Cerca nel blog

domenica 3 novembre 2019

La crisi Armistiziale. Note a margine 2

APPROFONDIMENTI
 Progetto 2019 Materiali

Stefani scrive " senza nessuna grande batta­glia ‑ l'unica ingaggiata venne fatta sospendere, ordinando il rompe­te le righe alle grandi unità dei corpi d'armata di Roma, nella sua fa­se decisiva, quando era ancora prevedibile il successo ‑ 52 divisio­ni 16, ancorché di efficienza e di capacità combattiva ridotte, cessa­rono di esistere dopo che la gran parte dei comandi d'armata e di cor­po d'armata che le inquadravano o si erano autosciolti, od erano stati catturati, o avevano cercato e raggiunto intese con i tedeschi. Spesso fu il disarmo morale dell'alto a provocare quello materiale del basso. Molte, dunque, furono le concause della disfatta militare, ma è fuori della obiettività storica chi non vi inserisce la pronta disponibilità di molti comandanti e stati maggiori di livello elevato alla trattativa con i tedeschi. Può non essere priva di fondamento la tesi che, dalle pre­cedenti direttive delle autorità militari centrali, molti comandi peri­ferici elevati possano avere dedotto che l'armistizio fosse stato con­cordato con gli stessi tedeschi. Come spiegare diversamente, si chie­sero molti comandanti, che per 45 giorni si era tollerato l'ininterrot­to afflusso di forze germaniche nella penisola e nei territori occupati e che a queste era stato consentito di assumere lo schieramento più idoneo e vantaggioso per incapsulare, intrappolare e paralizzare al momento voluto le unità italiane, e di farla da padrone sulle vie di comunicazione e sui centri nodali dei trasporti? E che cosa dire del­l'ambiguità di tutte le direttive ricevute dai comandi di grande unità dal 10 agosto in poi e dello stesso proclama del maresciallo Badoglio?"
" Le responsabilità dei vertici ‑ sostiene Filippo Stefani ‑ furono enormi, ma molte rinunzie aprioristiche alla lotta da parte di alti comandi periferici sulla base di valutazioni precipitose, agita­te, di comodo, o sulla base di presunzioni infondate e comunque di per sé prive di riscontro obiettivo, o volute giustificare con la neces­sità di evitare massicci bombardamenti aerei sulle città ovvero scon­tri giudicati frettolosamente perduti in partenza, furono fuori della logica operativa e ispirate più dall'istinto dell'autoconservazione che non dall'esame ponderato delle contingenze. Vi furono sbandamenti e abbandoni da parte di singoli e di interi reparti; non vi furono am­mutinamenti e diserzioni in massa. L'ordine di cessare il fuoco, di con­segnare le armi, di rompere le righe partì quasi sempre dall'alto. Là dove i comandanti vollero, ripresero subito alla mano le loro unità e repressero rapidamente con opera di persuasione la confusione mora­le, il disordine e le fughe in uniforme o in abiti civili. Attribuire lo sfa­celo al basso tono morale ed alla scarsa volontà dei soldati di conti­nuare a combattere a fronte rovesciata, significa generalizzare i casi particolari. La grandissima maggioranza delle grandi e delle minori unità deposero le armi o perché materialmente sopraffatte o in obbe­dienza agli ordini dei comandi gerarchici superiori. La disponibilità alla lotta contro i tedeschi era molto più elevata di quanto gli alti co­mandi avessero valutato. Anche reparti e soldati della milizia imbrac­ciarono le armi contro i tedeschi."
 Il quadro che emerge all'indomani di questa disfatta fu che ognuno dei soldati italiani dovette decidere secondo coscienza, secondo le opportunità e secondo le circostante, spesso portato dall'onda del caso.
Vi furono coloro che accettarono gli ordini e quindi si arresero ai tedeschi, per poi essere avviati in Germania e in Polonia in quei campi di concentramento ove furono considerati alla stessa stregua dei prigionieri sovietici e poco al di sopra degli israeliti. Questa resa fu riscattata dal plebiscitario rifiuto di collaborare con i germanici e i fascisti della RSI, di fatto con questo rifiuto, deligittamondola. Coloro che riuscirono, con vari mezzi, a raggiungere il territorio metropolitano, per coloro che erano all'estero o le loro famiglie se in Patria. Coloro che aderirono alla vecchia alleanza dando vita all'ultima stagione del fascismo, o, se all'estero, inquadrati in reparti ausiliari dell'esercito tedesco, con divisa tedesca, impiegati per lo più contro i movimenti di resistenza locali. Coloro che presero la via della montagna, dando vita alla resistenza, in Italia, o entrando nei movimenti locali di resistenza se all'estero, come accadde in Francia, in Jugoslavia, in Grecia e in Albania. Sono coloro che presero le armi per non accettare la tragedia dell'armistizio. Gli Internati, i "Fedeli "alla vecchia alleanza, i Non aderenti e i Non combattenti, i Combattenti contro l'alleanza nazifascismo ecco che cosa divennero i soldati italiani all'indomani dell'armistizio, subito dopo il momento delle scelte, scelte che non potevano essere rimandate.


Nessun commento:

Posta un commento