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giovedì 8 dicembre 2022

Al di là del Piano Marshall

DIBATTITI

 



L’attuale crisi globale

Sergio  Benedetto  Sabetta

 

            Si è parlato in questi ultimi tempi di un piano di ripresa economico simile al Piano Marshall, che durò dal 1948 al 1952, tuttavia, come è stato da più parti evidenziato, risulta improprio parlare di un Piano Marshall nell’attuale contesto storico.

            Al tentativo, riuscito, di riorganizzare una economia atlantica fondata sull’interscambio, collassata con la Grande Guerra, si affiancava la volontà di creare un blocco economico antisovietico, tanto che a una prima manifestazione di interesse da parte della Russia ne seguiva un totale rifiuto.

            Vi era infine la volontà di creare un tessuto economico su cui appoggiare le Istituzioni che, secondo Roosevelt, avrebbero dovuto governare il mondo impedendo nuove guerre generalizzate (ONU, FMI, GATT, Banca Mondiale).

            Con l’appoggio USA sorsero organizzazioni di interscambio nell’Europa Occidentale, a cui aderirono vinti e vincitori, a partire dal carbone e dall’acciaio (CECA).

            Il Piano non era composto solo da prestiti finanziari per un valore totale di poco superiore ai 13 miliardi di dollari, ma comprendeva anche uno scambio di materie prime e beni, la cui vendita dava vita a un fondo vincolato a politiche di aggiornamento produttivo e parallelamente alla diffusione di beni di consumo secondo il modello USA.

            Gli aiuti furono concentrati innanzitutto sul Regno Unito e Francia, in secondo luogo su Italia e Germania Occidentale:

·        Regno Unito,  3.297 milioni di dollari;

·        Francia,  2.296 milioni di dollari;

·        Italia,  1.204 milioni di dollari;

·        Germania Occidentale,  1.448 milioni di dollari.

            In Italia il Piano Case Fanfani concentrò molte risorse, oltre che sulla ricostruzione delle infrastrutture necessarie alla ripartenza economica, sull’edilizia popolare per ripianare i danni abitativi derivanti dalla guerra.

            Questo permise di riattivare l’industria e riassorbire una parte della disoccupazione , a questo fu affiancato l’acquisto negli USA di nuove tecnologie per rimpiazzare i vecchi e desueti macchinari.

            Si preferì quindi investire a lungo termine, evitando una dispersione sui puri consumi, come avrebbero in parte preferito accentuare gli USA .

            Attualmente il recupero degli investimenti incentivati in edilizia senza precisi criteri, bensì a pioggia, ha favorito una pura dispersione speculativa di risorse altrimenti impiegabili, con un’ottica a breve termine.

            Né vi è stata favorita tutta l’Industria nazionale, in quanto  molti materiali sono stati forniti dall’estero, né un riassorbimento della disoccupazione è stato realizzato per un continuo spostamento di personale su cantieri semivuoti, per l’eccessiva apertura dei cantieri stessi in un lasso di tempo troppo breve.

            Si è favorita di fatto la formazione di una pericolosa bolla speculativa, con interventi edilizi molte volte non mirati e superflui, a parte gli inevitabili aspetti criminali favoriti dai tempi stretti e dalla mancanza di precisi criteri.

            Anche il contesto in cui ci si è ritrovati con l’uscita dalla pandemia non è lo stesso del secondo dopo guerra, quando due blocchi piuttosto omogenei e con precisi leader si contrapponevano, vi erano inoltre molti meno Stati essendovi vaste aree da decolonizzare e una conseguente minore complessità relazionare da gestire.

            In termini geo-strategici in Europa si sono create nuove tensioni e il conflitto in Ucraina viene ad investire non solo aspetti ideologici ma anche di disponibilità di risorse, sia come materie prime che come beni.

            Si viene quindi a parlare da parte del Fondo Monetario Internazionale di eventuale recessione, di fronte alla frenata di USA e Cina, nonché di Berlino in Europa, con stime di crescita del 2,5 e 1,4 rispettivamente per il 2022 e il 2023, relativamente alle economie avanzate, e di 3,6 e 3,9 per i paesi emergenti in via di sviluppo, rispetto al 6,1 e al 6,8 del 2021.

            Anche il tanto decantato passaggio al green, al fine di recuperare i cambiamenti climatici in atto, conseguenza di una crescita economica globale impostata su uno sfruttamento errato delle risorse naturali, quale ulteriore leva per una nuova crescita economica, è in molti casi solo apparentemente non inquinante usando, tra l’altro terre rare, motivo di ulteriore scontro tra potentati per il loro controllo.

            La guerra in atto e quelle precedenti degli ultimi anni, le si possono leggere in controluce anche in questi termini.

            Da quanto finora esposto non si può proprio fare riferimento al precedente caso del Piano Marshall.

 

BIBLIOGRAFIA GENERALE

 

·        John L. Harper, La Guerra Fredda. Storia di un mondo in bilico, Il Mulino 2013;

·        G. De Luna, Dalla Guerra Fredda alla dissoluzione dell’URSS, La Storia Vol. 14, Mondadori 2007;

·        S. B. Sabetta, Evoluzione del concetto di Stato dal XIX al XXI secolo, Montedit 2022.

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