Cerca nel blog

lunedì 13 giugno 2022

La Zona A e la questione dei confini orientali

 DIBATTITI

Trieste 1945-1947

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta

 

            Le due lettere del 1946 – 1947 provenienti dalla Zona A (Trieste) sotto il Governo Miliare Alleato, dirette a Colapietra Emilio (1921-2012), già partigiano nella Brigata “Cento Croci”, Divisione “Cichero” (Ge), e allievo del Liceo Scientifico “Oberdan” a Trieste alla fine degli anni ’30, e trovate in un fascicolo di famiglia, mostrano chiaramente lo scontro ideologico sul confine orientale.

            Non si tratta più soltanto di uno scontro tra slavi comunisti e italiani, ma mostra una frattura che corre all’interno della stessa nazione italiana tra cattolici-laici con la parte comunista-socialista, che accusa apertamente gli Alleati di utilizzare i quadri già fascisti e repubblichini per governare.

            E’ l’epoca delle foibe già utilizzate sporadicamente tra le due guerre, queste diventano ora uno strumento sistematico di terrore e pulizia etnica.

            Un primo assaggio di quello che sarà si ha già nel settembre 1943 quando, a seguito dell’8 settembre e allo scioglimento del Regio Esercito Italiano, il vuoto di potere viene riempito dai corpi d’armata partigiani di Tito che avanzano in Istria e Dalmazia, utilizzando ampiamente le foibe contro l’elemento italiano, un nome per tutti “Norma Cossetto” una giovane ragazza, Medaglia d’ Oro al Merito Civile.

            Con l’operazione Wolkenbruch (nubifragio) l’Esercito Tedesco nel successivo ottobre riconquista i territori e vengono scoperte le foibe, ma è con l’aprile 1945  e il ritorno dei partigiani titini che si scatena la definitiva pulizia etnica pianificata, preceduta dal conflitto interno tra i partigiani italiani che si risolve con il massacro del comando della “Osoppo” a Porzus, sulle Alpi Carniche.

            Sono le premesse per la futura guerra fredda, dove gli ex nemici sono gli  elementi su cui appoggiarsi per il sempre più prossimo scontro.

            Vi è in questo un richiamo a quanto sta accadendo in altre parti dell’Italia del nord nel periodo autunno 1944 – estate 1945, per la Liguria in particolare un riferimento agli avvenimenti che coinvolsero la figura del comandante partigiano Medaglia d’Oro Aldo Gastaldi, “Bisagno”, e in specie alla sua morte piuttosto dubbia nel maggio 1945.

            Lo scontro non è solo all’interno della Nazione con i comunisti italiani, ma è anche tra comunisti unitari e comunisti internazionalisti, i primi fedeli all’idea di una unitarietà nella lotta tra fronte democratico e nazifascisti, identificandosi pertanto nei CNLAI e indirettamente nell’idea dell’italianità, i secondi rifacendosi al concetto di rivoluzione permanente si ricollegano ai comunisti titini, per preparare la base territoriale e ideale per la futura inevitabile rivoluzione in Italia.

            Secondo questa impostazione le terre della Venezia Giulia devono costituire la base da cui partire, sotto direzione dei compagni jugoslavi, per la futura prossima  guerra rivoluzionaria.

            Le tensioni tra etnie, nate dalle guerre nazionaliste dell’Ottocento-Novecento, si venivano così ad intersecare con il conflitto ideologico portato dalle matrici comunista e nazi-fascista maturate con la Grande Guerra.

            La resa incondizionata a Caserta in Italia il 29 aprile 1945, a seguito dell’operazione “Sunrise”, delle truppe tedesche era stata preceduta da contatti diretti tra l’OSS americano ed elementi della RSI, tesi ad ottenere l’acquisizione degli archivi contenenti i fascicoli politici in previsione di un futuro scontro tra Est ed Ovest.

            D’altronde le uniche strutture amministrative valide su cui appoggiarsi erano quelle di matrice fascista, formatisi nel ventennio ed utilizzate dalla RSI, né nel caos del dopoguerra e nel profilarsi degli imminenti futuri scontri si poteva provvedere con rapidità altrimenti. 

            L’unitarietà d’azione degli Alleati a sua volta veniva meno sull’area adriatica per la diversa visione geopolitica tra inglesi e americani, i primi tesi ad un intervento sui Balcani in funzione  di un contenimento dei sovietici, i secondi già proiettati sulla divisione in aree di influenza secondo gli accordi di Yalta, per cui l’area adriatica risultava marginale.

            Gli accordi comportavano che anche nell’area comunista venisse a prospettarsi    una possibile divisione, ben presto trasformatasi in  frattura tra Stalin e Tito, tanto che le armate sovietiche non puntarono sulla Venezia Giulia, lasciata alle armi titine in quanto marginale, con una palese differente visione sul suo futuro, circostanza che si può ben riconoscere nella posizione di Togliatti che se da una parte era  tesa all’unitarietà nella lotta antifascista, secondo gli accordi di Mosca con Stalin,  con la svolta di Salerno nell’aprile 1944, dall’altra sembrava privatamente riconoscere le pretese titine sui confini orientali.

            Ecco, quindi, l’occupazione di Trieste da parte degli Alleati dopo le pressioni di Stalin su Tito e la conseguente divisione tra zona A e B, secondo un accordo favorito manifestatosi a partire dal 1948 tra Tito e Stalin, che nel manifestarsi dello scontro tra Est ed Ovest a partire dal 1947 con Truman aumenta la presa sulla sua area di influenza a cui sfugge la Jugoslavia.

            Questa tuttavia forte di un esercito di 400.000 uomini mantiene a sua volta una pressione sul confine orientale, pronta ad intervenire se si fosse manifestata l’occasione, quale conseguenza di uno scontro interno all’Italia a seguito delle elezioni della primavera 1948.

            Trieste e l’Istria, con Pola e Zara, si trovano quindi su una linea di frattura che fa sì che vi regni una notevole confusione.

            Varie azioni e progetti vengono pertanto a sovrapporsi, dall’idea del governo italiano del sud di sbarcare con l’appoggio degli Alleati in Istria e Trieste per tagliare i titini in avanzata, sostituendosi ai tedeschi in ritirata, tuttavia contrastato dagli Alleati,  alle prospettate possibili, ma mai realizzate alleanze tattiche tra elementi della R.S.I., tra cui in particolare la X MAS, e i partigiani bianchi della “Osoppo” per bloccare l’avanzata titina fino all’arrivo degli Alleati.

            Questi a loro volta ondeggiano divisi tra chi vorrebbe proiettarsi in avanti e chi temporeggia temendo uno scontro con i partigiani iugoslavi  non  comprendendo  l’importanza strategica di Trieste quale sbocco naturale sul mare dell’area danubiana al fine del controllo del nord Adriatico, circostanza  che tuttavia si evidenzia con il  calare della Cortina di Ferro nell’approssimarsi della Guerra Fredda.

NOTA

Fabio Vander, Porzus. “Guerra totale” e resistenza nel nord-est, ed. LEG Confine orientale 2019.

E. A. Rossi, L’Italia tra le grandi potenze. Dalla Seconda Guerra Mondiale alla Guerra Fredda, Il Mulino, 2019.

Nessun commento:

Posta un commento