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martedì 9 febbraio 2021

Insegnamenti ed attualità della Costituzione della Repubblica Romana del 1849

 


 di

Osvaldo Biribicchi

 

A febbraio del 1849, centosettantadue anni fa, nasceva la Repubblica Romana. Ebbe vita assai breve, cinque mesi dopo ai primi di luglio cadde per mano di un’altra Repubblica, quella francese di Napoleone III. In quel breve lasso di tempo, tuttavia, i padri di quella Repubblica riuscirono a far intravedere non solo al popolo romano ma a tutti gli italiani la possibilità di poter gettare le basi di una società nuova, in cui i cittadini potessero partecipare liberamente alla vita pubblica e sentirsi parte attiva ed importante dello Stato. I principi politici di cui la giovane Repubblica si faceva interprete non rimasero solo su un piano puramente teorico ma furono sanciti in una Carta Costituzionale, una pietra miliare che avrebbe proiettato i propri riflessi cento anni dopo all’atto della stesura della Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.  

Quella breve esperienza politica e sociale, figlia degli eventi del 1848, l’anno che vide l’Europa attraversata da un fermento rivoluzionario senza precedenti e le masse popolari chiedere a gran voce riforme sociali e carte costituzionali, fu vissuta intensamente dal popolo romano e dai volontari che accorsero da ogni parte d’Italia e d’Europa per difenderla. In un clima di forte tensione politica, Pio IX, il 21 novembre 1848, si era rifugiato a Gaeta sotto la protezione di Ferdinando II dopo che pochi giorni prima, il 15 novembre, era stato ucciso all’interno del palazzo della Cancelleria il ministro dell’Interno e delle Finanze Pellegrino Rossi. La morte del potente ministro dello Stato Pontificio poneva fine ad un periodo di riforme liberali avviate da Pio IX e culminate con l’emanazione di una legge costituzionale pubblicata il 15 marzo 1848, lo Statuto fondamentale pel Governo Temporale degli Stai di Santa Chiesa.  

Il governo della città fu affidato ad una Giunta suprema; il 21 gennaio 1849 veniva eletta a suffragio universale maschile[1] l’Assemblea Costituente, 250.000 elettori dell’ex Stato Pontificio andarono a votare. Tra i deputati eletti ci furono Mazzini e Garibaldi.

 

 

L’Assemblea Costituente Romana si riunì per la prima volta nel palazzo della Cancelleria il 5 febbraio 1849 e quattro giorni dopo approvò il Decreto Fondamentale di costituzione della Repubblica Romana.

La giovane Repubblica, però, portavoce di libertà politiche e nuove istanze sociali, rappresentava un pericolo sia per le potenze imperiali dell’epoca che per le monarchie costituzionali.

Inizialmente, fu insediato un Comitato esecutivo di tre membri (Armellini, Montecchi e Saliceti) successivamente, il 19 marzo, un Triumvirato plenipotenziario composto da Aurelio Saffi, Carlo Armellini e Giuseppe Mazzini.

Pio IX, intanto, attraverso il suo Segretario di Stato, aveva rivolto un appello alle potenze cattoliche affinché lo aiutassero a ripristinare il potere temporale. Francia, Austria, Regno delle Due Sicilie e Spagna raccolsero il grido d’aiuto del Pontefice ed attaccarono in tempi diversi.

Mazzini, di fatto il capo politico della Repubblica, si adoperò invano fino all’ultimo per evitare la guerra.

Sul campo la situazione dal punto di vista militare si fece subito complessa per i difensori: la sera del 29 aprile 1849, infatti, a dispetto dei tentativi di dialogo profusi da Mazzini, un contingente militare francese agli ordini del Generale Oudinot sbarcò a Civitavecchia. Intanto, l’esercito napoletano aveva attraversato la frontiera avvicinandosi pericolosamente a Roma; forze spagnole erano sbarcate nel sud del Lazio e gli Austriaci avevano occupato le Legazioni della Romagna e delle Marche.

L’Oudinot, la cui missione prevedeva di ripristinare il “legittimo” governo romano, non elaborò un vero e proprio piano militare nella convinzione di avere di fronte solo dei rivoltosi indisciplinati e disorganizzati.

Sulla base di questa superficiale valutazione e di un pessimo servizio informazioni, i francesi, con seimila uomini e dodici cannoni da campagna, ritenevano di potersi impadronire agevolmente di Roma.

Ma non fu così. Il giorno dopo i francesi sferrarono il primo attacco al Gianicolo, ma trovarono una tenace ed inaspettata resistenza. Nella difesa della città furono impegnati truppe pontificie, carabinieri, finanzieri, guardie nazionali, studenti, popolani e legionari garibaldini. Tutti fortemente motivati ed animati da ineguagliabile entusiasmo.

