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giovedì 17 ottobre 2024

Sfere di influenza

 APPROFONDIMENTI

LA LEADERSHIP NEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

R. E. Lee


                                      Sergio Benedetto Sabetta

“ … l’afasia strategico – concettuale che in questo frangente connota le grandi democrazie occidentali ne accresce l’incoerenza e ne mina la credibilità, anche- ed è forse il problema maggiore – agli occhi dei loro cittadini … In questa confusione strategica, che l’America condivide con gran parte degli alleati europei, si insinua la deglobalizzazione. Gli attori che ne sono protagonisti, … ,non rigettano l’armamentario economico – industriale offerto loro dall’Occidente come strumento di benessere e potenza. Ne indirizzano però i mezzi ad altri fini, ad altri interessi. Sulla scorta di agende non più < occidentali>.” ( 44- 45, F. Maronta, L’incidente dell’Occidente, in “ Fine della guerra, Limes 4/2024).


Nella confusione e scontro in atto vi è un ritagliarsi di sfere di influenza, in cui nell’Occidente in termini strategici vi sono interessi divergenti, a cui si affiancano una carenza sia numerica che culturale nell’identificarsi con la Nazione e culturalmente nell’Occidente in senso stretto, oltre ad una stanchezza psicologica nel porsi quale centro di riferimento.

Si ottiene quindi una deglobalizzazione a seguito del ripiegarsi in sé degli USA, dove alla crisi demografica si affianca una crisi identitaria, favorita dagli spostamenti di popolazione a seguito della modifica dei rapporti demografici, peraltro sfruttata in termini di “ pressione” dalle potenze in lotta.

A questo si affianca, nell’individualismo esasperato favorito nell’attuale modello economico e dall’uso dei social, un abbassamento della qualità favorito, in particolare per l’Italia, dall’uscita all’estero dei giovani culturalmente più preparati e meglio finalizzati.

Nella mancata identificazione con la Nazione e con la relativa cultura viene a perdersi la coesione sociale, occorreranno decenni per riempire il vuoto e dare una finalità sociale alle nuove generazioni.

Una finalità necessaria anche all’agire diplomatico, se si vogliono evitare guerre senza fine e scontri civili, una mancata finalità sovrapposta ad una mancata capacità di impegno come rilevato tanto in Italia che in Germania o Francia. ( Editoriale, 7 -32 , in “Fine della guerra”, Limes 4/2024)

Vi è anche un errore prospettico dovuto alla mancata contestualizzazione della nostra storia, a cui si affianca la cancellazione dei nostri valori portanti secondo una visione dell’eterno presente e dell’imposizione di un “politicamente corretto” che impedisce il contraddittorio ( F. Rampini, Suicidio occidentale, Mondadori 2021).

Si può pertanto osservare che le problematiche del cambiamento che investono le organizzazioni coinvolgono oltre che la variabile strutturale quella relativa alla costruzione di una cultura diretta allo sviluppo dei sentimenti di fedeltà e impegno verso l’organizzazione, ma vi una terza problematica più propriamente individuale che è la riduzione dell’ansia dei singoli per il cambiamento, nonché per le loro conseguenti prospettive.

I rapporti tra le persone sono determinati dalle aspettative che ciascuno si crea nel relazionare con gli altri, ma queste aspettative sono anche il frutto di precise politiche organizzative pianificate o confuse che siano.

Hirschman individua tre reazioni in una politica di cambiamento, l’abbandono dell’organizzazione, la protesta per l’insoddisfazione organizzativa e la fedeltà passiva indipendentemente dalle prospettive future.

Le prime due acquistano alternativamente rilevanza in funzione della possibilità o meno di un ricollocamento, infatti l’uscita dall’organizzazione sarà favorita da una dinamicità nel ricollocamento mentre in caso di rigidità prevale la protesta interna.

La crescita della possibilità di uscita genera un indebolimento del senso di appartenenza che può trasformarsi in precarietà e insicurezza, dando voce a proteste distruttive fino a sciogliere completamente l’identificazione con l’organizzazione.

Acquista pertanto rilevanza la politica gestionale e la vision che essa esprime nel determinare l’organizzazione e la sua cultura, creando nuovi rapporti tra i soggetti coinvolti.

L’importanza della cultura è fondamentale nel determinare il fallimento o il successo di un’organizzazione quale parte non scritta dell’organizzazione stessa (Daft) in quanto favorisce la capacità di attrarre ma soprattutto motivare le risorse umane migliori.

Considerare il tessuto relazionale centrale per la fidelizzazione valutando anche gli aspetti etici e relazioni, oltre che puramente emozionali, comporta uno sforzo ed una capacità gestionale del tutto nuova per gli aspetti finora considerati.

Il posizionare un’organizzazione in un rapporto con l’intera dimensione umana e non solo con una porzione rappresentata dalla sua finalità crea meccanismi di coinvolgimento molto complessi, in cui prevalgono nell’organizzazione le capacità umane di gestire la complessità e la sfaccettatura dei rapporti espressi e inespressi.

Il cambiamento che viene ad investire la cultura dell’organizzazione se da un lato deve risolvere i problemi concreti, dall’altro crea ansietà si che devono intervenire delle azioni volte a ridurre l’ansietà promuovendo nuova sicurezza nel fare emergere i nuovi valori su cui motivare le persone.

Interviene l’importanza della circolarità delle informazioni le quali possono attivare forme di negoziazione e mediazione per rendere evidenti tutte le alternative possibili.

Nel realizzare il cambiamento occorre il sostegno della dirigenza che sponsorizzi lo stesso mettendo a disposizione le risorse necessarie ed elaborando piani per un cambiamento incrementale oltre le inevitabili resistenze (Daft). La nuova vision dovrà riguardare non solo l’organizzazione e le finalità strategiche ma anche la cultura che sta alla base dell’agire, creando modelli di riferimento.

L’importanza della vision è fondamentale nel creare una tensione al cambiamento condivisa da tutti in modo da ridurre, nel tentativo di perseguire i nuovi obiettivi, l’ansia derivante dal cambiamento per il venire meno delle certezze conseguenti ai precedenti rapporti e valori.

Deve essere una condivisione progettuale che supera la scissione tra obiettivi chiari perseguiti e l’organizzazione con tutte le persone che in essa convivono.

Questa vision si risolve operativamente in una serie di traguardi di varia complessità da raggiungere secondo tempistiche predeterminate, costituenti nell’insieme la nuova frontiera dell’organizzazione.

La definizione della vision deve nascere da una piena comprensione del contesto ambientale in cui l’azione vive e interagisce con i fattori frenanti che intervengono.

Prima dell’aspetto propositivo della vision deve essere chiarito l’aspetto investigativo della mission, in altre parole occorre chiarire:


  • Chi siamo;

  • Dove siamo;

  • Dove andiamo;


solo successivamente si potrà definire la vision con:


  • Dove andare o dobbiamo andare;

  • Come fare.


Maggiore è la precisione dell’individuazione di ciò che si è, maggiore sarà la possibilità di definire un obiettivo effettivamente raggiungibile evitando percorsi dispersivi, così come altrettanto importante è l’individuazione dei fattori esterni che influenzano l’organizzazione nonché la loro rilevanza.

Solo nel momento in cui viene individuata la direzione futura e debitamente corretta la precedente inerziale, si può progettare una adeguata strategia.

