Il blog è espressione del Centro Studi sul Valore Militare - Ce.S.Va.M.- istituito il 25 settembre 2014 dal Consiglio Nazionale dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare.Lo scopo del CEsVAM è quello di promuovere studi sul Valore Militare.E' anche la continuazione on line della Rivista "Quaderni" del Nastro Azzurro. Il Blog è curato dal Direttore del CEsVAN, Gen. Dott. Massimo Coltrinari (direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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martedì 31 dicembre 2019
lunedì 30 dicembre 2019
domenica 29 dicembre 2019
Editoriale Dicembre 2019
Editoriale
il mese di dicembre ha visto l'impiego del CESVAM incentrato nel portare a termine e chiudere i cicli di ricerca dei progetti in corso. In particolare quello dedicato alla preparazione del Dizionario minimo della Guerra di Liberazione in vista delle celebrazioni del 75° anniversario della fine della seconda guerra mondiale e degli avvenimento fondanti la nostra Repubblica.
In particolare si sono affrontati temi di ricerca che ancora oggi presentano punti molto interessanti da approfondire. Per chiudere l'anno sottolineando che il CESVAM è un centro di studio e di ricerca proponiamo ai lettori uno dei tanti temi trattati. La responsabilità del vertice politico-militare del Regno d'Italia che, una volta giunto a Brindisi lasciando Roma tardò in modo irresponsabile a dichiarare la guerra alla Germania, mettendo così a repentaglio la sorte di migliaia di soldati italiani che ancor stavano combattendo contro i tedeschi.
il mese di dicembre ha visto l'impiego del CESVAM incentrato nel portare a termine e chiudere i cicli di ricerca dei progetti in corso. In particolare quello dedicato alla preparazione del Dizionario minimo della Guerra di Liberazione in vista delle celebrazioni del 75° anniversario della fine della seconda guerra mondiale e degli avvenimento fondanti la nostra Repubblica.
In particolare si sono affrontati temi di ricerca che ancora oggi presentano punti molto interessanti da approfondire. Per chiudere l'anno sottolineando che il CESVAM è un centro di studio e di ricerca proponiamo ai lettori uno dei tanti temi trattati. La responsabilità del vertice politico-militare del Regno d'Italia che, una volta giunto a Brindisi lasciando Roma tardò in modo irresponsabile a dichiarare la guerra alla Germania, mettendo così a repentaglio la sorte di migliaia di soldati italiani che ancor stavano combattendo contro i tedeschi.
Gli eccidi di Lero, come quelli di Cefalonia, Coo, in Grecia, in Albania e nei Balcani ed il
trattamento dei soldati italiani da parte dei tedeschi, che fu oltre che criminale e tragico anche sostanzialmente ottuso ed idiota dato il bisogno estremo che gli stessi tedeschi avevano di alleati e di mano d'opera, chiamano ancora una volta in causa
l’atteggiamento del vertice politico-militare del Regno d’Italia e di Badoglio
in particolare come detto.
Lero dimostra, con i combattimenti violenti(13-17 novembre 1943 che la leggenda del "tutti a casa" per l'Esercito Italiano è, appunto, una leggenda.
A Lero, però, nonostante che numerosi ufficiali siano stati
passati per le armi non vi fu uno sterminio di massa come l’accanita resistenza italiana, (i tedeschi ebbero oltre 1180 Caduti, oltre il 41% della forza impiegata) poteva lasciar presagire, come fu a Cefalonia. Da qui qualche considerazione.
Nicola Gallerano scrive:
“Sembra a noi che questa circostanza sia da metter in relazione con
l’avvenuta dichiarazione di guerra alla Germania, che è del 13 ottobre mentre
la fine della resistenza negli altri importanti presidi è precedente a quella
data e si concluse quasi sempre con l’eccidio degli italiani che avevano osato
combattere come franco-tiratori. Se la supposizione fosse fondata come
pensiamo, ne verrebbe un nuovo specifico carico di responsabilità per il re,
che si oppose alla dichiarazione di guerra
fino al 13 ottobre; per Badoglio che non gliela seppe imporre, come capo
del governo, e per il Comando Supremo che seguitò a comportarsi, dal momento in
cu si sentì bel al sicuro a Brindisi, come se quei combattimenti non lo
riguardassero non esitando a falsificare ancora una volta la verità nella
motivazione della Medaglia d’Oro alla memoria conferita a Mascherpa e a
Campioni (fucilati a Parma il 24 maggio 1944 in seguito a sentenza di un
tribunale fascista) per aver essi “ eseguito ordini ricevuti”: laddove il primo
non ne ebbe affatto ed agì di propri iniziativa, mentre il secondo ricevette
l’ordine di cavarsela da solo”[1]
La concessione della Medaglia d'Oro non cancella la realtà dei fatti.
