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martedì 6 dicembre 2022

Giorgio Madeddu. Prigonia Austriaca in Italia. Campo di Concentramento di Monte Narba. I Parte

 DIBATTITI

  Progetto Prigionia 2020/1

3.5.4 Monte Narba   x

La miniera di Monte Narba entra nello scenario della prigionia di guerra in Italia dalle cronache del Diario del Gen. Carmine Ferrari quando rivela che, il 18 dicembre 1915, giungeva al largo dell’Asinara il piroscafo Dante Alighieri con a bordo 1.995 prigionieri di cui 635 ufficiali, fortunatamente tutti esenti da malattie contagiose. Ultimato lo sbarco degli ufficiali il giorno 21, questi furono alloggiati secondo le indicazioni del Colonnello Eldmann, ufficiale austro ungarico di grado più elevato, che suggerì la suddivisione per nazionalità.

Trascorso il periodo contumaciale, il comandante del Corpo d’Armata dispose il trasferimento di 160 ufficiali a Porto Ferraio, 150 a Cittaducale e il “maggior numero possibile” alla miniera di Monte Narba, si disponeva altresì di mantenere sull’isola tutti gli ufficiali medici e qualche ufficiale per la disciplina. Fra 30 e il 31 dicembre partirono per Monte Narba un centinaio di ufficiali.[1]

Il villaggio di Monte Narba, località di montagna a circa 700 m. S.L.M., si trova nel sud est della Sardegna, distante circa ottanta chilometri dal capoluogo regionale, amministrativamente appartenente al comune di San Vito.

Il villaggio prese corpo intorno alla miniera che sin dalla prima metà dell’Ottocento estraeva principalmente minerali di argento, piombo e zinco. Alloggi per gli operai, abitazioni per gli impiegati, edificio della amministrazione, villa della direzione, magazzini, officine, spaccio e ospedale rendevano il villaggio sostanzialmente autonomo. Il verde delle montagne circostanti ne faceva un luogo gradevole, tra l’altro, lontano dalla endemicità della malaria.

Fonti locali confermano il numero degli ufficiali prigionieri, oltre i 100 di cui il Diario del Gen. Ferraris, giunsero a Monte Narba ulteriori 30 soldati specializzati[2], militari di truppa non esentati dal lavoro come invece accadeva per gli ufficiali. La loro presenza è storicamente accertata in quanto essi parteciparono alla realizzazione del nuovo impianto di cianurazione dell’argento che avviò la produzione dell’agosto 1917.[3]

Il numero dei prigionieri di guerra presenti a Monte Narba è nuovamente confermato dai documenti della Commissione Centrale per i prigionieri di guerra; al 1° gennaio 1917 a Monte Narba risultavano presenti 96 ufficiali appartenenti al gruppo proveniente da Valona e 30 uomini di truppa.[4]

Nell’archivio storico della Parrocchia di San Vito sono conservate due lettere inviate dall’allora sacerdote Don Demontis alla diocesi di Cagliari per informare sullo svolgimento delle pratiche religiose nel campo prigionieri di Monte Narba. Nella prima lettera datata 20.01.1916, Don Demontis riferisce che, in accordo con il Comando Militare, si stabiliva che, da domenica 23 gennaio, si sarebbe improvvisato un altarino in un vasto locale della miniera per consentire al Capitano, Cappellano dei prigionieri, P. Gabriele Cvitanović[5] di celebrare la messa in austriaco. Don Demontis al fine di favorire la celebrazione del “santo sacrificio” assicurava di farsi carico del necessario per sostenere il sacerdote dei prigionieri ma, in considerazione della povertà della sua chiesa, chiedeva il sostegno dei “parroci cittadini” per il reperimento dei paramenti e quanto necessario per la celebrazione delle messe a Monte Narba. Il parroco di San Vito si premurava inoltre, di assicurare l’Arcivescovo di Cagliari sull’effettivo stato religioso del Cappellano dei prigionieri: Padre Gabriele Cvitanović aveva richiesto la confessione e Don Demontis trasse l’impressione di un “…contegno religiosissimo.”.