Il processo di formazione della vision non è lineare ma cresce per progressive approssimazioni spiraliformi, la visione culturale che sta alla base del processo può interpretare negativamente il cambiamento come rischio o piuttosto come opportunità di crescita, sviluppando una cultura capace di fondere e unire anziché separare.

Si passa da semplici risposte ai problemi (problem solving), allo sforzo di riformulare i problemi secondo nuovi punti di vista (problem setting).

Il contesto economico in cui operano le organizzazioni in generale, è caratterizzato da una progressiva accelerazione del cambiamento, da strette interconnessioni tra elementi una volta ritenuti indipendenti e dal prevalere di elementi immateriali quali conoscenze e relazioni sugli aspetti fisici, questo comporta che il cardine del processo di cambiamento risulta essere la comunicazione ed il Know How delle persone.

I modelli organizzativi che prevalgono sono quelli a rete strategicamente flessibili, autorganizzativi, in cui si instaura un circolo virtuoso fondato sulla comunicazione e la learning organization.

Ma l’elaborazione di una vision richiede una forte leadership che comunque gestisca il cambiamento superando gelosie e resistenze, nonché invidie che pongano veti incrociati bloccando l’emergere di nuove figure più adatte alla nuova strategia, interviene nuovamente il richiamo al fattore culturale.

Un qualsiasi cambiamento scatena gelosie e rabbia, gelosie per i presunti o reali altrui successi e rabbia per la paura della perdita di qualcosa ritenuto prezioso, quale il posto di lavoro, le risorse esistenti o più semplicemente il controllo sull’attività da svolgere (Florence Stone).

In questi momenti acquista ancor più rilevanza l’influenza esercitata dalla leadership che può rivelarsi patogena o salutare misurandosi con se stessa e con i sistemi di valore individuali e dell’organizzazione, nel creare una vision deve motivare con comportamenti costanti e coerenti al nuovo orizzonte indicato, sapendo che il linguaggio informale è altrettanto incisivo del linguaggio formalizzato.

La responsabilità del ruolo deve indurre alla pacatezza nelle decisioni, che sebbene rapide non devono assumere una forma nevrotica, ma soprattutto deve mancare l’approccio “mercenario” di colui che gestisce guadagnando e preparandosi ad uscire dal gioco di squadra, dando l’idea del capitano che si prepari ad abbandonare la nave.

Le qualità che caratterizzano una leadership equilibrata tesa al futuro sono la consapevolezza visionaria, la sensibilità multiculturale, la intuizione, il senso del rischio, l’autocoscienza il tutto deve creare un clima organizzativo che incoraggi un senso di orgoglio e determinazione integrando e trasformando, avendo sempre attenzione al collegamento tra i valori dell’organizzazione e quelli del cambiamento in atto.

La forza d’animo e la decisione nel forzare una situazione sfavorevole creando nuove prospettive, non deve indurre a perdere il rispetto verso i collaboratori, senza superbia né eccessiva confidenza che sfoci verso una stucchevole bonomia o un’irritante paternalismo.

Un esempio particolarmente illuminante di una tale leadership la si può ricavare dalla condotta di Robert Edward Lee il quale nell’assumere il comando militare delle forze confederate nella primavera del 1862, in un momento in cui la Confederazione era stretta da ogni dove dagli eserciti Unionisti riuscì a ribaltare la situazione fino a minacciare la stessa capitale nemica Washington, obbligando sulla difensiva forze superiori e dando respiro ad una situazione di fatto già compromessa.

La Grande Unità di cui nel giugno 1862 assunse il comando divenne la celebre “Armata della Virginia Settentrionale”, un insieme formidabile, una fusione in un solo blocco di uomini, veterani di decine di scontri, guidata da capi abili e prestigiosi collegati da un rispetto ed una stima reciproca e profonda con i propri uomini.


Bibliografia


  • AA. VV. , Una certa idea di Italia, Limes 2/2024; Fine della Guerra, Limes 4/2024; La Germania senza qualità, Limes 6/2024;

F. Cardini, La deriva dell?Occidente, Laterza 2023;

  • R.L. Daft, Organizzazione Aziendale, Apogeo 2001;

  • J.P. Kotter, Guidare il cambiamento, rinnovamento e leadership, Etas 1998;

  • A cura di M. Francione e G. Gianfrante, Il Potere. Intervista a Cesare Romiti, in “E.& M.”, 31-39, 1/2007;

  • V. Perrone, Maschere da manager, in “E &N.”, 9-15, 1/2007;

  • A. Mintzberg, Portare il management al safari delle strategie; J. Neal, Camminare sul filo … senza cadere; F.Stone, Gestire la rabbia della forza lavoro, in “L’azienda globale”. Vol. 1, Boroli Editore 2006;

  • R. Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana, Rizzoli, 1999.


mercoledì 16 ottobre 2024

Italia: la sua geopolitica vicina

 UNA FINESTRA SUL MONDO


Carta: Fonte LIMES Rivista Italiana di Geopolitica

L'Italia ha tre aree di intervento geopolitico: i Balcani, la Libia e il LIbano. 

I Balcani sostanzialmente sono in equilibrio e la presenza italiana è compensata  dal fatto che ormai l'area è stabilizzata. I Governi locali guardano più alla Germania che all'Italia e l'Euro rappresenta un forte punto di ancoraggio

Dalla LIbia, nonostante tutta la buona volontà siamo stati estromessi dai Russi in Tripolitania e dai Turchi in Cirenaica. Dal Fezza e zone meridionali praticamente ci siamo ritirati da soli

In LIbano abbiamo forze consistenti di interposizione, a livello di Brigata rinforzata sotto l'egida dell'ONU (UNIFIL). L'azione di Israele mette in discussione la nostra presenza. In pratica ci chiede di andarcene. La Russia domina la Siria ed abbiamo alle spalle gli oltre 70.000 schiti di Hetzbollath dipendenti dall'Iran. In pratica la nostra presenza è estremamente condizionata e in prospettiva di medio termine la nostra influenza tednerà a ridursi sempre più

martedì 15 ottobre 2024

1940. La propaganda

ARCHIVIO




 Come la stampa nazionale riportava le giustificazioni della aggressione della Germania alla Polonia

 

lunedì 14 ottobre 2024

Prospettive. La difficoltà di vivere il presente Brescia

 DIBATTITI

Il Nastro Azzurro compie cent’anni. 

Considerazioni sul presente per costruire il futuro

Non poteva mancare in una pubblicazione come questa la voce del Sindaco della città. Non solo perché anche il gonfalone di Brescia si fregia di una medaglia d’oro a ricordo delle eroiche Dieci giornate, di una croce al merito di guerra per le sofferenze subite nella prima guerra mondiale e di una medaglia d’argento al valor militare per la lotta di liberazione sostenuta dal 1943 al 1945, ma perché tutte le medaglie che sono andate a fregiare il petto di tanti bresciani appartengono, simbolicamente, alla comunità che il comune capoluogo può rappresentare.

Il compiacimento profondo e sincero che desidero esprimere su queste pagine riguarda tutti i bresciani: da quelli nati in città a quelli vissuti alle pendici delle Alpi, dagli abitanti della pianura a quelli delle valli e dei laghi, ad essi va oggi il mio ringraziamento che si estende a tutti, ai viventi come ai Caduti, a coloro che ebbero la più alta delle onorificenze come a quelli che si poterono fregiare della croce di guerra.