I francesi furono pesantemente sconfitti e si ritirarono per riordinare idee ed uomini in attesa di rinforzi, mentre i difensori assaporarono il piacere sottile di aver inflitto una cocente sconfitta ad uno degli eserciti più potenti d’Europa[2].

Garibaldi aveva appena respinto i soldati di Napoleone III che fu inviato velocemente a fermare l’esercito napoletano che veniva sconfitto, tra il 9 ed il 16 maggio, a Palestrina e Velletri. Gli spagnoli, pur non ingaggiando combattimenti, distolsero preziose risorse alla difesa di Roma.

Sul piano militare, la variegata e multiforme compagine militare della Repubblica Romana non aveva realisticamente nessuna possibilità di vittoria nei confronti degli eserciti delle nazioni più potenti dell’epoca. E così fu, il 3 luglio i primi soldati francesi entrarono a Roma. L’audace esperimento politico, violentemente represso dalle armi straniere, lasciava però in eredità i valori democratici contenuti nella sua Costituzione, promulgata in Campidoglio il 1° luglio 1849[3]. Il 14 luglio 1849 veniva ripristinato il potere temporale del Papa.

Mentre, infatti, Garibaldi combatteva contro gli eserciti nemici che assediavano Roma, l’Assemblea Costituente lavorava alacremente alla stesura della Costituzione e, seppure in mezzo a vivaci contrasti, le diverse anime delle forze politiche mantennero una tale coesione ed unità di intenti che riuscirono ad elaborare un progetto di Stato in tempi brevissimi[4].

Vediamo sommariamente i caratteri salienti della carta costituzionale romana approvata dall’Assemblea Costituente[5]. Essa è composta da: otto Principi Fondamentali; otto Titoli e dalle Disposizioni Transitorie. Le parole «popolo» e «democratica» nel primo Principio: «La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica» le ritroviamo nei Principi Fondamentali all’art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana. Nel secondo Principio: «Il regime democratico ha per regola l’uguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà né privilegi di nascita o casta», in cui si nota evidente l’influenza della Rivoluzione Francese, introduce gli avanzatissimi concetti della uguaglianza formale di fronte alla legge e della pari dignità di tutti i cittadini.                                                      Famose le parole che Mazzini pronunciò in seno all’Assemblea: «Dopo la Roma che operò colla conquista delle armi, dopo la Roma che operò colla conquista della parola, verrà, io dicevo a me stesso, verrà la Roma che opererà colla virtù dell’esempio: dopo la Roma degl’Imperatori, dopo la Roma dei Papi, verrà la Roma del Popolo. La Roma del Popolo è sorta: io parlo a voi qui della Roma del Popolo: non mi salutate di applausi: felicitiamoci insieme».

Trovano spazio per la prima volta in una carta costituzionale altri aspetti importanti quali il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini, il rispetto di ogni nazionalità nonché l’autonomia tra il credo religioso e l’esercizio dei diritti civili e politici. Al Capo della Chiesa Cattolica sono assicurate le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.

Nel Titolo I, dei diritti e dei doveri dei cittadini, viene affermata chiaramente l’inviolabilità delle persone e della proprietà privata, l’abolizione della pena di morte, la libera manifestazione del pensiero, il libero insegnamento. All’art. 13  è previsto, come poi è stato ripreso nelle più moderne ed avanzate Costituzioni, il diritto di esproprio per particolari esigenze, previa giusta indennità per i proprietari.

Nel Titolo II , composto da un solo articolo, in modo chiaro e netto si afferma che il potere viene dal popolo e lo si esercita attraverso l’Assemblea, il Consolato ed il potere giudiziario.

I Titoli III e IV sono riservati esclusivamente all’Assemblea ed agli organi di governo. Interessante l’art. 18 che recita: «Non può essere rappresentante del popolo un pubblico funzionario nominato dai Consoli o dai ministri», in cui viene marcata la volontà del legislatore di tutelare  gli interessi del popolo.

Nel Titolo III, inoltre, troviamo disposizioni estremamente interessanti ed attuali quali, per esempio, quelle riguardanti le prerogative dei parlamentari laddove si afferma che nessun rappresentante del popolo può essere perseguitato per le opinioni espresse nell’Assemblea né può essere arrestato o inquisito senza l’autorizzazione dell’Assemblea salvo il caso in cui sia colto nella flagranza del delitto per il quale sia previsto l’arresto. La Costituzione prevede, inoltre, un indennizzo ovvero uno stipendio, a cui il rappresentante del popolo non può rinunciare. Quest’ultima prerogativa risale alla democrazia ateniese che corrispondeva agli eletti alle cariche pubbliche una somma di denaro per consentire anche ai meno abbienti di lasciare le proprie occupazioni e dedicarsi completamente all’attività pubblica nel periodo del proprio mandato.