Nella dedica del suo libro agli avvenimenti armistiziale Ruggero Zangrandi appone questa dedica
Dedico questo lavoro
a mia figlia Gabriella
ed ai giovani della sua età
nella fiducia che una conoscenza non convenzionale
di quel che accadde in Italia
intorno all'8 settembre 1943
concorra a far loro imparare prima
il male che possono arrecare a un Paese
le cattive azioni di capi vili
e quanto poco
il sacrifico di migliaia di uomini semplici
riesca poi a farvi rimedio
L'augurio di fine anno è che una conoscenza non convenzionale di quanto accaduto non solo nel 1943, ma di tutta la nostra storia recente e, sopratutto, della realtà quotidiana ci aiuti ad avere più certezze per l'avvenire.
(massimo coltrinari)
[1]
Gallerano N. La resistenza italiana
nell’Egeo dopo l’8 settembre 1943 .in Ruggero Zangrandi 25 luglio 8 settembre 1943, Milano, Feltrinaelli 1964, pag. 995 e segg.
sabato 28 dicembre 2019
venerdì 27 dicembre 2019
Brigata Aosta Prima Guerra Mondiale Iconografia
ARCHIVIO
La Cartolina reggimetale
rappresenta un importare elemento
iconografico della memoria di un epoca
Brigata Aosta, trae origine dal reggimento fucilieri di S.A.R., formato il 20 febbraio 1690 per la protezione tattica dell'artiglieria; incorporato nel dicembre 1917 il reggimento di Santa Giulia (volontari di Mondovì) nel 1774 assunse il nome di “Reggimento di Aosta”. Dopo il 9 dicembre 1798, unitamente al reggimento di Savoia e di Lombardia, formò la 1a mezza brigata di linea dell'Esercito nazionale piemontese; la mezza brigata venne poi sciolta e il reggimento di Aosta non si ricostituì che nel luglio 1814; il 1° novembre 1815, rimanendo sempre organizzata in reggimento, prese il nome di “Brigata Aosta” ed incorporò Il reggimento provinciale di Ivrea e parte di quello di Vercelli. Solo il 25 ottobre 1831 la brigata si divise in 1° e 2° reggimento incorporando gli uomini del soppresso battaglione Cacciatori di Aosta. Il 4 maggio 1839 i due reggimenti vennero designati 5° e 6° reggimento fanteria (“Brigata Aosta”). Soppresso nel 1871 l'ordinamento in brigate, i e di una unità militare
giovedì 26 dicembre 2019
Prigionia Militare in Austria. Campo di Concentramento di Josefstadt
MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia Militare italiana nella Grande Guerra
Josefov (tedesco
Josefstadt) è un distretto della cittadina Jaromèr (Jermer) a Okres Nàchod
nella Repubblica Ceca. La città costruita come fortezza si trova sulla riva
sinistra del Metuje (Mettau), poco prima della loro confluenza con l'Elba.
Josefov si trova
nella regione della Boemia orientale, nel nord della Repubblica Ceca,
direttamente a sud-est di Jaromèr, da cui è separato solo dai fiumi Elba e
Mettau con il promontorio che si interviene. Attraverso la città, la strada
statale 299 da Jaromèr a Ttebechovice pod Orebem.
Le città vicine
sono Rychnovek a nord-est, Stary Ples a est, Novy Ples a sud-est, Rasosky a
sud, Dolnì Ples a sud-ovest, Jezbiny a ovest e Jaromèr a nord-ovest.
Nella prima
guerra mondiale Josefstadt fu un campo di prigionia per 40.000 soldati russi,
serbi, italiani e ucraini. Dopo la guerra, fu fino al 1924 internamento per il
personale militare russo abbandonato.