Perché in ogni caso la loro presenza ideale, oggi, attraverso queste pagine, ha il valore di un esempio irripetibile. E poiché quest’esempio ci viene riproposto per la passione e l’abnegazione e il sentimento d’amor patrio di pochi entusiasti, desidero esprimere anche a loro il ringraziamento della gente bresciana.

Oggi in particolare c’è bisogno di tutto questo. Oggi, di fronte al dissolversi delle idealità e soprattutto davanti alla constatazione della perdita di una coscienza della dignità umana, della libertà, della giustizia, della democrazia la riproposta di un sacrificio, di una capacità di lotta e di dedizione significa senza alcun dubbio un invito a riprendere la strada che già condusse l’Italia dalla sottomissione allo straniero fino all’autonomia e all’unità. Troppo spesso si dimentica il valore della Patria e ciò che ad essa è intimamente connesso. Dimenticarlo significa perdere il senso della comunità e quindi, in una certa misura, anche il senso dell’appartenenza ad un popolo, ad una nazione di cui dobbiamo invece sentire sempre di più il legame e la discendenza.

[…] Da queste pagine ognuno potrà trarre motivo di conforto e, ad un tempo, di speranza. Conforto per quanti ritroveranno in esse il ricordo di un padre, di un fratello, di un congiunto, speranza per coloro che ancora credono nella capacità dell’uomo di restituire alla società i valori autentici e irrinunciabili che sempre hanno costituito l’essenza della civiltà. Di questi valori i decorati furono e sono l’espressione viva. Rendere loro omaggio significa rendere omaggio alla comunità bresciana che in essi si rispecchia e si riconosce.

Nei loro profili, nella descrizione del gesto in cui si concretò il loro eroismo, possiamo ben leggere oggi l’anima forte, lo spirito retto, il coraggio che hanno sempre guidato la nostra storia e guidano oggi la nostra giusta aspirazione ad un mondo migliore”.

Scrive queste note per la prefazione allo “Albo d’oro dei decorati al Valor Militare di Brescia e Provincia” il sindaco di Brescia Bruno Boni nel febbraio del 1973, cinquant’anni fa. Parole che non sono cadute nel vuoto ma che, soprattutto, sono ancora attuali, oggi che l’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al Valor Militare che ha realizzato l’Albo festeggia e commemora i cent’anni. Ancora oggi è attuale chiedersi il significato del sacrificio per la Patria, variamente compiuto fino al gesto estremo del sacrificio della vita. E davanti alle molteplici scene di guerra e guerriglia che ci arrivano da molte parti del mondo, la domanda su cosa e come faremo noi per la difesa del nostro Paese, della nostra cultura e tradizione, di noi stessi, non è così vana o così desueta come potremmo pensare. O come potevamo pensare soltanto poco prima di una escalation di distruzione che sembra riappropriarsi pericolosamente dell’essere umano ogni dove, ciclicamente. Oggi che la società è cambiata, c’è ancora posto per capire cos’è dedicarsi alla Patria, senza tergiversare e senza pensare che ci sia qualcun altro a doverlo fare?

Sono passati cinque decenni da quando Bruno Boni, sindaco di Brescia per quasi ventisette anni, affermava che si stavano dissolvendo le idealità ed oggi ce lo dobbiamo chiedere ancora, non tanto come giudizio pessimistico sul presente, ma come presa di coscienza di dove fare andare la strada che continuiamo a costruire giorno per giorno.

La scelta di celebrare un centenario dedicandosi alle storie dei decorati al Valor Militare, ad esempio, è un modo per onorare la memoria di chi ci ha preceduto e per assicurare che quanto è stato fatto, e quanto è stato scritto, non va mai perduto, fino a quando ci sarà una frase, una parola che incuriosirà, che stupirà, che farà sorgere la domanda “perché ha fatto questo?”. Ripercorrere le motivazioni delle decorazioni, infatti, è una scoperta e una riscoperta della Storia. Per me che ho sempre amato lasciare la parola ai protagonisti, andando a cercare le biografie delle vite delle persone comuni, aprire l’Albo d’oro dei decorati al Valor Militare, e quello di Brescia e Provincia è particolarmente corposo, è un lasciare centinaia e centinaia di persone rivivere attimi, paure, speranze, desideri che tutto quello che stavano vivendo avesse un senso e permettesse ai posteri di continuare a vivere.

Commemorare i propri Caduti non significa in nessun modo evadere dal presente per rifugiarsi nel passato: significa invece chiarire i valori, riscoprire presenza, che sono attuali in ogni memento, ma soprattutto ai nostri giorni”, scriveva nella sua prefazione all’Albo d’oro di Brescia il professor Sandro Fontana, all’epoca assessore alla Cultura della Regione Lombardia. “Questi caduti […] hanno cementato, con il loro sacrificio, l’unificazione della società italiana e la sua continuità storica: i valori in cui essi hanno creduto si collocano alle fondamenta dello Stato italiano”.

Ecco, cent’anni dopo siamo qui, ci siamo, a spolverare medaglie e monumenti per farli sembrare odierni e dare loro quel ruolo di insegnanti in una società che non reputo così distratta come si vuole far credere tra un’opinione superficiale e l’altra. Alla fine, chiusi nei libri o nelle coscienze, ci sono i sentimenti profondi che legano le generazioni le une alle altre e che regalano le stupefacenti capacità dell’umanità tutta.

Infatti, anche noi dell’Istituto del Nastro Azzurro siamo coglitori del testimone del Regio Viglietto del 26 marzo 1833 con il quale il re Carlo Alberto istituiva la Medaglia d’Oro e la Medaglia d’Argento al Valor Militare, motivo per il quale si volle fondare l’Istituto proprio il 26 marzo di quel 1923 di cent’anni fa.


Alessia Biasiolo, CESVAM

Vicepresidente della Federazione di Ancona




domenica 13 ottobre 2024

Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941). Etiopia. XI Parte La Fauna

 SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

 Progetto Prigionia  2021/1



LA FAUNA. La fauna etiopica è ricca specialmente nella regione meridionale dei laghi e nel bacino dell'Omo. L'ippopotamo vive numeroso in tutti i fiumi della Somalia, gli elefanti si riscontrano in grandi branchi nel bacino dell'Omo, nell'altipiano del Tertale, sul Giuba e sull'alto Uebi Scebeli. Il leone è comune nella Somalia, al pari de leopardo. Numerose sono le antilopi e le gazzelle, frequente lo zibetto; uccelli dai colori vivaci e dalle piume ricercate, come i marabù, le aigrettes, gli struzzi, arricchiscono il territorio. Nelle acque dolci dei fiumi specie nel territorio dei Sidama, dei Borana, ecc. abbonda anche il coccodrillo; in numero considerevole sono le testuggini, le lucertole, ecc1



1Manetti C., Caratteri geografici dei territori dell’Impero e Storia delle loro Esplorazioni, in Sillano T., L’Impero (A.O.I.). Studi e Documenti, Roma, La Rassegna Italiana, 1937 pag. 85-93



Tipi di genere  etiopi


sabato 12 ottobre 2024

L’Italia e la Conferenza di Wersailles: L’obiettivo strategico ignorato

 


Le potenze vincitrici della prima Guerra mondiale sono sostanzialmente quattro: la Francia, la Gran Bretagna gli Stati Unti e l’Italia. Teoricamente alla Conferenza per la pace indetta a Wersailles partecipavano tutte e quattro su un piano di parità. Dovevano decidere come riorganizzare il sistema mondo ridisegnando i nuovi equilibri, modificando quelli che erano stati disegnati nel 1815 a Vienna dopo la sconfitta napoleonica.