Il Consolato (il governo), a cui è demandato il potere esecutivo, è composto da tre membri (consoli), cittadini della Repubblica dell’età di 30 anni, nominati dall’Assemblea a maggioranza di due terzi di suffragi, e sette Ministri nominati dal Consolato (Affari Interni; Affari Esteri; Guerra e Marina; Finanza; Grazia e Giustizia; Agricoltura, Commercio, Industria e Lavori Pubblici; Culto, Istruzione Pubblica, Belle Arti e Beneficenza). Consolato e Ministri possono avvalersi della consulenza di un organo ausiliario, il Consiglio di Stato, contemplato nel Titolo V, composto da quindici consiglieri nominati dall’Assemblea per pareri su tutto ciò che attiene le materie legislative, giuridiche ed amministrative.

Altro principio avanzatissimo e dirompente per l’epoca quello riguardante l’autonomia e l’indipendenza della magistratura: nel Titolo VI, Del Potere Giudiziario, l’art. 49 recita: «I giudici nell’esercizio delle loro funzioni non dipendono da altro potere dello Stato».

Il Titolo VII della Costituzione è riservato, invece, alla Forza Pubblica il cui organico deve essere determinato per legge e solo per legge può essere aumentato o diminuito. L’Esercito, inoltre, è previsto per arruolamento volontario o, comunque, nel modo stabilito dalla legge. I generali sono nominati, su proposta del Consolato, dall’Assemblea la quale determina anche la distribuzione dei corpi di linea, la forza delle guarnigioni ed il trasferimento, anche momentaneo, delle stesse.

Nel Titolo VIII, Della Revisione della Costituzione, sono elencate le modalità da seguire per riformare la Costituzione. Qualunque riforma deve essere presentata nell'ultimo anno della legislatura da almeno un terzo dei suoi rappresentanti e deliberata dall'Assemblea per due volte a distanza di due mesi. Ottenuta la maggioranza di due terzi, sono convocati i comizi generali per eleggere i rappresentanti per la costituente, uno ogni quindicimila abitanti.

Gli ultimi quattro articoli sono dedicati alle Disposizioni Transitorie le quali stabiliscono che le operazioni della Costituente sono destinate alla formazione della legge elettorale e delle altre leggi organiche necessarie all'attuazione della Costituzione. La Costituente termina il mandato con l'apertura dell'Assemblea legislativa. L'art. 69, l'ultimo, è riservato al personale e recita: «tutti gli attuali impiegati hanno bisogno di conferma».

L’Assemblea della Repubblica Romana continuò a riunirsi (in plenaria o in sezioni) fino alla mattina del 4 luglio quando una pattuglia francese penetrata in Campidoglio ne intimò lo scioglimento. La Costituzione approvata fu, in virtù dei suoi principi fondamentali, per gli articoli sui diritti e doveri, la più avanzata in senso democratico di tutte le costituzioni italiane del Risorgimento.

 

 (osvaldobiribicchi@virgilio.it)

 

 

 

 

 

 



[1] In Italia, le donne hanno votato per la prima volta il 2 giugno 1946 in occasione del primo referendum popolare. Ad ogni italiano, di almeno 21 anni di età, furono consegnate due schede, una per la scelta tra Monarchia e Repubblica (referendum istituzionale) e l’altra per l’elezione di 556 deputati dell’Assemblea Costituente che, in rappresentanza del popolo, avrebbero elaborato la nuova Costituzione.

[2] I francesi nella giornata del 30 aprile ebbero 300 morti, 150 feriti e 365 prigionieri.

 

[3] Il Monitore Romano pubblicò la Costituzione nel suo ultimo numero, il 3 luglio, nelle stesse ore in cui i primi soldati francesi entravano a Roma.

[4] L’Assemblea Costituente che elaborò la Costituzione della Repubblica Italiana iniziò i lavori il 25 giugno 1946 e votò il testo definitivo il 22 dicembre 1947. La Costituzione fu promulgata il 27 dicembre 1947 dal Capo provvisorio dello Stato ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

[5] È da evidenziare che gli statuti del 1848, a differenza della Costituzione romana, furono atti di concessione che i sovrani fecero nei confronti dei propri sudditi. Si scostò da questa prassi la Costituzione siciliana del 10 luglio 1848 che fu approvata da una assemblea eletta a suffragio ristretto.

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