Dopo la fine
della prima guerra mondiale e la fondazione della Cecoslovacchia nel 1918, le
città di Jaromèr e Josefov si trasformarono insieme in una città gemella. Nel
1930 Josefov contava 7015 abitanti, di cui 287 tedeschi.
Dopo la fine
della seconda guerra mondiale, nel maggio del 1945, l'area della fortezza fu
occupata dalle truppe dell'Unione Sovietica. Gli abitanti tedeschi furono
espulsi sulla base dei decreti Benes. Nel 1948 l'incorporazione di Josefov in
Jaromèr. (a cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)
mercoledì 25 dicembre 2019
martedì 24 dicembre 2019
lunedì 23 dicembre 2019
Brigata Alpi. Prima Guerra Mondiale Iconografia
ARCHIVIO
La Cartolina reggimentale
rappresenta un importare elemento
iconografico della memoria di un epoca
e di una unità militare
Alpi, Brigata, nel febbraio 1859, con una parte
dei volontari che accorrevano per la guerra contro l'Austria, fu costituito a
Cuneo un deposito di volontari cui si doveva dare il nome di “Cacciatori della
Stura”. Il comando ne fu affidato al ten. col. Enrico Cosenz. L’affluenza
grandissima di volontari fece aprire altri due depositi a Savigliano, comandati
dai ten. col. Giacomo Medici e Nicola Arduino. L'organizzazione di queste
truppe fu affidata al gen. Cialdini; il comando, allo scoppio della guerra, ne
fu dato al gen. Giuseppe Garibaldi. Furono dapprima tre reggimenti, ai quali se
ne aggiunsero altri due (4° e 5°); il 4° proveniva dai “Cacciatori degli
Appennini”, formatisi nel deposito di Acqui; denominazione che abbandonarono
per assumere anche essi l'altra. Nel settembre 1859, dopo l'armistizio di
Villafranca il corpo fu organizzato in una sola brigata, col nome di “ Brigata
Cacciatori delle Alpi” su 2 reggimenti,
il 1° formato da disciolti reggimenti 2° e 5° e con la 4a compagnia
bersaglieri; il 2° coi soppressi
reggimenti 1°, 3° e 4°, e con altri minori reparti; la brigata ebbe uniforme uguale a quella
degli altri corpi di fanteria, e il 14 marzo 1860 prese il nome di “ Brigata
delle Alpi” e i due reggimenti assunsero
la numerazione di 51° e 52°. La campagna del 1859, al comando del generale
Garibaldi, combatté a Ponte di Casale, Sesto Calende, Varese, S. Fermo, Laveno
(52), Tre Ponti (52); Bormio (51); nella guerra del 1866 combatté a Custoza
facendo parte della 3a divisione (gen. Govone) nel III C. d’ A. (gen. Della
Rocca). Nel 1895-96, durante la campagna d'Africa, concorsero alla formazione
dei battaglioni 5°, 16°, 19°, 30° con 8 ufficiali e 235 gregari del 51° e 9
ufficiali e 281 gregari del 52°; il 5° e 16° battaglione parteciparono alla
battaglia di Adua. Durante la guerra Italo-turca (1911-12) il 51° concorse alla
mob. dei reggimenti 34°, 52°, 60°, 80° e 89° fornendo complessivamente 24
ufficiali e 1270 gregari; il 52° prese parte alla campagna, prendendo parte a
numerosi fatti d’arme e distinguendosi specialmente a Sidi Bilal (20 Settembre
1912) durante la battaglia per la occupazione dell'oasi di Zanzur. Durante la
guerra mondiale la brigata Alpi passò il confine ed avanzò nel settore
dell'alto Cordevole, alla dipendenza della 18a divisione, e vi rimase fino alla
ritirata di Caporetto, combattendo con tenacia e valore a più riprese contro le
posizioni del Col di Lana e del Sasso di Mezzodì agli ordini, dopo il primo
agosto 1917 del col. brig. Giuseppe Garibaldi; compiuto il ripiegamento della
4a Armata dietro la linea del Piave, fu in linea nei pressi del ponte di Vidor
fino al 22 dicembre 1917, per passare poi, il 24 gennaio 1918 nella regione del
Grappa con la 50a divisione. Alla fine di aprile fu trasferita sulla fronte
francese e destinata all’8a divisione (II Corpo d’Armata) con la quale prese
parte agli attacchi contro la montagna di Bligny ed in seguito, alla difesa del
Bois des Eclisses e del Bois de Courton, durante la quinta offensiva tedesca
(15-20 luglio 1918). Dopo un periodo di riposo passò in settembre nel settore
dell'Aisne, concorrendo alla conquista dello Chemin des Dames (9-12 ottobre) ed
all'inseguimento del nemico fino a Sissonne (31 ottobre-4 novembre) e poscia
fino a Ronzoi sur Senne (5 11 novembre).
Le mostrine:
verdi.
domenica 22 dicembre 2019
La crisi armistiziale del settembre 1943
APPROFONDIMENTI
Il momento più difficile della
storia unitaria italiana
Soldati italiani nella crisi armistiziale
L’incertezza
del Governo Badoglio aggrava sempre più
il quadro generale. Gli angloamericani, al fine di costringere l’Italia alla
resa, intensificano i bombardamenti aerei sull’Italia che riguardano sia le città del sud che quelle settentrionali. Sono
particolarmente colpite Napoli, Salerno e Foggia; Roma, di cui già si è detto, e i grandi
centro industriali del nord come
Bologna, Torino, Genova e soprattutto Milano. Anche città come Pisa,
Civitavecchia, Terni, Ancona, Terni ed Orte sono colpite. L’offensiva aerea
strategica contro l’Italia è massiccia, e contribuisce ad aggravare il peso
della guerra, e ad alimentare proteste che intorno alla metà di agosto provoca
una ondata di scioperi proclamati per ragioni economiche ma anche per chiedere
sempre più insistentemente la fine della guerra.
