Osvaldo Biribicchi
A febbraio del 1849, centosettantadue anni fa, nasceva la Repubblica Romana. Ebbe vita assai breve, cinque mesi dopo ai primi di luglio cadde per mano di un’altra Repubblica, quella francese di Napoleone III. In quel breve lasso di tempo, tuttavia, i padri di quella Repubblica riuscirono a far intravedere non solo al popolo romano ma a tutti gli italiani la possibilità di poter gettare le basi di una società nuova, in cui i cittadini potessero partecipare liberamente alla vita pubblica e sentirsi parte attiva ed importante dello Stato. I principi politici di cui la giovane Repubblica si faceva interprete non rimasero solo su un piano puramente teorico ma furono sanciti in una Carta Costituzionale, una pietra miliare che avrebbe proiettato i propri riflessi cento anni dopo all’atto della stesura della Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Quella breve esperienza politica e sociale, figlia degli eventi del 1848,
l’anno che vide l’Europa attraversata da un fermento rivoluzionario senza
precedenti e le masse popolari chiedere a gran voce riforme sociali e carte
costituzionali, fu vissuta intensamente dal popolo romano e dai volontari che
accorsero da ogni parte d’Italia e d’Europa per difenderla. In un clima di
forte tensione politica, Pio IX, il 21 novembre 1848, si era rifugiato a Gaeta
sotto la protezione di Ferdinando II dopo che pochi giorni prima, il 15
novembre, era stato ucciso all’interno del palazzo della Cancelleria il
ministro dell’Interno e delle Finanze Pellegrino Rossi. La morte del potente
ministro dello Stato Pontificio poneva fine ad un periodo di riforme liberali
avviate da Pio IX e culminate con l’emanazione di una legge costituzionale
pubblicata il 15 marzo 1848, lo Statuto
fondamentale pel Governo Temporale degli Stai di Santa Chiesa.
Il governo della città fu affidato ad una Giunta suprema; il 21 gennaio 1849 veniva eletta a suffragio
universale maschile[1] l’Assemblea Costituente, 250.000 elettori
dell’ex Stato Pontificio andarono a votare. Tra i deputati eletti ci furono Mazzini
e Garibaldi.
L’Assemblea Costituente Romana si riunì per la prima volta nel palazzo della
Cancelleria il 5 febbraio 1849 e quattro giorni dopo approvò il Decreto Fondamentale di costituzione
della Repubblica Romana.
La giovane Repubblica, però, portavoce di libertà politiche e nuove
istanze sociali, rappresentava un pericolo sia per le potenze imperiali
dell’epoca che per le monarchie costituzionali.
Inizialmente, fu insediato un Comitato esecutivo di tre membri (Armellini,
Montecchi e Saliceti) successivamente, il 19 marzo, un Triumvirato plenipotenziario
composto da Aurelio Saffi, Carlo
Armellini e Giuseppe
Mazzini.
Pio IX, intanto, attraverso il suo Segretario di Stato, aveva rivolto un
appello alle potenze cattoliche affinché lo aiutassero a ripristinare il potere
temporale. Francia, Austria, Regno delle Due Sicilie e Spagna raccolsero il
grido d’aiuto del Pontefice ed attaccarono in tempi diversi.
Mazzini, di fatto il capo politico della Repubblica, si adoperò invano
fino all’ultimo per evitare la guerra.
Sul campo la situazione dal punto di vista militare si fece subito
complessa per i difensori: la sera del 29 aprile 1849, infatti, a dispetto dei
tentativi di dialogo profusi da Mazzini, un contingente militare francese agli
ordini del Generale Oudinot sbarcò a Civitavecchia. Intanto, l’esercito
napoletano aveva attraversato la frontiera avvicinandosi pericolosamente a Roma;
forze spagnole erano sbarcate nel sud del Lazio e gli Austriaci avevano occupato
le Legazioni della Romagna e delle Marche.
L’Oudinot,
la cui missione prevedeva di ripristinare il “legittimo” governo romano, non
elaborò un vero e proprio piano militare nella convinzione di avere di fronte
solo dei rivoltosi indisciplinati e disorganizzati.
Sulla base di questa superficiale valutazione e di un pessimo servizio informazioni,
i francesi, con seimila uomini e dodici cannoni da campagna, ritenevano di potersi
impadronire agevolmente di Roma.
Ma non fu
così. Il giorno dopo i
francesi sferrarono il primo attacco al Gianicolo, ma trovarono una tenace ed
inaspettata resistenza. Nella difesa della città furono impegnati truppe
pontificie, carabinieri, finanzieri, guardie nazionali, studenti, popolani e
legionari garibaldini. Tutti fortemente motivati ed animati da ineguagliabile
entusiasmo.
