo un richiamo a quanto sta accadendo in altre parti dell’Italia del nord
nel periodo autunno 1944 – estate 1945, per la Liguria in particolare un
riferimento agli avvenimenti che coinvolsero la figura del comandante
partigiano Medaglia d’Oro Aldo Gastaldi, “Bisagno”, e in specie alla sua morte
piuttosto dubbia nel maggio 1945.
Lo scontro
non è solo all’interno della Nazione con i comunisti italiani, ma è anche tra
comunisti unitari e comunisti internazionalisti, i primi fedeli all’idea di una
unitarietà nella lotta tra fronte democratico e nazifascisti, identificandosi
pertanto nei CNLAI e indirettamente nell’idea dell’italianità, i secondi
rifacendosi al concetto di rivoluzione permanente si ricollegano ai comunisti
titini, per preparare la base territoriale e ideale per la futura inevitabile
rivoluzione in Italia.
Secondo
questa impostazione le terre della Venezia Giulia devono costituire la base da
cui partire, sotto direzione dei compagni jugoslavi, per la futura prossima guerra rivoluzionaria.
Le tensioni
tra etnie, nate dalle guerre nazionaliste dell’Ottocento-Novecento, si venivano
così ad intersecare con il conflitto ideologico portato dalle matrici comunista
e nazi-fascista maturate con la Grande Guerra.
La resa
incondizionata a Caserta in Italia il 29 aprile 1945, a seguito dell’operazione
“Sunrise”, delle truppe tedesche era stata preceduta da contatti diretti tra l’OSS
americano ed elementi della RSI, tesi ad ottenere l’acquisizione degli archivi
contenenti i fascicoli politici in previsione di un futuro scontro tra Est ed
Ovest.
D’altronde
le uniche strutture amministrative valide su cui appoggiarsi erano quelle di
matrice fascista, formatisi nel ventennio ed utilizzate dalla RSI, né nel caos
del dopoguerra e nel profilarsi degli imminenti futuri scontri si poteva
provvedere con rapidità altrimenti.
L’unitarietà
d’azione degli Alleati a sua volta veniva meno sull’area adriatica per la
diversa visione geopolitica tra inglesi e americani, i primi tesi ad un
intervento sui Balcani in funzione di un
contenimento dei sovietici, i secondi già proiettati sulla divisione in aree di
influenza secondo gli accordi di Yalta, per cui l’area adriatica risultava
marginale.
Gli accordi
comportavano che anche nell’area comunista venisse a prospettarsi una
possibile divisione, ben presto trasformatasi in frattura tra Stalin e Tito, tanto che le
armate sovietiche non puntarono sulla Venezia Giulia, lasciata alle armi titine
in quanto marginale, con una palese differente visione sul suo futuro,
circostanza che si può ben riconoscere nella posizione di Togliatti che se da
una parte era tesa all’unitarietà nella
lotta antifascista, secondo gli accordi di Mosca con Stalin, con la svolta di Salerno nell’aprile 1944,
dall’altra sembrava privatamente riconoscere le pretese titine sui confini
orientali.
Ecco,
quindi, l’occupazione di Trieste da parte degli Alleati dopo le pressioni di
Stalin su Tito e la conseguente divisione tra zona A e B, secondo un accordo
favorito manifestatosi a partire dal 1948 tra Tito e Stalin, che nel
manifestarsi dello scontro tra Est ed Ovest a partire dal 1947 con Truman
aumenta la presa sulla sua area di influenza a cui sfugge la Jugoslavia.
Questa
tuttavia forte di un esercito di 400.000 uomini mantiene a sua volta una
pressione sul confine orientale, pronta ad intervenire se si fosse manifestata
l’occasione, quale conseguenza di uno scontro interno all’Italia a seguito
delle elezioni della primavera 1948.
Trieste e
l’Istria, con Pola e Zara, si trovano quindi su una linea di frattura che fa sì
che vi regni una notevole confusione.
Varie azioni
e progetti vengono pertanto a sovrapporsi, dall’idea del governo italiano del
sud di sbarcare con l’appoggio degli Alleati in Istria e Trieste per tagliare i
titini in avanzata, sostituendosi ai tedeschi in ritirata, tuttavia contrastato
dagli Alleati, alle prospettate
possibili, ma mai realizzate alleanze tattiche tra elementi della R.S.I., tra
cui in particolare la X MAS, e i partigiani bianchi della “Osoppo” per bloccare
l’avanzata titina fino all’arrivo degli Alleati.
Questi a
loro volta ondeggiano divisi tra chi vorrebbe proiettarsi in avanti e chi
temporeggia temendo uno scontro con i partigiani iugoslavi non comprendendo
l’importanza strategica di Trieste quale
sbocco naturale sul mare dell’area danubiana al fine del controllo del nord
Adriatico, circostanza che tuttavia si
evidenzia con il calare della Cortina di
Ferro nell’approssimarsi della Guerra Fredda.
NOTA
Fabio Vander, Porzus. “Guerra totale” e resistenza nel
nord-est, ed. LEG Confine orientale 2019.
E. A. Rossi, L’Italia tra le grandi potenze. Dalla Seconda
Guerra Mondiale alla Guerra Fredda, Il Mulino, 2019.
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