La
conduzione delle trattative per ottenere un’armistizio sono caotiche e mal
condotte; vari personaggi, tra cui la Principessa Maria Josè prendo iniziative
estemporanee che aumentano la confusione e la diffidenza degli alleati.
L’iniziativa che a fine agosto porta dei risultati concreti è quella affidata
al gen. Castellano, su incarico di Badoglio, che stabilisce un collegamento
concreto con i responsabili angloamericani. Castellano si rileva un negoziatore
mediocre (tra l’altro non conosceva minimamente la lingua inglese) e concorda
un testo di armistizio che è passato alla storia come “Armistizio Corto”, un
documento ambiguo ( tra l’altro non vi era alcun cenno al trattamento dei
prigionieri italiani in mano alleata), approvato da Badoglio con molte riserve
mentali, sperando di poterlo rinegoziare da posizioni miglior in futuro.
Appare, peraltro, sconcertante che nelle conversazioni con gli angloamericani
Castellano, che aveva un grado di generale modesto, non sia assistito da un
diplomatico esperto, come la situazione richiedeva.
Nelle
ore pomeridiane del 3 settembre, sotto una tenda piantata negli aranceti nella
piana di Cassibile , in Sicilia, Castellano, dopo non poche traversie
conclusive, su autorizzazione di Badoglio firmava l’armistizio.
Vittorio
Emanuele II e Badoglio erano ossessivamente impressionati dalla paura di cadere
in mano ai tedeschi. Fecero ogni cosa per dilazionare l’annuncio cercando di
strappare il più possibile agli angloamericani affinché garantissero un pronto
intervento contro i principali ammassamenti di truppe tedesche, ottenendo
soltanto di aumentare ulteriormente i sospetti circa le reali intenzioni
italiane.
In
realtà dagli anni sessanta in poi si dibatte se Badoglio di concerto con il Re
non abbiamo architettato un piano volto ad attirare gli angloamericani in una
trappola, con il consenso tacito dei tedeschi (almeno quelli che erano a Roma a
contatto con le autorità italiane) intavolando devianti trattative
armistiziali, al fine di attirare gli angloamericano in uno sbarco a nord o a
sud di Roma, ed in altre operazioni ( come la operazione “Giant II”, azione di
paracadutisti su Roma concordata da Castellano in sede di trattative) per
respingerli e dimostrare che era impossibile sbarcare sul continente e quindi
era necessario andare a trattative di pace generali.
La
situazione a meta del 1943 dopo quattro anni di guerra era pesante per tutti i
contendenti, soprattutto per la Gran Bretagna. La Germania occupava tutto il
continente, e già nel novembre 1942 tentativi di pace erano stati tentati verso
la Unione Sovietica, che per poco era riuscita a salvarsi nel 1941
dall’annientamento. Tutti guardavano alla fine della guerra con interesse e
l’Italia, l’alleato più debole, tentava il grande gioco, per sopravvivere ed
uscire anch’essa da una guerra perduta.
Dalla
firma dell’armistizio “corto”, che alla luce della tesi di Zangrandi è
stringato e incompleto proprio perché poteva essere facilmente smentito, così
come facilmente poteva essere sconfessato l’operato di Castellano, figura di
secondo piano, tutta l’attività dei responsabili italiani è pregna di
machiavellismi, di incertezze, tutti animati dalla certezza di voler porre fine
alla guerra, ma incerti, indecisi, altalenanti sul come attuare questa
necessità e, secondo la versione più accreditata quale sia il modo migliore per
attuare il passaggio di campo abbandonando quello dell’alleanza con la Germania, di cui erano stati, a fianco
di Mussolini, corresponsabili e conviti sostenitori o, secondo la tesi di
Ruggero Zangrandi come porre fine alla guerra attirando gli alleati in una
trappola per costringerli poi, a disastro consumato, andare ad un tavolo di
trattative di pace generale, tenendo l’Italia ancora nel campo germanico,
rimanendo coerenti alla loro politica.
L’armistizio
fu annunziato da Radio Algeri alle con una trasmissione delle ore 16,30 dell’8
settembre 1943. Badoglio, sconcertato in quanto tutti a Roma si aspettavano un
annuncio non prima del 12 settembre, si risolse a proclamarlo con una
trasmissione che l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, la progenitrice
della odierna RAI) mise in onda alle 19,45.