I francesi furono
pesantemente sconfitti e si ritirarono per riordinare idee ed uomini in attesa
di rinforzi, mentre i difensori assaporarono il piacere sottile di aver
inflitto una cocente sconfitta ad uno degli eserciti più potenti d’Europa[2].
Garibaldi aveva appena respinto i
soldati di Napoleone III che fu inviato velocemente a fermare l’esercito napoletano
che veniva sconfitto, tra il 9 ed il 16 maggio, a Palestrina e Velletri. Gli
spagnoli, pur non ingaggiando combattimenti, distolsero preziose risorse alla
difesa di Roma.
Sul piano militare, la variegata e
multiforme compagine militare della Repubblica Romana non aveva realisticamente
nessuna possibilità di vittoria nei confronti degli eserciti delle nazioni più
potenti dell’epoca. E così fu, il 3 luglio i primi soldati francesi entrarono a
Roma. L’audace esperimento politico, violentemente represso dalle armi
straniere, lasciava però in eredità i valori democratici contenuti nella sua Costituzione,
promulgata in Campidoglio il 1° luglio 1849[3].
Il 14 luglio 1849 veniva ripristinato
il potere temporale del Papa.
Mentre, infatti, Garibaldi
combatteva contro gli eserciti nemici che assediavano Roma, l’Assemblea
Costituente lavorava alacremente alla stesura della Costituzione e, seppure in
mezzo a vivaci contrasti, le diverse anime delle forze politiche
mantennero una tale coesione ed unità di intenti che riuscirono ad elaborare un
progetto di Stato in tempi brevissimi[4].
Vediamo sommariamente i caratteri
salienti della carta costituzionale romana approvata dall’Assemblea Costituente[5].
Essa è composta da: otto Principi Fondamentali; otto Titoli e dalle
Disposizioni Transitorie. Le parole «popolo» e «democratica» nel primo Principio: «La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato
Romano è costituito in repubblica democratica» le ritroviamo nei Principi
Fondamentali all’art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana. Nel
secondo Principio: «Il regime democratico ha per regola l’uguaglianza, la
libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà né privilegi di nascita
o casta», in cui si nota evidente l’influenza della Rivoluzione Francese, introduce
gli avanzatissimi concetti della uguaglianza formale di fronte alla legge e
della pari dignità di tutti i cittadini. Famose le parole che Mazzini pronunciò in
seno all’Assemblea: «Dopo la Roma che operò colla conquista delle armi, dopo la
Roma che operò colla conquista della parola, verrà, io dicevo a me stesso,
verrà la Roma che opererà colla virtù dell’esempio: dopo la Roma
degl’Imperatori, dopo la Roma dei Papi, verrà la Roma del Popolo. La Roma del
Popolo è sorta: io parlo a voi qui della Roma del Popolo: non mi salutate di
applausi: felicitiamoci insieme».
Trovano spazio per la prima volta
in una carta costituzionale altri aspetti importanti quali il miglioramento
delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini, il rispetto di ogni
nazionalità nonché l’autonomia tra il credo religioso e l’esercizio dei diritti
civili e politici. Al Capo della Chiesa Cattolica sono assicurate le guarentigie
necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.
Nel Titolo I, dei diritti e dei doveri dei cittadini, viene affermata
chiaramente l’inviolabilità delle persone e della proprietà privata, l’abolizione della pena di morte, la libera manifestazione del
pensiero, il libero insegnamento. All’art.
13 è previsto, come poi è stato
ripreso nelle più moderne ed avanzate Costituzioni, il diritto di esproprio per
particolari esigenze, previa giusta indennità per i proprietari.
Nel Titolo II , composto da un solo articolo, in modo chiaro
e netto si afferma che il potere viene dal popolo e lo si esercita attraverso l’Assemblea, il Consolato ed il potere giudiziario.
I Titoli III e IV sono riservati
esclusivamente all’Assemblea ed agli organi di governo. Interessante l’art. 18
che recita: «Non può essere rappresentante del popolo un pubblico funzionario
nominato dai Consoli o dai ministri», in cui viene marcata la volontà del
legislatore di tutelare gli interessi
del popolo.
Nel Titolo
III, inoltre, troviamo disposizioni estremamente interessanti ed attuali
quali, per esempio, quelle riguardanti le prerogative dei
parlamentari laddove si afferma che nessun rappresentante del popolo può essere
perseguitato per le opinioni espresse nell’Assemblea né può essere arrestato o inquisito senza
l’autorizzazione dell’Assemblea salvo il caso in cui sia colto nella flagranza
del delitto per il quale sia previsto l’arresto. La Costituzione prevede,
inoltre, un indennizzo ovvero uno stipendio, a cui il
rappresentante del popolo non può rinunciare. Quest’ultima prerogativa risale
alla democrazia ateniese che corrispondeva agli eletti alle cariche pubbliche
una somma di denaro per consentire anche ai meno abbienti di lasciare le
proprie occupazioni e dedicarsi completamente all’attività pubblica nel periodo
del proprio mandato.