L’Italia ebbe la sua grande occasione storica di dimostrare di essere una Grande Potenza.

In realtà l’Italia in termini di requisiti per essere definita tale, ne aveva uno solo: la popolazione, ovvero la forza lavoro produttiva. Militarmente aveva una industria ipersviluppata per via della partecipazione alla Grande Guerra, ma sul piano politico le altre potenze avevano sempre considerato il fronte italiano un fronte secondario, e per giunta la condotta italiana non certo brillante avendo avuto fasi alterne e in certi momenti anche tragiche. Sil piano industriale generale, compresa l’industria degli armamenti, agli aspetti positivi si contrapponeva il grave problema della totale dipendenza dai capitali statunitensi, sia per i crediti esistenti che per la sussistenza generale, come ad esempio la importazione di grano di cui l’Italia era totalmente dipendente dall’estero. L’approvigionamento delle materie prime strategiche era tale che l’Italia dipendenva dai mercati internazionali e da un mondo che era uscito sconvolto dalla prima guerra mondiale. Ovvero non aveva certezza lacuna. Da un momento all’altro l’Italia poteva crollare e finire nel caos senza che potesse opporre qualsiasi azione. Alla Confrenza di Wersailles questo era noto a tutti, meno che ai nostri rappresentanti sia politici che diplomatici che invece si sentivano i padroni del mondo, al centro di ogni decisione globale.1 Il vero obiettivo che dovevano perseguire era quello di avere un area da dove attingere le materie strategiche primarie per tenere in piedi l’industria nazionale e dare quindi stabilità ad una economia che era sempre sull’orlo del fallimento.

Sopratutto petrolio e carbone dovevano essere approvvigionati da aree sotto il controllo diretto italiano, in qualsiasi parte del mondo. Non avendo chiaro questo obiettivo strategico primario, i nostri rappresentanti andarono a Wersailles perseguendo obiettivi secondari, perdendo ogni credibilità e peso specifico e avviandosi ad una sconfitta diplomatica che fu la genesi di tante amare tragedie del primo dopoguerra


1Wenster R.A., Una speranza rinviata. L’espansione industriale italiana ed il problema del petrolio dopo la prima guerra mondiale, in Storia contemporanea, Anno XI, Aprile 1980, n. 2 . Bologna, Società Editrice Il Mulino, 1980, pag219 e segg.

giovedì 10 ottobre 2024

Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941). Etiopia. X Parte La Flora

 SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

Progetto Prigionia, 2021/1


Tipi di genere in Etiopia


La flora dell'Etiopia varia col variare delle diverse regioni agrarie considerate. La zona bassa o del Samhar comprende diverse specie xerofile, fra cui l'Acacia mellifera. A. orfota, e poi Capparis, Ricinus, Tamarix, Suaeda, ecc.

Nella zona dancala si incontrano formazioni di Hyphaene danka- lensis; nel bassopiano sudanico le palme dum (Hyphaene nodularia). Nella zona delle pendici più basse o del Quollà troviamo molte combretacee, Acacie (A. glaucophylla, orfota, ecc.), piante sempreverdi come la Grataeva religiosa, l'Aloe, l'Ampelocissus abyssinicus, il Baobab, l'albero dei salami o Kigelia aethiopica.

II Woina Degà possiede l'olivo selvatico, la Smilax aspera, la Pistacia lentiscus, il Mirtus communis, l'Erica arborea. Vi si trovano anche vecchie conoscenze come il Celtis, lo Juniperus, l'Osyris, il Ramnus. il Rhus, il Rubus, il Thymus ed altre piante ben note.

La zona del Degà, o zona alpina del Tancredi, ha in Eritrea gli stessi caratteri della precedente, sebbene possegga alcune specie che non furono trovate nel Woina Degà. Tali sono l'Antithtrixia abyssinica, l'Apodytes dimidiata, il Ficus capensis, la Pistacia lentiscus, ecc.


mercoledì 9 ottobre 2024

Il Testo della sentenza della Corte di Cassazione in merito al Sacrario di Redipuglia.

 NOTIZIE CESVAM

Corte di Cassazione

Penale Sentenza Sezione. 3 Numero. 24271 Anno 2024

Presidente: RAMACCI LUCA Relatore: CORBETTA STEFANO

Data Udienza: 09/05/2024


SENTENZA

sui ricorsi proposti da Owusu Frimpong Emmanuel, nato a Udine il 06/11/1993 Piras Matteo Antonio, nato a Latisana il 21/07/1994 avverso la sentenza del 11/07/2023 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta; letta la requisitoria redatta ai sensi dell'art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; lette memoria e le conclusioni del difensore degli imputati, avv. Daniele Vidal del foro di Udine, che insiste per l'accoglimento dei ricorsi; lette la memoria e le conclusioni del difensore della parte civile Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare, avv. Laura Ferretti del foro di Pordenone, che chiede la conferma della sentenza impugnata, con condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali, come da nota spese allegata.”


RITENUTO IN FATTO

1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Trieste ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Gorizia all'esito di giudizio abbreviato e appellata dagli imputati, la quale aveva condannato Emmanuel Owusu Frimpong e Mattia Antonio Piras alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa subordinatamente alla corresponsione del risarcimento del danno liquidato in favore della costituita parte civile, in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 408 cod. pen., perché, in concorso tra loro, in assenza di qualsivoglia autorizzazione, realizzando ed interpretando un video musicale che li ritraeva mentre erano intenti a ballare e a cantare una canzone dal titolo "CSI - Chi sbaglia paga" all'interno dell'area del Sacrario militare di Redipuglia, ed, in particolare, sopra i gradoni ove sono sepolti i resti dei soldati caduti nella prima guerra mondale, e, in seguito, pubblicandolo on line su un canale YouTube, vilipendevano le tombe e il luogo che è destinato a mantenere viva ed onorata la memoria dei militari caduti. 2. Avverso l'indicata sentenza, gli imputati, per il ministero del comune difensore di fiducia, con il medesimo atto hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo: - con un primo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all'art. 408 cod. pen. per errata valutazione dell'elemento soggettivo, in quanto la Corte di merito non ha affatto motivato in ordine alla sussistenza del dolo, essendosi unicamente focalizzata sulla conclamata sacralità del luogo in cui si è tenuta la condotta, e considerando la finalità di espressione artistica - e non già offensiva - che ha animato gli imputati; - con un secondo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all'art. 408 cod. pen. per errata valutazione dell'elemento oggettivo, mancando una condotta di vilipendio, posto che i gli imputati si sono limitati a cantare una canzone, il cui contenuto, peraltro, non ha nulla di offensivo o di dispregiativo; - con un terzo motivo, la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 408 cod. pen., avendo la Corte d'appello fondato l'affermazione della penale responsabilità su elementi inconferenti, quali il pericolo di emulazione e la mancanza di autorizzazione alle riprese; - con un quarto motivo, l'illogicità della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, trattandosi di soggetti incensurati e non avendo la Corte di merito valutato la condotta dell'imputato Owusu, il quale, in seguito, sui canali sodali, ha manifestato le proprie scuse;