Nella seconda lettera datata 29 giugno 1916, Don Demontis comunicava al Mons. Vicario che, per espresso e ripetuto desiderio degli ufficiali austriaci, si era reso necessario modificare la giornata per la celebrazione della messa, stabilendo che questa si svolgesse tutti i mercoledì. Per mancanza di un locale idoneo le messe si svolgevano nel piazzale sotto un grosso albero di carrubo, serviva il rito un soldato austriaco sia per il suo “grave comportamento che per la correttissima pronunzia del latino…”, alla messa prendevano parte anche il comandante del campo e molti soldati italiani.

La vita degli ufficiali a Monte Narba scorreva tranquilla, tanto che, secondo testimonianze,[6] gli alloggi risultavano ben tenuti, furono realizzati giardini ben curati e persino degli orti. Nelle serate si organizzavano persino tornei di tennis. Il Sottotenente Alessandro Zechmeister riusciva addirittura ad inviare una cartolina in franchigia alla Columbia Graphophone Comp. di Milano affinché venissero spediti a Monte Narba dei dischi musicali e un catalogo recente[7].

L’esame dei registri degli atti di morte del comune di San Vito, relativi al periodo 1915 – 1920, rivela che nel campo di Monte Narba non vi furono decessi tra i prigionieri di guerra, persino l’epidemia di influenza spagnola dell’inverno 1918/19 lascio indenne Monte Narba.

Un ufficiale, probabilmente un affermato pittore, decorò le pareti e le volte del fabbricato che ospitava l’amministrazione e Villa Madama, la palazzina di tre piani adibita a direzione della miniera. Per decenni i decori hanno affascinato i visitatori della miniera, oggi lo stato di abbandono del sito gli ha compromessi irreparabilmente.

Il campo di prigionia di Monte Narba ospitò anche Bogdan Devidè, militare medico “accessist ”, nato a Zagabria nel 1885. Rientrato in Croazia dopo la fine del primo conflitto mondiale, Bogdan Devidè moriva il 20 febbraio 1945 nel campo di concentramento di Mauthausen, vittima delle atrocità del nazismo[8]. Simbolicamente Bogdan Devidè rappresenta il ponte tra la prigionia di guerra del primo conflitto mondiale e la prigionia della Seconda guerra mondiale.

Il campo di Monte Narba, se pur nel contesto delle costrizioni della prigionia di guerra, ha rappresentato forse un unicum a livello nazionale, gli ufficiali prigionieri poterono dedicarsi ai loro hobby, così come i soldati italiani impiegati nella custodia dei prigionieri non ebbero modo di lamentarsi del comportamento dei prigionieri loro affidati. Un clima di rispetto reciproco più volte riscontrato anche nei paesi della Sardegna dove, nei distaccamenti prigionieri di guerra, i militari austro ungarici prestarono la loro manodopera nei diversi lavori e di cui si dirà nel capitolo dedicato.

 

 

 La Seconda parte iconografica sara pubblicata il 7 dicembre 2022.



[1] Ferrari G.C., Relazione del campo di prigionieri colerosi all'Isola dell'Asinara nel 1915 – 1916, Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1929

[3] Rivista del Servizio Minerario del 1918, Ministero d’Agricoltura Ispettorato Centrale delle Miniere,

  Stabilimento Poligrafico per l’Amministrazione della Guerra. Roma - 1920

[4] Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito (A.U.S.S.M.E.) Fondo 11 Racc. 127 cart. 6

[5] Di Padre Gabriele Cvitanovic (1877-1955) e del periodo di prigionia in Sardegna si ha notizia nel suo diario pubblicato dal nipote Karlo Jurišić sotto il titolo: Fra Gabro Cvitanović i njegov Ratni dnevnik (1914.-1918.), Spit 1984. Il frate dell’Ordine dei Minori Francescani, reduce della lunga marcia della morte nei Balcani, sbarcò sull’Asinara per poi essere inviato alla miniera di Monte Narba.

[6] Mezzolani S. e Simoncini A., La miniera d'argento di Monte Narba, Gia Editore – Cagliari, 1989

[7] Madeddu G. La Damnatio ad Metalla, Gaspari Editore – Udine 2018

[8] Mauthausen Memorial Archives - https://raumdernamen.mauthausen-memorial.org


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