IL
QUADRO DI BATTAGLIA DEL REGIO ESERCITO NEL 1940
Luigi Marsibilio
Esaminiamo
brevemente il quadro della situazione riguardante il Regio
Esercito nel 1940 che,
come noto, era inteso
come l’esercito del Regno
d’Italia, denominazione mantenuta dal
maggio 1861 al
giugno 1946.
Tale struttura è stata impiegata in tutte le vicende belliche che
hanno coinvolto il nostro Paese, in particolare nella Prima e
nella Seconda Guerra
Mondiale. Il Regio Esercito
è stato inoltre protagonista del colonialismo
italiano. Assunse
il nome di Esercito
Italiano con la fine del
regno dei Savoia.
Nel settembre del 1939,
quando la Germania invase la Polonia, l'Italia
dichiarò la propria "non belligeranza". Benito
Mussolini, conscio del fatto che i conflitti di Etiopia e
Spagna avevano pesantemente intaccato le scorte dell'esercito e
bloccato il suo ammodernamento, decise dunque di non intervenire.
A fronte di tale sensata
scelta, il Duce, impressionato dai folgoranti successi tedeschi e
persuaso che il conflitto sarebbe durato poco, fece il possibile per
accelerare i tempi per l’entrata in guerra dell’Italia, che
avvenne il 10 giugno 1940.
L’aspetto non
trascurabile era che il Regio Esercito, pur avendo il
consistente organico di 75 Divisioni, presentava gravi carenze nei
settori dell'armamento e dei materiali. In particolare:
- i pezzi di artiglieria erano ancora quelli impiegati nel primo conflitto Mondiale;
- i carri armati erano leggeri con corazza ed armamento inadeguati;
- le mitragliatrici erano quantitativamente insufficienti;
- i reparti erano carenti di automezzi;
- le uniformi erano di pessima qualità;
- mancavano gli equipaggiamenti e le attrezzature erano inadatte alle aree dove si sarebbe operato (cioè in Libia, Unione Sovietica, Albania, Grecia).
Secondo lo storico
Giorgio Spini, una delle cause di tale situazione deficitaria era da
attribuirsi al fatto che la cosiddetta “sbirrocrazia di Mussolini”,
come egli definì il fascismo, rivelò la propria debolezza proprio
nelle Forze Armate, in quella realtà che la retorica del regime
avrebbe voluto organica al proprio disegno totalitario.
Contrariamente a quello
che era avvenuto negli anni trenta nel settore degli
armamenti, allorquando le ricerche nel campo militare avevano
dato buoni frutti. Infatti, l'Italia possedeva bocche da fuoco di
ottima qualità, inserite tra le migliori del conflitto, ma
pochissimi esemplari furono prodotti e distribuiti. Anche l'armamento
individuale era degno di nota con il moschetto automatico Beretta
(usato da truppe speciali come la 185ª Divisione Paracadutisti
Folgore), la mitragliatrice Breda mod. 37 o la pistola Beretta
M34 per ufficiali. All'entrata in guerra i carri armati
disponibili erano di tipo leggero e con armamento fisso, il carro
medio era decisamente inferiore a quelli avversari. Per quello che
riguarda i carri pesanti, praticamente ne fu prodotto un solo
esemplare prima dell'8 settembre 1943. Vennero invece prodotti
molti esemplari di un semovente, il 75/18 che dimostrò potenza e
affidabilità anche dopo il 1943, nonostante l'arrivo di nuovi carri
da parte dell'Asse e degli Alleati.
Veniamo
ora alla situazione dei reparti. Il Regio
Esercito, nella seconda
guerra mondiale utilizzò diversi
tipologie di Divisioni,
per la maggior parte di fanteria.
La Divisione era l'unità
di base del Regio Esercito.
Il 10 giugno 1940,
le 75 Divisioni erano così ripartite:
59 di fanteria, 3
della milizia, 2 coloniali libiche, 5 di alpini, 3 celeri,
3 corazzate e 2 motorizzate.
La gran parte di queste
grandi unità erano dislocate nel territorio metropolitano o in
Libia, e solo due erano in Africa Orientale Italiana (la
cui guarnigione era composta in gran parte da unità di Camicie Nere
e da brigate coloniali).
La riorganizzazione
del 1938 aveva portato alla costituzione di
divisioni di fanteria cosiddette binarie, poiché
erano composti da 2 reggimenti di fanteria (invece dei precedenti
tre), oltre ad uno di artiglieria.
Alla
maggior parte di queste unità, successivamente, venne aggregata una
Legione d'Assalto di Camicie Nere. A queste, occorre poi aggiungere
un battaglione di mortai da 81,
una compagnia con artiglieria anticarro, una compagnia del genio, una
mista con telegrafisti e marconisti, oltre a diverse sezioni
(fotoelettricisti, sanità, sussistenza e pesante).
Al
10 giugno 1940, una Divisione di questo tipo risultava composta da
circa 13 mila uomini, equipaggiati con 60 pezzi di artiglieria,
156 mortai e 350 mitragliatrici. Per il trasporto erano
disponibili circa tremila cinquecento animali,
154 carri, 153 biciclette, 71 motocicli e 131 mezzi di vario tipo.
L'effettiva assegnazione avvenne abbastanza a rilento per
problemi addestrativi e per la limitata disponibilità di materiali,
ed era ancora largamente incompleta al momento dell'entrata in
guerra.
Numerose sulla carta,
in realtà al momento della dichiarazione di guerra la maggior
parte delle divisioni italiane era incompleta sia in termini
di uomini che di materiali; difatti su 75 divisioni appena 35
potevano dirsi complete in termini di organico e materiali. Questa
situazione non venne mai interamente rettificata durante il corso
della guerra, e una parte considerevole delle divisioni sul
territorio metropolitano o impegnate in compiti di guarnigione in
Francia e nei Balcani, rimasero incomplete dal punto di vista dei
materiali, dovendo anzi spesso cedere parte delle proprie dotazioni
per sostenere le divisioni impegnate nelle zone di operazioni.
Successivamente
all'ingresso in guerra, verranno costituite numerose altre unità di
livello divisionale. Tra queste, vi erano anche Divisioni
di paracadutisti (due, con una terza mai completata) ed
oltre 20 Divisioni costiere. Queste ultime erano essenzialmente di
reparti di seconda linea, di consistenza variabile a seconda della
zona di impiego.
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