- con un quinto motivo, la mancata esclusione della parte civile Associazione del Nastro Azzurro, la quale non ha alcuna specifica finalità connessa con il sacrario di Redipuglia, né con la memoria dei caduti, e l'abnormità della quantificazione del risarcimento del danno, che non è sorretta da alcuna motivazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono, nel complesso, infondati. 2. Cominciando dal secondo e dal terzo motivo - che rivestono priorità logica essendo diretti a contestare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato - gli stessi sono infondati. 3. Il bene tutelato dalle fattispecie delittuose racchiuse nel Capo II del Titolo IV del Libro II del codice penale - ove è collocato l'art. 408 cod. pen. - va individuato, come chiaramente emerge dalla stessa intitolazione della rubrica, nella "pietà dei defunti", da intendersi nel senso di pietas: locuzione che designa quel diffuso e sentimento, individuale e collettivo, il quale si manifesta nel rispetto tributato ai defunti ed alle cose destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura. La pietas per i defunti, in particolare, è un sentimento che attiene all'essere umano in quanto tale anche quando ha cessato di vivere, come proiezione ultraesistenziale della persona, e ciò indipendentemente dall'adesione a un particolare credo religioso, come, del resto, lascia chiaramente intendere la suddivisione dei Capi contenuti in questo Titolo, che distingue, appunto, i "Delitti contro le confessioni religiose" - rubrica introdotta dall'art. 10, comma 2, I. 24 febbraio 2006, n. 85, che ha sostituto la precedente "Delitti contro la religione dello Stato e dei culti ammessi" - dai "Delitti contro la pietà dei defunti". Se l'intero Capo ruota attorno al medesimo bene giuridico, emerge una partizione interna tra le prime incriminazioni (artt. 407 - 409 cod. pen.), il cui oggetto materiale è legato al culto dei defunti ed al sentimento di pietà che esso suscita, e le fattispecie successive (artt. 410-413 cod. pen.), poste a salvaguardia delle spoglie mortali e, quindi, del medesimo sentimento che le stesse evocano. In particolare, la condotta di vilipendio punita dall'art. 408 cod. pen. - che deve avvenire «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura» - ha ad oggetto «tombe, sepolcri o urne», oppure «cose destinate al culto dei defunti», quali croci, cappelle, immagini, lampade, fiori e tutti gli oggetti finalizzati alla memoria del defunto, ovvero cose destinate «a difesa o ad ornamento dei cimiteri», come muri, porte, monumenti, piante dei viali.


Di conseguenza, oggetto specifico della tutela apprestata dall'art. 408 cod. pen. è quel profilo della pietà dei defunti, che si declina attraverso il rispetto della sacralità del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie destinate al ricordo dei defunti. 4. L'elemento oggettivo del reato consiste in un'azione di "vilipendio", termine che compare in diverse disposizioni codicistiche di parte speciale - specie tra i delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 290, 291, 292), oltre che, appunto, tra i delitti raggruppati nel Titolo IV (oltre all'art. 402, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 508 del 2000, gli artt. 403, 404 e 410)- , di cui però la legge non offre, in nessuna disposizione, la nozione. Come suggerito dalla Corte costituzionale con riferimento alla fattispecie prevista dall'art. 290 cod. pen., il termine "vilipendio" va inteso "secondo la comune accezione del termine", e "consiste nel tenere a vile", il che significa, con riferimento al delitto di vilipendio della Repubblica, "ricusare qualsiasi valore etico o sociale o politico all'entità contro cui la manifestazione è diretta sì da negarle ogni prestigio, rispetto, fiducia, in modo idoneo a indurre i destinatari della manifestazione (sent. n. 20 del 1974). Se, dunque, il vilipendio deve essere inteso nel suo significato letterale, le fattispecie che lo prevedono come elemento costitutivo del fatto sono delineate come reati a forma libera, stante la molteplicità di condotte attraverso cui può manifestarsi il sentimento di disprezzo, scherno o dileggio, cambiando unicamente, a seconda delle diverse disposizioni incriminatrici, l'oggetto su cui deve incidere la condotta di vilipendio.


5. Con specifico riguardo al delitto qui al vaglio, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, rientra certamente nell'ambito di operatività della fattispecie di cui all'art. 408 cod. pen. il compimento di atti di disprezzo su cose deposte nei luoghi destinati a dimora dei defunti ed aventi la funzione di evocare il sentimento di pietà nei loro confronti che rechino danno alle stesse, le lordino o vi imprimano segni grafici vilipendiosi ovvero ne comportino la rimozione, anche parziale, con eventuale sostituzione con altre diverse per significato, origine e rilevanza sociale (Sez. 3, n. 43093 del 30/09/2021, Albertario, Rv. 282298-01; Sez. 3 n. 4038, del 29/03/1985, Moraschi, Rv. 168901). Inoltre, come si desume dalla locuzione impiegata nell'art. 408 cod. pen. - la quale incrimina il vilipendio "di", e non "su", tombe, sepolcri o urne, cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri - assumono penale rilevanza anche semplici espressioni verbali o comportamenti che non ricadano sulla cosa in modo tale da produrne una modificazione esteriore visibile, purché,ovviamente, meritino l'appellativo di "vilipendio", ossia esprimano disprezzo o profanazione verso le cose poste nei luoghi di sepoltura indicate dalla norma.


6. Va doverosamente precisato che spetta al giudice il compito di uniformare la previsione astratta di reato al principio di offensività: esigenza tanto più avvertita quanto più la condotta punibile sia individuata dal legislatore mediante l'impiego di termini aventi un'ampia latitudine semantica, quale certamente è il "vilipendio". Come costantemente predicato dalla Corte costituzionale, il principio di offensività - la cui matrice costituzionale è ricavabile dall'art. 25, secondo comma, Cost. (sentenza n. 211 del 2022), in una lettura sistematica cui fa da sfondo l'«insieme dei valori connessi alla dignità umana» (sentenze n. 225 del 2008 e n. 263 del 2000) - opera su due piani distinti: da un lato (offensività "in astratto"), come precetto rivolto al legislatore, il quale non può sottoporre a pena fatti che, nella loro configurazione astratta, non esprimano un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione; dall'altro (offensività "in concreto"), come criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, il quale, nella verifica della riconducibilità della singola fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto, deve escludere dall'area del penalmente rilevante quei fatti che, sebbene formalmente conformi al tipo legale, in concreto si rilevino inidonei a ledere o a mettere in pericolo il bene tutelato (cfr., ex multis, sentenze n. 139 del 2023, n. 211 del 2022, n. 278 e n. 141 del 2019, n. 109 del 2016, n. 265 del 2005, n. 263 del 2000 e n. 360 del 1995). Di conseguenza, come affermato la Corte costituzionale, «il compito di uniformare la figura criminosa al principio di offensività nella concretezza applicativa resta affidato al giudice ordinario, nell'esercizio del proprio potere ermeneutico (offensività "in concreto"). Esso - rimanendo impegnato ad una lettura "teleologicamente orientata" degli elementi di fattispecie, tanto più attenta quanto più le formule verbali impiegate dal legislatore appaiano, in sé, anodine o polisense - dovrà segnatamente evitare che l'area di operatività dell'incriminazione si espanda a condotte prive di un'apprezzabile potenzialità lesiva» (sentenza n. 225 del 2008). Nella ricognizione, nel singolo caso, del "vilipendio" penalmente rilevante ai sensi dell'art. 408 cod. pen., il giudice deve perciò valutare la condotta con riferimento al bene giuridico tutelato dalla norma, come sopra definito, e accertare che i gesti o le espressioni, anche se non diretti immediatamente contro le res contemplate dalla norma, producano, in concreto, la lesione del rispetto del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie, e, quindi, del senso di pietà ispirato dal ricordo del defunto che necessariamente ad esso consegue.