Il Consolato
(il governo), a cui è demandato il potere esecutivo, è composto da tre
membri (consoli), cittadini della Repubblica dell’età di 30 anni, nominati
dall’Assemblea a maggioranza di due terzi di suffragi, e sette Ministri
nominati dal Consolato (Affari Interni;
Affari Esteri; Guerra e Marina; Finanza; Grazia e Giustizia; Agricoltura,
Commercio, Industria e Lavori Pubblici; Culto, Istruzione Pubblica, Belle Arti
e Beneficenza). Consolato e Ministri possono avvalersi della consulenza
di un organo ausiliario, il Consiglio di Stato, contemplato
nel Titolo V, composto da quindici consiglieri nominati dall’Assemblea per
pareri su tutto ciò che attiene le materie legislative, giuridiche ed
amministrative.
Altro principio avanzatissimo e
dirompente per l’epoca quello riguardante l’autonomia e l’indipendenza della
magistratura: nel Titolo VI, Del Potere Giudiziario, l’art.
49 recita: «I giudici nell’esercizio delle loro funzioni non dipendono da altro
potere dello Stato».
Il Titolo VII della Costituzione è
riservato, invece, alla Forza Pubblica il cui organico
deve essere determinato per legge e solo per legge può essere aumentato o
diminuito. L’Esercito, inoltre, è previsto per arruolamento
volontario o, comunque, nel modo stabilito dalla legge. I generali sono nominati,
su proposta del Consolato, dall’Assemblea la quale determina anche la
distribuzione dei corpi di linea, la forza delle guarnigioni ed il
trasferimento, anche momentaneo, delle stesse.
Nel Titolo VIII, Della
Revisione della Costituzione, sono elencate le modalità da seguire per riformare la
Costituzione. Qualunque riforma deve essere presentata nell'ultimo anno della
legislatura da almeno un terzo dei suoi rappresentanti e deliberata
dall'Assemblea per due volte a distanza di due mesi. Ottenuta la maggioranza di
due terzi, sono convocati i comizi generali per eleggere i rappresentanti per
la costituente, uno ogni quindicimila abitanti.
Gli ultimi quattro articoli sono
dedicati alle Disposizioni Transitorie le quali stabiliscono che le operazioni
della Costituente sono destinate alla formazione della legge elettorale e delle
altre leggi organiche necessarie all'attuazione della Costituzione. La
Costituente termina il mandato con l'apertura dell'Assemblea legislativa. L'art. 69, l'ultimo, è riservato al
personale e recita: «tutti gli attuali
impiegati hanno bisogno di conferma».
L’Assemblea
della Repubblica Romana continuò a riunirsi (in plenaria o in sezioni) fino
alla mattina del 4 luglio quando una pattuglia francese penetrata in
Campidoglio ne intimò lo scioglimento. La Costituzione approvata fu, in virtù
dei suoi principi fondamentali, per gli articoli sui diritti e doveri, la più
avanzata in senso democratico di tutte le costituzioni italiane del
Risorgimento.
[1] In Italia, le donne hanno votato per la prima volta il 2 giugno 1946 in
occasione del primo referendum
popolare. Ad
ogni italiano, di almeno 21 anni di età, furono consegnate due schede, una per
la scelta tra Monarchia e Repubblica (referendum istituzionale) e l’altra per
l’elezione di 556 deputati dell’Assemblea Costituente che, in rappresentanza
del popolo, avrebbero elaborato la nuova Costituzione.
[2] I francesi nella giornata del 30 aprile ebbero 300 morti, 150
feriti e 365 prigionieri.
[3] Il Monitore Romano pubblicò la Costituzione
nel suo ultimo numero, il 3 luglio, nelle stesse ore
in cui i primi soldati francesi entravano a Roma.
[4] L’Assemblea Costituente
che elaborò la Costituzione della Repubblica Italiana iniziò i lavori il 25
giugno 1946 e votò il testo definitivo il 22 dicembre 1947. La Costituzione fu
promulgata il 27 dicembre 1947 dal Capo provvisorio dello Stato ed entrò in
vigore il 1° gennaio 1948.
[5] È da evidenziare che gli
statuti del 1848, a differenza della Costituzione romana, furono atti di
concessione che i sovrani fecero nei confronti dei propri sudditi. Si scostò da
questa prassi la Costituzione siciliana del 10 luglio 1848 che fu approvata da
una assemblea eletta a suffragio ristretto.
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