Il
grande gioco non era riuscito. Secondo Zangrandi la trappola non era scattata ed
gli autori della medesima furono presi dal panico. Gli Alleati, che si
presupponeva sbarcassero a ad Anzio o a Civitavecchia, invece stavano sbarcando
a sud di Napoli, a Salerno.
La
paralisi investe progressivamente i vertici politici e militari italiani a Roma
che dimostrano di essere incapaci di gestire la situazione.
(massimo Coltrinari
(la II parte sarà pubblicata il 23
sabato 21 dicembre 2019
Prigionia Italiana in Austria Campo di Concentramento di Grödig
MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia Italiana della Prima Guerra Mondiale
Grödig è una
città mercato nel Salisburghese nel distretto di Salisburgo-Umgebung in Austria
con 7.314 abitanti.
All'interno della
provincia di Salisburgo si trova Grödig nel Flachgau sul bordo sud-occidentale
del bacino di Salisburgo. Si trova ai piedi dell'Untersberg, all'incrocio
Salisburgo-Sud dell'autostrada dei Tauri.
Prima guerra
mondiale: uno dei più grandi campi di prigionia in Austria-Ungheria viene
creato a Grödig, circa 40.000 prigionieri (principalmente russi). Oggi il
cimitero russo ricorda il campo.
Regime nazista e
seconda guerra mondiale: 17 novembre 1944 Bombardamenti: 65 morti (Paola Tomasini e Chiara Mastroantonio)
venerdì 20 dicembre 2019
giovedì 19 dicembre 2019
Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 4
MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del
Passo di Monte Croce di Comelico
mercoledì 18 dicembre 2019
Dolomiti di sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 3
MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del
Passo di Monte Croce di Comelico
martedì 17 dicembre 2019
Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 2
MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del
Passo di Monte Croce di Comelico
lunedì 16 dicembre 2019
Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 1
MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del
Passo di Monte Croce di Comelico
domenica 15 dicembre 2019
sabato 14 dicembre 2019
Rivista QUADERNI. N. 1 del 2019
NOTIZIE CESVAM
Copertina ed indici
del n. 4 del 2018 della
Rivista QUADERNI
SOMMARIO
Anno LXXIX, Supplemento IX, 2018, n.
4,
10° della Rivista “Quaderni”
www.istitutodelnastroazzurro.it
indirizzo:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
Editoriale del Presidente. Carlo Maria Magnani:
IL
MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA
APPROFONDIMENTI
Luigi Marsibilio, La Battaglia di
Vittorio Veneto
AA.VV, La Battaglia di Vittorio
Veneto. Ricostruzione ed Analisi
Osvaldo Biribicchi, Comando Supremo
Regio Esercito. Le truppe italiane negli altri campi della Grande
Guerra
Massimo Coltrinari, Un Elenco
Glorioso. Le Armate Italiane a Vittorio Veneto nella versione del
Comando Supremo
Alessia Biasiolo, L’Impero italiano
in epoca fascista
DIBATTI
Giovan Battista Birotti, Soldati e
contadini. L’Esercito giapponese nel periodo Meiji (1868-1912
ARCHIVIO
Redazionale, Lo Statuto della
Legione Azzurra
MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Alessio Pecce, Giulio Moresi,
aspirante ufficiale, bersagliere caduto il 17
1917 sull’Hermada, sul carso. Il Ricordo
Posteditoriale: Antonio Daniele, Il
Calendario azzurro per il 2019
IL
MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA’ DI OGGI
UNA FINESTRA SUL MONDO
Sandra Milani, L’uso delle sostanze
stupefacenti come strategia nella guerra e nel terrorismo islamico
GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE
Luca Bordini, Riflessioni sulla
comunicazione digitale delle Forze Armate
Segnalazioni Librarie.
Autori. Hanno collaborato a questo
numeroArticoli di Prossima Pubblicazione
• CESVAM
NOTIZIE
Centro Studi sul Valore Militare
•
I “Quaderni on Line”, Supplemento on
Line, Anno 5°, X, 2018, Ottobre 2018, n. 36
I “Quaderni on Line”, Supplemento on
Line, Anno 5°, XI, 2018, Novembre 2018,
n. 37
I “Quaderni on Line”, Supplemento on
Line, Anno 5°, XII, 2018, Dicembre 2018, n. 38
“Quaderni” on line sono su:
www.valoremilitare.blogspot.com
PER FINIRE
Massimo Coltrinari, Il Valore Militare attraverso le Cartoline
Militari ed oltre
venerdì 13 dicembre 2019
Brigata Alessandria I Guerra Mondiale. Iconografia
ARCHIVIO
La Cartolina reggimetale
rappresenta un importare elemento
iconografico della memoria di un epoca
e di una unità militare
Alessandria,
Brigata, venne costituita nel 1815 dall'antico reggimento omonimo.