7. Venendo al caso in esame, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, avendo ravvisato il "vilipendio" di tombe nel fatto — insindacabilmente accertato nel giudizio di merito - che due imputati aveva posto in essere un ballo a ritmo di rap sopra le tombe di centomila caduti di guerra, che trovano la loro collocazione funeraria nel sacrario di Redipuglia. Si tratta, all'evidenza, di una condotta che, anche in relazione alla specificità del luogo, avente natura di monumento nazionale della Grande Guerra, appare chiaramente e inequivocabilmente espressiva di un sentimento di disprezzo di quel luogo di sepoltura, concretamente lesivo del senso di pietà ispirato dal ricordo delle migliaia di soldati caduti in guerra, le cui spoglie ivi riposano.


8. In conclusione, deve perciò ritenersi che integra il delitto di cui all'art. 408 cod. pen. lacondotta di chi, all'interno di un sacrario militare monumentale, pone in essere un ballo a ritmo di rap sopra le tombe dei caduti cantando una canzone al fine di realizzare ed interpretare un video musicale poi diffuso attraverso Internet.


9. Il primo motivo è parimenti infondato.


9.1. Si rammenta che, come condivisibilmente affermato da questa Sezione, il reato di vilipendio delle tombe di cui all'art. 408 cod. pen. è punito a titolo di dolo generico, sicché basta la coscienza e volontà del vilipendio stesso insieme con la consapevolezza del particolare carattere del luogo richiesto dalla norma, quale cimitero o altro luogo di sepoltura, essendo pertanto irrilevante il movente dell'azione, né essendo necessaria l'intenzione di offendere la memoria di un determinato defunto (Sez. 3, n. 43093 del 30/09/2021, Albertario, Rv. 282298-02), e la circostanza che la condotta sia avvenuta non per arrecare offesa al defunto, ma alla persona che aveva fatto sistemare la tomba per onorarlo e ricordarlo (Sez. 3 n. 4038, del 29/03/1985, Moraschi, cit.). Invero, nella descrizione del fatto oggetto di incriminazione non compaiono segni linguistici che denotano il dolo specifico ("al fine di", "allo scopo di"), di talché la finalità perseguita dall'agente risulta del tutto ininfluente ai fini della sussistenza del reato, così come irrilevante è il movente dell'azione, che rimane confinato nella sfera interiore dell'agente e che può rilevare ex art. 133, comma 2, n. 1 cod. pen. Oltre a ciò, l'agente deve rappresentarsi che l'azione di vilipendio sulle res indicate dalla norma avviene «in cimiteri o altri luoghi di sepoltura», come espressamente prevede il testo dell'art. 408 cod. pen.

9.2. Facendo corretta applicazione del principio ora richiamato, la Corte di merito, con una motivazione che certamente non può dirsi manifestamente illogica, ha ravvisato il dolo, evidenziando che il contesto di particolare solennità del monumento, ricco di riferimenti storici ai fatti per i quali è stato istituito, non consente di ipotizzare che i due imputati potessero ignorare che ivi riposano migliaia di salme, alla cui memoria, appunto, è stato edificato il sacrario, e, dunque, che non avessero consapevolezza di trovarsi in un luogo di sepoltura, e del fatto che l'azione dagli stessi compiuta - ossia il ballare a ritmo di rap - era posta in essere sulle tombe dei soldati, a nulla rilevando l'asserita finalità di espressione artistica che avrebbe animato gli imputati. 10. Il quarto motivo è inammissibile. La Corte di merito ha motivatamente escluso i presupposti integranti i presupposti delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., non ravvisando, nel caso concreto, alcun elemento tale da giustificare una mitigazione della pena, in ciò facendo corretta applicazione del principio, qui da confermare, secondo cui l'applicazione delle circostanze in esame non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590). Sul punto, il motivo è, oltretutto, generico, in quanto, per un verso, l'incensuratezza, per espresso dettato normativo, non può da sola giustificare l'applicazione delle attenuanti in esame, e, per altro verso, la circostanza che l'imputato avrebbe manifestato delle scuse tramite i canali social è smentito da quanto emerge dalla sentenza (cfr. p. 7), secondo cui, invece, gli imputati non hanno mostrato alcun segno di resipiscenza per l'accaduto, esprimendo, in più occasioni, la scarsa consapevolezza delle loro azioni.


Il quinto motivo (ricorso contro la costituzione dell’Istituto del Nastro azzurro a costituirsi parte civile) è inammissibile. Invero, premesso che non risulta - né i ricorrenti l'hanno anche solo allegato - che, con l'atto di appello, era stata impugnata l'ordinanza di ammissione di costituzione di parte civile, in ogni caso la Corte di merito ha evidenziato che lo statuto dell'Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare, eretto in Ente Morale con R.D. 31 maggio 1928, n. 1308, riporta, tra le finalità proprie dell'ente, la tutela delle virtù militari italiane, dell'amore per la Patria e la sensibilizzazione della coscienza dei doveri verso la Patria delle giovani generazioni, e, nell'ambito di tali scopi, rientra certamente la tutela del ricordo dei caduti per la Patria, oltre che il rispetto dei luoghi in cui sono sepolti i militari caduti per la Patria stessa.”


Quanto, infine, alla contestazione del quantum del danno, la Corte di merito, con una valutazione di fatto certamente non illogica, né arbitraria, ha ribadito la congruità dell'importo liquidato dal Tribunale sulla base sia dei connotati di grave offensività della condotta, realizzata all'interno di un momento storico nazionale, sia del fatto che il video, ritraente l'azione vilipendiosa, è stato poi diffuso sul web e così proposto a un numero illimitato di persone, con il rischio di condotte di emulazione. In ogni caso, i ricorrenti deducono censure di contenuto fattuale e, comunque, generiche, che, quindi, non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità 12.

Al rigetto dei ricorsi consegue, come per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi 3.686,00 euro, oltre oneri di legge.


P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi 3.686,00 euro, oltre oneri di legge. Così deciso il 09/05/2024.



martedì 8 ottobre 2024

Ricerca. Medaglia d'Argento Crocerossina Rhoda de Bellegarde de Sant Lary

NOTIZIE  CESVAM 

riceviamo la seguente lettera e la pubblichiamo.:

Mi chiamo Nicoletta Barizza, vivo in Provincia di Venezia e scrivo questa mail perché, se possibile, desidererei avere delle delucidazioni sulla medaglia al valor militare conferita alla crocerossina Rhoda De Bellegarde de Saint Lary (Firenze, 8 agosto 1890 - Ospedaletto da campo n. 191, 13 ottobre 1918). Dalle informazioni reperite online risulta che alla crocerossina Rhoda fu conferita la medaglia d'argento al V.M., ma io, interrogando il database dei decorati dell'Istituto del Nastro Azzurro, ho trovato:
MEDAGLIA DI BRONZO
[...]
DI BELLEGARDE RHODA, da Firenze, infermiera volontaria C.R.I. ospedale 71 - In commutazione della croce al merito di guerra conferitole con determinazione ministeriale 5 dicembre 1918: Animata da elevato sentimento del dovere rimase intrepida al compimento della sua missione durante intensi bombardamenti nemici. Singolare esempio di altruismo e di abnegazione continuò a prestare l'opera sua in ospedali avanzati sino a che grave contagio, contratto nella cura degli infermi, ne troncò la giovanile esistenza. Gradisca, ottobre 1917.


