Cerca nel blog

sabato 25 settembre 2021

L'Afganistan e le guerre dell'800. 3a Parte

 APPROFONDIMENTI

La prima guerra afgana - 1838 -1842

L'ambiente Operativo - I piani operativi e le forze in campo e la loro dislocazione iniziale

Massimo Coltrinari

L’ambiente Operativo

La guerra si svolse  Nord Est dell’Afganistan Paese. L’ambiente operativo è delimitato ad ovest dalla città di Kabul e ad est da quella di Jalalabad. Si tratta di una striscia di terreno che collega le due città, compresa tra il 34° ed il 35° parallelo Nord. Un’unica strada sormontata da montagne alte e scoscese attraversava il passo di Khoord-Cabool per arrivare  alla città di Jalalabad.

Meritano un cenno le caratteristiche antropomorfiche. Nell’area in cui si svolsero i combattimenti non esistevano città o agglomerati stabili. I guerrieri afgani vivevano in modo non stanziale in accampamenti posti tra le montagne. In generale, la popolazione dell’Afghanistan era suddivisa in grandi clan tribali, i Durrani, i Ghilzai, i Barakzai, a loro volta suddivisi in innumerevoli sotto clan ciascuno con i propri usi e costumi. Spesso i clan erano in lotta tra di loro ma la loro inimicizia poteva trasformarsi in alleanza secondo le modalità proprie delle società tribali. Gli Afghani nel loro complesso avevano una quasi naturale predisposizione a cercare e a trovare nel combattimento la soluzione di tutti i problemi. Per questo motivo una tradizione consolidata già ai primi dell’Ottocento “li presentava come di animo estremamente mutevole, pronti a trasformarsi in bande assai temibili di traditori e assassini”1. Tuttavia, alla fine del 1841 Mohammed Akbar, figlio del re deposto dagli Inglesi, Dost, aveva coagulato intorno alla sua persona un vasto movimento antibritannico trasversale ai vari clan tribali.

I piani operativi e le forze in campo e la loro dislocazione iniziale

L’intera operazione dei britannici si caratterizzò per la mancanza di qualsiasi piano. Militari e civili marciarono su un’unica colonna lunga una quindicina di chilometri. Nelle fila dell’esercito la disciplina e l’ordine non esistevano più. Del resto il presupposto operativo assunto dal generale Elphinstone era che i ribelli avrebbero consentito la ritirata, come promesso dal loro capo Akbar. Nessun piano fu adottato neppure quando fu chiaro, dopo i primi attacchi, che la promessa non sarebbe stata mantenuta.  La tattica dei ribelli fu invece chiara: l’annientamento dell’intera colonna britannica. Ciò che invece non siamo in grado di stabilire è se tale tattica fosse stata pianificata da Akbar o se invece scaturì dalla mancanza di un pieno controllo del capo su tutte le componenti del suo esercito. Una serie di indizi che si concretizzano nell’alternarsi “randomico” nel corso della ritirata di feroci e gratuite esecuzioni di civili e militari e il trattamento “umano” di prigionieri fanno propendere per questa seconda ipotesi cioè per un non completo controllo da parte del capo in ogni circostanza del comportamento delle truppe.

L’Esercito anglo-indiano.  All’atto del superamento dell’Indo, il 20 febbraio 1839, l’esercito britannico era composto da circa 25.000 uomini operativi (14.000 costituivano il contingente bengalese al comando di Sir Harry Fane, 6.000 le forze rapidamente reclutate dallo Shah Soojah e 5.000 la forza messa a disposizione dalla presidenza di Bombay) al comando dell’esercito di Bombay, il generale Sir. John Keane, con un seguito di oltre 40.000 persone.

L’Esercito afgano. Il numero dei combattenti è indeterminato. E’ stato stimato in circa 30.000 unità con un rapporto di 6 a 1 rispetto ai britannici. Alla loro testa, come già detto, Mohammed Akbar.

 

Nessun commento:

Posta un commento