Ma, avendo essa in buona parte aderito ai moti costituzionali del 1821, la
brigata venne disciolta il 31 maggio di quell'anno, e il contingente
d'ordinanza diede origine alla brigata Acqui (v.). Il primo marzo 1915, presso il deposito del
37° fanteria venne creata la nuova brigata Alessandria, coi reggimenti 155° e
156° fanteria, formati rispettivamente dai depositi del 37° (Alessandria) e 89°
fanteria (Pavia), con nuclei di M.M., in base all'ordine di mobilitazione del
1914. All'inizio della guerra italo-austriaca, la brigata, giunta il 2 giugno
in zona di radunata, fu assegnata alla 30a divisione, nella zona del Garda,
occupando le alture presso Desenzano; ai primi di luglio passò alla 3a Armata,
nella zona del basso Isonzo, e combatté sul monte San Michele. Nel maggio 1916
fu trasferita in Val d'Assa ove combatté, durante l'offensiva austriaca del
Trentino, a Bosco Varagna, Costesin, M. Meata, M. Mosciagh; il 1° luglio tornò sul basso Isonzo,
sostenendovi combattimenti a Monfalcone, ove conquistò la q. 121; in ottobre, dopo la presa di Gorizia, fu in
linea sul Carso, combattendo a LuKatic e Versich e dopo un periodo fu inviata, a metà gennaio
1917, nel settore di Tolmino ove sostenne numerosi combattimenti sulle pendici
del M. Mrzl; ivi trovavasi allorché,
sferrata dagli austro-tedeschi
la grande offensiva dell'ottobre novembre 1917, venne travolta nel
disastro; il 12 novembre venne disciolta
definitivamente.
Le mostrine:
due strisce orizzontali, bianca sopra e blu sotto.
giovedì 12 dicembre 2019
Prigionia Italiana in Austria Campo di Concentramento di Freistadt
MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia prima guerra mondiale
1)
Nelle due guerre
mondiali nell'area di Freistadt non si verificarono conflitti armati. Dopo la
fine della seconda guerra mondiale Freistadt giaceva nella zona di occupazione
sovietica.
Durante la prima
guerra mondiale, i militari istituirono un campo di prigionia per soldati russi
a Freistadt, ospitando fino a 20.000 prigionieri in 91 caserme. Nel periodo tra
le due guerre, è venuto come nel resto dell'Austria alla radicalizzazione dei
partiti politici, la guerra civile, ma è caduto nel 1934 senza colpi.
Dopo lo scoppio
della seconda guerra mondiale, la Wehrmacht ampliò la guarnigione esistente e
collocò nella sequenza più di 1.000 soldati a Freistadt. Alcuni Freistädter si
unirono al nuovo gruppo di resistenza libero dell'Austria. Nell'ottobre del
1944, tuttavia, furono traditi, in seguito condannati a morte e giustiziati il
1maggio 1945. Un monumento di fronte al Linzertor commemora questo evento.
Durante gli anni
della guerra, non una sola bomba è caduta su Freistadt, che ospitava tre
ospedali alla fine della guerra. Il 7 maggio 1945, i carri armati americani
raggiunsero la città senza combattere. Il 13 maggio, l'Armata Rossa si unì e
divise la città con gli americani fino al 23 maggio fino a quando si ritirarono
a sud della linea ferroviaria. I soldati sovietici si schierarono come potere
occupante nelle case private e la casa Hagleitner sulla piazza principale servì
da quartier generale del Kommandantur. Nel 1945, 100.000 rifugiati si
trasferirono in città, ospitati in diversi campi profughi. Nella parte
superiore, più di 12.000 rifugiati hanno soggiornato in città
contemporaneamente. (A cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)
mercoledì 11 dicembre 2019
I 45 giorni del Governo Badoglio
APPROFONDIMENTI
La calda estate del 1943
Soldati italiani prima della bufera
Il
Governo di Pietro Badoglio è un'altra tragedia nazionale, una di quelle
sciagure che ancora oggi incidono sul tessuto sociale italiano. Nel momento in
cui si presenta al Paese, il Capo del Governo non esita a dichiarare che “la
guerra continua”, nel segreto intento di rassicurare ingenuamente la Germania.
A Berlino si era visto con stupore il liquefarsi in poche ore di un regime che
si credeva “granitico”; stupore ancora maggiore nel constatare che Mussolini si
era lasciato andare senza nessuna resistenza e soprattutto nessun fascista
aveva impugnato le armi per la sua difesa e la difesa del fascismo stesso.