Ho rintracciato online il Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni... del 1918 (croce al merito di guerra) e del 1925 (medaglia di bronzo), ma nessun documento che riguardi la medaglia d'argento.
Sperando in un riscontro, con l'occasione ringrazio e porgo cordiali saluti.
Nicoletta Barizza

Chiunque avesse notizie in merito è pregato di contattarci: albodoro@istitutonastroazzurro.org

lunedì 7 ottobre 2024

Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941). Etiopia. IX Parte Idrografia

 SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

 Progetto Prigionia, 2021/1



Elementi di genere della popolazione etiope



 IDROGRAFIA. - 


Dato il carattere sintetico del presente studio, ricorderemo solamente i principali fiumi, degni di questo nome, che hanno anche una certa importanza nei riguardi economici. Nel bacino dell' Omo-Bottego il fiume Omo, il cui corso fu identificato dall'esploratore italiano Bottego e che si getta sul lago Rodolfo. Bacino chiuso al pari di quello del fiume Golima che scaturisce con numerosi rami fra l'Amba Alagi. e il massiccio di Magdala e finisce nella Dancalia interna. Il Nilo Azzurro o Abai (padre dei fiumi), detto dagli arabi: Bar al Asra, nasce a Sakala sui monti Ciokke, attraversa il Tana e con ampio semicerchio passa entro l'Etiopia, scorre nel Sudan e si getta a Carthum nel Nilo Bianco.

Il Tacazzè, che nel suo corso inferiore si chiama Setit; esso nasce dal monte Abuna Joseph nel Lasta, passa per Gheraltà e il Semien e si getta nell'Athara presso Tomat, dopo un percorso di 900 km.

In Eritrea sono da ricordarsi il Mareb che sotto il nome di Gase attraversa lo Scirè; il Barca, l'Anseba.

Sul versante orientale dell'acrocoro abissino il fiume più importante è l’Auase, che nasce a sud di Addis Abeba e si perde nel Sultanato di Aussa, nella Dancalia.

Sul versante somalo il fiume più considerevole è il Giuba, originato da numerosi rami che nascono tra la regione dei Borana e quella degli Arussi: questi, convergendo come le stecche di un ventaglio aperto, si riducono in seguito a soli tre rami principali: il Daua Parma, il Canale Doria, e l'Uebi Gestro, che si congiungono a Dolo. Di qui il fiume, con acque perenni e di notevole portata, corre spesso fra rive incassate, qualche volta con corso pensile, descrivendo innumerevoli meandri ed arriva al mare fra Chisimaio e Giumbo, dopo un percorso di km. 1650. Altro fiume somalo di discreta importanza è l'Uebi Scebeli, lungo km. 2000 circa. Corso di una portata minima di metri cubi 6 durante la stagione asciutta ed una massima di metri cubi 122 nel settembre e metri cubi 101 nel giugno, cifre minime di fronte all'Abai (Nilo Azzurro), che ha una portata di metri cubi 170 nell'aprile e metri cubi. 7580 nel settembre.

Fra i laghi il più importante è senza dubbio il Tana, a m. 1760 sul mare, con un'area di circa kmq. 3000 e una profondità massima di m. 55. Venne chiamato Quara dai Greci, Araf dagli Arabi, Baker Tsana dall'esploratore De Barros. Seguono il grande Lago Rodolfo (m. 840), che appartiene in minima parte all'Etiopia politica, in gran parte al Chenia; il Lago Stefania (m. 1000) dalle acque salmastre; il Lago Ciamò (m. 1565) ed il Lago Margherita (m. 1550) che comunicano fra loro per mezzo di un canale naturale e sono prossimi al massiccio montano del Gughè (m. 4200). Vengono, ancora, il Lago Auasci (m. 1570) ed i laghi Sciala (m. 1567), Langand (m. 1585), Hora Abaità (m. 1513) e Zuai (m. 1700). Hanno, infine, un'importanza limitata il Lago Giakiak nei Gudru, la palude Ciomen nel Sibu, il notissimo Lago Ascianghi (m. 2409). Nella Dancalia sono da menzionare il Lago di Assal, che si trova a m. 174 sotto il livello del mare, il Lago Giulietti o Afrera (m. 140 sotto il livello del mare).




domenica 6 ottobre 2024

Progetto 2023/2 La Divulgazione

NOTIZIE CESVAM


 Le Pubblicazioni dell'Istituto del Nastro Azzurro trovano la divulgazione e la collocazione attraverso vari canali. Uno di questi è l'attività che da oltre due anni svolge il Presidente della Federazione Provinciale di  Rovigo e Consigliere Nazionale  Graziano Maron


Azione capillare, illustrativa e divulgativa che investe oltre che le istituzioni civili e militari, anche il mondo scolastico e quindi delle nuove generazioni

Nell'occasione vengono consegnati i volumi della serie dedicata alla Prigionia nella prima Guerra Mondiale

 Sarebbe auspicabile che l'esempio di Graziano maron sia seguito da altri Presidenti nell'interesse superiore dell'Istituto del Nastro Azzurro

sabato 5 ottobre 2024

Il fallimento politrico-diplomatico 1919

 


La delegazione italiana politico-diplomatica alla Conferenza di Wersailles per la pace nel 1919 non aveva una guida unica, in grado di condurre i negoziati in modo preciso e sicuro. I due massimi esponenti di questa delegazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, ministro degli Esteri, nelle loro dichiarazioni ed interventi andavano di prassi in senso diametralmente opposto. Gli altri componenti non avevano voce in capitolo e i funzionari di carriera del Ministero degli Esteri, i tecnici che avrebbero dovuto illuminare i politici, erano dei mediocri burocrati più attenti alla forma che alla sostanza, nessuno che arrischiasse qualcosa pur di evitare errori di procedura diplomatica. L’errore macroscopico che i nostri esponenti fecero fu di insistere in modo parossistico sulla questione della frontiera adriatica, finendo di impantanarsi in sterili ed infruttuose discussioni. Le altre potenze, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna ne presero atto ed il risvolto di questo errore fu che tutti i punti all’ordine del giorno di importanza globale vennero trascurati. Eppure si trattava di ridisegnare il nuovo ordine mondiale, di definire le riparazioni di guerra, di dividersi gli approvvigionamenti strategici di materie prime, di destinare territori coloniali ecc. tutti punti che interessavano enormemente l’Italia, ma che furono trascurati se non ignorati, tutti fissati sulla questione di Fiume e della Dalmazia. Ovvero in cambio di questa città di di qualche chilometro di territorio dalmata, rinunciammo a partecipare a discussioni di carattere mondiale. Questo atteggiamento tanto miope quanto irresponsabile fece capire alle altre tre Potenze che l’Italia, politicamente, non era una vera Potenza portatrici di interessi globali e planetari. Di conseguenza fu estromessa di fatto da ogni discussione e relegata a semplice ruolo comprimario. Il risultato fu che non partecipando alle discussioni di vero potere e di carattere globale, fummo anche non ascoltati nemmeno per le piccole cose a cui tenevamo tanto, Fiume e Dalmazia che in realtà erano di poco conto in relazione a quello che era in gioco. Un fallimento sia politico sia diplomatico che va tutto a carico non degli “altri” ma di Vittorio Emanuele Orlando e di Sidney Sonnino e della struttura diplomatica italiana.1