Passata la meraviglia tutti constatarono che il cambio del vertice
politico-militare a Roma significava, soprattutto alla luce della situazione
disperata in cui si trovava l’Italia, un reale proposito di trovare una
qualsivoglia situazione per uscire dalla guerra. Tolto dalla scena Mussolini ed
il fascismo, che aveva voluto la guerra, questo era più facile da realizzare.
Solo Badoglio si faceva illusioni con le sue dichiarazioni, non considerando
che avrebbe solo suscitato diffidenza, poca credibilità e rabbia repressa nei
tedeschi, rabbia che esploderà con l’inizio della loro occupazione dell’Italia.
Il
Governo non fece nulla per intervenire in Sicilia. Non prese alcuna decisione
di carattere militare per la difesa dell’Isola; eppure vi erano forze attestate
nel centro e nel nord Italia che potevano essere avviate al fronte aperto
nell’isola. “La guerra continua” rimaneva solo una enunciazione e questa
inattività sul fronte operativo siciliano fu notata con ulteriore
preoccupazione dagli osservatori tedeschi. L’asserzione sembra trovare una sua
validità nella violenza durezza con cui il governo badogliano reprime ogni
manifestazione popolare seguita all’annunzio all’arresto di Mussolini ed alla
caduta del Fascismo. Il governo Badoglio organizza una sorta di applicazione di
legge marziale mascherata dando ogni potere alle autorità militare. Autorità
militari che non trovano altro che rifarsi alle disposizioni adottate l’anno
precedente nel fronteggiare la situazione in Jugoslavia, con provvedimenti che
prevedevano l’arresto immediato, la detenzione, l’internamento di civili, la
presa di ostaggi, la rappresaglia. Le manifestazioni in Italia, per lo più di
carattere innocuo, si risolvono per questo atteggiamento autoritario quanto
inutile con tragedie: a Milano si hanno 23 morti e 87 feriti per le
manifestazioni dal 26 al 30 luglio, a Bari con 17 morti e 36 feriti per la manifestazione del 28
luglio, a Reggio Emilia con 9 morti e 30 feriti, sempre per una manifestazione
del 28 luglio. Durante i 45 giorni del governo badogliano si hanno 83 italiani
porti e 516 feriti. Un bilancio tanto tragico quanto inutile.
Il
Governo Badoglio, nei primi tre giorni di vita con tre decreti cancella tutta
l’organizzazione del PNF, ne in corpora i beni e le proprietà, assorbe la
Milizia nelle forze regie e fa finta che oltre un ventennio di governo a cui
tutti i suoi componenti hanno collaborato e ricevuto prevende, privilegi ed
onori non sia mai esistito. Confermando il suo spirito conservatore, la
liberazione dei detenuti politici avviene con un certo rallentamento, visti
questi sempre ed ancora come oppositori.
La
morsa del Governo Badoglio si allenta e nascono i primi Comitati, che sono gli
antesignani del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, e riprendo vita i
partiti politici. Il Partito Socialista ed il partito Comunista, che nella
clandestinità avevano tenuto una loro organizzazione, si collegano a questi
Comitati dando vita ad organizzazioni politiche embrionali. Escono alla luce
anche il partito d’Azione, fondato nel 1942, la Democrazia cristiana, fondata
anch’essa nel 1942, con riferimento al Partito Popolare di Don Sturzo, ed il
partito Liberare. Saranno i partiti della Prima repubblica che governeranno
l’Italia fino alla Caduta del Muro di Berlino ed il crollo dell’Unione
Sovietica nel 1989. Operano tutti in una situazione di incertezza, semilegale,
in cui domina la inattività del Governo di fronte al problema principale: la
guerra. La ricerca di una soluzione per fronteggiare una situazione che di
giorno in giorno diveniva sempre più difficile ed insostenibile. Il compito del
Governo Badoglio, ovvero il vertice militare e la Monarchia, mentre il vertice
diplomatico, che nella circostanza si tiene i disparte, è tanto semplice quanto
difficile: cercare di concludere un accordo con gli anglo-americani ponendo
fine ai combattimenti cercando di contenere e neutralizzare la prevedibile
reazione tedesca, ossessivamente tanto temuta da tutti i responsabili italiani.