1Wenster R.A., Una speranza rinviata. L’espansione industriale italiana ed il problema del petrolio dopo la prima guerra mondiale, in Storia contemporanea, Anno XI, Aprile 1980, n. 2 . Bologna, Società Editrice Il Mulino, 1980, pag219 e segg.

venerdì 4 ottobre 2024

Caratteri Geografici dei territori dell'Impero (1936-1941). Etiopia. VIII Parte Condizioni Climatiche. Clima dell'Altipiano

 SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

Progetto Prigionia 2021/1



Tipi di genere della popolazione etiope dell'Altipiano

Clima dell'altopiano. - Nei confronti dell'acrocoro etiopico mancano finora (1937) all'infuori che per Gondar, Addis Abeba, Let Marefià e per le zone del Tigrai e dell'Harar, dati attendibili di osservazioni strumentali.

Gli studi sinora apparsi in argomento sono i seguenti: Dove Karl Kulturzonen van Nord Abessinien, in Petermanns Mitteilungen, Gotha, 1890; De Castro e Oddone, La città ed il clima di Addis Abeba, nel Bollettino Società Geografica Italiana, ., vol. X, Roma, 1909; De Castro L. e Oddone E., Risultati delle Osservazioni metereologiche ad Addis Abeba ed Addis Alem nel bacino dell'Hauase in Abissinia nel Bollettino della Società Geografica Italiana, Roma, vol V, 1905; Eredia e L. De Castro, Sulla climatologia dell' Etiopia, nel Bollettino della Società Geografica Italiana. 1914. Osservazioni meteorologiche furono fatte dall’Intendenza militare italiana in tutte lecalità occupate. La temperatura minima assoluta raramente raggiunge, in questa regione, lo zero; invece le brinate vi si possono considerare abbastanza abbastanza frequenti anche per l’intenso irraggiamento notturno.



Le temperature massima assoluta variano sui 24-35 gradi centigradi e soltanto raramente si possa segnalare giornate con 30°. L'anno meteorologico, secondo Eredia o De Castro, si può dividere. sempre per quanto riguarda Addis Abeba, in quattro periodi termici:

Periodo Caldo: dalla prima decade di marzo alla seconda decade di giugno

Periodo relativamente caldo: dalla terza decade di ottobre

Periodo freddo: dalla prima decade di novembre alla prima decade di gennaio

Periodo relativamente freddo: dalla seconda decade di gennaio alla terza decade di febbraio.

Si possono, così, differenziare nei riguardi delle precipitazioni quattro periodi, ciascuno della seguente durata:

a) Periodo molto piovoso: dalla terza decade di giugno alla seconda decade di settembre.

b) Periodo relativamente secco: dalla terza decade di settembre alla seconda decade di novembre:

c) Periodo secco: dalla terza decade di novembre alla seconda decade di febbraio:

d) Periodo relativamente piovoso: dalla terza decade di febbraio alla seconda decade di giugno.

Relativamente all'umidità dell'aria, per ciò che concerne Addis Abeba, ci soccorrono i dati raccolti dal Lyons dal 1900 al 1904, dati che riportiamo dallo studio dell'Eredia e di L. De Castro, considerando la media delle osservazioni prese, rispettivamente, alle ore nove del mattino ed alle 21.

Gennaio 53 Febbraio 54, Marzo 67, Aprile 70, Maggio 58, Giugno 73, Luglio 78, Agosto 87, Settembre 85, Ottobre 63, Novembre 53, Dicembre 48.

Per concludere, se vogliamo, nei riguardi dello Scioa, riferirci alle nostre stagioni, bisogna dividere l'anno meteorico in quattro periodi, chiamati rispettivamente in scioano: tebbi, hagai, todi, kerempt.

a) Inverno (ottobre, novembre, dicembre): bassa temperatura, scarsezza di pioggia, Elevata escursione diurna, minima umidità relativa, ragguardevole numero di giorni sereni, predominio dei venti di est.

b) Primavera (gennaio, febbraio); mite temperatura, mancanza relativa di pioggia. Elevata escursione diurna, minima umidità relativa, ragguardevole numero di giorni sereni; predominio dei venti di sud-est.

c) Estate (marzo, aprile, maggio, luglio): elevata temperatura, pioggia relativamente abbondante, media escursione diurna, media umidità relativa, pochi giorni sereni, predominio dei venti di sud-est.

d) Autunno (luglio, agosto, settembre.): mite temperatura, abbondanza di pioggia, minima escursione diurna, elevata umidità relativa, pochi giorni sereni, predominio dei venti di nord e di sud-est.

Il clima dell'altopiano è saluberrimo ed è questa la ragione che meglio spiega l'incremento delle popolazione che in esso si è stabilita. Nelle sue plaghe temperate crescono tutte le colture a cominciare dalle cerealicole, e prosperano il tabacco, il caffè ed il lino. Gli indigeni, com'è noto, differenziano pure, nel loro paese, tre zone climatico-agrarie; che corrispondono alle tre regioni agrarie dell'Abissinia propriamente detta: la Quellà, che è la zona calda delle pianure e delle vallate (m. 600-1500), la Woina Dogà o Woina Dagà (1800 – 2200) regione temperata dell'altopiano, dove prevalgono le vigne ecc.; infine la Degà o Dagà che è la zona alpina con flora e fauna diverse dalle precedenti.




giovedì 3 ottobre 2024

Il Mondo el le sfide delle Grandi Potenze

 UNA FINESTRA SUL MONDO


Fonte LIMES  - Rivista Italiana di Geopolitica N: 9 del 2023

La Carta mostra le due grandi guerre in corso tra le Potenze. la Prima tra la Russia e gli Stati Uniti
che si consuma in Europa.  Qui la Nato ha diversi aspetti: La Turchia è un alleato ambiguo ed autocentrato
I Paesi colorati in viola la Carta li porta come avanguardie russe o paesi cuscinetto mentre il nucleo centrale della Nato è dato da Italia Spagna Germania e Francia.

 Indicate anche le aeree di Caoslandia aree mi massima concentrazione dei conflitti del terrorismo e della dissoluzione degli Stati.

La seconda grande area segnata in Asia ed Oceania vede la sfida sicno.americana. Qui la CIna è in coloro in giallo, mentre i paesi in area statunitense sono in verde
 


mercoledì 2 ottobre 2024

Il Ciclo della Ricchezza

 DIBATTITI

 Se può essere utile, quanto segue  è un indice per dare la esatta valutazione di come certe situazioni geopolitiche sono individuabili




IL LAVORO PORTA LA RICCHEZZA

LA RICCHEZZA PORTA LA DISCORDIA

LA DISCORDIA PORTA LA GUERRA

LA GUERRA PORTA LA POVERTA'

LA POVERTA' PORTA IL LAVORO

IL LAVORO PORTA LA RICCHEZZA