Il
Governo Badoglio, e con esso il Re, falliscono miseramente, non essendo
all’altezza di controllare una così difficile situazione tanto drammatica se non tragica, dimostrando di essere
irresoluti a come comportarsi di fronte alla eredità della guerra fascista, che
anche loro avevano voluto. Il comportamento ambigui, le incertezze ed i ritardi
con cui il Governo Badoglio avvia i contatti per trovare una possibilità di
accordo sono così tanti e persistenti da
generare fortissimi dubbi sugli alleati: questi, peraltro, dopo le decisioni
prese a Casablanca, nel gennaio 1943, sono fermamente risoluti a imporre una
pace o un armistizio senza condizioni. Nel contempo, al fine di distrarre i
tedeschi e cercare di contrastare il più possibile i loro sospetti di una pace
separata, fanno si che si assumo atteggiamento risoluti nel voler continuare la
guerra; questo impedisce di predisporre piani concreti volti a preparare i
comandi e le truppe ad un eventuale armistizio. In pratica il Governo Badoglio,
per paura dei tedeschi, non predispone nulla dal punto di vista militare per
uscire dalla guerra. Gravissimo errore che si rileverà foriero di tragedie al
momento della proclamazione dell’armistizio.
Di
fronte all’inerzia militare del Governo Badoglio, sia sul fronte siciliano sia
su quello interno, i tedeschi mostrano via via una sempre maggiore attività
militare. Subito dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini iniziano a far
affluire forze in Italia, quelle forze che avevano ripetutamente negato a
Mussolini nei suoi ultimi mesi di potere, che sarebbero state veramente
preziose per contrastare lo sbarco in Sicilia. Affluiscono nuove unità dal
confine orientale, dal Brennero, dalla Francia e si posizionano in modo tale da
tenere sotto controllo le forze italiane.
Queste,
peraltro, anche se numericamente superiori, sono in profonda fase di riordino
dopo i rovesci subiti in Russia ( le ultime unità rientrano dal fronte russo a
maggio 1943) e in Sicilia; inoltre l’armamento in dotazione e decisamente
inferiore a quello tedesco, che si aggiunge alla scarsezza di materiali di
equipaggiamento ed ad un morale fortemente scosso.
Questo
aspetto non deve trarre in inganno. In modo assoluto le Forze Armate italiane
avevano materiali degni di nota. Basti dire che i tedeschi, all’indomani del
disarmo delle unità italiane, ebbero materiali e equipaggiamenti con cui
condussero le operazioni in Italia fino
all’aprile 1945; al sud, nei territori occupati dagli angloamericani, il
materiale italiano requisito servì, su ordine di Churchill, a equipaggiare le
unità partigiane titine, che, partendo da una situazione di netta inferiorità
logistica riuscirono a condurre contro i tedeschi dal 1943 al 1945 ben cinque
offensive dopo aver ricevuto il materiale italiano. (massimo coltrinari)
martedì 10 dicembre 2019
lunedì 9 dicembre 2019
Prigionia Italiana in Austria. Campo di Concentramento di Braunau in Bohmen
MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia prima guerra mondiale
Broumov (tedesco
Braunau) è una città della Repubblica Ceca al confine con il Voivodato della
Bassa Slesia polacca.
Broumov si trova
alla confluenza del Lisi potok (Voigtsbach) nelle pietre del fiume nella parte
nord-orientale della Boemia, a circa 30 km a sud di Watbrzych (Waldenburg), 34
km a nord-ovest di Ktodzko (Glatz) e 30 km a nord-est di Nachod (Nachod) e
appartiene a Regione di Hradec Kralové.
Dopo la fine
della prima guerra mondiale e la disintegrazione della monarchia tra Austria e
Ungheria, Braunau arrivò il 28 ottobre 1918 come tutta la Boemia dal trattato
di Saint-Germain nel settembre 1919 alla Cecoslovacchia appena fondata e fu
occupata dalle truppe ceche. Nel periodo tra le due guerre emerse nuovi
insediamenti suburbani; a nord - sulla Trautenauer Strafe, la colonia di ceppi,
a ovest - sulla strada per Weckersdorf - la nuova casa, e a sud sulla strada
per la Crimea ospita l'insediamento di Schafferberg.
Dopo l'accordo di
Monaco del 30 settembre 1938, la città fu incorporata nel Reich tedesco con la
Reichsgau Sudetenland appena fondata ed era il capoluogo del distretto di
Braunau nel distretto di Aussig. Nel 1939, l'insediamento ricevette la nuova
casa in onore del politico nazista Hubert Birch il nuovo insediamento di Hubert
H. Birke. Il 9 maggio 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, Braunau fu
sostituito da unità dell'Armata Rossa occupato e l'amministrazione politica ha
assunto la formazione degli organi di potere cecoslovacchi. Nello
sconvolgimento delle prime settimane del dopoguerra avvenne il saccheggio. Terreni,
case e commerci furono rilevati da nuovi coloni provenienti dai distretti
vicini della Boemia orientale, Slovacchia e reimmigranti dall'estero. Pertanto,
la popolazione di Braunau era diventata in gran parte di lingua ceca. ( A cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)
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